venerdì 30 luglio 2010

Milano: un ricettacolo di mafiosi, puttane e sfigati cocainomani

Una carrellata di articoli sull'intreccio milanese locali notturni-crimine organizzato-cocaina-escort.

Nulla di nuovo per chi vive a Milano, essendo una storia che infatti va avanti da anni e anni ma che solo ora, grazie all'inchiesta giudiziaria che ha portato alla recente chiusura di alcuni locali, ha ottenuto la dovuta attenzione dei mainstream media.

Un altro esempio comunque del livello raggiunto da una città irrimediabilmente marcia, una vera e propria fogna ricettacolo di escrementi umani strafatti di cocaina.


Trentamila clienti a caccia di cocaina. Così la marea bianca sommerge Milano
di Laura Asnaghi e Massimo Pisa - www.repubblica.it - 30 Luglio 2010

Poliziotti e medici in prima linea nella lunga guerra alla droga raccontano chi vende, chi compra e chi regge le fila

È il vero libero mercato di Milano. Dove tutti hanno accesso a tutto, in base a tasca, censo, urgenza. Se una cifra può essere indicativa, nel mare magnum del contrasto al traffico di cocaina (dove le indagini sono lunghe anni e l'attesa di un blitz può essere prolungata di mesi), nei primi sei mesi del 2010 la polvere sequestrata a Milano da polizia, carabinieri e finanza ammonta a oltre mezza tonnellata.

Più di tutta quella tolta dal mercato nell'intero 2009. E se un altro numero può dare il senso di quanto la domanda sia alta, sono più di 30mila a Milano i consumatori abituali di "bamba".

Un esercito di cocainomani che comprende sia quelli che assumono la sostanza solo durante il week-end, sia quelli che la pista se la fanno più volte alla settimana. Per lavorare di più, non sentire lo stress e vivere alla grande.

Il secchiello e il mare. L'immagine dipinta dalle squadre narcotici delle varie polizie è l'intramontabile classico. La pallina, i 90 grammi nel cruscotto dell'auto del chirurgo, il chilo imboscato dietro al semiasse dell'Audi, le tavolette di pasta sciolte dietro la tela di un quadro.

Una lotta infinita, in un mercato che sfama tutti, dove non c'è vera concorrenza da almeno tre anni, da quando cioè le bande di ex paramilitari slavi hanno spostato le loro attenzioni su altre specialità del crimine.

Su piazza, le piazze per i consumatori da una sera e via, o per i disperati, i pusher gambiani detengono una solida leadership, soprattutto d'estate: loro non tornano a casa, come i maghrebini.

Li trovi nell'eterna via Padova e in piazza Archinto, Barona e Sempione, con sporadiche puntate nei dintorni in corso Como e viale Pasubio, dove le insegne dei locali sono spente, su appuntamento. Il cliente che può spendere e vuole qualità (leggi: purezza intorno al 50%) sa da tempo che deve ricevere a casa. Più comodo, più elegante, più sicuro.

Tra i cocainomani che frequentano le discoteche alla moda, prevale il modello cosiddetto "glamour". Riconoscerlo è facile: giacca blu con camicia bianca attillata e jeans. Perennemente abbronzati, al volante del Suv l'orologio d'oro griffato al polso, "sono quasi sempre uomini tra i trenta e i quarant'anni, che, con l'uso della cocaina, hanno l'illusione di essere forti e onnipotenti - spiega Riccardo Gatti, il direttore del dipartimento delle dipendenza dell'Asl - In realtà, dietro questa immagine effimera, si nascondono storie drammatiche. Ci sono giovani brillanti, con carriere straordinarie, che si bruciano con la cocaina e mandano a gambe all'aria lavoro e famiglia. E molti di loro, alla fine, hanno anche grossi problemi sessuali".

Gatti, che da anni studia il mondo della tossidipendenza, spiega che la cocaina all'inizio dà a molti la sensazione di toccare il cielo con un dito ma poi "ti tradisce rovinosamente". "Molti hanno bisogno di esperienze estreme per provare ancora il piacere sessuale - racconta - ecco perché ricorrono alle escort, ai festini, all'alcol consumato insieme alla cocaina".

Solitamente si pensa che le piste di "bamba" siano un ottimo propellente ottenere grandi performance sessuali. Ma non è così. E in più la coca moltiplica per cinque il rischio di infarto, tanto che ormai nei pronto soccorso di Milano, quando arriva un uomo giovane con problemi al cuore, la prima domanda dei medici è: "Lei fa uso di stupefacenti?".

Secondo Gatti il modello del cocainomane "glamour" tuttavia "ha stancato ed è sul viale del tramonto". Adesso si fa avanti un nuovo modello: il consumatore solitario, quello che si compra la bustina di coca e la consuma davanti al computer chattando tutta la notte come un pazzo, facendo sesso virtuale e intrecciando relazioni che di vero non hanno nulla.


Era all'Hollywood l'armiere del boss della 'ndrangheta
di Andrea Galli e Cesare Giuzzi - Il Corriere della Sera - 30 Luglio 2010

Indagato un commissario di polizia: sistema Citterio,
si scava anche tra i contatti politici

La pistola, si sente in una telefonata intercettata, «è nuova, è buona, è bella»; la pistola è della 'ndrangheta e finisce all'Hollywood. Per non tenersela addosso, il proprietario, il boss Francesco Pesce, 26 anni, l'affida ad «Andrea», un «dipendente del locale», impegnato «nella security», si legge nella recente inchiesta «All inside» della Dda (Direzione distrettuale antimafia) di Reggio Calabria.

All'Hollywood, la pistola sarà al sicuro, è convinto Pesce, poi fermato dai carabinieri, fermato in tempo: era salito dalla Calabria per vendicare un affronto, vendicarlo a modo suo, ammazzando. Lo prendono vicino a corso Como. Due minuti prima aveva affidato l'arma e si era così raccomandato: «Andrea tieni, posamela, quando te la chiedo ogni volta che salgo vengo qua e me la prendo».

La coca e la fila in bagno per pippare. Le prostitute. I pestaggi dei body-guard. Le confessioni di tante belle (Belen, Fernanda Lessa, modelle e modelline) sull'assunzione di droga. Ma cos'altro ancora c'è? Le indagini lasciano per adesso in sospeso l'Hollywood e il The Club, l'altra discoteca chiusa per droga, sesso e mazzette; girano, le indagini, un po' per la città.

Verso altre zone del divertimento: quella che dalla stazione Centrale corre lungo via Vittor Pisani, o quella del Naviglio Pavese. Cercano intanto di capire, gli inquirenti, se sia stato mutuato il modus operandi riscontrato all'Hollywood con «la falsa complicazione e retrodatazione del registro di manutenzione degli impianti».

Quante sono le discoteche, a Milano, non a norma oppure ristrutturate e strutturalmente modificate senza chiedere, e avere, il minimo permesso? Quale il numero reale dei beneficiari del sistema-Citterio?

Rudi Citterio, agli arresti domiciliari nella sua casa affacciata sul Duomo, ex potente presidente del sindacato dei locali da ballo, secondo l'accusa è «uomo accecato dalla bramosia di potere e di denaro» nonché «dall'intento di soddisfare una carriera fulminea che lo porti alla direzione di centri di poteri politico-amministrativo».

Si avvaleva di funzionari del Comune, Citterio. E non soltanto. Dall'inchiesta, in base «a segnalazioni pervenute» al magistrato «dalla Squadra Mobile di Milano», spunta il nome di Massimo Cataldi, dirigente di un commissariato e, dunque, dipendente dalla stessa Questura. Stando alle carte firmate dal pm Frank Di Maio, Cataldi risulta indagato con l'accusa di «illecite informazioni trasmesse a Citterio in merito alle indagini che lo riguardano».

Il dirigente, contattato dal Corriere, ha detto: «Sono perplesso. Non ho ricevuto nessun avviso di garanzia. Citterio? Lo conosco così come conosco tante altre persone».Citterio lo conoscono, e bene, tanti della politica milanese e nazionale, come si evince dagli atti. L'inchiesta punta a scoprire eventuali pressioni per risolvere problemi - come bolli, tasse, autorizzazioni non a posto - in locali amici.


Quel ragazzo morto di movida a Milano
di Gianni Biondillo - Il Corriere della Sera - 30 Luglio 2010

In giro per discoteche con un selezionatore di clienti:
la bolgia delle droghe

In questa Milano tropicale bevo una birra ghiacciata con M. quartoggiarese doc e amico di sempre. Ci vediamo poco, abbiamo vite diverse: io la sera resto in casa con la famiglia, lui di notte inizia a vivere. Oggi ho la serata libera; giro con lui in macchina per una città che non conosco e che non mi appartiene, incrociando di continuo i luoghi topici della movida, senza voyerismo o pelosa indignazione.

Quello che è successo all'Hollywood, mi dice, non è nuovo per nessuno, Milano naviga nella cocaina da decenni. Da quando il prezzo si è abbattuto è diventata appannaggio di tutti. «Perché tutti pippano a Milano. Dipende come e perché» Io a dir la verità non l'ho mai fatto, gli dico quasi vergognandomene. «Ci sono camionisti o chirurghi che pippano per mantenere alte le performance professionali. La coca non è solo sballo». Sai che soddisfazione!

A questo punto lo pungolo un po'. M. è stato per un certo periodo pierre proprio all'Hollywood. «Ero solo l'ultima ruota del carro nella gerarchia» mi dice. E mi spiega come si viene arruolati per portare gente nelle discoteche: più «bella gente» si porta dentro e più è facile ottenere un compenso, che spesso arriva anche a metà del biglietto d'ingresso di ogni potenziale cliente.

Ma dov'è il guadagno, chiedo ingenuamente. «Il costo del biglietto non fa testo. Quello che conta è far entrare il pollo col portafoglio gonfio». Da qui la selezione all'ingresso. Code infinite di gente che viene dal bresciano, dalla bergamasca, manzi al macello brianzoli o del centro città. Aspettano anche per ore davanti ai club.

Che club non sono affatto, sono luoghi pubblici, la selezione in sè è un abuso. Solo che la logica dell'esclusività nobilita il fighettismo snob di chi viene ammesso a corte. Dentro poi sei uno dei tanti, escluso dall'ennesimo cerchio esoterico dei privé, lì dove tutti agognano di andare, dove tutto è permesso.

«Quello che ho visto tu non lo puoi immaginare» prosegue. «Sono i giovani che mi spaventano. Sono i più fragili, i più facili da irretire. Si calano di tutto: coca, anfetamine, alcool. Così le inibizioni crollano. Una volta ho visto una ragazza completamente sfatta che ha fatto sesso orale col fratello».

Ma com'è possibile, chiedo, nessuno dice nulla? «In quella bolgia ci sono regole non scritte. E modi di appartarsi. È un circolo vizioso, il livello di ipereccitazione è altissimo. Allora spesso i ragazzi si prendono dei calmanti, del valium. Cadono in un down deprimente, per giorni, e ricominciano daccapo. Tutto questo forse aumenta la loro fragile autostima ma distrugge il fisico».

Mi racconta queste cose mentre passiamo per il Magnolia, il Toqueville, l'Alcatraz, il Gattopardo. Dall'Idroscalo ai Navigli, e poi Brera, San Lorenzo, Corso Sempione. «Dovrebbero andare avanti. Tutta Milano è da decontaminare».

Forse stai un pò esagerando, gli dico. «Guarda l'Isola» insiste. «Hanno eliminato i centri sociali come fossero la feccia. In realtà erano portatori di diversità. Cosa hanno lasciato? Il mito della trasgressione a tutti i costi. Un ghetto frequentato di notte da ragazzi di buona famiglia pronti a pestarsi per uno sguardo in tralice o per un apprezzamento fuori luogo».

Quarto Oggiaro è molto più tranquilla e sicura, gli dico, sfottendo. Sorride e annuisce. Fa un ultimo sorso. «Sai perché ho mollato? Non avevo fatto nulla di illegale, invitavo i ragazzi a divertirsi. Ma a vent'anni il limite non lo conosci. È pieno di quarantenni che pippano, ma ci stanno all'occhio, hanno capito come prendere le misure».

Si rabbuia, capisco che la cosa che mi sta raccontando non gli piace. «Poi è successo che uno di questi ragazzi in fila supera la selezione e passa un'intera nottata sballandosi, nel frastuono della musica assordante, calandosi di tutto. Era entrato in ipertermia, il suo corpo bolliva. Ha fatto in tempo ad uscire, nella notte gelida, per un pò d'aria. E il suo cuore si è spaccato in due. Un infarto. Morto, solo come un cane».

Ora si accende una sigaretta. «L'avevo fatto entrare io» mi dice. Non ha colpa, lo so. Eppure com'è che mi sento inquieto lo stesso?


Cocaina, escort e vie di fuga segrete dai locali della movida. Così la Milano da sniffare protegge i vizi dei vip
di Paolo Berizzi - La Repubblica - 30 Luglio 2010

L’inchiesta alza il velo sulle notti bianche di Milano: tutti cercano di apparire, ma molti devono nascondersi

«Stasera facciamo serata». C´è un modo di dire, tra i protagonisti di una certa movida milanese, che abbraccia molte delle cose raccontate dall´inchiesta della procura su coca, escort e tangenti.

«Fare serata», per quelli del giro, è una locuzione-dress code. Una specie di codice di regole che definisce, in modo auto referenziale, gli ingredienti di una «serata» particolare. Che vuole essere e sarà iperbolica, ad alto tasso di alcol, coca e sesso.

Dicono «facciamo serata» i modellari e le starlette, gli imprenditori e i calciatori "in caccia", i pierre della moda, la conduttrice famosa, il rampollo vizioso, i nuovi play boy, le modelle, i divetti dal petto glabro e i loro pigmalioni, gli emersi e le emergenti del sottobosco tv.

E poi quelli che il giro, credendolo un paradiso senza nuvole, lo lambiscono soltanto. In attesa dell´ingresso ufficiale, del contatto buono, del quarto d´ora wharoliano anche a costo di restare impigliati in qualche storiaccia.

Come i poliziotti e i dirigenti comunali corrotti. Come chi ha gestito e ancora gestisce il giro delle modelle-ragazze immagine convertite, all´occasione, in prostitute. Maitresse molto ben coperte, che fanno parte dello show biz meneghino, i cui nomi potrebbero presto affiorare tra le pieghe di questa e di altre indagini.

«Fare serata», nella notte bianca di Milano, vuol dire fare l´alba. La scansione è: aperitivo, cena, discoteca. E poi l´after, l´ammazzacaffè. Nella casa più bella o in quella più vicina al club.

Seguendo sempre la via lattea della bamba, la polvere bianca. Nella città che tira 15 mila dosi di cocaina al giorno e promuove le sue escort in tv facendole passare dai palazzi che contano, c´è chi dice «io nei locali non ci vado, quel mondo mi fa schifo...».

È quel volpone di Fabrizio Corona. Che in effetti, adesso, ci va solo se lo pagano. Ma Corona e tanti come lui sanno bene che dietro al segreto di pulcinella della coca all´Hollywood e al The Club, dietro le batterie di squillo dei privé, dietro le sniffate delle belle e famose, dietro tutto questo c´è di più. Al mosaico mancano ancora dei tasselli.

Da dove entravano e, soprattutto, da dove uscivano all´Hollywood vip e vippini? «Da quando il locale, già posto sotto sequestro, nell´agosto-settembre 2008 è stato riaperto, è cambiato», dice l´avvocato Andrea Fares parlando del bagno delle sniffate ripreso dalle telecamere della polizia. Già. Ma chiunque abbia frequentato il privé di corso Como lo sa: c´era, in quell´area riservata, una porta, in teoria un´uscita di sicurezza, che si apriva solo per alcuni.

Dalla porta si accedeva all´ingresso di alcuni garage. Poi c´era una rampa - c´è ancora - che dal privé fa riemergere direttamente in strada, sul retro del locale, di fronte all´ingresso del Toqueville, la discoteca che con l´Hollywood si contende clientela vip e forzati del vip watching.

Un´uscita e un´entrata prioritaria, quella porta: ci sono passate migliaia di facce non anonime. A qualsiasi ora della notte. Si passava di lì perché non si poteva o non bisognava farsi vedere. Perché le condizioni, a un certo punto della serata, lo suggerivano. Un cenno, e il buttafuori apriva. A Eddie Irvine e a Gabriele Moratti, figlio di Letizia, che si erano presi a pugni in una notte di eccessi il 20 dicembre di due anni fa. A Adriano che se le era date col cestista Rolando Howell.

A un esercito di bellone e calciatori piegati da alcol e coca, e poi attori, cantanti, divi della tv entrati in ghingeri e usciti non proprio in forma. Era anche una zona di decompressione. Lontana dai paparazzi. «Non potevamo perquisire i clienti», dice Andrea Gallesi, già responsabile del privé. «Si ritenevano immuni» per il solo fatto di frequentare un luogo non accessibile a tutti, scrivono i magistrati milanesi.

In città ci sono locali pubblici che diventano salotti per pochi. Sono i luoghi simbolo della Milano da ri-bere. Quella che ha tra i suoi anfitrioni quel Lele Mora amico di Berlusconi e Dell´Utri che, detronizzato (in senso letterale: nel privé dell´Hollywood aveva un trono tutto per lui) in seguito a inchieste giudiziarie e insuccessi imprenditoriali, si sta riaffacciando sulla scena.

L´aperitivo al Frank o al Radetzky, o nel più elegante giardino del Hotel Diana. La cena da Giannino, il risto "vetrina" di via Vittor Pisani amato dal premier e dalla sua corte milanese, al vicino Hollywood international living (stesso marchio della discoteca), al velinaro Ibiza di corso Garibaldi o alla Briciola, e poi il Bolognese e Nobu.

La serata si scalda e i pierre e i pusher sono già attivati. I tavoli pronti ad accogliere: 400 euro una bottiglia di champagne. Un facoltoso erede di una dinastia di imprenditori bergamaschi all´Hollywood lasciò 15 mila euro in una sera.

Poi si ritirò con tre escort nel suo appartamento in centro: quando bussarono, si presentò, fatto di coca, vestito da chirurgo. Ora abita lontano. Come lontani dal terrore di nuove rivelazioni vorrebbero essere alcuni dei personaggi che compaiono negli atti dell´inchiesta dei pm Frank Di Maio e Alfredo Robledo.

Le rivelazioni di Belen Rodriguez e di altre testimoni hanno sollevato un velo. Ora la Milano delle notti bianche trema. C´è chi ha paura che l´onda si allunghi, che travolga tutto, contratti compresi, con la sua schiuma di serate impolverate e ricoveri al pronto soccorso.


Niente più Milano da bere. Ormai è solo da sniffare: sigilli alle discoteche vip
di Luca Fazzo - www.ilgiornale.it - 27 Luglio 2010

Cocaina e tangente, due vizi metropolitani evidentemente immortali. Il pubblico ministero Frank Di Maio - lo stesso che incastrò Fabrizio Corona - chiude dopo anni di lavoro l’inchiesta (scaturita proprio da quella sul «re dei paparazzi») che lo ha portato a scavare nel mondo dei locali notturni milanesi.

E racconta che proprio lì, sulle piste da ballo e nei privè dei locali alla moda, si incrociano le piste della droga e quella delle corruzione. A dettare legge sulla vita notturna della città, dice l’inchiesta di Di Maio, sono i loschi signori dello spaccio.

Ma anche i ras in colletto bianco, quelli che amministrano come se fosse cosa loro l’ufficio del Comune che vigila sulle licenze. E dove i funzionari si potevano comprare in modo piuttosto semplice: «Rudi grazie di tutto, è stata ’na gran serata e ’na gran scopata», scriverà un impiegato di Palazzo Marino a Rodolfo Citterio, titolare di balere, sindacalista del settore e gran faccendiere a pagamento delle licenze ai locali.

Ma se l’inchiesta sulla corruzione amministrativa e forse politica è solo agli inizi (insieme a Citterio sono indagati l’ex capo dei vigili, Bezzon, e un lungo elenco di dipendenti comunali, tra cui un paio di capi ripartizione) l’indagine sulla droga è alla fine, ed è un finale col botto: ieri mattina vengono chiusi e sigillati due locali simbolo della notte milanese, Le Club e soprattutto l’Hollywood, da anni il ritrovo dei calciatori, delle modelle e soprattutto degli sfigati danarosi ansiosi di mischiarsi con loro.

E i nomi dei vip dalla «pippata» facile affollano le pagine dell’ordinanza di custodia: Aida Yespica, Ana Laura Ribas, Francesca Lodo, Fernanda Lessa, Alessia Fabiani, Belen Rodriguez, tutte in un modo nell’altro tirate in ballo - e tutte, una volta interrogate, ree confesse - dal «pentito» di questa indagine, da tale Pietro Tavallini, navigatore di lungo corso delle notti milanesi e accanito cocainomane, che aveva descritto con dovizia di particolari cosa accadeva nei privè, le zone dei due locali riservate ai clienti di riguardo: un andirivieni continuo nei gabinetti dove maschi e femmine si mischiavano in nome della «riga», la dose di cocaina.

Dice Fernanda Lessa: «Ho assunta cocaina insieme a Tavallini parecchie volte, in diverse circostanze e talvolta anche all’interno di qualche locale come l’Hollywood e The Club; ricordo che all’interno dell’Hollywood entravo all’interno del bagno del privè soprattutto il mercoledì e lì facevo uso di cocaina».

Dice Francesca Lodo: «Ho consumato cocaina all’interno del bagno del privè dell’Hllywood con Pietro Gavallini e ricordo che c’era anche Belen Rodriguez, anche se non sono certa del fatto che l’abbia consumata anche lei. Ho fatto uso di cocaina all’interno dell’Hollywood almeno tre volte. In particolare, io e Tavallini Pietro ne abbiamo fatto un discreto consumo all’interno del bagno dell’Hollywood approfittando dell’assenza della security. La security l’ho vista raramente davanti ai bagni, anzi sono più le volte che non l’ho vista».

Alessia Fabiani: «Ho assunto cocaina al Frank con Pietro, al The Club con Walter Agostoni ma mai all’Hollywood». Belen Rodriguez: «Ho fatto uso di cocaina insieme a Francesca Lodo a casa sua solo due volte. Non so dove Francesca la prenda, ma sono certa del fatto che ne fa assai uso. Lei mi Invitava spesso ad andare nei bagni dell’Hollywood le domeniche sera in cui stavamo insieme con tutti i componenti del gruppo Mora; ma io non la seguivo perché temevo l’effetto della cocaina».

Riassume il giudice: «I prive dell’Hollywood e The Club sono luoghi dove la cocaina viene richiesta, ceduta, regalata e consumata ai tavoli, negli spazi tra un tavolo e l’altro, sui divanetti, nei bagni. Il libero consumo di cocaina diventa una delle attrattive dei locali».

Verbali già pubblici, cose ormai arcinote, immortalate e anche dalle telecamere nascoste delle Iene. Persino la richiesta di arresti firmata dal pm Di Maio è vecchia di un anno e mezzo, e solo adesso chissà perchè il giudice si è deciso a controfirmarla. Al punto che i gestori delle discoteche, messi agli arresti domiciliari, protestano. «Il privè come lo ha descritto Tavallini - dicono - all’Hollywood non esiste nemmeno più, adesso tutto è sotto gli occhi di tutti».

Ma il giudice è di diverso avviso, parla di «una chiara volontà di continuare nel comportamento antigiuridico che, d’altra parte, assicura agli indagati lauti guadagni». La tesi è semplice: i signori delle discoteche non guadagnano sullo spaccio di coca, ma lo tollerano e ne approfittano perché la libera circolazione di polvere è tra le principali attrazioni dei loro locali.

Così per Hollywood e Le Club si abbassano le saracinesche. Fino a nuovo ordine, i nottambuli della movida milanese dovranno tirare altrove le cinque del mattino.


Vita da escort
di A. Galli e E. Serra - Il Corriere della Sera - 29 Luglio 2010

Non sono più una prostituta, dice, non chiamatemi più come vi piace, mi sono ripresa il mio nome, la mia vita, e tutto il resto. Sicura? «Ho paura. Rimango chiusa in casa. Chiameranno di nuovo, i magistrati? Mi faranno altre domande? Dimmi, cosa succederà? Ti giuro, ne sono uscita. Ho fatto le mie cazzate. Ho pagato. Basta».

Prendeva ottanta euro per una serata da ragazza immagine, in discoteca, e dopo la discoteca gliene davano duecentocinquanta, dice e ripete, per «non far niente, se non guardare». Davvero: «Dopo la discoteca, domandavano se mi andava di salire su, in qualche casa. Avevo bisogno di soldi. Ci andavo. Passavano il tempo a pippare, pippavano, pippavano, pippavano. Stavo lì, guardavo, e nient'altro. Bello no? Era come se mi regalassero i soldi. Quando si accorgevano di me, quando ci provavano, non riusciva niente, non ce la facevano».

Ha tra i 20 e i 30 anni, A., è stata a Milano e al The Club, «pochi mesi, pochi mesi soltanto e mi hanno distrutta», è andata via, lontano, allora chiediamo com'è adesso, cosa fa, e lei dice: «Sono mamma». Al magistrato, nel 2008, aveva raccontato: «Capitava di concedermi sessualmente a qualcuno dei clienti al tavolo ricevendone un corrispettivo».

Premessa: «Non credere, era semplicemente così. Non riuscivo a stare in pari con l'affitto. Cercavo altri lavori. Non li trovavo. Io ho lavorato anche in uffici, in società. Non trovavo niente, in quel periodo. Ma pochi mesi soltanto, l'ho fatto pochi mesi soltanto».

Proseguiva quel verbale: «Le serate, dapprima come ragazza immagine e poi con attività di meretricio, le ho fatte sempre grazie alla collaborazione di... sia al The Club sia al...». E la droga? «... lo spacciatore ci raggiungeva a casa la droga veniva comprata» da lui, il cliente, o dagli altri «clienti con i quali proseguiva la serata iniziata in discoteca». Uno, più d'uno.

«Tutti concentrati sulla cocaina. Avevano in testa solo quella. Non gli bastava mai». E tu? Avevi detto, in quell'interrogatorio: «Facevo uso di sostanza stupefacente del tipo cocaina in maniera più massiccia dopo le serate in discoteca; adesso la cosa è più saltuaria anche se mi capita di fumare qualche canna. La droga me la passava... che era solito detenerla addosso in misura limitata e in maniera più consistente a casa sua».

Chi erano? Sorriso, silenzio. Chi erano? L'età, la professione, la faccia, il portafogli, le richieste, la dipendenza: chi erano, dicci, racconta? «Erano ragazzi, uomini». Fa una domanda: «Mi porteranno via la bambina?». E perché, sono cose passate, due anni fa, è tutto finito, non credi? «No. Ho paura che tornino a farsi sotto». Chi? «Quelli che fanno l'indagine».

Hai qualcosa da nascondere? «No». Al magistrato avevi raccontato che ti vendevi perché mancavano i soldi, perché ti servivano soldi; è vero? «Verissimo. Quando finivo una festa, e tornavo a casa la mattina, mi mettevo a mandare le email. Leggevo le inserzioni di lavoro, mandavo il curriculum. La prostituzione, l'ho fatta per pochi mesi, ripeto. Quanta prostituzione c'è in giro, per strada?».

C'era un tizio, aveva detto la ragazza al magistrato, che al locale «patteggiava il prezzo col cliente e poi me lo comunicava ed io ero libera di decidere anche se quasi sempre andava bene. Questo avveniva sia nelle serate ai tavoli dei privé sia al di fuori delle discoteche poiché lo stesso era solito chiamarmi per questi servizi a qualsiasi ora del giorno e anche la notte mentre dormivo.

Peraltro io non ho mai avuto un mio giro personale di clienti, io non ho mai adescato nessuno... Talvolta arrivavo anche a 1.500 euro. Fu... a propormi di prostituirmi mi pare meno di un anno fa nel senso che mi fece chiaramente intendere che la serata ai tavoli poteva proseguire perché lui mi indicava il cliente, anzi era proprio lui che faceva da intermediario assumendo l'iniziativa di proporre a quella persona la prestazione sessuale con me».

La telefonata dura una mezz'ora. «Perché voi giornalisti mi state cercando? Cosa volete? Perché non cercate le altre, le straniere, che beate loro sono andate via dall'Italia?».


La coca, Belen e le altre. Chiusa la Milano da sniffare
di Michele Serra - La Repubblica - 27 Luglio 2010

Trovare cocaina in una qualunque città italiana è come cercare paglia in un pagliaio. Se poi il pagliaio è la Milano notturna, niente stupisce di meno di una mezza retata nei locali più in voga. Con gestori in manette e dive televisive che si accusano a vicenda.

Si accusano di un vizio che nessuna di loro è più in grado di riconoscere tale, tanto ordinario è diventato il consumo di un alcaloide che serviva agli andini per reggere il freddo e la fame, e oggi serve agli occidentali per simulare giornate di quarantott'ore, senza sonno e senza requie.

La cocaina è diventata endemica in tutti quegli ambienti, quelle vite, che gonfiano a dismisura i loro obiettivi e il loro rendimento. Della vecchia cultura trasgressiva a cavallo della quale tutte le droghe o quasi fecero il loro trionfale ingresso in Occidente, non rimane più niente.

Non serve più farneticare di "viaggi" o dilatazioni della coscienza o tigri nel cervello, sniffare è un consumo di massa come l'alcol, come il porno, come qualunque cosa che si possa comperare. Il fatto che la si vada a sniffare al cesso è il residuo strascico di un ordinamento proibizionista inapplicabile, come voler fermare il mare con una mano.

La movida milanese, a ridosso di negozi strafichi e di nuovi cantieri dai cento piani in su, con il riverbero della moda e del lusso che occhieggia da ogni androne e da ogni macchinone parcheggiato in tripla fila, è un vero e proprio classico di una società in fuori giri.

I protagonisti sono di quel circo immobile che da una quindicina, forse una ventina d'anni, incarna lo status sociale più ambito anche da larghi strati popolari: calciatori, veline, indossatrici, attori, agenti di spettacolo, e giovani ambosessi smaniosi di entrare nel giro giusto, favoriti dallo smisurato abbassamento dei parametri necessari per essere promossi "vip".

Ieri solo le star del cinema, i playboy, le ereditiere, pochi e irraggiungibili, dai vizi costosissimi, oggi quasi chiunque riesca ad allargare i gomiti per rubare uno spicchio di inquadratura, un quarto di pagina di rotocalco.

La distribuzione democratica e quasi di massa della speranza di diventare famosi non è senza prezzo. Diffonde ansia, rende insopportabili i tempi di attesa, crea tipi e tipe nervosi e disposti a qualunque scorciatoia.

La cocaina è la benzina di questa umanità che si sente in ascesa anche se è in coda nel cesso di un locale, subito dietro un centravanti e davanti a una modella.

Per imitazione, è poi la droga di chiunque cerchi di addentare lo status presunto brillante, presunto tosto, del giovane che vive intensamente. Fior di operai, impiegati, commesse, tutti bravi ragazzi e figli di famiglia, la prendono anche per non sentirsi da meno dei loro coetanei inseguiti dai paparazzi.

Uno degli antidoti possibili, forse il più potente, sarebbe registrare, con un improvviso sussulto della percezione, quanto tutto questo sia tragicamente conformista. Così, a occhio e croce, siamo ancora molto lontani da quel giorno.

Nelle movide (non solo milanesi) il tempo per riflettere non è dato, e anzi: hanno un successo travolgente soprattutto perché aiutano a non farlo. Riempire il tempo, ogni nicchia di tempo, di stimoli, impulsi, godimenti, soffoca il tempo, gli impedisce di lievitare.


Milano sotto la "neve"
di Emilio Randacio - La Repubblica - 28 Luglio 2010

Il vice direttore generale del Comune di Milano era addirittura in affari con «Rudy». Ma c´era anche uno stuolo di altri funzionari pubblici che assecondava le sue richieste: dal direttore generale del Commercio in Regione, Giuseppe Pannuti (ora indagato), all´ex comandante dei vigilli, Emiliano Bezzon (rimosso dopo aver ricevuto un avviso di garanzia), per finire al commissario aggiunto dei ghisa, Saverio Miracapillo, che anziché denunciare lo spaccio e le irregolarità dei locali notturni, «svolge il ruolo di coordinatore della sicurezza dei due locali», l´Hollywood e il The club. L´elenco completo degli indagati comprende 32 persone.

Una vera connivenza quella che aveva creato, secondo le indagini della procura di Milano, Rodolfo Rudy Citterio, il potente componente della Commissione vigilanza del Comune, finito 48 ore fa ai domiciliari con l´accusa di concussione, corruzione e truffa. Pretendeva tangenti, Citterio, e per i funzionari compiacenti, oltre a garantire biglietti per concerti e cene gratis, poteva esserci anche una serata in compagnia di una escort. («Rudy, grazie per la serata e la gran scopata», via sms gli dice un funzionario comunale indagato).

Oltre a essere in grado, ovviamente, di fare il bello e cattivo tempo mediante una struttura «formata da taluni soci avvezzi a soddisfare le esigenze di una clientela ricca e capricciosa e che in tale contesto possono contare nella risposta di connivenza che ricevono da rappresentanti delle istituzioni».

Il caso più emblematico e quello che coinvolge Rita Amabile, ex vice direttrice generale del Comune, ruolo chiave per le attività dell´amministrazione, ora indagata di abuso d´ufficio. Dagli atti emerge che la Amabile, attraverso il figlio, è socia della "C&C Servizi ristorazione" in cui ha una partecipazione lo stesso Citterio. Nel 2008, dopo quasi 10 anni di mancanza di controlli sulla regolarità delle licenze, l´andazzo, improvvisamente, cambia. I vigili del fuoco diventano irreprensibili nel verificare le decine di anomalie.

Ed ecco che, "Rudy", secondo l´accusa «va a cercare l´appoggio di membri legati ad Alleanza nazionale facendo presente l´importanza del bacino di voti che troverebbero nel "popolo delle discoteche"». Il 9 aprile di due anni fa, Carmelo Santoro, titolare di un locale che rischia la chiusura, dice a Citterio.

«Gli ho detto a Ignazio (La Russa, ndr) che quel posto là ha 300 persone a lavorare.... questi sono tutti voti che poi vanno a finire.... cioè, non è che poi uno può dire che è stato Prodi a fare questa cosa...». Argomento poco convincente, vista la successiva chiusura del locale.

Mentre l´inchiesta fa emergere sempre più connivenze con alti funzionari pubblici, il sindaco, Letizia Moratti, respinge al mittente ogni polemica. «Il comandante dei vigili urbani era stato allontanato precedentemente - ha spiegato - proprio quando si era saputo che c´erano queste collusioni».

Ma l´opposizione non è soddisfatta. «Il sindaco - afferma Pierfrancesco Majorino, capogruppo del Pd in Comune - racconta piccole bugie o si produce in particolari omissioni. Si dimentica infatti di dire a proposito dell´allontanamento del capo della polizia locale, che in tutti questi mesi non ha mai risposto sui motivi effettivi di quella scelta».


'Ndrangheta, la mappa dei boss. Così si erano divisi la Lombardia
di Piero Colaprico e d Emilio Randacio - www.repubblica.it - 13 Luglio 2010

Tanti i ristoranti in cui i capi malavitosi si incontrano per spartirsi gli affari da Milano al resto del territorio

Erano le 17.50 di (esattamente) due anni fa quando al Bar reduci e combattenti di San Vittore Olona, nel Milanese, comincia e finisce un altro tipo di combattimento: Carmelo Novella ha sessant’anni, ha parlato troppo, non immagina nemmeno che deve difendersi.

Ma arrivano due uomini armati: uno è Antonino Belnome, ha un revolver. Gli spara, poi tocca all’altro killer: punta la pistola alla testa del vecchio boss e preme il grilletto. I due salgono su una Kawasaki Z, vanno a Cormano, prendono l’autostrada e senza sosta arrivano a Guardavalle.

Novella sosteneva che la "Lombardia", e cioè le cosche del Nord, potevano fare a meno (un po’ più a meno) dei colleghi mafiosi del Sud: un grosso sbaglio. E da lì si rinnova tutto l’organigramma, alla quale assistono - quasi in diretta - i carabinieri e i poliziotti coordinati da Ilda Boccassini.

Questa, in estrema sintesi, la situazione. La "Lombardia" - e cioè la rete delle cosche nordiche - era capitana fino al 2007 da Cosimo Barranca, poi passa all’imprudente Carmelo Novella, poi arriva da Corsico - e da dove, se no? - Pasquale Zappia. È lui, così lo accusa la procura, «deputato a concedere agli affiliati cariche e doti, secondo gerarchie prestabilite mediante rituali tipici».

Da Cisliano a Lodi, da Ceriano Laghetto a Bresso, ci sono moltissimi ristoranti dove gli 'ndranghetisti s’incontrano, e poi capannoni e pure un crossodromo, ma è molto più importante dei menu l’organigramma che va componendosi. E, sempre secondo l’accusa, eccolo.

Milano
: il capo è Cosimo Barranca, ex vertice della Lombardia, in buoni rapporti Carlo Chiriaco, direttore della Asl lombardia di Pavia. Con lui lavora Leonardo Chiarella, ex capo prima di Cosimo Barranca, attuale "capo società e contabile".

Pavia
: c’è un vertice con Giuseppe Neri, numero uno, ma anche Carlo Chiriaco, Rocco Coluccio, Francesco Bertucca non sembrano da meno. Neri ha ricevuto e onorato l’incarico di costituire una «camera di controllo», che sistema meglio gli equilibri tra i «locali» (le cosche) della Lombardia nella fase successiva all’omicidio Novella. Chiriaco non è solo un responsabile sanitario, ma viene considerato «elemento di raccordo tra alti esponenti della ndrangheta lombarda e alcuni esponenti politici. Garantisce appalti pubblici e procura voti della ‘ndrangheta».

Bollate: Vincenzo Mandalari è capo, Rocco Ascone caposocietà e vicario, ma ricevendo e portando le ambasciate di Domenico Oppedisano, attuale capo del Crimine della ‘ndrangheta, è importante.

Cormano
: Pietro Francesco Panetta è il capo e Cosimo Magnoli vice.

Bresso:
Vincenzo Cammareri capo. Annunziato Cammareri capo società. Felice Zoiti «mastro di giornata e contabile»: qua c’è anche Domenico Cammareri, che è «fermo» (dicono così) per aver violato un comportamento della 'ndrangheta.

Corsico
: il vertice è formato da Bruno Longo, Giuseppe Commisso e Pasquale Zappia, che dal 31 dicembre 2009 - la sua elezione è documentata in questa foto - diventa capo e organizzatore della Lombardia.

Limbiate: Antonino Lamarmore è il capo del «locale», ma anche «mastro generale della Lombardia», con il compito di fare da raccordo tra locali.

Pioltello
: Alessandro Manno, Cosimo Maiolo.

Rho: Stefano Sanfilippo, che era vicario di Carmelo Novella, promosso dopo l’omicidio.

Solaro
: Giovanni Ficara, capo della locale e rappresentante delle 'ndrine di Reggio Calabria presso la Lombardia.

Desio
(cosca molto numerosa): Annunziato Muscato, Nicola Minniti. Seregno (altra cosca numerosa): Antonino Belnome, accusato dell’omicidio di Novella, è diventato capo del «locale» dopo l’omicidio di Rocco Cristello, a Verano Brianza il 3 marzo 2008. Cosimo Squillacioti è il contabile.

Mariano Comense
: Salvatore Muscatello, componente anziano, viene chiamato per individuare il successore di Novella ed è elettore del nuovo capo Pasquale Zappia.

Erba
: Giovanni Varca, Michele Oppedisano (nipote di Domenico il capo dei capi calabrese).

Canzo: Luigi Vona, Giuseppe Furci. Legnano: Vincenzo Rispoli