venerdì 3 giugno 2011

News Shake

News Shake, notizie a caso ma non per caso...















Imperialismo: banchieri, guerra e genocidio

di James Petras -
www.thetruthseeker.co.uk - 19 Maggio 2011
Traduzione per
www.comedonchisciotte.org a cura di Francesco Cavallone

Nel maggio del 2011 la polizia messicana ha scoperto un’altra fossa comune clandestina con decine di corpi mutilati, portando così il numero delle vittime dal 2006 a 40 mila da quando il regime di Calderon dichiarò la sua “guerra contro i trafficanti di droga”.

Sostenuta dai consiglieri, dagli agenti e dagli eserciti, la Casa Bianca è stata la principale promotrice di una guerra che ha decimato la società e l’economia del Messico.

Se Washington è stata la forza trainante di questa guerra, le banche di Wall Street sono state quelle che più si sono mosse per assicurarsi i profitti dei cartelli della droga. Ogni banca importante degli Stati Uniti è stata coinvolta nel riciclaggio di centinaia di miliardi di dollari derivanti dal traffico degli stupefacenti per larga parte del decennio scorso.

La discesa all’inferno del Messico è stata progettata dalle maggiori istituzioni finanziarie e politiche statunitensi, che hanno sostenuto i due lati degli schieramenti contrapposti in una guerra totale che non ha mai risparmiato nessuno e nessun luogo.

Mentre il Pentagono armava il governo messicano e la DEA (Drug Enforcement Agency) spingeva per la soluzione militare, le più grandi banche americane hanno ricevuto, ripulito e trasferito centinaia di miliardi di dollari sui conti dei signori della droga, che sono stati utilizzati per comprare armi di nuova produzione, per pagare gli eserciti privati formati da assassini e per corrompere un numero non quantificabile di politici e ufficiali dalle due parti del confine.

La discesa all’inferno del Messico

Ogni giorno dozzine, se non centinaia, di cadaveri vengono ritrovati nelle strade o in tombe ignote; decine di persone vengono uccise in casa, in macchina, nei trasporti pubblici e anche negli ospedali; persone conosciute o sconosciute vengono sequestrate o dichiarate scomparse; studenti, genitori, insegnanti e uomini d’affari sono catturati durante il giorno e trattenuti in attesa del riscatto o uccisi come rappresaglia.

Migliaia di lavoratori emigrati sono rapinati, derubati, tenuti in ostaggio, uccisi e ci sono prove che alcuni sono stati venduti al mercato nero degli organi. La polizia è barricata nei commissariati; i militari, se e quando arrivano, scaricano la loro frustrazione su intere città, sparando sui civili invece che sugli eserciti dei cartelli.

La vita quotidiana ruota intorno alla sopravvivenza, i pericoli sono ovunque, le bande armate e le pattuglie militari sparano e uccidono nella più totale impunità. La gente vive nella paura e con rabbia.

L’accordo di libero commercio: la scintilla che ha acceso l’inferno

Nella seconda metà degli anni ’80 il Messico era in crisi, ma il popolo aveva scelto una via d’uscita legittima: avevano eletto un Presidente, Cuahtemoc Cardenas, sulla base del suo programma nazionale che aveva l'intenzione di promuovere la rivitalizzazione economica dell’agricoltura e industria.

L’élite messicana, guidata dal Partido Revolucionario Institucional di Carlos Salinas, ha deciso diversamente e ha sovvertito le elezioni: all’elettorato fu negata la vittoria e vennero ignorate le manifestazioni pacifiche.

Salinas e i successivi presidenti messicani hanno spinto con forza a favore dell’accordo di libero commercio con gli Stati Uniti e il Canada (NAFTA), accordo che ha portato rapidamente milioni di agricoltori messicani, di proprietari terrieri di e piccoli uomini d’affari alla bancarotta. Milioni di persone sono state obbligate a fuggire da questa devastazione. Sono poi iniziate a scoppiare le rivolte, subito represse, dei debitori nelle campagne.

La miseria dell’economia legale contrastava con il benessere borghese dei trafficanti di droga e la gente, che cercava un modo per tirare avanti, si arruolò in massa nelle fila dei cartelli. I gruppi del controllo di zona della droga iniziarono a essere visti come i ricchi del posto.

Nel nuovo millennio è cresciuto un nuovo movimento popolare e una nuova speranza elettorale: Andres Manuel Lopes Obrador. Dal 2006 un grande movimento politico pacifico ha promesso delle forti riforme sociali ed economiche per “reintegrare milioni di giovani scontenti”.

Nell’economia parallela i cartelli della droga si stavano espandendo e beneficiando dalla miseria di milioni di lavoratori e di contadini che erano stati posti ai margini dall’élite messicana, che aveva saccheggiato i beni pubblici, speculato in proprietà immobiliari, derubato l’industria del petrolio e creato monopoli privati nelle comunicazioni e nel settore bancario.

Nel 2006 venne negata la vittoria a milioni di votanti messicani: l’ultima speranza di una trasformazione pacifica era stata spazzata via. Sostenuto dall’amministrazione degli Stati Uniti, Felipe Calderon si è rubato le elezioni e ha iniziato a lanciare la strategia della “guerra ai trafficanti di droga” progettata da Washington.

La strategia di guerra porta alla guerra alla droga:
la crisi delle banche ha rafforzato i rapporti con i trafficanti di droga

La gigantesca escalation degli omicidi e della violenza in Messico è iniziata con la dichiarazione di guerra ai cartelli della droga lanciata dal Presidente Calderon - personaggio eletto in maniera fraudolenta -, una politica spinta all’inizio dall’Amministrazione Bush e in seguito da Obama e la politica dei Clinton.

Più di 40.000 soldati messicani si sono schierati nelle strade, nelle città e nei quartieri, assaltando con la violenza i civili, specialmente i giovani. I cartelli hanno reagito aumentano i loro attacchi armati contro la polizia.

La guerra si è diffusa a tutte le città più importanti, sulle autostrade come nelle strade di campagna; gli omicidi si sono moltiplicati e il Messico si è ritrovato sempre di più nell’Inferno dantesco.

Intanto, il regime di Obama ha rinconfermato il suo sostegno alla soluzione militare sui due lati del confine: oltre 500 mila immigranti messicani sono stati presi e espulsi dagli Stati Uniti, moltiplicando i pattugliamenti armati sul confine.

È anche cresciuta la vendita di armi vicino al confine. La domanda degli Stati Uniti per le manifatture e i prodotti agricoli messicani è diminuita, allargando così il bacino per il reclutamento di nuovi soldati nei cartelli e aumentando anche la vendita di armi pesanti.

Le politiche della Casa Bianca contro le armi e la droga si sono rafforzate in entrambi i fronti di questa folle spirale assassina: il governo americano armava il regime di Calderon mentre i produttori di armi vendevano le loro armi ai cartelli sia in maniera legale che illegale.

Lo stabilizzare o l’incrementare la domanda di droga negli Stati Uniti e gli incredibili profitti derivati dal traffico e dalla vendita sono rimasti la forza trainante dietro l’ondata di violenza e la disintegrazione della società messicana.

I profitti della droga, in parole povere, sono assicurati dalla capacità dei cartelli nel riciclare e trasferire miliardi di dollari sfruttando il sistema bancario americano. L’ordine di grandezza e gli scopi dell’alleanza tra banche USA e i cartelli della droga sorpassa qualsiasi altra attività economica del sistema bancario americano privato.

Secondo il Dipartimento di Giustizia statunitense, una banca sola, la Wachovia Bank (ora di proprietà di Wells Fargo), ha riciclato 378 miliardi di dollari tra il primo maggio 2004 e il Maggio 2007 (1).

Ogni grande banca statunitense è stata un partner finanziario dei cartelli della droga, incluse la Bank of America, Citybank e JP Morgan, così come le banche straniere che hanno sede a New York, a Miami e Los Angeles o a Londra.

Mentre la Casa Bianca paga il governo e l’esercito messicani per uccidere i sospettati di traffico di droga, il Dipartimento di Giustizia ha multato tardivamente e con cifre piuttosto basse le banche complici con i trafficanti di droga, e la Wachovia Bank ha salvato i suoi dirigenti dalla prigione e ha licenziato quelli con le mani più sporche.

L’agenzia più importante del Tesoro coinvolta nelle indagini sul riciclaggio di denaro, l’Undersecretary for Terrorism and Financial Intelligence (Sottosegretariato per le indagini di finanza e terrorismo), ha ignorato deliberatamente la spudorata collaborazione delle banche inglesi con i cartelli, concentrando quasi tutto il suo staff e le sue risorse sul rafforzamento delle sanzioni contro l’Iran.

Per sette anni Stuart Levey, Sottosegretario del Tesoro, ha usato le sue forze per la “guerra contro il terrorismo” piuttosto che per interrompere le operazioni di riciclaggio della Wachovia con i messicani. In questo periodo sono stati uccisi dai cartelli e dall’esercito 40 mila civili messicani.

Senza le armi e senza i servizi finanziari forniti al regime messicano e ai cartelli della droga, non ci sarebbe stata una “guerra contro la droga”, le uccisioni di massa e lo scatenarsi del terrore.

Fermare gli enormi sussidi per l’esportazione dei prodotti agricoli statunitensi in Messico e decriminalizzare l’uso e l’acquisto della cocaina negli Stati Uniti sono semplici iniziative che potrebbero esaurire il bacino da cui vengono pescati i “soldati dei cartelli” e tagliare i profitti e la domanda delle droghe illegali nel mercato statunitense.

I trafficanti di droga, le banche e la Casa Bianca

Se le più importanti banche statunitensi sono il motore finanziario che permette di far funzionare gli imperi della droga, la Casa Bianca, il Congresso e le sue leggi sono i protettori degli interessi di queste banche.

Nonostante il profondo e continuo coinvolgimento delle banche nel riciclaggio di miliardi di dollari nei fondi neri, le sentenze delle corti non hanno portato in prigione neanche un banchiere. La pena di una corte è stata quella di una multa pari a 50 milioni di dollari, meno dello 0,5% del profitto delle banche nel 2009 (2) .

Nonostante la morte di decine di migliaia di civili messicani, la DEA, i procuratori federali e i giudici hanno imposto una punizione così risibile alla Wachovia per i suoi servizi illegali per il cartello della droga.

Gli ufficiali più prominenti economici dei regimi Bush e Obama, inclusi i vari Summers, Paulson, Geithner, Greenspan, Bernacke sono tutti membri o consiglieri delle società finanziarie più importanti e banche implicate nel riciclaggio di miliardi dei profitti dei cartelli della droga.

Il riciclaggio è una delle risorse più remunerative per Wall Street, le banche chiedono le commissioni sui trasferimenti dei profitti della droga, che poi prestano alle istituzioni a tassi d’interesse molto più alti, sempre che ve ne siano, di quelli a carico dei depositi dei trafficanti. Inondati dai profitti del traffico degli stupefacenti, questi titani della finanza mondiale possono facilmente comprare i funzionari pubblici per perpetuare il sistema.

Ancora più importante e meno ovvio è il ruolo del denaro della droga nella crisi finanziaria recente, specialmente nelle sue prime difficili settimane.

Secondo il capo dell’Ufficio delle Nazioni Unite contro le droghe e i crimini, Antonio Maria Costa: “In molti casi i soldi della droga (sono stati) […] l’unica liquidità presente degli investimenti […] quando, nella seconda metà del 2008, la liquidità è stata il più grande problema del sistema bancario e il capitale liquido è diventato un fattore importante […] I prestiti interbancari venivano effettuati con soldi provenienti dal commercio di droga e da altre attività illegali, […] segno che alcune banche sono riuscite a salvarsi in questo modo.” (3).

Il capitale dei miliardari della droga è la chiave per la sopravvivenza della Wachovia e di altre banche principali. In altre parole, i miliardari della droga hanno salvato il sistema finanziario capitalista dal collasso!

Conclusione

Alla fine del primo decennio del XXI secolo, è ormai chiaro che l’accumulazione dei capitali, almeno nel Nord America, è strettamente collegata all’uso della violenza e al traffico degli stupefacenti.

Siccome l’accumulazione dei capitali dipende dal capitale finanziario e siccome questo dipende dai profitti dell’industria miliardario del traffico della droga, l’insieme è inserito nella “guerra totale” ai profitti derivati dagli stupefacenti.

In un periodo di profonda crisi la sopravvivenza del sistema finanziario, e quindi il sistema bancario mondiale, è collegato alla liquidità fornita dell’industria della droga.

Al livello più superficiale la distruzione delle società messicane e di quelle dell’America Centrale - si parla di 100 milioni di persone - è il risultato di un conflitto tra i cartelli e i regimi politici della regione.

A un livello più profondo c’è un effetto a macchia d’olio dovuto alla loro collaborazione: i cartelli si affidano al sostegno delle banche statunitensi per realizzare i loro profitti; spendono centinaia di milioni di dollari nell’industria delle armi e altri per assicurarsi le fornitura, il trasporto e la vendita; assumono decine di migliaia di persone nei loro enormi eserciti e nelle reti composte da civili e comprano la connivenza degli ufficiali politici e militari sui due lati del confine.

Per la sua parte il governo messicano ha agito da lasciapassare per il Pentagono e per la Polizia Federale, per la Sicurezza interna, per il rafforzamento delle politiche contro le droghe e per gli apparati che combattono quella guerra che ha messo a repentaglio la vita dei messicani, le loro proprietà e la loro sicurezza. La Casa Bianca è al centro strategico delle operazioni, mentre il regime messicano è sulla linea del fronte.

Da una parte della “guerra contro le droghe” si trovano le principali banche di Wall Street, dall’altro la Casa Bianca e i suoi strateghi militari mentre nel “mezzo” ci sono 90 milioni di messicani e oltre 40.000 vittime.

Facendo affidamento sulla frode politica per imporre le deregolamentazioni economiche negli anni ’90 (neoliberismo), le politiche statunitensi hanno portato alla disintegrazione sociale, alla criminalizzazione e alla militarizzazione del decennio in corso.

La sofisticata economia narco-finanziaria è ora diventata la fase più avanzata del neoliberismo. Quando la persona rispettata diventa un criminale, i criminali diventano persone rispettabili.

Il problema del genocidio nel Messico è stato causato dall’impero, dai banchieri e dal cinismo dei governanti.


Note:

1. The Guardian, 11 Maggio 2011

2. Idem.

3. Reuters, 25 Gennaio 2005 versione statunitense


Droga, un appello da personalità mondiali. Da Kofi Annan a Vargas Llosa: “Legalizzare”
da Il Fatto Quotidiano - 2 Giugno 2011

“La guerra mondiale alla droga ha fallito". Ad affermarlo è la ‘Global Commission on Drug Policy’, composta da grandi nomi internazionali, dalla politica alla cultura. Che in una petizione presentata all'Onu chiederanno agli Stati di rivedere le politiche di contrasto

“Il proibizionismo non funziona e non conviene, è una forma di repressione sociale di massa che garantisce fiumi di denaro a terrorismo e narcomafie”. Lo afferma da sempre il segretario dei Radicali, Mario Staderini.

Che da oggi potrebbe avere un alleato insospettabile: l’Onu. “La guerra mondiale alla droga ha fallito con devastanti conseguenze per gli individui e le comunità di tutto il mondo” scrive la ‘Global Commission on Drug Policy‘, in un rapporto presentato a New York.

L’organismo più alto in materia ha annunciato l’inizio di una petizione internazionale: milioni di firme da presentare alle Nazioni Unite affinché gli Stati si convincano a cambiare gli strumenti finora usati per contrastare la tossicodipendenza.

Disposizioni fallimentari che, si legge nel rapporto, hanno portato solo a carceri piene e migliaia di vittime. La strada, da oggi, dev’essere piuttosto quella di puntare a una “riduzione del danno”, contrastando prima di tutto la vera base del traffico di droga: la criminalità organizzata. In una parola: legalizzare.

L’appello arriva da personalità mondiali e insospettabili. Tra loro, anche l’ex presidente dell’Onu, Kofi Annan. E ancora, tra i politici, l’ex commissario Ue, Javier Solana, l’ex segretario di Stato statunitense, George Schultz e diversi ex presidenti. Alcuni con una profonda conoscenza diretta del tema, come il colombiano Cesar Gaviria.

Ma la lista dei nomi coinvolti comprende anche personalità del mondo della cultura: come il premio Nobel per la letteratura peruviano, Mario Vargas Llosa, e lo scrittore messicano Carlos Fuentes. E ancora esperti come il francese Michel Kazatchkine, direttore del Fondo mondiale contro l’Aids, la tibercolosi e la malaria.

“Trattare i tossicodipendenti come pazienti e non criminali”. E’ questa l’idea di fondo della commissione. Che nel rapporto da un po’ di numeri per far comprendere come negli scorsi decenni “le politiche di criminalizzazione e le misure repressive – rivolte ai produttori, ai trafficanti e ai consumatori – hanno chiaramente fallito”.

In dieci anni, dal 1998 al 2008, il consumo di cannabis è aumentato dell’8,5 per cento. E va peggio con le cosiddette ‘droghe pesanti’: nello stesso periodo, il numero dei consumatori di cocaina è cresciuto del 27 per cento. Una percentuale che nasconde circa tre milioni e mezzo di persone in più.

Oltre a chiedere una presa di coscienza internazionale, la commissione propone però una soluzione. Per una vera lotta alla tossicodipendenza, è necessario introdurre “forme di regolarizzazione che minino il potere delle organizzazione criminali”. Come? “Incoraggiando la sperimentazione di modelli di legalizzazione”.

Solo così, secondo la commissione, sarà possibile rendere efficace il contrasto su piccola scala, quello rivolto ai coltivatori, i corrieri e gli spacciatori, “spesso vittime loro stessi della violenza e dell’intimidazione”. Oppure consumatori a loro volta.

Il cambio di rotta inoltre, ricordano nel rapporto, potrebbe risolvere la problematica dell’esclusione sociale dei tossicodipendenti. A patto che le politiche adottate siano “improntate a criteri scientificamente dimostrati” e rafforzate da un’educazione familiare e scolastica.


Veterani della SAS aiutano la Nato a identificare gli obbiettivi di Gheddafi a Misurata
di Richard Norton-Taylor e Chris Stephen - The Guardian - 31 Maggio 2011
Traduzione per
www.comedonchisciotte.org a cura di Supervice

Fonti ben collocate ci hanno detto che alcuni ex soldati della SAS e personale di compagnie private occidentali stanno collaborando con la NATO per identificare gli obbiettivi nel porto della città libica di Misurata, il luogo dove si sono tenuti gli scontri più accesi tra le forze di Muammar Gheddafi e quelle dei ribelli.

La fonte ha riferito che alcuni veterani delle forze speciali stanno rivelando dettagli sull’ubicazione e i movimenti delle forze di Gheddafi presso il quartier generale di Napoli del Tenente Generale Charles Bouchard, comandante canadese delle forze NATO.

Gli obbiettivi sono stati verificati da aerei spia e dai droni Predator. "L’intelligenza dell’uomo non basta", ha riferito una delle fonti.

Gli ex soldati sono qui con il beneplacito di Gran Bretagna, Francia e altri paesi NATO, che li hanno equipaggiati con apparecchiature per le comunicazioni. È probabile che stiano passando informazioni utili per i piloti degli elicotteri d’attacco britannici e francesi, che si aspettano di iniziare a colpire gli obbiettivi a Misurata già da questa settimana.

Una fonte ha riferito al Guardian he alcuni consulenti occidentali stanno passando informazioni alla Nato su Gheddafi.

Quattro elicotteri Apache sono a bordo dell’HMS Ocean, che si sta avvicinando alle acque libiche. Dodici elicotteri francesi Tiger sono a bordo nella nave d’assalto anfibia Tonnerre, che dovrebbe essere già a distanza di ingaggio di fronte alla costa. Il Ministro francese della Difesa, Gerard Longuet, ha rifiutato di dire esattamente quando verranno schierati, ma ha aggiunto: "In ogni caso, molto rapidamente."

Le rivelazioni sul ruolo dei consiglieri dei ribelli sono state successive al filmato degli occidentali armati sulla linea del fronte assieme ai combattenti ribelli di Misurata. Un gruppo di sei persone era visibile in un report di al-Jazeera mandato in onda da Dafniya, che viene descritta come il punto più occidentale del fronte in mano ai ribelli.

Cinque di questi uomini erano armati, indossavano tute color sabbia, cappelli da baseball e sciarpe di cotone arabe. Il sesto, che sembrava essere la persona al comando, sembrava non portare armi e indossava una maglietta rosa a maniche corte. I sei sono stati visti mentre parlavano con i ribelli e hanno rapidamente lasciato il posto quando hanno capito di essere filmati.

Il Ministro della Difesa ha insistito sul fatto che non ci sono forze da combattimento sul territorio. Il personale del Ministero è presente solo a Bengasi, ha aggiunto, riferendosi ai dieci consulenti militari e mentori che la Gran Bretagna ha inviato sul posto.

William Hague, il Segretario agli Esteri, ha descritto i consulenti come "ufficiali esperti militari" e ha detto che avrebbe ragguagliato i ribelli sull’organizzazione dell’intelligence, sulla logistica e le comunicazioni.

Sette fonti britanniche interne alla difesa hanno rivelato in aprile che hanno pressato i paesi arabi per addestrare i ribelli. Le fonti hanno riferito che erano intenzionati ad assumere compagnie di sicurezza private, molte delle quali impiegano ex soldati della SAS.

Viene riportato che queste milizie private sono pagate dalle nazioni arabe, principalmente dal Qatar. I funzionari britannici hanno detto che non sarebbero stati pagati dal loro governo.

Questi paesi a favore della decisione di imporre la “no-fly zone”, e che sono ostili a Gheddafi, sembrerebbero essere contrari a ogni collegamento, diretto o “ufficiale”, tra i consulenti dell’Occidente e i comandanti della NATO. Questi consulenti sono tenuti a distanza, ma il loro ruolo è in privato molto apprezzato.

A Misurata i combattenti ribelli si stanno preparando all’arrivo degli elicotteri d’assalto della NATO. Un comandante ribelle ha riferito al Guardian che la NATO ha diffuso istruzioni per tutte le tre sezioni della linea del fronte attorno la città, avvisando i ribelli di non muoversi oltre una prestabilita "linea rossa" per permettere alla NATO di poter attaccare qualsiasi obbiettivo collocato al di fuori.

Per questo motivo le truppe dei ribelli sono arretrate, lasciano deserti molti posti di blocco. L’aeroporto di Misurata, che ha al suo interno strutture militare abbandonate dalle forze pro-Gheddafi, è stato improvvisamente chiuso e circondato da combattenti armati.

I comandanti ribelli non hanno spiegato il motivo, a parte aver detto che queste "strutture" erano state costruite, dando voce alle ipotesi che la NATO possa usare l’aeroporto come base o come una zona d’atterraggio d’emergenza per gli elicotteri danneggiati sulla linea del fronte. Il giorno prima al-Jazeera ha filmato alcuni appartenenti alle compagnie di sicurezza private che facevano da collegamento con le unità ribelli schierate sulla linea del fonte a Dafniya.

Dopo la tregua di lunedì, bombardando alla luce del giorno le zone isolate della sacca di resistenza di Misurata, le forze pro-Gheddafi hanno lanciato razzi Grad e colpi di mortaio contro le posizioni avanzate intorno a Dafniya. Gli spari sono cessati improvvisamente quando due jet della NATO hanno sorvolato l’area.

Nella stessa Misurata le truppe ribelli hanno fatto eco al Consiglio Nazionale di Transizione che è al potere nel rifiutare il “cessate il fuoco” e le negoziazioni offerte da Gheddafi, che sono emerse dalla missione di pace tentata a Tripoli dal presidente del Sud Africa, Jacob Zuma.

"Guardatevi attorno. E potrete capire che valore dare alle promesse di Gheddafi", ha detto un combattente, Hishaw Muhammad, 41, seduto in un container ammaccato e forato dai proiettili che serve da checkpoint nel centro della città. Ha indicato gli edifici danneggiati dall’altra parte della strada, il risultato delle sparatorie e dei bombardamenti. "Deve fare un passo indietro. Non c’è altra soluzione."

Muhammad sa bene il prezzo che la città ha pagato per la sua resistenza: un suo fratello è morto, tre fratelli più giovani sono sulla linea del fronte e lui è in organico a un checkpoint perché, dato che suo padre è morto prima della guerra, deve accudire a sua madre, alle sorelle, la moglie e i bambini.

"Con gli Apache, siamo a posto", ci ha riferito. "All’inizio, quando stavamo attaccando, non avevamo esperienza. Ma ora abbiamo dei capi. Ora siamo più forti di loro."

I comandanti ribelli hanno detto che le forze di Gheddafi schierate attorno alla sacca di resistenza di Misurata possono essere indebolite. Negli ultimi giorni i ribelli hanno effettuato dei raid per catturare prigionieri, trovando principalmente teenager e mercenari terrificati provenienti dall’Africa sub-sahariana.

Le truppe ribelli mancano ancora di armi pesanti, ma hanno ottenuto il missile anti-carro MILAN, che è stato utilizzato con effetti devastanti per spazzare via le postazioni fortificate all’inizio di questo mese.

Il destino dei civili nella città in mano a Gheddafi appena a ovest della linea del fronte, Zlitan, dà grande preoccupazione. È in questo momento sede di un grosso contingente dalla 32esima brigata, rimasta fedele al figlio di Gheddafi, Khamis. I soldati e razzi Grad sono disseminati tra le abitazioni dei civili. Un qualsiasi assalto alla città vedrebbe i civili coinvolti negli scontri.

Una fotografa della Reuters a Misurata ha detto che ci sono stati accesi combattimenti nel quartiere di Dafniya, nella parte occidentale della città, dove si trova la linea del fronte. Parlando da un ospedale da campo vicino al fronte, ha riferito che 14 combattenti ribelli sono stati feriti giovedì, uno di questi in modo serio.

"Le forze di Gheddafi stanno sparando i razzi Grad", ha detto."I ribelli cercano di avanzare, ma le forze di Gheddafi li spingono indietro."

I combattenti ribelli, fuori del del territorio urbano a loro familiare e ora in campo aperto, sono stati superati, ha riferito uno dei loro portavoce.

"La situazione sta diventando sempre più difficile per i rivoluzionari perché il combattimento si sta svolgendo all’aperto. Non hanno le stesse armi pesanti delle brigate [pro-Gheddafi]", ci ha detto il loro portavoce da Misurata, Abdelsalam.

Il Maggiore Generale John Lorimer, il capo portavoce del Ministero della Difesa, ha detto che i Tornado della RAF e i Typhoon hanno distrutto negli ultimi giorni un carro armato vicino a Jadu e hanno attaccato un lanciarazzi multiplo e alcuni veicoli di supporto a sud di Zlitan. Ha anche riferito che lunedì le pattuglie della RAF hanno localizzato nei pressi di Zlitan cinque mezzi pesanti che trasportavano carri armati; sono stati tutti distrutti o seriamente danneggiati.

Alcune fonti non confermate hanno suggerito che a Tripoli la scorsa notte le opposizioni anti-Gheddafi stavano di nuovo alzando la testa. Dei testimoni del quartiere periferico di Souq al-Juma fuori Tripoli hanno riferito che una grossa protesta anti-governativa ha avuto luogo di lunedì.

La protesta, che sembra essere la più vasta a Tripoli da quando, in marzo, le forze occidentali hanno iniziato a bombardare il territorio, è stata interrotta dalle armi delle forze di sicurezza, hanno riferito gli abitanti della zona.

Quando gli è stato chiesto di dare informazioni durante una conferenza stampa tenuta giovedì, un portavoce del governo, Moussa Ibrahim, ha detto: "Ho sentito qualcosa di questo fatto. Ma non ho avuto tempo di avere ragguagli."

I funzionari di Gheddafi hanno ufficialmente negato che lunedì ci sia stata una grande manifestazione contro il governo. Le manifestazioni su larga scala non si sono mai verificate da quando in febbraio le proteste sono state schiacciate dalle forze di sicurezza. Due forti esplosioni sono state udite giovedì nella capitale libica, ma non è stato chiaro comprendere dove le bombe fossero cadute.





La falsa Corte Penale Internazionale e la strategia globale della tensione

di Tony Cartalucci - http://landdestroyer.blogspot.com - 28 Maggio 2011
Traduzione per
www.comedonchisciotte a cura di Supervice

Una falsa corte finanziata dai globalisti usa prove false fornite da false ONG finanziate dai globalisti Il Presidente russo Medvedev, secondo The Australian, ha "approvato le richieste fatte al Colonnello Gheddafi per lasciare il suo incarico e per offrire il suo aiuto alla negoziazione della sua uscita di scena".

È una mossa che ha “sorpreso e rallegrato" sia Londra che Washington dopo le proteste iniziali della Russia contro l’azione militare extralegale che era stata avviata in seguito a
una caterva di bugie stile-guerra in Iraq.

Questa apparente marcia indietro della Russia coincide
l'intensificazione dei bombardamenti sulla capitale libica e le richieste indirizzate da Francia e Gran Bretagna per inviare elicotteri d’assalto nel tentativo di incrementare il livello di assassinio e di distruzione per costringere il governo libico ad acconsentire alle "concessioni".

La globalista e artefatta Corte Penale Internazionale (ICC) ha anche lei cercato di mettere pressione sulla Libia con un “mandato di cattura" contro Gheddafi.

Una Corte totalmente falsa

Il "mandato di cattura" emesso dall’ICC si basa su prove acquisite da "trenta missioni di 11 nazioni diverse, e per mezzo di interviste con un notevole numero di persone, tra cui insider e testimoni oculari".

L’ICC stessa afferma che una "cooperazione senza precedenti" è stata fornita da "Stati e organizzazioni, nessuna dei quali sta al momento operando in Libia". Senza lasciarsi scoraggiare dalle inconsistenti indagini da loro stessi ammesse, ci forniscono una lista infinita di "prove".

Uno sguardo a questa ”prova" presentata dall’"Ufficio del Procuratore" ci rivela un tentativo amatoriale e quasi disperato contro il leader libico. Tutte le basi del caso del Procuratore sono costruite su report presi dalla BBC, da Al Jazeera, dal Guardian, dal New York Times, da Voice of America – gestita da Broadcasting Board of Governors del Dipartimento di Stato USA, da Human Rights Rights Watch finanziata anch’essa dai globalisti e da International Federation for Human Rights (FIDH) finanziata dal National Endowment for Democracy and Tides Foundation, oltre a tante altre.

Forse fidandosi dell’autorità auto-relegata, dell’ottimo logo, dell’imponente quartier generale e del look professionale del suo sito web, l’ICC spera che proprio nessuno dia un’occhiata alle "prove" o che comprenda che i soliti interessi delle multinazionali sono stati i propulsori dell’ICC fantoccio, delle false ONG e delle organizzazioni dei media finanziate dalle multinazionali che hanno fornito tutte queste "prove".

Dovrebbe essere evidenziato che persino la BBC, assieme ad Al Jazeera e a molti altri media mainstream hanno ammesso, anche se in modo ben nascosto nei loro report su Libia e Siria, che le loro fonti non possono essere verificate come viene affermato nella seconda informativa fornita dai "gruppi di attivisti".

Deve essere anche notato che ”l’opposizione della “Primavera Araba” e questi “gruppi di attivisti” sono tutti finanziati dai globalisti.

La stessa Corte Penale Internazionale
riferisce di essere "una corte permanente e indipendente che indaga e persegue le persone accusate dei crimini più rilevanti nel contesto internazionale, principalmente il genocidio, i crimini contro l’umanità e i crimini di guerra".

Una visita al sito della Coalizione per la Corte Penale Internazionale(CICC) ci rivela chi è che sta dietro all’ICC e che sta lo attivamente promuovendo e interfacciando ai tanti partner nelle ONG dell’ICC, oltre al fatto che tutti usufruiscono degli stessi sostenitori finanziari e politici.

Il CICC asserisce di riunire "2.500 organizzazioni della società civile in 150 paesi diversi che agiscono in partnership per rafforzare la cooperazione internazionale con l’ICC; per assicurare che la Corte sia giusta, efficace e indipendente; per rendere la giustizia sia visibile che universale; e per promuovere leggi nazionali più stringenti che possano assicurare giustizia alle vittime di crimini di guerra, di crimini contro l’umanità e di genocidio".

Il CICC, comunque, ha "profondamente apprezzato il generoso sostegno" fornito dall’Unione Europea, dalla Ford Foundation, dalla John D. and Catherine T. MacArthur Foundation inserita nella classifica stilata da Forbes delle 500 compagnie più ricche, da Open Society Institute di George Soros e da Humanity United.

Humanity United a sua volta offre la sua partnership ai co-conspiratori globalisti di BBC World Service Trust, a Benetech che è finanziata da NED, da Open Society e dal Dipartimento di Stato, a Open Society Institute di George Soros e al Solidarity Center finanziato da NED che ha mobilitato i sindacati egiziani subito dopo che i rivoltosi supportati dagli Stati Uniti hanno iniziato a vacillare.

Questi "generosi sostenitori" sono gli stessi enti che hanno istituito le solite "organizzazioni della società civile” con cui il CICC sta "lavorando in partnership".

In altre parole, le finte organizzazioni della società civile finanziate dai globalisti formano una falsa coalizione finanziata dai globalisti, che a loro volta fondano una falsa corte finanziata dai globalisti, per mostrarci a noi tutti in cosa consista quest’agenda politica, motivata solo dall’interesse personale, che usa l”umanità" a pretesto in modo sempre più inconsistente.

È un’intera rete gonfiata grazie all’emissione di moneta e che trae legittimazione da una miriade di resoconti dei media mainstream, quali la BBC, Al Jazeera, la CNN, Fox News, VOA e da tutta una serie di altre "fonti" citate dall’"Ufficio del Procuratore" dell’ICC riguardo la Libia.

La "Corte Penale Internazionale" è un falso totale, creata da criminali tra i più efferati che abbiano mai camminato sulla terra, non per assicurare la "giustizia" in un qualsiasi modo a noi comprensibile, ma per incrementare l’autorità auto-attribuitasi e la legittimazione che l’élite globale ci vuole obbligare ad apprezzare.

Ma non la apprezzeremo, nemmeno un po’, e non apprezzeremo nessun’altro artificio realizzato nel nome dell”arbitrio internazionale”. Abbiamo i nostri governi locali all’interno degli stati-nazione.

Quello che invece appare dietro le fila degli stati-nazione è una condotta egoistica, sono i conglomerati finanziari multinazionali che non tengono in considerazione alcun confine, che usurpano la sovranità nazionale e che tradiscono i sentimenti della nostra innata, inalienabile, sovranità individuale con le loro "istituzioni internazionali" che nascondono le loro immoralità.

L’innalzamento della strategia globalista della tensione

La sovranità e il futuro di un’umanità libera dipendono da una riasserzione individuale dei nostri diritti e delle nostre responsabilità per sostenere noi stessi, le nostre comunità, le nostre province/regioni e le nostre nazioni.

Non possiamo affidarci ai russi o ai cinesi per controbilanciare l’élite globale perché i russi e i cinesi, con la loro partecipazione al FMI, alle Nazioni Unite e persino alla Corte Penale Internazionale – tutte manipolate dall’élite globale – per una qualche ragione sono cadute proprio nella "strategia della tensione".

La recente inversione a U della Russia riguardo la Libia ha deluso le speranze di quelli che vedevano in questa nazione un contrappeso affidabile.

Le azioni della Russia in questo momento servono a garantire la spoliazione di un’intera nazione da parte dei terroristi, usurpatori, filo-globalisti ribelli della ribellione libica che agiscono su mandato di Washington e Londra, e forse anche di Mosca, visti gli ultimi accordi intrecciati dietro le quinte.

Se le nazioni in cui viviamo fanno parte di queste illegittime "istituzioni internazionali”, garantiscono solo una legittimazione alle élite transnazionali che altrimenti non potrebbero in alcun modo avere.

È impossibile discernere se i russi o i cinesi stanno partecipando in queste farsesche "istituzioni internazionali” in modo machiavellico, fingendo una complicità a un governo globale in divenire, o solo per interessi miopi e egoistici.

Quello di cui si può essere sicuri è che il nostro impegno personale deve tutelare i nostri interessi e un’agenda sviluppata a livello locale. Ma noi, americani, russi o cinesi, dovremmo essere il contrappeso all’influenza ingiustificata dell’élite globale.

Ostacolare gli oligarchi della finanza delle multinazionali anglo-americane non ci garantisce che altri oligarchi non possano venire alla ribalta e riprendere di nuovo il loro posto.

Solo con l’affidamento a un nuovo paradigma di sovranità locale, dove il potere nazionale e degli enti locali sia affidato nelle mani di persone autosufficienti del territorio invece che alle corporations multinazionali che agiscono su scala globale, allora potremmo far terminare il peso che le élite globali scaricano su di noi.

Sun Tzu nell’"Arte della Guerra" disse: "E poi il combattente intelligente impose la sua volontà al nemico, ma non permise alla volontà del nemico di imporsi su di lui." Lo scenario ideale per i globalisti è quello si continui a rispondere alle loro provocazioni alle condizioni da loro fissate.

E anche se si fosse d’accordo o contrari alla loro agenda, se noi usiamo le loro artificiose istituzioni per contestarli, continueremo a fornirgli una sempre maggiore legittimazione, indipendentemente dall’entità delle proteste.

Questa è la strategia della tensione definitiva, che agisce tutti i giorni a livello globale, intrappolando i ben intenzionati ma ignoranti servi dell’agenda globalista, così come gli informati sostenitori della libertà e della sovranità.

Girando le spalle alle istituzioni globaliste, alle loro manovre, alle loro motivazioni, alle loro guerre e alle loro false dicotomie politiche, cercando invece di imporre la nostra volontà, a livello locale, e tagliando alla radice la fonte del potere delle élite (la nostra complicità), li forzeremo a reagire alle manifestazioni della nostra volontà.

Il movimento del “Decimo Emendamento” è la vera incarnazione di tutto questo nella pratica di tutti i giorni, con il movimento per la “Sovranità Alimentare” e ora lo è anche la battaglia in Texas contro gli abusi della TSA e gli inasprimenti legislativi negli aeroporti.

Le persone comuni in tutto il paese stanno abbandonando i soliti dibattiti guidati dagli esperti pagati dalle corporations e si stanno muovendo, guidati non tanto da una linea politica definita, ma da loro innato senso d’indipendenza.

Tutto questo può iniziare in un modo semplice, come il piantare un giardino, il boicottaggio a macchia di leopardo e anche totale di tutte le multinazionali, la partecipazione nei nostri governi locali e nei media alternativi, e tutto ciò potrà portare alla fine del potere ingiustificato che ha permesso a un gruppo di banchieri internazionali criminali di manipolare il nostro esercito, una corte internazionale e di dichiarare guerra ad altre nazioni nell’impunità più totale.


Da bin Laden al cetriolo assassino
di Marcello Pamio - www.disinformazione.it - 3 Giugno 2011

Ci mancava adesso il “cetriolo killer” per oscurare il già super oscurato Referendum nazionale del 12 e 13 giugno prossimi.

Eravamo tutti più tranquilli, fino a qualche giorno fa, grazie alla scomparsa definitiva di Usama bin Laden. Uno dei tanti miracoli dell'amministrazione statunitense: prima hanno scongelato dal freezer il miliardario saudita e poi lo hanno fatto scivolare per sempre nel mare…

Oggi al posto di bin Laden non c’è il suo vice Al-Zawahiri, ma il “cetriolo verde”, un assassino spietato che veicola una tossina deleteria che avrebbe ucciso almeno 18 persone!
Al momento nessuna dichiarazione o rivendicazione da parte di vegani estremisti.

Stiamo parlando del “ceppo più letale della storia[1], così almeno affermano gli esperti statunitensi dei centri di controllo e prevenzione delle malattie (Centers for Disease Control and Prevention, C.D.C. di Atlanta).

La nuova pandemia

In Germania, oltre 2000 infettati con 17 morti, in Svezia al momento 43 gli infettati e 1 morto. Totale ad oggi, 18 morti in Europa!

L’Istituto di Genetica di Pechino, a cui è stato inviato questo fantomatico batterio, la cui sigla è O104-H4, dopo attente analisi ha annunciato che si tratta di un agente patogeno mai visto prima, almeno in Europa e l’O.M.S. lo ha così definito: “una variante nuova, estremamente contagiosa e tossica” di E. Coli, di per sé batterio presente comunemente anche nel nostro intestino[2]

Inizialmente si è data la colpa ai cetrioli spagnoli, ma ultimamente, secondo le dichiarazioni del ministro della Sanità di Amburgo, Cornelia Pruefer-Storcks, i patogeni individuati sui cetrioli non corrispondono a quelli rilevati nelle feci di alcuni pazienti (appartenenti al sierogruppo E. Coli Vtec O104). ”La fonte dell’infezione – continua il Ministro - non è stata ancora identificata”.

I giornali del Sistema, nel panico ci sguazzano alla grande. Ecco qualche titolo apparso nei quotidiani nazionali, abituati da sempre a spaventare e propagandare spazzatura per la mente e l’intelligenza:

O104:H4, il codice del batterio. Il killer che preferisce le donne[3]
Il batterio killer fa paura: 18 morti, 2000 contagi. Scienziati nel pallone[4]
Epidemia E. Coli: è il ceppo più letale e resistente ad antibiotici[5]
Batterio killer, in Germania è psicosi[6]

Ricordano molto da vicino i titoli a caratteri cubitali riportati nelle prime pagine durante il periodo della Sars, Aviaria e l’Influenza A, detta “suina”.

Cerchiamo di fare un po’ di chiarezza.

L’Escherichia Coli è certamente il batterio più studiato al mondo, anche perché nell’uomo è onnipresente. Ognuno di noi ogni giorno espelle E. Coli fra i 100 miliardi e i 10 mila miliardi di cellule, come pure fanno gli uccelli e mammiferi in generale.[7]

Questi batteri vivendo nell’intestino, sono i nostri compagni di viaggio da sempre e non solo ci accompagnano, ma aiutano nel processo digestivo, ad assimilare sostanze importanti.

Il nostro sistema digestivo contiene all’incirca 400-500 specie batteriche diverse, e tra pelle esterna e mucose interne, questi raggiungono cifre da capogiro (oltre 100 mila miliardi): costituendo un vero e proprio ecosistema perfetto.

Questi batteri, dal punto di vista teorico, dovrebbero suddividersi tra quelli sani (Acidophilus, Bifidus, Rhamnonsus, ecc.) per l’85% e quelli patogeni soprattutto Bacillus coli per il 15%.
Viene da sé che la salute e l’equilibrio di questa importantissima flora è essenziale per la salute stessa dell’intero organismo umano.

In realtà, gli intestini della stragrande maggioranza delle persone il cui stile di vita è innaturale e malsano, sono straintossicati e iperacidificati, permettendo a batteri come il Bacillus coli e l’Escherichia Coli di dilagare.

Questi batteri infatti, preferiscono tutte le proteine animali, le proteine indigeste e mal digerite, le quali arrivano col loro carico tossico direttamente nel colon, facendoli crescere a dismisura.
Crescono, si moltiplicano e si riproducono a ritmo esponenziale - divenendo estremamente tossici e pericolosi - nella sporcizia alimentare che noi mettiamo dentro e depositiamo con il nostro stile di vita, in primis con l’alimentazione.

Ecco perché la presenza di Escherichia Coli non c’entra nulla con i cetrioli.
La vera contaminazione non sta nel cetriolo, ma nell’intestino delle persone, nell’intestino ipertossico, carico di disbiosi (perdita della flora sana), pregno di putrefazioni dovuta a carni, affettati, latticini, uova, pesce e alimenti raffinati e chimici.

Tutte persone queste il cui colon è surriscaldato, privo di ossigeno e totalmente senza peristalsi (stitichezza cronica).

La fonte primaria è lo stile di vita

I “nemici pubblici”, tanto amati dalle lobbies farmaceutiche che possono così spacciare milioni di dosi di droghe, farmaci, vaccini, continuano a spuntare fuori come i funghi. Dopo le ultime idiozie mediatiche inventate di sana pianta: Sars, Aviaria e Suina, adesso il podio è stato raggiunto da un ceppo sconosciuto di Escherichia Coli: O104:H14.
Siamo passati dall’A/H1N1 (influenza suina) al O104:H14 (Escherichia Coli).

Gli esperti della salute pubblica, per far capire la pericolosità di questo ceppo (O104), hanno scomodato il fratello minore O107.
Basterebbe infatti - dicono sempre gli esperti - ingerire solo 100 batteri di O107 per scatenare una diarrea emorragica, con la secrezione di una pericolosissima tossina (Stx-2) che blocca la produzione di proteine e può attaccare direttamente le reni”.[8]

Interessante è la storia del O107: isolato per la prima volta nel 1982 non nei cetrioli, neppure nelle patate e neanche nella frutta, ma negli hamburger di carne!
In America ogni anno oltre 70.000 persone vengono, per così dire “infettate”, dal O107 e ben 600 muoiono!

Se andassimo a spulciare come questa “carne” così prelibata per noi occidentali viene allevata e poi macellata, scopriremmo e soprattutto comprenderemmo, l’origine di tali intossicazioni e morti tossiemiche.

Centinaia di milioni di poveri animali rinchiusi in un lager per tutta la loro vita (per modo di dire “vita”), immobilizzati e alimentati forzatamente in maniera completamente innaturale, per finire macellati con sofferenza e agonia indicibili.

Poveri esseri viventi, con il nostro stesso diritto alla vita, resi dall’uomo stolto e criminale, delle semplici “cose da smontare”, pullulanti di batteri e microrganismi (perché in contatto con le loro stesse feci), macellati poi assieme a frattaglie, ossa e carcasse di altri animali morti magari per malattia.

Questa “roba” verrà frollata, pressata, schiacciata, salata, riempita di chimica e nitriti, per togliere il grigio colore della morte, dandogli artificiosamente il colore rosso della vita. Vita che non è degna di questo nome! E’ bene ricordare sempre che i processi putrefattivi, da quando l’anima dell’essere vivente si stacca e ritorna nell’anima di gruppo nei mondi spirituali, non si possono bloccare, ma solo rallentare.

Un uomo il cui organismo è intossicato, acidificato da alimenti raffinati, pregno di tossine chimiche, mangiando simili veleni animali, potrà stare in salute? Assolutamente no!

La causa delle intossicazioni è il batterio che di volta in volta viene scoperto in laboratorio o il batterio è l’effetto di tutto questo sconvolgimento disumano?

L’E. Coli O107 piuttosto che O104 sono alcuni fra i tanti lati oscuri delle lobbies macellatorie, delle multinazionali del cibo, e il risultato del nostro stile di vita completamente autodistruttivo e lontano anni luce dalla Natura.


[1] “Batterio E. Coli, esperti: nuovo ceppo è più letale della storia”, Agenzia stampa Reuters, 3 giugno 2011 http://it.reuters.com/article/topNews/idITMIE75201420110603
[2] “E’ allarme batterio killer, 2000 casi in UE, e l’OMS dice: variante mai vista”, http://salute.pourfemme.it/articolo/e-allarme-batterio-killer-2000-casi-in-ue-e-l-oms-dice-variante-mai-vista/10677/
[3] http://www.blitzquotidiano.it/
[4] http://www.cronacaqui.it/cronaca/15214_il-batterio-killer-fa-paura-18-morti-2000-contagi-scienziati-nel-pallone.html
[5] http://www.italia-news.it/salute-c13/epidemia-e--coli--e-il-ceppo-piu-letale-e-resistente-ad-antibiotici-68729.html
[6] http://www.tgcom.mediaset.it/mondo/articoli/articolo1011419.shtml
[7] “Il mistero della malattia venuta dal cibo, la minaccia nascosta negli hamburger”, La Repubblica, 3 giugno 2011
[8] “Il mistero della malattia venuta dal cibo, la minaccia nascosta negli hamburger”, La Repubblica, 3 giugno 2011


La crisi del capitalismo ci rende più felici?
di Marcello Veneziani - www.ilgiornale.it - 3 Giugno 2011

La felicità sorge dalla miseria e dalla catastrofe. Prima di chiamare la neuro per farmi ricoverare lasciatemi spiegare. Innanzitutto non sono io a dirlo ma sto riferendo una tesi che sta conquistando giovani più o meno indignados e intellettuali in mezzo occidente.

La tesi è fondata su due elementi, uno statistico e uno psicologico: il primo si basa sull’happy planet index che misura, al contrario del Pil, le condizioni di felicità nel mondo.

Bene, questo felicitometro ha decretato che il Paese più felice del mondo è il Costa Rica, seguito da Santo Domingo, Giamaica e Guatemala. Paesi poveri ma caraibici, scassati ma solari. Anche Cuba sarebbe in testa se non ci fosse Fidel a castrare la felicità. I Paesi ricchi sono infelici, come nelle favole di Andersen.

La via alla catastrofe felice attiene invece a una scuola, inaugurata da Denis de Rougemont che già negli anni Settanta scriveva giulivo: «Sento venire una serie di catastrofi organizzate dalla nostra azione deliberata anche se inconsapevole. Se saranno abbastanza gravi da risvegliare il mondo e non abbastanza gravi da schiacciarlo, le definirei pedagogiche, le sole capaci di farci superare la nostra inerzia».

Alla paura della catastrofe come pedagogia della felicità si rifà il teorico della decrescita felice, Serge Latouche, economista ed ex marxista, che si eccita alla crisi economica recente e alle previsioni catastrofiche del futuro.

Sarà una perversione sadomaso, ma anche a me quelle previsioni catastrofiche mettono addosso una strana euforia, l’allegria dei naufragi direbbe Ungaretti, un cosmico momento-verità o forse la consolazione di finire col mondo e non da solo.

Latouche descrive i pilastri del sistema consumistico: la pubblicità, che accende le brame di consumo, il credito, che rende consumatori indebitandosi, e l’obsolescenza programmata, cioè l’invecchiamento precoce degli oggetti in modo da spingere a comprare di nuovo.

Di fronte alla follia della crescita incessante del tardo capitalismo, Latouche sogna la felicità nel senso della misura, del limite, della sobrietà, immagina una decrescita gioiosa, secondo natura ed etica, come una paideia ecocentrica.

Traduco: un’educazione a considerare il mondo e non il consumo o l’individuo al centro di tutto. E sulla decrescita costruisce pure un’estetica, un’arte di vivere, quasi marcusiana. Fuori dalla modernità e dal capitalismo, anche se non indietro.

Abitare la terra con affetto, amare il locale contro il globale, la cucina secondo natura e non secondo industria, l’economia del dono e l’anti-utilitarismo, la società conviviale, anzi la comunità.

Rispetto al vecchio socialismo che sognava con Lenin socialismo più elettrificazione, i decrescisti sognano socialismo più natura.

La loro idea è che la felicità si moltiplica se condivisa, se include gli altri. Bello, bellissimo, ne sono innamorato. E ancor più mi piace quando Latouche racconta che smise di essere comunista quando nel Laos vide un contadino inerte in una risaia e gli chiese cosa facesse: «Niente. Ascolto il riso crescere».

Su una risposta così, puoi costruire un magnifico testo sulla saggezza di vivere; ma non si può costruire un sistema economico e sociale.

Una risposta del genere ci insegna che si può essere felici anche fuori dai nostri canoni e che popoli interi hanno vissuto con quella filosofia di vita; ma non possiamo pensare di esportarla in questo Occidente. La storia, l’indole, l’abitudine sono diverse.

Sono con Latouche nel sogno; poi mi sveglio, vedo la realtà, e dico: no, la vera critica al capitalismo occidentale non può essere di natura economica e sociale, perché là ogni alternativa al capitalismo è perdente; ma è di natura culturale e spirituale.

È lì che ha perso il capitalismo, non sul piano della tecnica e del benessere, della libera iniziativa e del miglioramento delle condizioni di vita.

Sì, certo, il mercatismo va respinto, perché il mercato deve essere dentro la società e non la società dentro il mercato.

Sì, certo, l’economia di mercato deve essere sociale, compatibile con l’ambiente, generosa con chi è più debole, e solidale. Ma non si può pensare di abolire il capitalismo e adottare la saggezza del contadino del Laos a Manhattan o a Milano.

Nessun socialismo finora è riuscito a far star bene un gran numero di persone come il sistema capitalistico, ammettiamolo. È il sistema che ha dato di più a più gente. E il consumismo seduce, persuade, forse aliena ma non violenta, non costringe.

Quel che manca, quel che non sa dare, o che ha tolto, è invece sul piano dell’anima, del mito, della cultura: quel che il nostro occidente ha spalancato è la disperazione, il nichilismo, l’egoismo, l’incapacità di addomesticare la morte, il dolore, la vecchiaia, la solitudine, i quattro cavalieri dell’Apocalisse moderna.

Riusciamo a tardarli, attutirli, nasconderli, non riusciamo a farcene una ragione. Lì si annida l’infelicità.

E allora è più realistico proporre la funzione sociale del capitale e della proprietà privata, la necessità di bilanciare la crescita della tecnica e del mercato promuovendo la cultura e la tradizione, il primato della comunità sugli interessi individuali pur legittimi, il valore della bellezza e dell’impresa eroica, la priorità dell’essere sull’avere, l’amor fati come accettazione della vita.

La decrescita sarà felice e realistica se si fonderà su quella crescita di beni immateriali ma vitali, non quotati in Borsa ma generatori di senso. Vogliamo motivi per vivere più che cose per riempirla.



Francesco Micheli e gli affari sotto la Madunina
di Vittorio Malagutti - Il Fatto Quotidiano - 1 Giugno 2011

Milano può diventare più bella, “purché non la si lasci nelle mani di immobiliaristi spregiudicati”. Giusto, giustissimo, come non essere d’accordo? Specialmente se lo dice il finanziere Francesco Micheli, uno che di palazzinari se ne intende. Sì, proprio lui, Micheli, il consulente preferito di Salvatore Ligresti. Un legame fortissimo il loro.

Inseparabili da un ventennio e più. Ligresti fa e disfa, investe, compra e vende palazzi e terreni. Fa soldi a palate con giunte e sindaci di tutti i colori. Dalla Milano da bere di Bettino Craxi fino a quella berlusconiana di Gabriele Albertini e poi di Letizia Moratti.

Alle sue spalle c’è sempre Micheli, consigliere discreto, abilissimo. E adesso anche lui, il consulente di Ligresti, corre in soccorso del vincitore Giuliano Pisapia. Lo fa in un’intervista al Corriere della Sera di ieri in cui Micheli “da gran conoscitore dei salotti” di Milano, come lo definisce il quotidiano, incorona il nuovo sindaco.

POTERI FORTI in manovra, dice qualcuno. La borghesia cittadina fiuta il clima nuovo e si allinea. Micheli a dire il vero si era già portato avanti. Una settimana fa, in vista del ballottaggio, aveva organizzato una cena a casa sua con ospite d’onore Pisapia.

Tra gli invitati anche l’immobiliarista Manfredi Catella, patron del gruppo Hines Italia. Sono suoi alcuni cantieri che stanno cambiando il volto del centro città: Garibaldi, Porta Nuova Varesine. Catella è socio di Ligresti e, manco a dirlo, buon amico di Micheli.

Una cena per conoscersi, parlarsi, magari capirsi. Anche perché il nuovo sindaco in campagna elettorale ha promesso di smantellare il Pgt, il Piano di governo del territorio, varato a suo tempo dagli assessori della Moratti.

Insomma, si ricomincia. In gioco ci sono affari miliardari. Basta con gli immobiliaristi spregiudicati, dice adesso “il gran borghese milanesissimo” nel-l’intervista al Corriere della Sera.

Singolare affermazione per un sodale di Ligresti. Certo Micheli, 73 anni, raider di Borsa, finanziere, banchiere, mecenate appassionato di musica e pittura, non parla mai a caso. E in fatto di affari ha sempre dimostrato un fiuto pressochè infallibile.

Negli anni Ottanta le scalate alla Bi-Invest dei Bonomi e poi alla Fondiaria gli hanno procurato gran fama e denaro. Un decennio dopo lo troviamo alla testa di e.Biscom, l’impresa di comunicazioni, fenomeno borsistico della new economy destinata a trasformarsi in Fastweb.

NEL 1999 Micheli insieme al socio Silvio Scaglia stringe un accordo con il comune di Milano allora governato da Albertini per cablare la città. Nasce Metroweb controllata dal municipio e i privati in minoranza ed e.Biscom dove invece l’ente pubblico è in minoranza. L’accordo viene da più parti criticato. Si parla di un favore di Albertini ai suoi due soci. Tutte accuse respinte dai diretti interessati.

Fatto sta che quando nel 2000 va in Borsa e.Biscom, in pieno impazzi-mento per la new economy, a guadagnarci sono soprattutto Scaglia e Micheli, quest’ultimo incassa qualcosa come 700 milioni di euro.

Metroweb invece, che possiede i cavi, nel 2006 è stata ceduta a un fondo inglese e caso vuole che proprio in questi giorni stia per tornare in mani italiane, banca Intesa e il fondo F2i.

Due anni fa Scaglia finisce in una brutta storia di evasione fiscale e riciclaggio (il processo è in corso) ma ormai l’ex socio Micheli ha già fatto le valigie da tempo. Il finanziere, vecchia volpe della Borsa, continua a macinare affari come sempre. Fa un favore a Ligresti quando quest’ultimo nel 2002 scala Fondiaria.

Sarà Micheli a prendere una quota della compagnia di assicurazioni per poi girarla in un secondo tempo all’amico costruttore, che riesce così ad aggirare i problemi di antitrust. Un colpo grosso, davvero. Il legame tra il re del mattone alla milanese e il suo consulente diventa, se possibile, ancora più stretto.

Il figlio di Micheli, Carlo, fa la sua comparsa in qualche società di Ligresti. E di recente, quando quest’ultimo deve far fronte a una grave crisi finanziaria, l’amico non fa mancare i suoi buoni consigli. Difficile pensare che non gli dia una mano proprio adesso, nella nuova Milano di Pisapia.



Per favore, vattene
di Andrea Marcon - www.movimentozero.org - 3 Giugno 2011

Chi ci segue sa che a noi non interessa nulla del teatrino elettorale, delle sorti di De Magistris, di Pisapia o della Moratti (solo un inciso: ma com’è che questa è l’unica donna che non rivendica il proprio cognome da nubile?). Allo stesso modo, credo non ci sia bisogno di spiegare la nostra avversione a tutto ciò che Berlusconi incarna ed esalta nella sua stessa persona e nel modo di intendere la politica ed il suo rapporto con i media.

Per questo, lo confesso, un fugace sorriso di compiacimento mi è scappato di fronte ai risultati di queste elezioni amministrative, anche solo pensando alla stucchevole e involontariamente ridicola campagna pubblicitaria che per mesi Letizia Brichetto (che volete farci, io sono un difensore della dignità e della parità della donna, anche al cospetto dei miliardari) ha condotto in tutta Milano.
Ma è un sorriso scomparso quasi subito.

Sono bastati i primi manifesti di ringraziamento di Pisapia, le grida di giubilo dei soliti intellettuali illuminati e i roboanti proclami per il presunto risveglio –qualcuno è pure arrivato a parlare di Rinascimento– italiano, per farmi quasi rimpiangere l’agghiacciante sorriso della Brichetto.

Anzi, addirittura quello plastificato di Berlusconi. Perché, questo è evidente, il risultato elettorale è stato subito interpretato e cavalcato come una bocciatura del Cavaliere e tradotto in un invito allo stesso ad abbandonare la carriera politica o quantomeno la guida del governo.

Il festante mondo dei lettori di Repubblica e de "Il Fatto quotidiano", gli spettatori di Fazio, gli ammiratori di Santoro e Dario Fo (sì, quello che ha recentemente inneggiato ai bombardamenti sulla Libia) stanno pregustando il momento atteso da anni: la caduta del loro acerrimo nemico. E noi vogliamo accomunarci a loro in questa invocazione: Berlusconi vattene. Ma lo facciamo con motivazioni assai diverse.

Vattene perché, finalmente, quando la politica rimarrà uno scontro (neanche tanto tale) tra piccole lobbies di potere saldate comunque da logiche e metodi comuni, quando a comandare veramente rimarranno i soliti padroni delle banche e della finanza, quando la scelta dei sedicenti rappresentanti – Mediaset o non Mediaset – resterà affidata a criteri di marketing e promozione pubblicitaria, quando il libero mercato globale, la difesa degli interessi “occidentali”, la politica dei diritti umani universali continueranno ad essere le linee guida di qualunque maggioranza parlamentare e coalizione governativa, quando insomma la democrazia rimarrà sempre e soltanto la solita farsesca foglia di fico per coprire un’oligarchia senza nessun merito o virtù, questi idioti trinariciuti democratici non potranno dire che dipende tutto da una persona sola.