mercoledì 28 luglio 2010

Bp: dopo il Golfo del Messico sarà la volta del Mediterraneo?

Qualche articolo sugli ultimi sviluppi del disastro ecologico provocato da Bp nel Golfo del Messico e sui suoi progetti di trivellazione nel Mediterraneo.

Intanto oggi si è saputo che negli Usa si è aperta un'altra falla. Una tubatura che trasporta petrolio da Griffith, Indiana, fino a Sarnia in Ontario, si è rotta disperdendo in acqua circa 19.500 barili di petrolio. La fuoriuscita più grande mai avvenuta nel Midwest degli Stati Uniti.

Al peggio non c'è veramente mai limite...


Petrolio, 27 piattaforme a rischio. E ora si trivella nel Mediterraneo
di Alessio Pisanò - www.ilfattoquotidiano.it - 25 Luglio 2010

La Bp estrarrà greggio a profondità maggiori che in Louisiana. Il pericolo di un nuovo disastro è a meno di 600 chilometri dalla Sicilia

Trivellazioni per estrarre petrolio a meno di 600 chilometri dalle coste della Sicilia. Inizieranno tra poche settimane nel Golfo della Sirte, in Libia. Lo ha annunciato la Bp, la stessa compagnia responsabile del disastro nel Golfo del Messico.

E se quanto accaduto alla piattaforma Deepwater Horizon succedesse nel Mar Mediterraneo? Secondo l’organizzazione ambientalista Platform, gli effetti sarebbero ancora più devastanti, per via della forma a conca di bacino del nostro mare.

Le nuove trivellazioni della Bp in Libia arriveranno poi fino a una profondità di 1.700 metri, 200 in più della Deepwater Horizon in Louisiana. Piattaforme di questo tipo sono “ad alta profondità”: le più pericolose.

L’Europa, in tutto, ne ha già 27, tutte localizzate nel Mare del Nord: una lingua d’acqua di appena 970mila km, stretta tra Gran Bretagna, Scandinavia e Islanda, al centro delle preoccupazioni delle associazioni ambientaliste internazionali.

In questo mare 24 piattaforme pompano petrolio a oltre 200 metri di profondità e 3 oltre i 400. Sotto i 400 metri, eventuali falle non sono raggiungibili dai sommozzatori e più si va in profondità, più aumentano i rischi di incidente, per la temperatura delle acque, la pressione, le correnti e la difficoltà di intervenire tempestivamente in caso di black out.

Varie trivellazioni sul lato britannico e scandinavo del Mare del Nord sono della Bp, che è attiva anche in Russia, dove possiede il 50% della compagnia petrolifera TNK-BP. La British Petroleum, è anche proprietaria dell’oleodotto Baku-Tbilisi-Ceyhan (Btc), il secondo più lungo al mondo (1.776 km), costruito nel 2006 per trasportare il petrolio estratto nel Mar Caspio fino alle coste del Mar Mediterraneo.

Proprio nel Mar Caspio si trova uno dei giacimenti di petrolio più grandi al mondo: l’area di Kashagan, che nel 2020 raggiungerà una produzione giornaliera di un milione e mezzo di barili di greggio.

Qui la situazione è tenuta sotto controllo dalle ong per via dell’alto livello di solfuro e di altre sostanze tossiche nel sottosuolo e delle difficili condizioni di estrazione (clima impervio e piattaforma lontana dalle coste). L’organizzazione Friends of the Earth Europe riferisce che migliaia di persone sono già state evacuate a causa delle emissioni di solfuro.

Nonostante i rischi, in Europa il numero delle piattaforme petrolifere è destinato ad aumentare. Nuove estrazioni nel Mediterraneo potrebbero partire nei prossimi anni. La stessa British Petroleum sta infatti esplorando con la Shell i fondali libanesi ed egiziani per centinaia di chilometri quadrati.

Acque in cui la BP ha già un terribile precedente: lo scoppio nel 2004 di una piattaforma per l’estrazione di gas naturale che ha bruciato per oltre una settimana. Nell’area delle isole Shetland, a nord della Scozia, sono iniziate esplorazioni affidate a BP e Transocean, lo stesso duo responsabile della catastrofe del Golfo del Messico.

L’organizzazione Platform riferisce poi che la Norvegia non vede l’ora di iniziare le estrazioni nel Mare Artico attorno alle isole Lofoten. Esplorazioni sono iniziate al largo delle coste della Groenlandia e al largo della Turchia nel Mar Nero, mentre l’Irlanda è pronta a mettere all’asta diverse licenze per scandagliare il sottosuolo.

Insomma una situazione che non fa certo ridere, tanto più che, secondo tutte le associazioni ambientaliste, l’Unione europea sta facendo troppo poco per proteggere i propri mari e le proprie coste. Recentemente l’eurodeputato polacco Boguslaw Sonik, vice presidente della commissione Ambiente del Parlamento europeo, ha presentato una proposta di risoluzione per richiedere controlli più stretti, misure di sicurezza più rigide e regole europee più rigorose per le trivellazioni. La sua mozione, però, non è passata.



Bp, il pozzo nel Mediterraneo
di Carlo Musilli - Altrenotizie - 26 Luglio 2010

Finché la catastrofe resta lontana migliaia di chilometri ci si può permettere una partecipazione, un interesse di circostanza. Quando il pericolo arriva vicino casa, è il momento di farsi prendere dalla preoccupazione reale.

Entro un paio di settimane la British Petroleum, la compagnia petrolifera che ha massacrato l’ecosistema dell’Atlantico centrale e le economie dei paesi vicini, inizierà a scavare un pozzo per l’estrazione di petrolio e gas nel Mediterraneo. A 560 km dalla Sicilia, 591 da Lampedusa.

Per la precisione nel golfo libico di Sirte, lo stesso su cui Gheddafi nei primi anni ’80 ha affermato la sua suprema autorità e dove per tutta risposta nel 1986 una spedizione americana, inviata da Reagan, ha affondato due navi libiche, uccidendo più di 30 persone. Il nuovo pozzo sarà a 1.700 metri di profondità, 200 in più rispetto a quello nel Golfo del Messico.

I sospetti sull’origine di questa nuova fatica della Bp non mancano: pare sia legata alla liberazione di Abdel al-Megrahi, l’attentatore di Lockerbie. Facciamo un passo indietro. Il 21 dicembre 1988, sulla cittadina scozzese di Lockerbie, si schiantano i resti del volo PA 103 della Pan Am, esploso in cielo per la detonazione di un ordigno nascosto nella stiva. Muoiono 270 persone (fra cui 189 americani).

Abdel Basset al-Megrahi, ex agente dei servizi segreti libici, viene giudicato colpevole dell’attentato e condannato all’ergastolo nel 2001. Secondo la legge britannica dovrebbe passare in carcere almeno 27 anni, invece il 20 agosto 2009 viene liberato “per ragioni umanitarie”.

Il terrorista - a quanto dicono - è malato terminale di cancro alla prostata, vivrà al massimo altri tre mesi. Seif al-Islam, figlio di Gheddafi, lo va a prendere con l’aereo personale di papà. In patria, al-Megrahi è accolto come l’eroe il cui sacrificio ha permesso la revoca dell’embargo.

Peccato che il terrorista non avesse nessuna intenzione di morire entro tre mesi. Non solo è ancora serenamente fra noi, ma lo scorso quattro luglio lo stesso medico che gli aveva pronosticato una morte imminente ha ammesso che potrebbe vivere tranquillamente altri dieci anni.

Veniamo alla Bp. Nel 2007 Tony Hayward, grande capo della compagnia, firma con Tripoli un contratto da 900 milioni di dollari per iniziare l’esplorazione dei fondali libici. Ma il via alle operazioni viene dato, guarda caso, soltanto due anni dopo. Quando al-Megrahi è tornato finalmente a casa.

Il Senato americano ha chiesto a Hayward di presentarsi giovedì davanti alla Commissione per le relazioni internazionali. Gli chiederanno quali pressioni la Bp abbia esercitato sul governo britannico. Le indagini sono partite su richiesta di Frank Lautenberg, senatore democratico del New Jersey. A lui si sono associati altri tre senatori, fra cui Bob Mendez, secondo cui “ci sono evidenti ragioni di credere che questo terrorista sia stato rilasciato sulla base di false informazioni circa la sua salute”.

La Bp ha già negato ogni coinvolgimento. Andrew Gowers, portavoce della multinazionale, ha dichiarato che la compagnia “era consapevole che un rinvio (dell’accordo con la Libia per il trasferimento di prigionieri, ndr) avrebbe potuto avere conseguenze negative per gli interessi commerciali britannici, inclusa la ratifica del contratto della Bp per l’avvio delle esplorazioni, (…) ma non ha mai espresso un parere specifico sulla forma di accordo da prendere”.

Non ci sono prove né che la Bp abbia spinto per il rilascio del terrorista, né che il governo britannico abbia preso quella decisione a tutela di un mero interesse economico. In ogni caso il fatto in sé, per quanto privo di moralità - ed è questa la cosa più sconvolgente - non sarebbe illegale, a meno che non si riesca a dimostrare un effettivo atto di corruzione. Solo la volgare mazzetta farebbe la differenza fra un’azione politica sporca ma abituale e un reato effettivamente perseguibile, fra realpolitik e crimine.

Per dare un’idea del livello di raffinatezza raggiunto dalla diplomazia del capitalismo, è interessante ricordare che all’inizio di luglio il più importante dirigente libico del petrolio ha auspicato che il suo paese investisse nella Bp per avvantaggiarsi del calo dei prezzi dovuto ai “problemi” della compagnia. Non male come investimento quando 900 milioni sono già in cassa.

Nel frattempo Italia, Grecia e Malta non hanno commentato il progetto del nuovo pozzo, mentre schiere di ambientalisti di tutto il mondo temono che si cominci a trivellare davanti alla Libia prima che si concludano le inchieste su quello che è accaduto nel Golfo del Messico.

Il Mediterraneo è già uno dei mari al mondo più inquinati dal petrolio ed è chiuso quasi come un lago: il ricambio delle acque superficiali attraverso lo stretto di Gibilterra si completa ogni 90 anni. Anche un piccolo incidente potrebbe avere conseguenze irreversibili.

Per tutta risposta, gli uomini della Bp hanno fatto sapere che “procederanno con grande cautela” e che “faranno tesoro della lezione imparata” nel Golfo del Messico. Davvero rassicurante, detto da una società che per dare di sé un’immagine laboriosa ha diffuso fotografie del suo “Centro crisi” di Huston malamente ritoccate con Photoshop.


BP tappa il buco?
di Luca Mazzucato - Altrenotizie - 19 Luglio 2010

Una buona notizia: il tappo tiene! Il video in live streaming dal fondo del Golfo del Messico, che da tre mesi getta l'America nella disperazione, è improvvisamente cambiato: ora tutto tace. Non si vede più il fiume rosso della falla di greggio ad alta pressione. Al suo posto, la tranquilla immagine di un tappo bianco e acqua pulita. Ma si tratta solo di un test e gli esperti sono scettici: presto dovranno riaprire la valvola.

Alle 2:25 di pomeriggio di giovedì scorso, i robot sottomarini sono riusciti ad avvitare la valvola di contenimento sulle estremità slabbrate del pozzo petrolifero, a millecinquecento metri di profondità. Tutti i precedenti tentativi di contenere la falla erano falliti miseramente e ormai nessuno si aspettava che questo invece riuscisse. Ma infine il miracolo è arrivato.

La valvola rimarrà sigillata per almeno due giorni, per dare il tempo agli esperti di studiare la pressione sul tappo e all'interno del pozzo. Un'improvvisa diminuzione della pressione segnalerebbe l'apertura di una nuova in un altro punto e, in quel caso, la valvola verrà riaperta immediatamente. Se il test fornirà i risultati sperati, a quel punto forse si potrà capire quale sarà il passo successivo.

Le possibilità che il governo americano e British Petroleum stanno ora valutando sono tre: attaccare una cannuccia alla valvola e riaprirla per riprendere l'estrazione del petrolio, tornando alla situazione precedente all'incidente; oppure ricominciare l'estrazione e, se il tappo passerà i test sotto sforzo, usare la valvola per chiudere il pozzo durante i frequenti uragani; oppure, se il tappo tiene, chiudere il pozzo definitivamente.

Sembra più probabile che BP decida di riaprire la valvola ed estrarre il petrolio: l'unica situazione che assicura un profitto certo. Due navi preposte all'estrazione sono già sul posto e altre due stanno per arrivare.

L'ammiraglio Thad Allen, responsabile della gestione della crisi per l'amministrazione Obama, si è affrettato però a precisare che la chiusura del pozzo è solo temporanea, per poter abbandonare il sito in caso di uragano, ma l'unica soluzione definitiva è la trivellazione dei pozzi paralleli che prenderà ancora qualche settimana.

Nonostante la buona notizia, la reazione dei pescatori lungo la costa non è proprio entusiasta, anzi tendono a non credere più alle notizie provenienti da BP. Il New York Times ha raccolto alcune testimonianze: “È come mettere un cerotto su un cadavere” - sospira un raccoglitore di granchi - “all'inizio li stavo a sentire ma ora credo più a una parola di quello che dicono”. Un'altra pescatrice di gamberetti è sarcastica: “Cosa c'è da celebrare? La mia vita è finita, hanno distrutto tutto quello che avevo e che amo”.

Ma i guai non sono finiti. Nei giorni scorsi, un'inchiesta dell'Associated Press aveva denunciato la presenza di 27.000 pozzi petroliferi abbandonati nel Golfo del Messico, potenzialmente delle bombe ambientali ad orologeria. Alcuni dei pozzi risalgono agli anni quaranta, agli albori della trivellazione sottomarina. 3.500 di questi pozzi risultano “temporaneamente abbandonati”, il che significa che il rubinetto è stato chiuso ma la valvola non è stata sigillata, alcuni addirittura dagli anni Cinquanta.

E siccome nessuno si è mai preso la briga di controllare, potrebbero benissimo essere diventati dei colabrodo nel disinteresse generale. Dopo la denuncia dei giornalisti, il Congresso americano ha avviato un'ispezione approfondita dei pozzi e i parlamentari sono già volati sul posto per investigare.

La situazione politica resta ingarbugliata e non si vede alcuna facile soluzione al problema delle trivellazioni offshore. Obama, sulla scia della rabbia popolare seguita al disastro, aveva varato moratoria di sei mesi sulle trivellazioni offshore. Ma un giudice ha bloccato la moratoria e al momento non è chiaro il prossimo passaggio.

Nel frattempo, la popolazione del Golfo si divide a metà tra i lavoratori dell'industria petrolifera, infuriati per i blocchi all'estrazione, e quelli che si guadagnano da vivere sfruttando il pesce e il turismo e che hanno perso ogni fonte di sostentamento. Ma hanno intascato denaro contante da BP, impegnandosi a non chiedere i danni in una eventuale class action contro la compagnia petrolifera.

Un'altra inchiesta giornalistica ha scoperto che, nonostante la moratoria sulle trivellazioni offshore, l'Ufficio preposto alla valutazione delle domande di trivellazione continua a lavorare senza sosta, approvando decine di nuovi progetti tra cui anche quelli presentati da BP. Alcuni di essi prevedono l'apertura di pozzi sottomarini al Polo Nord, dove qualsiasi falla avrebbe conseguenze assai più catastrofiche (se possibile) di quelle attuali.

Una fuoriuscita di petrolio al Polo sarebbe impossibile da richiudere durante quasi tutto l'anno e si spanderebbe senza ostacoli dal Canada alla Norvegia fino alle coste russe. L'amministrazione ha risposto che si tratta solo di “firme su delle carte,” e procedure burocratiche e che “nessuna nuova trivellazione è stata avviata.” Ma il comico Jon Stewart ci tiene a ricordare al Presidente che “non è stato eletto per mettere la firma su delle carte ma per cambiare le cose”.



La verità sulla catastrofe petrolifera nel Golfo
di Wayne Madsen - www.waynemadsenreport.com - 13 Luglio 2010
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di Luigi Freschi

Sulle coste del Golfo, sia ascoltando gli ecologisti che gli specialisti della fauna fino ai medesimi pescatori e uomini d'affari, il responso è del tutto simile; la compagnia BP non sta soltanto strozzando le notizie che concernono ciò che viene condotto in seguito al disastro petrolifero del Golfo del Messico, ma questa ha anche 'precettato' gli organismi chiave adibiti alla supervisione e alla regolamentazione del governo federale per dare àdito al suo proprio ordine del giorno e di quello dei partners del petrolio, tra cui Halliburton, Anadarko e Transocean.

L'uomo più odiato nel Golfo è il comandante supremo della Protezione civile del presidente Obama, Thad Allen che è andato in pensione da comandante della Guardia Costiera il 30 giugno. Allen è considerato troppo compromesso con la BP, e ci sono riferimenti locali secondo i quali, molto prima dell'esplosione del Deep Water Horizon il 20 aprile, Allen stava trattando per la messa in opera di un programma con la BP.

La logistica del modo di pulire dalla marea nera viene criticata per la troppa fiducia investita sulle navi specializzate per la scrematura dal petrolio nelle acque profonde. Non è prevista nessuna procedura con l'utilizzo di mezzi di recupero in grado di operare in acque poco profonde, cioè a 45 e 60 centimetri. Un certo numero di battelli capaci di scremare le acque poco profonde sono ancorati nel porto e non sono utilizzate dalla BP.

Di solito, i pescatori che hanno esperienza nel salvataggio di tartarughe marine impigliate nelle reti da pesca non sono invitati nelle operazioni di salvataggio delle tartarughe. E in effetti questi rischiano di essere arrestati solo se toccano una tartaruga in pericolo. Come la maggioranza dei pescatori non sono stati interpellati dalla BP, all'incirca 3000 di essi si ritrovano senza poter lavorare a causa di questo disastro.

I pescatori senza lavoro sono stati informati dalla BP che saaranno interpellati quando sarà necessario il loro intervento. Ma la BP dopo ha fatto sapere che molti di loro non saranno più chiamati.

Ora, la BP ha assoldato una miriade di collaboratori e aziende subappaltatrici che percepiscono molto denaro e cassano alcune imprese locali. In ogni caso ho notato un gran numero di venditori di frutti di mare e di ristoranti chiusi che si trovano nella zona di Venice in Louisiana.

Coloro che sono impegnati dalla BP per pulire le spiagge e le acque non sono autorizzati ad indossare apparecchi respiratori e spesso si ammalano e perdono anche sangue. Sempre nella zona di Venice, anch'io ho avvertito bruciori e lacrimazioni agli occhi. Questa irritazione è perdurata ore prima del mio ritorno sulla riva ovest di New Orleans.

Diffusa dalla BP, la disinformazione è accentuata grazie ad un cospicuo numero di giornalisti della televisione locale “embedded” nelle unità della Guardia Costiera nelle acque al largo della costa e nelle paludi dell'estuario.

Per di più, la National Oceanic and Atmospheric Administration (NOAA), accusata da molti ecologisti e pescatori del luogo di essere complice della dissimulazione di brutte notizie, ha pubblicato un rapporto affermando che le verifiche sui pesci pescati nelle acque "nei dintorni delle zone del petrolio" si sono verificate negative circa la presenza dei prodotti tossici chimici. Pescatori che io ho interrogato hanno dichiarato che quanto è stato scritto è ridicolo perchè non ci sono pesci nelle acque della zona in prossimità della zona petrolifera.

I pesci che si dislocano dalle acque del Golfo al largo della Luoisiana sono le varie specie di tonno ecc. e le stesse blenni colorate che si nutrono normalmente attorno ai piloni delle piattaforme petrolifere del Golfo e che si trova solamente nel bacino dell'Amazzonia oltre che nelle acque del Golfo della Luoisiana.

Le acque del Golfo si trasformano lentamente in una zuppa di idrocarburi di un colore nerastro trasparente, fatto di bolle di petrolio disperso. I proprietari, i cui battelli sono serviti per i tentativi di pulizia e che hanno le loro chiglie di fibra danneggiate dalla penetrazione degli idrocarburi, sono stati informati dalla BP che i loro battelli dovranno essere distrutti in seguito e le loro chiglie bruciate. Però, anche i battelli che non sono stati utilizzati per la pulizia dovranno essere distrutti senza avere la garanzia che la BP indennizzerà i proprietari.

La NOOA starebbe anche nascondendo carte delle profondità del mare del Golfo che mostrano un'enorme spaccatura nello stato del fondo marino, situato a 11 kilometri dal luogo della Deepwater Horizon. La spaccatura emette 120.000 galloni (pari a 550 metri cubi) di greggio al giorno e di gas metano.

Il petrolio disperso dalla Corexit si è infiltrato sotto le barriere installate per protezione del lago di Ponchartrain, a nord di New Orleans. Là si rinvengono pesci morti e delle bolle di catrame nel lago.

Più lontano, nel Golfo e lungo i ripari importanti come l'isola di Elmer, ci sono enormi concentrazioni di pesci morti che sono state segnalate dagli abitanti della zona. La Guardia costiera e la BP hanno fissato una zona di non volo sopra l'isola di Elmer, che è un santuario per gli uccelli.

Inoltre, i pescatori affermano che le zone di riproduzione del Golfo, che danno il 40% dei prodotti ittici USA, vengono distrutte dal petrolio e dalla presenza di una zuppa chimica creata da questo brodo di petrolio e di Corexit 9500.

Il Corexit scompone il petrolio grezzo in piccole bolle di idrocarburi e un brodo di petrolio acquoso s'infiltra sotto le barriere messe per proteggere le zone di vivaio dei pesci, i vivai delle ostriche, e le altre zone incontaminate. Molte specie di pesci dell'Atlantico si riproducono allo stesso modo nel Golfo e anche queste sono minacciate dalla marea nera.

Anche le bernacche, specie di creatura del mare più resistente a situazioni estreme, muore in gran numero assieme alle spugne e al corallo.

Vicino a Venice in Louisiana, a Plaquemine Parish, si trova il vecchio fortino della guerra civile, Fort Jackson, luogo storico e parco nazionale, che è stato trasformato in una base importante per la BP e per la Guardia costiera per scaricare il Corexit sul petrolio nel Golfo.

Sono stato testimone di cinque elicotteri che trasportavano sacchi bianchi di Corexit rovesciati sulle acque del Golfo messi in fretta e furia all'ingresso di Fort Jackson, solo dei pannelli avvertivano che la località era chiusa ai visitatori per "lavori".

Fort Jackson è utilizzato come base principale per le operazioni della BP e le attività della Guardia costiera. L'amministrazione Obama, che aveva espresso la volontà di una "amministrazione trasparente", è collusa in operazioni semi-segrete della BP e della Guardia costiera nel Golfo.

Sono anche stato informato da fonte degna di fiducia che di notte sono intervenuti con della polvere bianca sulle spiagge della Louisiana per dare l'impressione che esse fossero pulite. Volando a luci spente, gli aerei non hanno nemmeno tenuto conto delle regole di volo. Le operazioni erano state accordate dalla Guardia costiera e dalla Federal Aviation Administration (FAA).

E' stata oggetto di critica anche l'Environmental Protection Agency (EPA) che non ha detto nulla quando i comandi federali hanno rimandato a casa soccorritori della fauna provenienti dal Texas e dagli altri Stati. Un gruppo cui era stato ordinato di fare i bagagli è il Rescue & Rehabilitatio, Inc., un'organizzazione famosa nel Texas con venti anni d'esperienza nel salvataggiio degli animali in caso di marea nera.

La BP ha dato mandato alla O'Brien Group, che è una filiale della SEACOR Holdings di Fort Lauderdale in Florida, come coordinatrice per il salvataggio della fauna. Gli ecologisti locali considerano la O'Brien complice della BP.

L'EPA non ha proferito parola anche a proposito della qualità dell'aria a Venice, dove si rileva che l'idrogeno solforoso nell'aria era stato misurato a 1192 parti per miliardo il 7 maggio. Cinque parti per miliardo sono considerate pericolose per la salute dell'uomo.

I rapporti del 7 maggio mostrano anche che il tasso di benzina nell'aria è stato misurato in 5000 parti per miliardo, livello pericoloso per la salute. Il propileneglycol, un componente prevalente nel Corexit 9500 è stato misurato nelle acque del Golfo a 150 volte rispetto la concentrazione letale.

La BP ha ingaggiato a monitorare gli effetti del disastro petrolifero attuale la stessa società che ha effettuato la prova della qualità dell'aria dopo la marea nera provocata dal ciclone Katrina sulla raffineria Murphy di Chalmette. Questa società è stata definita "palesemente bugiarda" da ecologisti e soccorritori in occasione di entrambi gli incidenti.

Gli operatori della BP sono anche stati colti mentre scaricavano in buche nel terreno in Mississipi e a St. Tammany Parish, Louisiana, dei residui di catrame che provenivano dalle acque e dalle spiagge. La fanghiglia di petrolio si sta infiltrando nelle falde freatiche locali.