giovedì 16 giugno 2011

Libia update

Aumentano giorno dopo i giorno i problemi per la Nato in Libia.

Infatti nonostante l'aumento costante del numero dei bombardamenti aerei, l'Alleanza Atlantica non riesce a cavare un ragno dal buco, Gheddafi continua a tenere saldamente le redini di 3/4 del Paese e trova pure il tempo per giocare a scacchi.

Ieri poi a Londra il segretario generale della Nato Rasmussen, al termine di un incontro col premier inglese Cameron, ha dichiarato che "In Libia alleati e partner (della Nato, ndr) sono impegnati a fornire le necessarie risorse e mezzi per continuare le operazioni e portarla al successo finale", chiedendo in pratica ai Paesi europei della Nato di spendere di più, incrementando i loro budget per la difesa.

Un'altra dimostrazione quindi dell'ennesimo fallimento della Nato, dopo quello in Afghanistan.

Inoltre le cose non si stanno mettendo bene neanche per il presidente Usa Obama che ieri è stato accusato dal Congresso Usa d'aver violato la legge nell'intervento in Libia. Un gruppo bipartisan di parlamentari l'ha infatti denunciato a un Tribunale federale, affermando che prima di dare il via all'intervento avrebbe dovuto chiedere l'autorizzazione del Congresso, in base alla legge federale War Powers Resolution.

Insomma si stanno ripetendo gli stessi errori commessi in Iraq e Afghanistan, cercando anche di screditare l'immagine di un leader, che rimane invece ben saldo in sella forte di un grande consenso, con la menzogna degli stupri sistematici e le dosi massicce di viagra regalate alle sue truppe.


Libia, Saif al Islam: "Elezioni subito"
da Peacereporter - 16 Giugno 2011

Il figlio del Colonnello è certo di una vittoria da parte di Muammar Gheddafi, che nel Paese godrebbe ancora di grande popolarità

"La stragrande maggioranza dei libici sta con mio padre". Non lascia spazio al dubbio Saif al Islam, il figlio di Muammar Gheddafi che sollecita le elezioni per il proprio Paese, certo di un risultato favorevole al Colonnello.

Intervistato dal Corriere della Sera, Saif al Islam spiega: "Si potrebbero tenere entro tre mesi, al massimo a fine anno. E la garanzia della loro trasparenza potrebbe essere la presenza di osservatori internazionali. Non ci formalizziamo su quali: accettiamo l'Unione africana, l'Onu, la stessa Nato".

Secondo il figlio del raìs, i libici considerano i ribelli come fanatici integralisti islamici, terroristi e mercenari, a dispetto della grande popolarità di cui gode il padre. "Se dovessimo perdere - aggiunge - ovvio che lasceremo il governo. Rispettiamo le regole".

Esclusa a priori però la possibilità dell'esilio per Gheddafi, che "non se ne andrà mai dalla Libia". Saif al Islam ha espresso infine dure critiche nei confronti dell'Italia, manifestando grande soddisfazione per la difficile situazione in cui si trova Silvio Berlusconi.

Nel frattempo, dall'inviato del Cremlino per l'Africa, Mikhail Margelov, giunge notizia che l'opposizione libica è disposta ad accettare la presenza di Gheddafi nel Paese, a patto che resti come privato cittadino.

"L'opposizione non è impaziente di vederlo morto - ha dichiarato Margelov - La loro unica condizione è la sua uscita dalla scena pubblica. (...) É giunto il momento di avviare colloqui per la riconciliazione nazionale o per una tregua". Dopo aver parlato con i membri del Cnt, l'inviato russo incontrerà alcuni esponenti del regime libico.

Infine, non si fermano i raid della Nato su Tripoli: stamattina l'Alleanza ha colpito il compound di Bab el-Aziziya, dove si trova il bunker del Colonnello. La stessa Nato è accusata dal regime libico di aver ucciso dodici civili nella giornata di ieri, nel corso di un bombardamento sulla città di Kikla.




Libia: e se fosse tutto falso?
di Marinella Correggia - Famiglia Cristiana - 14 Giugno 2011

In questo Dossier un po' di buoni argomenti per riflettere sulla guerra, sulla missione Nato e sugli obiettivi dell'intervento militare.

La madre di tutte le bugie

La guerra della Nato in Libia (operazione “Protettore unificato”), alla quale l’Italia sta partecipando, è presentata all’opinione pubblica internazionale come un intervento umanitario “a tutela del popolo libico massacrato da Gheddafi”.

In realtà la Nato e il Qatar sono schierati, per ragioni geostrategiche, a sostegno di una delle due parti armate nel conflitto, i ribelli di Bengasi (dall’altra parte sta il Governo). E questa guerra, come ha ricordato Lucio Caracciolo sulla rivista di geopolitica Limes, sarà ricordata come un “collasso dell’informazione”, intrisa com’è di bugie e omissioni.

E queste vengono studiate dalla Fact Finding Commission (Commissione per l’accertamento dei fatti) fondata a Tripoli da una imprenditrice italiana, Tiziana Gamannossi, e da un attivista camerunese, con la partecipazione di attivisti da vari Paesi.

La madre di tutte le bugie: “10 mila morti e 55 mila feriti”. Il pretesto per un intervento dalle vere ragioni geostrategiche è stato fabbricato a febbraio. Lo scorso 23 febbraio, pochi giorni dopo l’inizio della rivolta, la TV satellitare Al Arabyia denuncia via Twitter un massacro: “10mila morti e 50mila feriti in Libia”, con bombardamenti aerei su Tripoli e Bengasi e fosse comuni. La fonte è Sayed Al Shanuka, che parla da Parigi come membro libico della Corte Penale Internazionale.

La “notizia” fa il giro del mondo e offre la principale giustificazione all’intervento del Consiglio di Sicurezza e poi della Nato: per “proteggere i civili”. Non fa il giro del mondo invece la smentita da parte della stessa Corte Penale Internazionale: “Il signor Sayed Al Shanuka – o El Hadi Shallouf – non è in alcun modo membro o consulente della Corte”.

Ci sono foto o video di questo massacro di migliaia di persone in febbraio, a Tripoli e nell’Est? No. I bombardamenti dell’aviazione libica su tre quartieri di Tripoli? Nessun testimone. Nessun segno di distruzione:
i satelliti militari russi che hanno monitorato la situazione fin dall’inizio non hanno rilevato nulla.

E la “fossa comune” in riva al mare? E’ il cimitero (con fosse individuali!) di Sidi Hamed, dove lo scorso agosto si è svolta una normale opera di spostamento dei resti.

E le stragi ordinate da Gheddafi nell’Est della Libia subito in febbraio? Niente: ma possibile che sul posto nessuno avesse un telefonino per fotografare e filmare?

L’esperto camerunese di geopolitica Jean-Paul Pougala (docente a Ginevra) fa anche notare che per ricoverare i 55 mila feriti non sarebbero bastati gli ospedali di tutta l’Africa, dove solo un decimo dei posti letto è riservato alle emergenze.

Mercenari, miliziani e cecchini

L’opera di demonizzazione del nemico, già suggerita con successo dall’agenzia Wirthlin Group agli USA per la guerra contro l’Iraq, è riuscita ottimamente nel caso della Libia. “Gheddafi usa mercenari neri”. I soldati libici sono sempre definiti “mercenari”, “miliziani”, “cecchini”.

In particolare i media sottolineano la presenza, fra i combattenti pro-governativi, di cittadini non libici del Continente Nero; i ribelli a riprova ne fotografano svariati cadaveri. Ma moltissimi libici delle tribù del Sud sono di pelle nera.

“I mercenari, i miliziani e i cecchini di Gheddafi violentano con il Viagra”. Il governo libico imbottirebbe di viagra i soldati dando loro via libera a stupri di massa, è stata l’accusa della rappresentante Usa all’Onu Susan Rice.

Ma Fred Abrahams, dell’organizzazione internazionaleHuman Rights Watch, afferma che ci sono alcuni casi credibili di aggressioni sessuali (del resto il Governo libico e alcuni migranti muovono le stesse accuse ai ribelli) ma non vi è la prova che si tratti di un ordine sistematico da parte del regime.

Ugualmente fondata solo su contradditorie testimonianze (e riportata solo da un giornale scandalistico inglese) l’accusa di sterminio di intere famiglie e di violenze su bambini di otto anni.

“Gheddafi ha usato le bombe a grappolo a Misurata”. Sottomunizioni dei micidiali ordigni Mat-129 sono stati trovati nella città da organizzazioni non governative e dal New York Times. Tuttavia, secondo una ricerca di Human Rights Investigation (Hri) riportata da vari siti potrebbero essere stati sparati dalle navi della Nato.

“Strage di civili a Misurata”. Negli scontri fra lealisti e ribelli armati sono certo morti decine o centinaia di civili, presi in mezzo. Ma ognuna delle due parti rivolge all’altra accuse di stragi e atrocità.

Oltre 750 mila sfollati

Decine di migliaia di vittime civili, effetti collaterali dei “missilamenti” Nato. Oltre alle centinaia di morti civili nei bombardamenti aerei iniziati in marzo (oltre 700, secondo il Governo libico), e a centinaia di feriti tuttora ricoverati negli ospedali, la guerra ha provocato oltre 750 mila fra sfollati e rifugiati: dati forniti da Valerie Amos dell’Ufficio umanitario delle Nazioni Unite, ma risalente al 13 maggio.

Si tratta di cittadini libici trasferitisi in altre parti del Paese e soprattutto di moltissimi migranti rimasti senza lavoro e timorosi di violenze (solo nel poverissimo Niger sono tornati oltre 66 mila cittadini) .Oltre 1.500 migranti sarebbero già morti nel Mar Mediterraneo dall’inizio dell’anno.

Atrocità commesse ai danni di neri e migranti. Secondo le denunce di alcuni governi africani, dei migranti neri in Libia e le testimonianze raccolte da organizzazioni umanitarie come la Fédération internationale des droits de l’homme, nell’Est libico, controllato dai ribelli, innocenti lavoratori migranti sono stati accusati di essere “mercenari di Gheddafi” e linciati, torturati, uccisi o comunque fatti oggetto di atti di razzismo e furti. I ribelli, come proverebbero diversi video, hanno giustiziato e seviziato soldati libici in particolare neri. La comunità internazionale ha finora ignorato queste denunce.

Fatte cadere tutte le proposte negoziali. Fin dall’inizio della guerra civile libica, sono state avanzate diverse proposte negoziali, prima da governi latinoamericani e poi dall’Unione Africana che prevedevano il cessate il fuoco e le elezioni a breve termine. Sono state tutte ignorate dalla Nato e dai ribelli.


In Libia la Nato ha bombardato un'università
di Kurt Nimmo - www.infowars.com - 13 Giugno 2011
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di Supervice

Press TV riporta che la NATO ha bombardato un’università di Tripoli, uccidendo studenti e alcuni dipendenti. Con le parole del network dello stato iraniano: “Nuove immagini mostrano le conseguenze di un presunto aereo raid della NATO contro l’Università di Nasser a Tripoli. L’attacco ha provocato la morte di molti dipendenti dell’università e di parecchi studenti. La televisione di stato libica ha anche detto che decine di persone sono rimaste ferite.”

Il bombardamento non è stato citato dalla CNN o dal New York Times.

Secondo il Christian Science Monitor, “le prove fornite [dalla Libia] sono state scarse, anche se ci sono stati più di 160 lanci di missili Cruise da parte delle forze statunitensi e britanniche e almeno 175 missioni effettuate dai francesi e da un jet fighter canadese nelle ultime 24 ore”.

Le prove sono “scarse” perché i media mainstream si rifiutano di credere al governo libico e non vanno a ricercare le denunce delle vittime tra i civili. Le guerre umanitarie già da tempo vengono descritte come fossero operazioni chirurgiche e quando poi la realtà delle morti dei civili non può più essere negata viene semplicemente descritta come un danno collaterale.

Poco dopo l’inizio dei bombardamenti NATO sul paese, alcuni funzionari hanno negato che ci siano stati morti tra i civili nel corso nei raid aerei. I morti provocati dai bombardamenti aerei sono da trovarsi solo tra i lealisti di Gheddafi e tra i cittadini libici criminalizzati dalle Nazioni Unite.

La scorsa settimana il New York Times ha insistito nell’affermare che i bombardamenti nelle aree densamente popolate non uccidono i civili. John Burns, seguendo attentamente il copione consegnatogli dal Pentagono, ha scritto: “Il governo libico ha al suo attivo un carnet impressionante di dati improbabili e di eventi attentamente manipolati. Il vedere vittime civili è una cosa rara.”

Il New York Times ha anche riportato che alcuni tubi di alluminio sono stati rintracciati in Iraq. Anche a causa della caterva di bugie che asserivano che l’Iraq fosse in possesso di armi di distruzione di massa, gli Stati Uniti invasero il paese e provocarono la morte di un milione di iracheni.

Un attacco aereo della NATO a Tripoli, una città di due milioni di persone. La NATO e il New York Times ritengono che i civili non muoiano in questi raid.

Secondo i dati del Pentagono diffusi da Wikileaks, l’invasione dell’Iraq ha provocato la morte di 66.081 civili. Il ministro della Salute iracheno, insediato dagli USA, ha innalzato il numero a 87.215. Nel 2007 uno studio dell’ORB sulle vittime del conflitto in Iraq ha portato il numero a 1 milione e duecentomila.

Il 31 maggio la Libia ha accusato la NATO dell’uccisione di 718 civili e del ferimento di altri 4.067 nel corso di dieci settimane di bombardamenti aerei. Il portavoce del governo, Mussa Ibrahim, citando i dati del ministero della Salute - che l’AFP dice non essere verificabili -, ha affermato: “Dal 19 marzo al 26 maggio ci sono stati 718 martiri tra i civili e 4.067 sono stati feriti, di cui 433 in modo grave”.

Joshalyn Lawrence ha filmato i cittadini libici feriti in un attacco aereo della NATO. “I video di Lawrence, sul canale WBAIX, che riprendono i civili ricoverati in ospedale provano che i ferimenti e le uccisioni provocati dalle bombe non sono così “rari” o “castronerie”, sono la realtà”, ha scritto Deborah Dupre per Bay View.

“Nei video i feriti innocenti descrivono uno dopo l’altro le atrocità patite nel corso della una missione d’indagine che a Cynthia McKinney sta realizzando con una squadra che comprende una delegazione di ex parlamentari e professori francesi, ora presenti a Tripoli.”

Il 7 di giugno l’ex parlamentare della Georgia ha scritto: “È interessante vedere come le iniziative del Washington Post, del New York Times, dell’Associated Press e di tutti quelli che cercano di far passare per ‘assurde’ le indignazioni della Libia a causa dei bombardamenti sono palesemente false e hanno l’unico scopo di difendere all’opinione pubblica gli indifendibili bombardamenti sui civili che avvengono in aree densamente popolate.”

I neocon assetati di sangue, naturalmente, hanno definito l’indagine di McKinney come un atto di terrorismo. FrontPage Mag, il megafono dell’ex marxista David Horowitz – che ha ricevuto soldi dal noto agente della CIA Richard Mellon Scaife – ha scritto: “McKinney fa parte della lunga tradizione occidentale di sinistra di ruffiani progressisti che viaggiano nei territori nemici per cercare di indebolire l’America”.

I media mainstream hanno per larga parte ignorato il viaggio di McKinney e i suoi resoconti sulle morti dei civili e hanno continuato a seguire il copione del Pentagono come succede ormai da decenni.


Come diventare canaglie: i crimini di guerra della Nato in libia

di Susan Lindauer - http://dissidentvoice.org - 7 Giugno 2011

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di SUPERVICE

È una storia che la CNN non seguirà. La sera tardi c’è qualcuno che bussa a una porta a Misurata. I soldati armati fanno uscire a forza le giovani donne libiche con le armi puntate contro di loro.

Una volta spinte le donne e gli adolescenti nei camion, i soldati costringono le donne a un’orgia di gruppo con i ribelli NATO o con chiunque sia presente davanti ai loro mariti e ai loro genitori. Quando i ribelli della NATO hanno terminato di divertirsi con lo stupro, i soldati tagliano la gola alle donne.

Le violenze sessuali sono azioni di guerra ordinarie nelle città in mano ai ribelli, che, secondo le parole dei rifugiati, fanno parte di un’organizzata strategia militare. Joanna Moriarty, che fa parte della delegazione d’indagine a livello globale in visita questa settimana a Tripoli, ha anche riportato che i ribelli NATO setacciano Misurata casa per casa, chiedendo ai familiari se sono sostenitori della NATO.

Se i familiari dicono di no, vengono uccisi sul posto. Se le famiglie dicono che se ne vogliono stare alla larga dai combattimenti, i ribelli NATO hanno un approccio differente per spaventare le altre famiglie.

Le porte delle “case neutrali” vengono chiuse e saldate, come ha riferito Moriarty, intrappolando le famiglie all’interno. Nelle case libiche, le finestre sono generalmente sbarrate.

E così, quando le porte di un’abitazione vengono saldate, i libici sono sepolti nelle loro case, dove le forze NATO possono essere sicure che queste famiglie moriranno lentamente di fame.

Questi sono fatti normali, non eventi isolati. E i soldati di Gheddafi non sono responsabili. Infatti, le famiglie pro-Gheddafi o quelle “neutrali” sono gli obbiettivi degli attacchi. Alcune delle tattiche della NATO sono state realizzate nella speranza di incolpare proprio Gheddafi. Comunque questi attacchi sono controproducenti.

Flashback sulla Serbia

Gli eventi ci ricordano sinistramente il conflitto serbo nei Balcani con i famosi campi degli stupri, a parte il fatto che oggi è la NATO a perpetrare questi Crimini di Guerra, come se avesse imparato dai loro nemici le peggiori tattiche terroristiche.

Queste azioni sarebbero considerate Crimini di Guerra, come è successo con il leader serbo, Slobodan Milošević, a parte il fatto che la NATO non gli ha permesso di difendersi in tribunale. Secondo la NATO, le leggi internazionali sono sempre fatte per gli altri.

Ma la NATO si sbaglia. Fino a che i governanti della NATO forniranno i finanziamenti, i fucili d’assalto, l’addestramento militare, i consiglieri sul posto, i veicoli di supporto e il sostegno aereo sono da ritenersi pienamente responsabili per le azioni dei ribelli nelle zone di guerra.

I ribelli libici non sono neppure una forza composta da gentaglia. Grazie alla generosità della NATO e ai finanziamenti dei contribuenti britannici e statunitensi, sono ben rivestiti con le uniformi militari e sfilano per le strade con i veicoli militari per farsi ammirare da tutti.

E si vedono proprio bene. Ma a Washington il Congresso vorrebbe ipotizzare che l’America non è coinvolta della pianificazione giornaliera delle attività militari. Ma i rifugiati hanno osservato che i soldati USA, britannici, francesi e israeliani rimangono di supporto mentre i ribelli attaccano i civili.

Le “feste degli stupri” sono l’esemplificazione più evidente della perdita del controllo morale della NATO. Un padre in lacrime ha riferito alla delegazione d’indagine come due settimane prima i ribelli della NATO hanno preso di mira sette differenti abitazioni e rapito la figlia vergine da ogni famiglia pro-Gheddafi.

I ribelli sono stati pagati per ogni sequestro, così come vengono pagati per ogni soldato libico ucciso, proprio come i mercenari. Hanno spinto le ragazze sui mezzi e le hanno portate in edifici dove le ragazze sono state recluse in stanze separate.

I soldati della NATO hanno iniziato a bere alcool, fino a diventare sbronzi. Poi il leader ha detto di violentare le figlie vergini stile gang bang. Quando hanno finito di violentarle, il leader della NATO ha chiesto di tagliare i seni delle ragazze ancora in vita e di portarglieli.

Tutto questo mentre le altre ragazze erano vive e terrorizzate. Tutte le ragazze sono morte in modo odioso. Poi i lori seni amputati sono stati portati in una piazza del posto e sistemati per compitare la parola “puttana”.

Il padre in lutto ha parlato a una riunione di lavoratori, frequentata dalla delegazione d’indagine. Stava piangendo a dirotto, come tutti noi avremmo fatto. I reati della NATO in Libia sono tanto terribili e imperdonabili quanto la castrazione in Siria del tredicenne che ha scioccato il mondo intero. E ora che la NATO è dalla parte del torto, i media occidentali guardano dall’altra parte con disinteresse.

Ma alcuni tra noi sono rimasti attenti. Possiamo vedere come la NATO sia una canaglia in Libia. E la gente libica ritiene questo imperdonabile. La scorsa settimana 2000 capi tribù si sono riuniti a Tripoli per scrivere la Costituzione per il loro paese come richiesto dal governo britannico.

Come tutti sappiamo, le navi da guerra britanniche e i droni USA stanno gettando sulle strade di Tripoli bombe bunker e missili giorno e notte proprio vicino al posto dove i capi tribù si riuniscono. A Tripoli si pensa che i britannici stiano cercando di impedire al popolo libico di portare in vita la propria Costituzione.

I capi tribù condannano l’aggressione britannica

Questo è quello che i 2.000 capi tribù hanno deciso di dire sull’aggressione britannica in una dichiarazione approvata all’unanimità il 3 giugno. Sheikh Ali, leader dei capi tribù, lo ha consegnato a Joanna Moriarty e agli altri membri della missione d’indagine:

Il popolo libico ha il diritto di governarsi da solo. Gli attacchi continui dal cielo, a tutte le ore del giorno, hanno completamente distrutto le vite delle famiglie libiche. Non ci sono mai stati combattimenti a Tripoli, e ora siamo bombardati tutti i giorni. Siamo civili e veniamo uccise dai britannici e dalla NATO. I civili sono gente senza armi, e invece i britannici e la NATO proteggono solo i crociati armati dell’Est che si muovono come l’esercito che li arma. Abbiamo letto le risoluzioni delle Nazioni Unite e non c’è alcuna menzione del bombardamenti di civili innocenti. Non c’è nessuna menzione dell’assassinio delle legittime autorità libiche.

Il popolo libico ha il diritto di scegliersi i propri capi. Abbiamo sofferto l’occupazione straniera per migliaia di anni. Sono negli ultimi 41 anni noi libici abbiamo goduto nell’essere proprietari di qualcosa. Solo negli ultimi 41 anni abbiamo visto il nostro paese svilupparsi. Solo negli ultimi 41 anni abbiamo visto che tutti i libici hanno potuto godere di una vita migliore e abbiamo saputo che i nostri bambini avrebbero avuto una vita migliore della nostra. Ma ora, mentre i britannici e la Nato bombardano il nostro paese, vediamo invece la distruzione delle nostre nuove e sviluppate infrastrutture.

Noi capi vediamo la distruzione della nostra cultura. Noi capi vediamo le lacrime negli occhi dei nostri bambini per la paura costante della “pioggia del terrore” nei cieli della Libia che viene dai bombardamenti britannici e della NATO. I nostri anziani soffrono di problemi al cuore, del diabete e della perdita di vigore. Le nostre giovani madri stanno perdendo i loro piccoli ogni giorno a causa delle devastazioni dei bombardamenti britannici e della NATO. Questi bambini persi erano il futuro della Libia. Non potranno essere rimpiazzati. I nostri eserciti sono stati distrutti dai bombardamenti britannici e della NATO. Non potremo più difenderci dagli attacchi di chicchessia.

Come capi tribù della Libia, dobbiamo chiedere il perché i britannici e la NATO hanno deciso di scatenare questa guerra contro il popolo libico. C’è una piccola percentuale di dissidenti nell’est della Libia che hanno iniziato un’insurrezione armata contro le legittime autorità. Ogni paese ha il diritto di difendersi contro le insurrezioni armate. E perché la Libia non si può difendere?

I capi tribù della Libia chiedono che tutti gli atti di aggressione, dei britannici e dalla NATO, contro il popolo libico si fermino immediatamente.

3 giugno 2011

Vi sembra che la NATO abbia adottato una strategia vincente? Se non è così, allora dovrebbero ripensarci. Anche se Gheddafi cadesse, la NATO non ha alcuna speranza di eliminare la struttura tribale della Libia, che abbraccia tutte le famiglie e tutti i clan. E invece la NATO sta perdendo la battaglia del cuore e della mente della popolazione ogni volta che un missile si schianta in un edificio.

La reazione violenta delle tribù

Il popolo libico sta rispondendo agli attacchi. Questo report è arrivato oggi da Tripoli. Non è stato corretto e descrive una reazione violenta delle tribù nella città di Darna nell’est, dove si ritiene che i ribelli siano i più forti:

Qualcuno ha trovato il corpo del Martire Hamdi Jumaa Al-Shalwi a Darna, città nella Libia occidentale. La sua testa è stata tagliata e poi piazzata davanti al quartier generale della Sicurezza Interna di Dernah.

È avvenuto dopo essere stato rapito a un posto di blocco Herich. In risposta a questo la famiglia Al-Shalwi ha eretto una tenda per il funerale per ricevere le condoglianze dove la bandiera verde [della Libia] è stata alzata.

Dopo il funerale l’intera città di Darna si è sollevata con tutti le sue tribù che comprendono: la famiglia Abu Jazia, la famiglia Al-Shalwi, le famiglie Quba, le famiglie Ain Marra.

Dopo questo, la famiglia Al-Shalwie la tribù Bojazia hanno attaccato il quartier generale del Consiglio di Transizione e sparato a tutti i sorci (ribelli) e bandiere verdi sono state alzate.

Inoltre, il figlio di Sofian Qamom era ucciso, anche due membri di Al-Qaeda sono stati uccisi dai residenti della città di Darna. La bandiera della Jamahiriya Libica è stata alzata su Darna dopo gli scontri.

La CNN non ha fatto menzione di tutto questo. I media mainstream continuano a cullare gli americani per convincerli nei progressi della guerra in Libia. Gli americani sono proprio all’oscuro dei fallimenti dei loro sforzi bellici.

Il risultato di tutto questo è che i libici stanno perdendo fiducia nelle potenzialità delle amicizie con l’Occidente. Un individuo che non c’è all’orizzonte potrebbe ripristinare la fiducia. Proprio ora una squadra di avvocati internazionali sta preparando una lamentela urgente per conto dei capi tribù e del popolo libico.

La Comunità Internazionale Pacifista potrebbe contribuire in modo sostanziale per riportare in Libia la fiducia per l’Occidente nel sostenere queste azioni a tutela dei diritti umani.

E davvero il popolo libico e i capi tribù si meritano il nostro sostegno. Tutti insieme dobbiamo chiedere che la NATO affronti un processo per Crimini di Guerra, citando questi esempi e anche altri.

I governanti della NATO dovono essere perseguiti per pagare i danni alle famiglie libiche, gli stessi che anche gli Stati Uniti e il Regno Unito chiederebbero per i propri cittadini nelle stesse identiche circostanze.

Il mondo non può più tollerare doppi standard, in base ai quali le nazioni potenti commettono abusi sui cittadini inermi. La Convenzione di Ginevra deve essere rafforzata e deve essere applicata l’uguaglianza di fronte alla legge.

La lotta per Misurata

Anche se gli attacchi sono ovunque, alcuni dei peggiori abusi sono stati commessi a Misurata. La Città ha l'unico grande porto della Libia e gestisce i trasporti per tutto il paese, inclusi i più grossi depositi di gas e di petrolio. Niente fermerà la NATO per cercare di prendere la Città.

I rifugiati riportano che la bandiera israeliana con la stella di David è stata stesa fuori dalla più grande moschea di Misurata durante il secondo giorno di combattimenti, un’azione che si è assicurata l’umiliazione e l’antagonismo della popolazione locale.

Le forze della NATO hanno tagliato le forniture di cibo e di medicinali in tutta la Libia. Ma i mari sono pieni di pesce nelle acque del Mediterraneo. I pescatori coraggiosi hanno tirate le loro imbarcazioni fuori dai porti, cercando di raccogliere il pesce per la popolazione affamata.

Per fermare la loro perseveranza, i droni americani e gli aerei da guerra britannici non hanno smesso di scagliare missili sulle barche dei pescatori, colpendo in modo deliberato imbarcazioni non militari per farle allontanare dall’acqua.

E nonostante la superiore potenza di fuoco e i vantaggi tattici, la NATO ancora sembra che stia perdendo. Secondo quello che ha riportato oggi la delegazione d’indagine, molti ribelli hanno lasciato Misurata e hanno riportato le imbarcazioni a Benghazi. Il centro di Misurata è adesso liberato e sotto il controllo militare centrale.

La popolazione libica ha abbattuto due elicotteri d’assalto vicino alla città di Zlitan. E anche se Al Jazeera sta raccontando una bella storia sulle grandi manifestazioni contro Gheddafi a Tripoli, uno delle moglie dei capi tribù vive nelle strade che si dice siano state al centro delle rivolte e ha dichiarato che lei non ha visto assembramenti fuori dalla sua finestra. Gli autobus fatti vedere dal video di Al Jazeera non fanno servizio a Tripoli.

Ci si dovrebbe chiedere: che tipo di società la NATO sta pensando di creare, nel caso in cui Gheddafi venisse deposto, cosa che al momento sembra abbastanza improbabile?

Washington e Londra hanno imparato qualcosa dai loro fallimenti in Iraq? La crudeltà e la perdita di reputazione delle forze NATO stanno già alimentando forti rancori che continueranno per le prossime generazioni.

Perché dovremmo essere fieri di questi “alleati”? Il popolo libico non lo è di sicuro.

I soldati della NATO non sono migliori dei teppisti. Chiunque altro al posto loro verrebbe etichettato come terrorista. Cosa ancora più preoccupante, le azioni della NATO avranno sicuramente serie conseguenze per la stabilità a lungo termine in Libia. Le vendette si stanno già scatenando tra le tribù e i clan familiari e proseguiranno per decenni. È tutto così miope e auto-distruttivo.

La NATO dovrebbe prendere questo avvertimento in seria considerazione: i suoi soldati non sono a prova di processo. La Comunità Internazionale Pacifista si sta muovendo per sostenere i diritti naturali della Libia alle Nazioni Unite.

Molti di noi nella Comunità Internazionale Pacifista difenderanno le donne della Libia. E chiederemo un processo per i Crimini di Guerra e per le devastazioni finanziare contro i governanti della NATO per conto del popolo.

Nessuno si fa prendere in giro dalla storia della NATO secondo cui Gheddafi è dalla parte del torto. Sappiamo che Washington, la Gran Bretagna, la Francia, l’Italia e Israele sono i veri colpevoli.

Le donne uccise di Misurata devono avere giustizia. La NATO ci può contare.


La NATO in Libia, un "universo alternativo"

di Wayne Madsen - www.strategic-culture.org - 8 Giugno 2011

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di Supervice

Il Pentagono e i suoi partner della NATO sono occupati in una delle più smaccate e intense manovre di propaganda delle loro operazioni militari dal tempo in cui si stavano preparando per l’attacco della "Coalizione dei Volenterosi " contro l’Iraq.

Le indicazioni secondo cui il governo di Muammar Gheddafi stia per cadere e che la vita di Tripoli è in una fase di stallo per via della campagna dei bombardamenti NATO non corrispondono alla realtà, come qualsiasi osservatore non tendenzioso che di recente è stato a Tripoli potrebbe testimoniare.

Per partecipare alla "guerra dell’informazione" della NATO contro la Libia, lo schieramento della stampa della grande finanza si è riunito a Tripoli, con la presenza dei corrispondenti di guerra del Pentagono per il New York Times, il Washington Post e il Los Angeles Times, ed è riuscito a dar voce alla propaganda del Pentagono e della NATO con la fabbricazione di report fasulli.

In un articolo da Tripoli, Simon Denyer del Post ha suggerito che il governo libico stia simulando che le vittime siano dovute alle missioni aeree della NATO sugli obbiettivi civili invece che a cause non inerenti ai combattimenti.

La stessa idea è stata ripetuta da John Burns, impegnato a far salire il conto che il New York Times dovrà pagare col suo soggorno a Tripoli, che ha riportato la stessa linea di propaganda del Pentagono.

Siccome sono stato all’ospedale El Khadra a Tripoli, posso testimoniare che molti individui sono stati feriti dai bombardamenti NATO, e molti avevano ferite dovute alle scheggie delle granate nelle gambe, nelle braccia e nel torso.

Mentre il Cancelliere tedesco, Angela Merkel, è stata incensata dal Presidente Barack Obama a Washington per aver impiegato le forze militare del suo paese della campagna della NATO contro la Libia, la Deutsche Presse-Agentur, un’agenzia di stampa tedesca, ha scorrettamente riportato che la vita a Tripoli, una città di 1,3 milioni di abitanti, è in una fase di immobilismo, che le scuole sono chiuse e i negozi sbarrati, e che le forze fedeli a Gheddafi sono sempre più sotto pressione, con alcuni reparti in ammutinamento.

Il mio racconto da Tripoli narra che il 6 giugno gli studenti di tutte le età andavano ancora a scuola, che i negozi erano aperti, anche se alcuni mercati alimentari più grandi hanno un orario di apertura limitato a causa delle sanzioni della NATO sulle merci importate in Libia per aereo o per nave, e che la vita a Tripoli continua normalmente.

Le sanzioni della NATO hanno provocato lunghe file di auto, camion e taxi incolonnate per fare rifornimento nel momento in cui le stazioni di servizio ricevono la benzina dalla Tunisia o dalle raffinerie locali.

Le sanzioni della NATO e i loro effetti della vita dei libici che vivono nella regione occidentale, controllata dal governo centrale, sono una forma di "punizione collettiva" progettata per indebolire il popolo libico che in questa parte del paese ha sinora sostenuto il governo legittimo.

Comunque, le sanzioni stanno avendo l’effetto opposto e anche le persone che prima erano favorevoli a un cambiamento di regime, ora stanno avvicinandosi ai leader del governo vedendo come la NATO cerchi di introdurre un’amministrazione neo-coloniale.

Dato che l’Italia è un membro della coalizione NATO, i libici ricordano le atrocità commesse in Libia dagli italiani durante l’occupazione coloniale fascista e per questa ragione i libici sosterrano Gheddafi contro gli italiani, i francesi e i britannici che, assieme agli americani e ai canadesi, cercano di imporre un regime fantoccio a Tripoli.


La NATO ha adottato la tattica della “punizione collettiva” di stampo israeliano da infliggere sulla popolazione che vive nella zone controllate dal governo.

Le sanzioni sui carburanti hanno provocato lunghe file per il rifornimento a Tripoli, come si può notare da questi taxi (sulla destra) incolonnati dopo la consegna della benzina alle stazioni di servizio.

I libici occidentali che hanno contatti con i loro parenti a Benghazi, la città orientale sotto il controllo del Consiglio di Transizione Nazionale, hanno parlato della presenza dei gruppi dell’opposizione esiliati - da tempo supportati dalla CIA, dall’MI-6 britannico e dalla Direction General de la Securite Exterieure (DGSE) francese -, dei recenti transfughi dal governo di Gheddafi e dagli estremisti wahabiti salafiti incoraggiati e finanziati dall’Arabia Saudita, dal Qatar e dagli Emirati Arabi Uniti, e ci parlano di come la vita sia cambiata sotto i ribelli.

Le donne nelle città come Derna, che è sotto il controllo dei veterani salafiti delle operazioni di "Al Qaeda" in Afghanistan e in Iraq, nelle cui fila ci sono anche alcuni detenuti liberati da Guantanamo, hanno paura di lasciare le loro abitazioni perché i salafiti hanno imposto codici di comportamento radicali alle donne che appaiono in pubblico senza velo. Sotto Gheddafi, non c’erano restrizioni su quello che le donne o gli uomini potessero indossare in pubblico.

Comunque, gli uomini non possono avere la barba nelle foto dei loro passaporti. L’esistenza di passaporti libici con le foto dei barbuti leader salafiti nel movimento dei ribelli indica che le autorità ribelli di Benghazi hanno stampato passaporti falsi.

Gli impiegati del settore pubblico, tra cui gli insegnanti, che vivono nella regione orientale tenuta dai ribelli non sono stati pagati dal momento che i capi della ribellione hanno saccheggiato 900 milioni di dinari libici e di 500,5 milioni di dollari di contanti che erano nei forzieri della Banca Centrale Libica di Benghazi.

Anche se il governo centrale di Tripoli volesse aiutare i cittadini libici che vivono nell’oriente, non c’è modo di trasferire il denaro agli impiegati pubblici disoccupati, così come ai pensionati e a quelle famiglie che ricevevano 500 dollari al mese grazie al programma di redistribuzione delle entrate petrolifere.

Il “Ministro delle Finanze” dei ribelli libici, Ali Tarhouni, è ritenuto un agente di lungo corso della CIA ed è la persona che ha pianificato il furto dalle casseforti della Banca Centrale di Benghazi, grazie all’assistenza degli scassinatori, addestrati dalla CIA, degli Emirati Arabi Uniti.

Alcuni dei ministri libici che sono usciti dal governo per entrare nelle fila dei ribelli erano già noti per essersi opposti alle politiche redistributive di Gheddafi e erano già al tempo interessati a ingrassare i loro conti correnti bancari e i portafogli degli investimenti.

Non è una coincidenza che uno dei primi obbiettivi degli attacchi aerei della NATO a Tripoli è stato condotto contro l’ufficio a cui erano attribuite le indagini sulle accuse di frode rivolte contro alcuni funzionari governativi.

Molti degli ufficiali sotto indagine per frode e corruzione, tra cui alcuni ministri del governo Gheddafi, sono ora funzionari di alto livello nel Consiglio di Transizione Nazionale, che è già stato riconosciuto da Francia, Italia, Regno Unito e da altri paesi della NATO come il governo "legittimo" in Libia.

Le nazioni occidentali stanno intavolando trattative con i leader ribelli per le nuove concessioni petrolifere che permetteranno di soddisfare gli interessi di Big Oil invece di quelli del popolo libico.

La buona notizia è che gli archivi delle frodi e delle corruzioni presenti nell’edificio colpito dalla NATO erano stati spostati in un posto sicuro e che questi documenti verranno utilizzati come prova per incriminare i transfughi che ora sono al servizio del Consiglio Temporaneo.

Tra i ministri e i consiglieri implicati nella corruzione ci sono l’ex Ministro della Giustizia Mustafa Abdel Jalil, adesso capo nominale dei ribelli ad interim ma senza alcun potere; Mahmoud Jibril, il Ministro per la Pianificazione addestrato dagli USA e direttore del Tavolo dello Sviluppo Economico, che ha ora l’incarico di Primo Ministro della “Repubblica Libica” dei ribelli, il dottor Ali el-Essawi, il Ministro del Commercio e dell’Industria e ex ambasciatore in India che è anche membro della Fratellanza Musulmana, il Ministro degli Interni Abdul Fatah Yunis e un amico stretto di Gheddafi ed ex capo dell’intelligence libica e Ministro degli Esteri, Musa Kusa, un altro amico intimo di Gheddafi che era il punto di riferimento della CIA nelle sue "extraordinary rendition" e nel programma di rapimenti in Libia.

Ironicamente, alcuni degli estremi jihadisti e musulmani che erano nel mirino dei programmi di tortura e di sequestro della CIA ora stanno combattendo con i ribelli nell’est libico e, nel caso di Derna, hanno installato un "emirato islamico" di stampo talebano.

Per quanto riguarda il supporto francese ai ribelli libici, c’è la prova che il presidente Nicolas Sarkozy e Bernard-Henri Levy, il filosofo amico del presunto predatore sessuale e ex presidente del Fondo Monetario Internazionale Dominique Strauss-Kahn, hanno sostenuto i ribelli per permettere ad Israele di estendere la sua influenza per compensare le perdite che Tel Aviv ha avuto in Egitto.

Ci sono stati dei report credibili secondo cui Levy, che ha appoggiato le rivolte fin dall’inizio, durante una recente visita a Benghazi ha convinto i ribelli di permettere a Israele di attivare una base militare dell’est Cirenaica con un contratto di affitto di trenta anni.

Per ottenere la base, Israele avrebbe esercitato ala sua influenza su Washington, Londra, Parigi, Berlino e Roma per far sì che la NATO innalzasse il livello del conflitto in Libia e che Israele potesse fornire un aiuto segreto ai ribelli con l’invio di reparti scelti e con l’assistenza dell’intelligence.

Dopo questo andirivieni diplomatico di Levy tra Benghazi e Gerusalemme dove ha incontrato il Primo Ministro Binyamin Netanyahu, la NATO ha utilizzato per la prima volta gli elicotteri d’assalto nella campagna libica.

Non c’è stato alcun accenno al coinvolgimento di Israele in Libia nelle pagine del New York Times, del Washington Post o del Los Angeles Times, fatto non sorprendente considerando le inclinazioni pro-Israele della proprietà di questi giornali.

Non c’è stata neppure una citazione nei media occidentali, dopo tutto lo zelo applicato alla promozione della linea del Pentagono e della NATO, che alcuni ribelli libici avrebbero accettato un’amnistia offerta dal governo se avessero restituito le armi. Dopo che i ribelli hanno reso le armi a Misurata e nelle montagne occidentali, la NATO ha incrementato i suoi bombardamenti nelle due regioni.

I "corrispondenti di guerra" dei media di regime viaggiano tutti assieme e anche se sono americani, britannici, francesi, tedeschi, canadesi o italiani scimmiottano la linea delle forze occidentali.

Nel caso della Libia, i cronisti di guerra delle multinazionali esaltano i successi dei ribelli mentre i loro colleghi al Rixos Hotel di Tripoli sfruttano ogni possibilità per descrivere come sia falso il governo libico e come amplifichi la portata dei danni collaterali della NATO.

Comunque, questo giornalista ha testimoniato il risultato del bombardamento NATO nel quartiere residenziale di Tripoli che ha ucciso cinque persone, tra cui il figlio di Gheddafi, Seif al-Arab Gheddafi, e tre suoi nipoti.

Le case dei vicini, che sono solo a un isolato di distanza dall’ambasciata della Costa d’Avorio, sono anch’esse state seriamente danneggiate dall’attacco della NATO.


Il salotto del vicino di Saif al Arab Gheddafi dopo il bombardamento

La NATO afferma di aver bombardato solo obbiettivi militari e i media occidentali hanno ripetuto la loro propaganda con i loro dispacci da Tripoli.

Altri articoli dei media di regime a Benghazi hanno parlato delle vittorie dei ribelli nella parte occidentale della Libia, in città lungo la strada principale che collega Tripoli al confine tunisino.

Avendo viaggiato su questa strada il 6 di giugno, questo giornalista può testimoniare che non c’era segno della presenza dei ribelli, e che in ogni città da Tripoli alla frontiera sventolava la bandiera verde della Jamahiriyah. Non c’erano bandiere del precedente regime monarchico feudale, quelle usate dalle forze ribelli, da Tripoli alla Tunisia.

L’unico sparo sentito in questa regione è stato quello delle truppe tunisine per cercare di spaventare i lavoratori africani in fuga per i combattimenti in Libia che oltrepassavano il confine non sorvegliato nei pressi delle stazioni della dogana.

Il governo libico ha istituito un numero telefonico della Tunisia che promette ai lavoratori profughi un alloggio e un sostegno finanziario se ritorneranno in Libia. I ribelli hanno attaccato molti lavoratori di colore dei paesi sub-sahariani e del Sahel solo per il colore della pelle.

Alcuni di questi lavoratori sono stati uccisi e feriti e molte donne africane di colore, comprese le mogli e le figlie dei lavoratori ospitati, sono state violentate dai ribelli.

E ancora sono state diffuse bel poche notizie sulla violenza degli arabi sui neri nei media mainstream, sempre ansiosi di aggiornarci sulle iniziative del Pentagono, della CIA, della Casa Bianca e del quartier generale della NATO a Bruxelles.

Non c’è nemmeno una menzione del modo in cui vengono smaltiti i corpi delle vittime della violenza dei ribelli, ossia con un ammasso di corpi che vengono incendiati per eliminare le tracce dei crimini contro l’umanità commessi dalle forze ribelli appoggiate dagli Stati Uniti e dalla NATO.

È già stato detto che, in guerra, la prima vittima è la verità. Comunque, i giornalisti hanno il dovere di riportare la realtà dei fatti indipendentemente dalle fisime dei loro governi.

Così come abbiamo visto in Libia e prima in Iraq, in Afghanistan, Pakistan, Libano, a Gaza e nei Territori Occupati, in Darfur, in Rwanda, Somalia e Yemen, i giornalisti moderni che operano in questi giorni sono solo gli stenografi dei loro padroni delle aziende multinazionali che, a turno, tirano le corde delle marionette che sono a Washington, Bruxelles, Londra, Parigi, Roma e Berlino.


La guerra infinita in Libia
di Michele Paris - Altrenotizie - 10 Giugno 2011

La dodicesima settimana dell’aggressione militare NATO contro la Libia è iniziata con una serie d’incursioni aeree tra le più intense finora registrate. Un’escalation, quella messa in atto da Stati Uniti, Francia, Gran Bretagna e dai loro alleati, avvenuta in contemporanea con un meeting dei membri del Patto Atlantico a Bruxelles per aumentare le pressioni su Gheddafi e favorire un cambiamento di regime.

Nel corso del summit dei paesi aggressori, il Segretario alla Difesa americano uscente, Robert Gates, assieme ai suoi colleghi di Parigi e Londra, ha sollecitato alcuni governi ad aumentare il loro impegno bellico.

Destinatari delle richieste americane sono stati quei paesi che hanno finora dimostrato le maggiori perplessità circa le operazioni contro la Libia, vale a dire Germania, Turchia, Spagna, Polonia e Olanda.

Il tentativo di coinvolgere nell’intervento altri governi è stato fatto per alleviare il peso, soprattutto economico, degli attacchi, finora a carico di una manciata di paesi. Nonostante le cifre ufficiali parlino di oltre dieci mila incursioni effettuate sulla Libia dalla fine di marzo, l’obiettivo della NATO di piegare la resistenza delle forze fedeli a Gheddafi e spianare la strada per i ribelli di stanza a Bengasi è, infatti, ancora lontano dall’essere raggiunto.

Come tutta l’operazione, anche la retorica di Gates tesa ad allargare la coalizione si basa su una falsa preoccupazione “umanitaria”. Il numero uno del Pentagono ha così insistito perché paesi come Germania o Turchia facciano di più per implementare la risoluzione 1973 del Consiglio di Sicurezza dell’ONU che autorizza l’uso della forza per proteggere la popolazione civile.

Un appello singolare quello di Gates, dal momento che fin dal giorno successivo al voto dell’ONU, la NATO ha calpestato quella stessa risoluzione, schierandosi a fianco di una delle due parti coinvolte nel conflitto, senza alcuno riguardo per i civili residenti nelle località controllate da Gheddafi.

Pur senza nuovi contributi, le forze attuali della NATO hanno comunque portato a termine intensi bombardamenti negli ultimi giorni. Nella sola giornata di martedì, come ha testimoniato un inviato del New York Times a Tripoli, sono state ben 157 le incursioni aeree nella capitale libica, tre volte di più rispetto alla precedente media giornaliera.

A differenza di quanto fatto finora, i bombardamenti sono poi avvenuti in pieno giorno, rivelando sia l’intenzione di terrorizzare la popolazione sia l’abbandono definitivo dei rimanenti scrupoli per eventuali vittime civili.

Con le difese aeree libiche pressoché completamente annientate, le bombe occidentali, secondo alcune fonti, avrebbero causato solo tra martedì e mercoledì più di trenta morti, distrutto svariati edifici governativi e danneggiato pesantemente abitazioni, scuole e ospedali.

Con la consueta giustificazione che gli obiettivi colpiti sarebbero “centri di comando” da cui partono gli ordini del regime per colpire i civili, le forze NATO hanno praticamente raso al suolo il complesso residenziale di Gheddafi Bab al-Aziziya, ma anche l’accampamento nel deserto a sud di Tripoli dove il rais era solito accogliere i propri ospiti stranieri all’interno di lussuose tende.

Questi ultimi bersagli, assieme a varie dichiarazioni dei leader politici e militari alleati, evidenziano come l’assassinio mirato di Gheddafi - del tutto illegale - sia ormai un obiettivo principale delle operazioni NATO.

La sua rimozione con mezzi meno estremi era d’altra parte apparsa da subito complicata alla luce dell’inadeguatezza delle forze del governo di transizione sostenuto dall’Occidente. Allo stesso modo, il tentativo di fomentare una rivolta contro Gheddafi all’interno del regime non ha ancora prodotto risultati concreti.

Il cambio di marcia nei bombardamenti è stato segnato inoltre dai recenti annunci da parte di Francia e Gran Bretagna dell’impiego di elicotteri d’attacco che, volando a quote più basse, sono in grado di colpire con maggiore precisione ed efficacia, pur essendo esposti più facilmente al fuoco nemico.

Gli Apache britannici e i Tiger francesi hanno iniziato le loro incursioni sabato scorso e, come ha fatto notare alla stampa il vice-premier russo Sergei Ivanov, il loro utilizzo rappresenta “l’ultimo passo che precede un’operazione di terra”.

Il giorno successivo al meeting di Bruxelles, si è riunito poi per la terza volta il cosiddetto “Gruppo di contatto” per discutere del dopo Gheddafi, quando alla guida del paese nord-africano dovrebbe esserci un governo fantoccio formato dai leader dei ribelli di Bengasi.

Ad Abu Dhabi, oltre alla promessa di stanziare un miliardo di dollari a beneficio di un “Consiglio Nazionale di Transizione” alla ricerca disperata di fondi, si è parlato in sostanza dei progetti di spartizione delle ricchezze energetiche della Libia nel prossimo futuro.

Oltre a gas e petrolio, all’Occidente fanno gola però anche i miliardi di dollari del fondo sovrano libico depositati dalla famiglia Gheddafi all’estero e che vari paesi hanno da tempo provveduto a congelare.

L’intraprendenza finanziaria del rais e della sua cerchia aveva d’altra parte attirato come avvoltoi banche e governi occidentali quando ancora il regime di Tripoli veniva considerato un affidabile partner d’affari.

I rapporti tra le istituzioni finanziarie occidentali e Gheddafi, com’è noto, erano ben consolidati e, alla vigilia delle rivolte nel mondo arabo, poco o nulla ci si curava dei diritti umani della popolazione libica.

Le transazioni finanziarie avvenivano ai più alti livelli dei vertici bancari, facendo ricorso quando necessario a pratiche illegali, verosimilmente con il più o meno tacito consenso dei governi.

Tra gli esempi emersi più recentemente, come ha rivelato l’altro giorno il Wall Street Journal, ci sarebbe ad esempio un’indagine aperta negli USA dalla SEC (Securities and Exchange Commission, l’agenzia federale che vigila sul mercato azionario americano) e che riguarda alcune importanti banche d’investimenti.

Secondo gli ispettori statunitensi il gigante Goldman Sachs avrebbe violato una legge sulla corruzione progettando di versare 50 milioni di dollari all’Autorità per gli Investimenti della Libia, incaricata di gestire un fondo sovrano di oltre 40 miliardi di dollari e controllata appunto dalla famiglia Gheddafi.

Il pagamento - alla fine bloccato dalla rivolta esplosa nel paese - avrebbe dovuto rientrare in un piano per recuperare le pesanti perdite subite dal fondo libico su un investimento di 1,3 miliardi di dollari gestito da Goldman Sachs.

A intrattenere proficui rapporti con il fondo di Tripoli, secondo le carte delle indagini in corso, sarebbero state però anche altre banche di primo piano nel panorama finanziario internazionale, tra cui almeno Société Générale, HSBC, Carlyle Group, Bear Sterns e la ormai defunta Lehman Brothers.


Gheddafi rischia 20 miliardi nel tentativo segreto di aprire colloqui di pace
di Kim Sengupta e Solomon Hughes - The Independent - 10 Giugno 2011
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di Luigi Fabozzi

Un memorandum visto dall'Independent rivela le negoziazioni tenute a Tripoli

Il regime libico sta negoziando un accordo segreto con la Grecia per usare venti miliardi di dollari dei suoi fondi congelati all'estero per aiuti umanitari a beneficio di entrambe le parti nella guerra civile. I funzionari di Tripoli dicono che la mossa è destinata a spianare la strada per l'apertura dei negoziati di pace.

L’Indipendent ha dichiarato che i colloqui si sono tenuti a Tripoli tra un gruppo guidato da un ex diplomatico vicino al Primo Ministro greco George Papandreou e a membri del regime tra cui il Primo Ministro libico Al-Baghdadi al-Mahmoudi.

Le riunioni hanno portato a un protocollo d'intesa che è rimasto senza firma perché, secondo fonti diplomatiche, il governo francese ha avvertito i greci che qualsiasi accordo di questo tipo darà a Muammar Gheddafi la legittimità di sovrano della Libia e che questo può minare la politica isolazionista della coalizione occidentale.

Fonti interne al regime libico sostengono che l’accordo per usare il loro patrimonio a fini umanitari potrebbe portare a un cessate il fuoco e a un processo che vedrebbe il colonnello Gheddafi cedere il potere, con un'amministrazione ad interim formata da membri dell'opposizione di Bengasi.

Coloro che sono coinvolti nei negoziati sostengono che alcuni funzionari degli Stati Uniti erano al corrente delle trattative in corso per destinare agli aiuti i fondi resi disponibili, ma si sono astenuti dal fare commenti pubblici per non urtare la sensibilità dei francesi.

Hillary Clinton, il Segretario di Stato degli Stati Uniti, ha dichiarato ieri di essere a conoscenza di "numerose e continue" trattative da parte di persone vicine al leader libico per negoziare la sua rinuncia al potere, ma non ha fornito ulteriori dettagli.

Il memorandum, una copia del quale è stata visionata dall'Independent, attesta che la Libia e la Grecia "hanno deciso di mettere in atto con urgenza un'azione umanitaria, basata su una spartizione equa, che soddisfi il bisogno imperativo di aiutare tutti i cittadini libici e le persone di altre nazionalità che vivono in Libia per soddisfare i loro bisogni primari, applicando i criteri umanitari internazionali".

Alti funzionari libici che si trovano fuori dal paese hanno sostenuto che c’è una vera e propria "antipatia personale" tra il Primo Ministro francese, Nicolas Sarkozy, l’Emiro del Qatar che supporta i ribelli e il colonello Gheddafi.

L’obiettivo dei primi due è ostacolare l’accordo di pace e gli aiuti umanitari. “Credo fermamente che questo potrebbe far partire un processo di dialogo. Si tratta di denaro libico che è nelle banche estere. La proposta andrebbe a beneficio di tutti i libici, di entrambi gli schieramenti che si affrontano nel nostro paese”, ha continuato il funzionario.

“Una delle poche cose sicure a Tripoli è che Muammar Gheddafi dovrà andarsene. Fuori dal paese o nel deserto non importa. Ma quelli che dovrebbero convincere Gheddafi ad accettare le precondizioni per iniziare le trattative con il Consiglio Nazionale di Transizione e con la NATO stanno semplicemente ritardando i colloqui.

"Il Regno Unito e i francesi la stanno tirando per le lunghe, ma pensiamo che ci siano persone influenti a Washington che vogliono vedere la fine dei combattimenti."

Secondo le Nazioni Unite, in Libia sono state uccise nei due fronti, in soli quattro mesi di combattimenti, tra le dieci e le quindicimila persone.

Il procuratore capo del Tribunale Penale Internazionale sta indagando se il colonnello Gheddafi stia fornendo Viagra ai soldati libici per promuovere stupri di massa. Il regime però ha negato il tutto.

Una fonte diplomatica occidentale ha affermato che le pressioni francesi stanno ostacolando l'accordo tra Atene e la Libia. Ma la fonte ha negato che i francesi abbiano sollevato la questione del debito greco presso l'Unione Europea come leva contro l’accordo. Ma poi ha aggiunto: "Non l’hanno fatto ma già che il debito era lì… perché non parlarne?"

Un gruppo bipartisan del Congresso USA ha chiesto a Barack Obama di scongelare i beni libici per pagare gli aiuti umanitari. Allo stesso tempo Obama fronteggia le critiche sempre più aspre dei Repubblicani e dei Democratici per il suo appoggio alla guerra.

Nel mentre, alla riunione del “Libyan Contact Group” tenuta ieri ad Abu Dhabi, i ribelli hanno ottenuto 1 miliardo di dollari in aiuti. Ma è una piccola parte della somma richiesta dal CNT di Benghazi. L’amministrazione degli oppositori dice di aver bisogno di almeno altri tre miliardi.

Saif Gheddafi : «Subito elezioni. E' l'unico modo indolore per uscirne»

di Lorenzo Cremonesi - Il Corriere della Sera - 16 Giugno 2011

Il figlio del Rais: «Ricucire con l'Italia? No, finchè ci sarà Berlusconi, lui e Frattini ci hanno tradito»

TRIPOLI - «Elezioni, subito e con la supervisione internazionale. E’ l’unico modo indolore per uscire dall’impasse in Libia»: il momento più interessante dell’intervista l’altra sera nel cuore della capitale arriva a 14 minuti dal suo inizio. Sino a quel momento Saif al-Islam aveva ribadito le dichiarazioni già rilasciate alla stampa in passato e sbandierate in ogni occasione dalla propaganda della dittatura.

«I ribelli agli ordini dei terroristi di Bengasi sono banditi, uomini di Al Qaeda, criminali. I loro capi sono traditori, che sino allo scoppio del caos il 17 febbraio erano legati a filo doppio a mio padre. Se non ci fosse l’ombrello Nato sarebbero stati sconfitti da un pezzo», afferma quasi meccanicamente.

Ma è quando gli si chiede come pensa di uscire dall’impasse militare e dalla minaccia di violenze anche peggiori che lui avanza la formula di compromesso. «Andiamo alle urne. E vinca il migliore». Un messaggio nuovo di apertura alla comunità internazionale da parte del più politico tra i figli del Colonnello.

Nelle ultime settimane nessuno della famiglia Gheddafi si è fatto vedere in pubblico. Neppure Saif al-Islam. E dal primo maggio, quando un missile Nato uccise suo fratello Saif al-Arab assieme a tre nipotini, le misure di sicurezza si sono fatte più strette. La cautela ha dominato anche la nostra intervista.

I portavoce governativi nel tardo pomeriggio dell’altro ieri ci avevano annunciato un incontro con il ministro degli Esteri. Veniamo condotti in una stanza al quindicesimo piano dell’hotel Radisson Blu, sul lungomare. E solo qui, dopo una lunga attesa, arriva Saif che ci dà il benvenuto. Sorridente, abbronzato, in forma, sembra più giovane dei suoi 39 anni. Alla fine parleremo sino a serata inoltrata.

Vuole spiegare, farsi comprendere dal mondo. Si dice «in continuo contatto» con il padre. Ma pone anche tante domande. Per due ore chiede valutazioni sulla forza dei ribelli, sul loro consenso interno, sul rapporto tra Bengasi e Misurata.

L’uomo che oggi è accusato dalla nomenclatura del regime di essersi troppo operato per aprire la Libia alla globalizzazione e ai nuovi mezzi di comunicazione via web, cerca ancora dai media stranieri chiavi di lettura per capire il suo Paese.

Usciamo dal tunnel delle accuse reciproche. Lei sostiene che i ribelli vanno perseguitati come traditori. E loro replicano che tutta la vostra famiglia va processata, al meglio espulsa all’estero. La Nato sta dalla loro parte, godono di un crescente sostegno internazionale. Gheddafi è sempre più isolato, deve andarsene. Dove il compromesso?
«Elezioni. Si potrebbero tenere entro tre mesi. Al massimo a fine anno. E la garanzia della loro trasparenza potrebbe essere la presenza di osservatori internazionali. Non ci formalizziamo su quali. Accettiamo l’Unione Europea, l’Unione Africana, l’Onu, la stessa Nato. L’importante è che lo scrutinio sia pulito, non ci siano sospetti di brogli. E allora tutto il mondo scoprirà quanto Gheddafi è ancora popolare nel suo Paese.

Non ho alcun dubbio: la stragrande maggioranza dei libici sta con mio padre e vede i ribelli come fanatici integralisti islamici, terroristi sobillati dall’estero, mercenari agli ordini di Sarkozi. Alla nostra gente non sfugge che lo stesso presidente del governo fantoccio a Bengasi, Mustafa Abdel Jalil, come del resto il loro responsabile militare, Abdel Fatah Younes, sono, al pari di tanti altri, uomini della vecchia nomenclatura, gente che è saltata sul carro delle rivolte all’ultimo minuto, miserabili profittatori, venduti. Erano ministri con Gheddafi e ora vogliono giocare la parte dei leader contro di lui. Ridicoli. Non li temiamo affatto. Sono fantocci di Parigi. Marionette incapaci di stare in piedi da sole».

I ribelli temono di essere assassinati, perseguitati, come del resto è avvenuto in 42 anni di dittatura a tanti membri dell’opposizione. Cosa offre per garantire la loro incolumità?
«Sono loro che hanno paura, non noi. Li conosco bene, uno a uno, sono stati con me nelle università straniere. Hanno goduto del mio programma di liberalizzazione negli ultimi dieci anni, di cui, si badi bene, non mi pento affatto. Il nostro rapporto è come quello tra il serpente e il topo che vorrebbero convivere nella stessa tana. Ci considerano il serpente. La soluzione? Dobbiamo essere tutti eguali: tutti serpenti, o tutti topi. E la via è quella delle urne».

Ma come li garantisce?
«Occorre pensarci. Dovremo cercare di mettere in piedi un meccanismo per garantirli. Nel periodo prima del voto si dovrà comunque elaborare la nuova costituzione e un sistema di media completamente libero. Credo in una Libia del futuro composta da forti autonomie locali e un debole governo federale a Tripoli.

Il modello potrebbero essere gli Stati Uniti, la Nuova Zelanda o l’Australia. In questi ultimi mesi ho maturato una convinzione profonda: la Libia pre-17 febbraio non esiste più. Qualsiasi cosa accada, inclusa la sconfitta militare o politica dei ribelli, non si potrà tornare indietro. Il regime di mio padre così come si è sviluppato dal 1969 è morto e sepolto. Gheddafi è stato superato dagli avvenimenti, ma così anche Jalil. Occorre costruire qualche cosa di completamente nuovo».

E se le elezioni le vincono i dirigenti di Bengasi?
«Bravi. Tanto di cappello. Noi ci faremo da parte. Sono però certo della nostra vittoria. Sui poco più di cinque milioni di libici, almeno i due milioni residenti a Tripoli stanno con noi e anche a Bengasi godiamo della maggioranza.

Semplicemente laggiù la gente non può parlare per paura di rappresaglie. Comunque, se dovessimo perdere, ovvio che lasceremo il governo. Rispettiamo le regole. Non mi opporrei neppure se venisse democraticamente eletto nostro premier l’intellettuale ebreo-francese Bernard-Henri Levy» (sorride per la battuta).

La pensa così anche suo padre dopo 42 anni di regime?
«Certo».

E, in quel caso, Gheddafi sarebbe pronto all’esilio?
«No. Non c’è motivo. Perché mai? Questo è il nostro Paese. Mio padre continua a ripeterlo. Non se ne andrà mai dalla Libia. Qui è nato e qui intende morire ed essere sepolto, accanto ai suoi cari».

A quel punto non sareste però voi a rischio di vendette? Andrete a cercare protezione tra qualche tribù fedele nel deserto?
«Staremo a Tripoli, a casa nostra. Nessuno di noi scappa. Sappiamo come difenderci».

L’Italia potrebbe avere un ruolo in questo processo di ricostruzione democratica?
«Non ora. Non sino a quando ci sarà Berlusconi al governo. Da quello che possiamo capire qui a Tripoli, il vostro premier è in difficoltà, pare inevitabile la sua prossima sconfitta elettorale. Bene. Non possiamo che gioirne.

Lui e il ministro degli Esteri Frattini si sono comportati in modo abominevole con noi. Sino a tre mesi prima lo scoppio della ribellione venivano a inchinarsi e baciavano le mani a Gheddafi. Salvo poi voltare la schiena e passare armi e bagagli tra le file dei nostri nemici alla prima difficoltà. Vergogna!».

Che sarà dei contratti con l’Eni? Italia e Libia hanno una lunga storia di rapporti economici che va ben oltre i governi Berlusconi.
«Ovvio, e infatti separiamo nettamente la figura di Berlusconi dall’Italia. Apprezziamo le critiche alla guerra e contro la Nato avanzate dalle Lega. Guardiamo con interesse ai vostri partiti della sinistra. La Libia terrà un atteggiamento assolutamente diverso nei confronti di un’Italia senza Berlusconi».

E il petrolio?
«Non so. E’ prematuro parlarne. Per ora dobbiamo porre fine alla guerra, imporre la legge e l’ordine in tutto il Paese. Ma voglio essere franco. Da tempo Mosca guarda con interesse ai pozzi e alle infrastrutture Eni in Libia. Forse, ora i russi hanno una carta in più».

Pure, anche Mosca ultimamente ha perorato la causa dell’esilio di Gheddafi. Non la penalizzate?
«Lo so. Ma con Berlusconi è diverso. Si diceva vero amico di Gheddafi. Il suo tradimento brucia di più».

E allora, quale tra i governi stranieri potrebbe meglio aiutare la transizione verso il voto in Libia e nel contempo mediare con la Nato?
»La Francia. Abbiamo già avuto abboccamenti con Parigi, ma per ora senza seguito. Comunque, sono loro che impongono la politica del governo di Bengasi. E’ stato Sarkozy a volere più di tutti l’intervento Nato. Dunque a loro il compito di cercare una via d’uscita il meno cruenta possibile».

Sono ormai le dieci di sera. Il figlio di Gheddafi già da qualche tempo ha spostato la sedia sul balcone. Guarda verso l’alto. Il cielo stellato domina il porto. Ma lui cerca soprattutto i segnali di pericolo.

Si odono i rumori dei caccia Nato. Lontano, i traccianti di una contraerea vanno a perdersi nel buio, come fuochi d’artificio stanchi. «E’ tempo di partire - esclama uscendo di fretta -. Basta poco per restare uccisi.