lunedì 26 luglio 2010

Un altro colpaccio per Wikileaks

Oggi è proprio una bella giornata per la libertà di stampa e il giornalismo libero e indipendente.
Ben 92.000 documenti segreti del Pentagono sulla guerra in Afghanistan dal gennaio 2004 al dicembre 2009 sono stati pubblicati dal New York Times, dal britannico Guardian e dal tedesco Spiegel .

E tutto ciò per merito esclusivo del coraggio di Wikileaks.

Dalle carte pubblicate emerge che "il Pakistan, ostentatamente alleato degli Stati Uniti, ha permesso a funzionari dei suoi servizi segreti di incontrare direttamente i capi talebani in riunioni segrete per organizzare reti di gruppi militanti per combattere contro i soldati americani, e perfino per mettere a punto complotti per eliminare leader afghani".

Viene alla luce che "L'intelligence pakistana (Directorate for Inter-Services-Intelligence) lavorava al fianco di Al Qaeda per progettare attacchi" e "faceva il doppio gioco"; "per la prima volta è emerso che i talebani hanno usato missili portatili a ricerca di calore contro gli aerei della Nato", come gli Stinger che Cia fornì ai mujaheddin di Osama Bin Laden "per combattere contro i sovietici negli anni Ottanta".

Inoltre si viene a sapere anche che dall'arrivo di Obama alla Casa Bianca le truppe Usa "usano molti più droni automatici malgrado le loro prestazioni siano meno notevoli di quanto ufficialmente riferito. Alcuni si sono schiantati al suolo o si sono scontrati in volo, costringendo le truppe americane a intraprendere rischiosissime operazioni di recupero prima che i talebani riuscissero a impadronirsi dell'armamento e (della tecnologia) dei droni"; che "La Cia ha allargato le operazioni paramilitari in Afghanistan e dal 2001 al 2008 ha finanziato l'intelligence afghana, trattandola come una sua affiliata virtuale".

Secondo il Guardian i documenti rivelano il numero crescente di civili uccisi dalle forze della coalizione e dai talebani e "danno un’immagine devastante della guerra e del suo stato di fallimento in Afghanistan".

In sintesi, oggi si è avuta l'ennesima conferma di quanto si sapeva già. E cioè che gli USA e i suoi alleati NATO hanno fallito in Afghanistan, hanno perso la guerra. Continuando ad uccidere sempre più civili innocenti e compiendo veri e propri crimini di guerra.

Così come oggi, ad esempio, si è venuti a sapere dell'ennesima nuova strage di civili. Oltre 40 morti, in gran parte donne e bambini nel villaggio di Sangin, nella provincia di Helmand. E il presidente afghano Karzai ha chiesto un'inchiesta.

Ovviamente la Casa Bianca ha "fortemente condannato" la fuga di notizie sulla guerra in Afghanistan. Il consigliere per la Sicurezza nazionale, Jim Jones, ha sottolineato infatti che l'azione di Wikileaks mette a repentaglio "le vite sia di americani, sia dei nostri alleati, e rappresenta una minaccia per la nostra sicurezza nazionale. Wikileaks non ha fatto alcuno sforzo di contattarci circa questi documenti. Il governo degli Stati Uniti ha appreso da organizzazioni giornalistiche che questi documenti sarebbero stati pubblicati".
Parole che oltrepassano il limite del ridicolo...

Idem dicasi anche quando Jones ha sottolineato il rapporto di forte alleanza che esiste tra Usa e Pakistan "Gli Stati Uniti restano a sostegno del popolo pachistano e dello sforzo del Pakistan focalizzato a sradicare i gruppi estremisti violenti".
Ma naturalmente anche il Pakistan finge d'indignarsi attraverso l'ambasciatore pakistano negli Stati Uniti, Husain Haqqani, che ha definito "irresponsabile" la pubblicazione di documenti riservati.

Veramente ridicolo e penoso sentire dichiarazioni del genere da una manica di loschi figuri, veri e propri incapaci e irresponsabili da mandare sotto processo in un Tribunale Internazionale per crimini di guerra.

Comunque sia, siamo di fronte alla più grande fuga di notizie mai registrata dall'amministrazione americana e giustamente Julian Assange, il fondatore del portale Wikileaks, ha dichiarato: "Ci accusano? Allora è buon giornalismo. È compito del buon giornalismo parlare degli abusi di potere, e quando gli abusi di potere sono messi in luce c'è sempre una reazione contraria''.

Avanti così Julian!!


Afghangate. Le verità nascoste
di Antonio Marafioti - Peacereporter - 26 Luglio 2010

La fuga di notizie pubblicata da Wikileaks rischia di far scoppiare il caso Afghangate. L'ira del presidente Barack Obama sui mezzi d'informazione.

Uccisione deliberata di civili innocenti, aumento massiccio dei droni radiocomandati e pericolosi voltafaccia da parte degli alleati di sempre. Il rapporto pubblicato dal sito specializzato nella divulgazione di notizie riservate Wikileaks.org rischia di far scoppiare il caso Afghangate.

Novantaduemila fascicoli segreti protocollati Pentagono e già ripresi, fra gli altri, dal New York Times rivelano le barbarie e i costi dei conflitti e fanno capire, ove ce ne fosse bisogno, che negli Stati Uniti il rapporto guerra crisi economica è fondamentalmente unilaterale: le guerre provocano le crisi ma dalle crisi non sono inficiate.

Perché se c'è una voce del bilancio pubblico di Washington che non può subire variazioni è proprio quella del rifinanziamento delle missioni militari.

Le ultime due, Iraq e Afghanistan, sono costate ai contribuenti statunitensi ben 1.021 miliardi di dollari dal 2004. Prima del loro costo c'è solo quello della Seconda Guerra mondiale costata, con valuta odierna, 4.100 miliardi di dollari.

Non solo denaro. Oltre l'impressionante quantità di denaro che le operazioni "Iraqi Freedom" e "Enduring Freedom" hanno richiesto dal gennaio 2004 al dicembre 2009, il dato più allarmante del protocollo "top secret" è quello sulla violazione sistematica dei diritti, umani e di guerra, da parte delle truppe a stelle e strisce.

La Task Force 373, per esempio, è un gruppo speciale di uomini dell'Esercito e della Marina scelto per la cattura di settanta alti comandanti ribelli.

Dagli incartamenti si è appreso che le missioni loro riservate si sono intensificate durante il mandato presidenziale di Barack Obama e che la loro imprecisione nel lavoro di "cattura ed elimina" ha portato all'uccisione di diversi civili e all'aumento della tensione col governo di Kabul.

E ancora l'aumento dell'utilizzo di droni radiocomandati da parte degli alleati e dei missili a ricerca di calore, gli Stinger, da parte talebana che gli alti comandi militari USA non hanno mai rivelato.

A questi ultimi, e soprattutto alla Central Intelligence Agency (CIA) sarebbe inoltre sfuggito il doppio gioco del Pakistan, ufficialmente Paese amico, che da quanto si apprende dal dossier, avrebbe sempre tramato complotti ai danni del potente alleato.

In particolare il ruolo del Directorate for Inter-Services-Intelligence (gli 007 al servizio del governo di Islamabad) avrebbero incontrato più di una volta i leader taleban per organizzare attentati contro marines e politici afgani.

Da Washington. Già accerchiato e indebolito da grane di politica interna, vedi caso BP e legge sull'immigrazione in Arizona, il presidente Obama non ha mascherato la propria ira nei confronti di chi ha pubblicato il dossier che, oltre il sito di Julian Assange, è comparso sui portali del New York Times, del Guardian e del tedesco Der Spiegel.

"Possono mettere a rischio la vita degli americani e dei nostri alleati e minacciare la nostra sicurezza nazionale" ha tuonato James Jones, il consigliere per la sicurezza nazionale. Quello che ora preoccupa di più l'establishment obamiano sarebbe proprio il rapporto con il governo guidato da Yousaf Raza Gillani.

In attesa di un colloquio con Husain Haqqani, ambasciatore di Islamabad negli USA, che ha definito "irresponsabile" la fuga di notizie riservate, Obama cercherà di non farsi schiacciare dalla pressione diplomatica e continuare i rapporti con l'alleato asiatico come se nulla fosse accaduto.

Proprio come riportato nell'incartamento riservato per il quale nonostante ripetuti avvisi di un intervento diretto nell'area l'amministrazione democratica non ha mai ceduto alla tentazione di inimicarsi uno dei principali alleati in Asia.

A testimonianza di ciò c'è stato l'annuncio del Segretario di Stato Hillary Clinton la quale, dopo aver sostenuto che i due paesi sono "partner uniti da una causa comune", ha annunciato lo stanziamento di 500 milioni di dollari in aiuti a Islamabad.