venerdì 24 giugno 2011

Un Paese incivile

Concordiamo con Berlusconi che oggi a Bruxelles ha dichiarato: "L'Italia è un Paese incivile"...


Focus sulla nuova fase dell’emergenza rifiuti a Napoli

di
Commons! Rete dei comitati per i beni comuni - 23 Giugno 2011

Quello che sta avvenendo in questi giorni a Napoli non è, come in molti possono dedurre, un’ emergenza rifiuti uguale alle tante, tantissime altre che si sono susseguite in questi lunghissimi anni.

La crisi arriva dopo un cambiamento del contesto politico nella nostra città che ha significato anche un cambio della strategia per l’uscita dall’emergenza rifiuti, almeno per una delle parti istituzionali, ovvero il Comune di Napoli.

Il fronte istituzionale fino a ieri compatto nel sostenere il sistema di discariche ed inceneritori è stato messo in crisi dalla nuova giunta comunale, che ha deciso di provare a recepire una serie di proposte sul modello del piano alternativo dei rifiuti che 15 anni di lotte ambientali hanno prodotto.

La prima delibera della nuova giunta infatti, fa proprie una serie di indicazioni importanti proposte dai comitati, come la programmazione di un piano serio di raccolta differenziata porta a porta, la separazione del secco dall’umido e l’installazione di impianti di compostaggio, una serie di norme per la riduzione dei rifiuti.

Una delibera senza dubbio migliorabile e che lascia comunque irrisolti alcuni nodi centrali come ad esempio l’ultimo anello della catena di valorizzazione dei rifiuti. La delibera infatti continua a muoversi in un quadro di “ciclo integrato dei rifiuti”, ovvero comunque nell’ambito del sistema discariche – inceneritori.

Mentre viene esplicitata l’opposizione dell’amministrazione comunale alla costruzione dell’inceneritore di Napoli Est nel quartiere di Ponticelli, le linee di indirizzo non accennano all’inceneritore già in funzione ad Acerra e soprattutto non fanno alcun riferimento al destino della discarica di Napoli, quella di Chiaiano.

Allo stesso modo non viene proposto nella delibera la costruzione di impianti di trattamento a freddo, che rappresentano l’alternativa concreta e reale agli inceneritori. A partire da questo cambio di rotta, seppur ancora parziale, il contesto politico istituzionale è mutato.

Il partito degli inceneritoristi vede pericolosamente sfumare l’ipotesi di una nuovo bruciatore a Napoli e, soprattutto, con un piano di differenziata che nei programmi dovrebbe arrivare al 70%, vede messo a rischio anche il funzionamento dell’inceneritore di Acerra.

E’ evidente dunque che tutto quello che sta avvenendo deve tenere conto di questo contesto, le lobby inceneritoriste, da sempre trasversali al Pd e al Pdl, vedono messo a rischio un business fino a poco tempo fa garantito.

La nuova crisi vede la sua genesi nell’ennesimo ingolfamento degli impianti Stir, in una crisi della raccolta che vede la ditta Lavajet, vicina agli interessi Pdl, boicottare la raccolta se non addirittura, come in alcuni casi comprovati, sabotarla letteralmente.

Il blocco degli Stir e l’impossibilità di aumentare il conferimento nelle discariche esistenti manda in tilt il sistema e così 2.400 tonnellate di rifiuti giacciono in strada. Una vera e propria bomba igienico-sanitaria, con il caldo che incombe e con la vita dei vicoli del centro storico ridotta ad una dimensione fuori dalla dignità.

Le soluzioni finora adottate hanno visto comunque l’insorgere delle popolazioni. La volontà della Provincia di Napoli di aprire dei siti di trasferenza (siti in cui i rifiuti dovrebbero restare solo 72 ore) ad Acerra e Caivano ha visto le proteste dei cittadini.

Segno, questo, che nemmeno l’affermazione di De Magistris ha potuto riportare la fiducia in quei cittadini mortificati da 18 anni di emergenza.

Napoli ne ha visto troppi che millantavano bacchette magiche e senza dubbio la foga comunicativa del sindaco non aiuta ad una ricomposizione di un quadro di fiducia nell’azione amministrativa.

Siamo solidali con le popolazioni di Acerra e Caivano che difendono la propria terra, proprio perché sappiamo quanto i territori di tutta la Campania abbiano già pagato un prezzo altissimo all’emergenza rifiuti.

Pensiamo che il diritto di resistenza di quelle popolazioni sia legittimo ed esprima non solo un’esasperazione collettiva ma anche una voglia di cambiamento.

Ma non si può in nessun modo non comprendere come il governo nazionale sia responsabile più di tutti in merito a ciò che sta accadendo a Napoli. La volontà del governo nordista a trazione leghista di non voler procedere con il decreto che autorizza a sversare nelle altre regioni, altro non è che una vendetta di Berlusconi e dei leghisti contro Napoli ed i napoletani, con quell’esplicitazione concreta che annunciva “i napoletani se ne pentiranno”.

Gli strali di Pontida confermano come la dismissione dell’intervento governativo si inserisca in una logica di “punizione” della città di Napoli che ha voluto sostenere, con l’elezione di De Magistris, un cambiamento della gestione dei rifiuti.

La Lega porta con orgoglio la medaglia al petto di aver fatto affondare Napoli sotto una montagna di rifiuti. In tante occasioni il decreto che autorizzava per un periodo limitato lo sversamento in altre regioni ha contribuito ha ripristinare una situazione di normalità nella raccolta dei rifiuti in città.

La Provincia di Napoli e la Regione Campania dimostrano in questo modo l’assenza di un piano di autonomia dal governo nazionale. Anzi, sono oggi vittime sacrificali di un disegno più grande che vede il governatore Caldoro ed il presidente della provincia Cesaro (entrambi inceneritoristi convinti) martiri necessari in termini di immagine politica del centro destra.

Per il trasversale partito degli affari sui rifiuti la possibilità che si imbocchi la strada del riciclo, del riuso, della riduzione dei rifiuti, del porta a porta, senza discariche ed inceneritori va scongiurato a tutti i costi.

Esiste dunque una connessione di interessi che vede governo Berlusconi, Lega Nord e lobby inceneritoriste impegnate a screditare le soluzioni proposte dai comitati e recepite dall’amministrazione comunale. Di blocchi stradali con i rifiuti ne abbiamo visti tanti ed in alcuni casi ne abbiamo fatti tanti anche noi.

Ma la simultaneità degli eventi, talvolta da orologio svizzero in diverse parti della città, l’aumento incontrollato di incendi di cumuli quando ormai tutti i napoletani conoscono la tossicità di questi eventi, ci sembra che abbiano poco di spontaneo e molto di organizzato.

A questo basta sommare il boicottaggio di Lavajet, che non raccoglie i rifiuti, per comprendere i termini di un disegno sabotatore premeditato. Bisogna ora mobilitarsi per sostenere l’ipotesi di uscire dall’emergenza per procedere verso rifiuti zero.

Il governo nazionale ha responsabilità precise e resta il principale nemico del piano alternativo dei rifiuti, determinando con la dolosa inerzia nei confronti della popolazione napoletana peggio e più del bassolinismo. Per questo la mobilitazione va indirizzata proprio in questo senso.

L’autorizzazione della Regione a portare i rifiuti della provincia di Napoli in siti di altre province non fa altro che alimentare la stupida e sporca guerra tra comunità, alle quali facciammo appello per una mobilitazione unitaria e condivisa verso il nemico comune.

Pensiamo che tantissimo c’è ancora da fare, ma in questa fase ad essere messa in discussione è quell’opzione che abbiamo costruito negli anni, quel modello alternativo di gestione dei rifiuti che oggi viene giustapposta alle posizioni dell’amministrazione comunale dal circo mediatico.

Non difendere quella opzione voltandosi dall’altra parte o peggio ancora sparare sull’unico interlocutore istituzionale che intende recepire le richieste dei comitati lo troviamo non solo nocivo, ma soprattutto stupido.

Pensiamo allo stesso modo che l’amministrazione comunale debba imparare a costruire una relazione con i movimenti che permetta finalmente la fuoriuscita in città da quella dimensione plebiscitaria che ha accompagnato De Magistris in campagna elettorale.

La democrazia partecipata non si fa con il pollice verso o con il pollice alto e non si fa costruendo la claque del re, ma si fa costruendo insieme ai movimenti un’azione amministrativa efficace e che mantenga gli obiettivi del piano alternativo.

Su questo tutti, amministrazione e movimenti, dobbiamo lavorare per costruire sinergie. Su questi temi chiamiamo alla riflessione i comitati, le reti ed i movimenti che si battono per un piano rifiuti alternativo, rinnovando l’invito alla mobilitazione immediata.


Napoli, la camorra “firma” la protesta contro l’emergenza rifiuti
di Vito Laudadio - Il Fatto Quotidiano - 24 Giugno 2011

Dietro ai roghi e ai vari disordini non c'è più solo la reazione esasperata della cittadinanza, ma veri e propri raid organizzati in diversi punti della città che rispondono a un'unica regia

Il segnale era arrivato nei giorni scorsi, la firma è stata apposta nella notte: c’è la regia della camorra dietro la protesta sui rifiuti a Napoli. Non più la reazione di cittadini esasperati ma raid organizzati con un’unica regia, in diversi punti della città, con modalità inequivocabili.

Al Corso Vittorio Emanuele, un lembo della cosiddetta “Napoli bene” che confina con i Quartieri spagnoli, a ribaltare i cassonetti in tarda serata è stato un gruppo di donne, che subito dopo si è dileguato.

Alla Riviera di Chiaia, zona mare, in azione si sono visti ragazzini appena adolescenti armati di guanti in lattice. La situazione ormai è insostenibile. Lo ha capito il sindaco De Magistris che ha emanato una serie di provvedimenti urgenti motivandoli dai gravi rischi per la salute dei cittadini.

Nel frattempo il governo fa melina e costringe il Capo dello Stato a intervenire in prima persona contro i ritardi di Berlusconi e a esternare la sua “inquietudine per la mancata approvazione del decreto legge che era stato predisposto” per ripristinare il flusso fuori regione dei rifiuti napoletani.

È il metodo, antico, usato dai clan quando c’è da fare la voce grossa, quando c’è da ricattare il Palazzo: gli uomini in trincea, donne e bambini sul fronte.

L’episodio più inquietante, tuttavia, è avvenuto poco prima della mezzanotte in via Montagna spaccata, tra Pianura e Quarto.

Un gruppo di giovani, una ventina circa, è arrivato a bordo di scooter e motociclette di potente cilindrata: hanno ribaltato cassonetti, sparpagliato l’immondizia lungo la strada, creato una vera e propria discarica a cielo aperto per centinaia di metri chiudendo di fatto traffico una delle più importanti arterie che collegano la città alla provincia flegrea.

È il remake del film drammatico visto a gennaio 2008, quando su quelle strade di periferia ogni notte decine di centauri seminavano sacchetti e terrore: scontri con le forze dell’ordine, reporter aggrediti, cittadini che invocavano una protesta civile che venivano intimiditi o, addirittura, schiaffeggiati.

Nove mesi dopo, furono arrestati in 37: sei mesi fa, le prime condanne. Secondo il Pm antimafia della procura di Napoli, Antonello Ardituro, regista di quei disordini sarebbe stato Marco Nonno, consigliere comunale di destra. Il processo, per lui, è appena iniziato: Nonno reclama la sua innocenza e, intanto, rieletto col partito di Berlusconi è stato promosso capogruppo del Pdl.

Con la munnezza per le strade, l’odore nauseabondo che costringe mamme a coprire naso e bocca dei propri piccoli con fazzoletti e mascherine, i ristoratori che vedono scappare clienti abituali e turisti, e il caldo che negli ultimi giorni ha raggiunto il suo culmine stagionale, sale anche la temperatura dello scontro politico.

Ieri, il sindaco De Magistris ha attaccato nuovamente Berlusconi: “Non ha fatto nulla per Napoli e per l’emergenza rifiuti, perché se ne frega: altrimenti in queste ore avrebbe adottato altri provvedimenti” è stato il suo je accuse. “La situazione dal punto di vista igienico-sanitario è grave – ha aggiunto – c’è un rischio concreto per la salute dei cittadini”.

In attesa che il Governo sblocchi i viaggi di rifiuti verso altre regioni e il Presidente della Provincia di Napoli, Luigi Cesaro, allestisca la discarica che si era formalmente impegnato a costruire sei mesi fa, il Comune di Napoli ha già individuato alcuni siti temporanei di stoccaggio dove portare i rifiuti raccolti. In città, non più in provincia.

Una prima, fioca luce in fondo al tunnel: sarà anche per questo che ieri la “protesta” si è inasprita ancora di più. I Vigili del Fuoco sono dovuti intervenire per spegnere almeno una ventina di roghi, i camion della municipalizzata Asia hanno iniziato a lavorare h24 scortati dalla Polizia Municipale.

Tutto questo, nel giorno in cui è intervenuto il capo dello Stato, Giorgio Napolitano: “È assolutamente indispensabile e urgente un intervento per l’aggravarsi della acuta e allarmante emergenza rifiuti – ha detto il Capo dello Stato – Ho espresso allo stesso presidente del Consiglio la mia inquietudine per la mancata approvazione da parte del Consiglio dei Ministri, in due successive riunioni, del decreto legge che era stato predisposto. Pur senza entrare nel merito del provvedimento, rinnovo l’espressione del mio convincimento che comunque un intervento del governo nazionale sia assolutamente indispensabile e urgente al fine anche di favorire l’impegno solidale delle Regioni italiane. È quanto auspicano – spiega – anche la Regione e gli enti locali di Napoli e della Campania, nello spirito dell’intesa che con apprezzabile sforzo unitario è stata da essi sottoscritta a Napoli”.


Napoli, il gioco sporco tra camorra e politica
di Enzo Di Frenna - Il Fatto Quotidiano - 24 Giugno 2011

Io sono napoletano e vi dico che il dramma della spazzatura è opera della camorra. Sono nato nel quartiere di Secondigliano, terra di guerra tra boss, e ho visto cose incrdibili. Ad esempio: quando è scoppiata la guerra tra il clan di Paolo Di Lauro e gli “scissionisti” al corso Secondigliano (la strada principale del quartiere) giravano in moto i boss ribelli e imponevano ai ragazzi di girare sugli scooter senza casco perché temevano agguati, sparatorie, e dunque dovevano vedere in faccia chi girava sulle due ruote.

Quindi leggere che i clan mandano in giro i camorristi in moto per minacciare i netturbini che vorrebbero prelevare la spazzatura nelle strade di Napoli, oppure che incendiano i cumuli di rifiuti, o che pagano qualcuno per favorire i guasti negli impianti di smaltimento, non mi meraviglia.

I napoletani, e penso soprattutto ai bambini che giocano per strada, rischiano la salute per un gioco sporco tra camorra e politica. I clan prendono ordini dai signori del palazzo e viceversa. L’obiettivo è colpire l’immagine del nuovo sindaco di Napoli, Luigi De Magistris, che forse ingenuamente si è lanciato in promesse facili.

Ma un napoletano come lui dovrebbe saperlo: a Palazzo San Giacomo ci sono talpe e traditori. Quando ero cronista de La Voce della Campania ho visto facce di camorristi entrare nella sede del Comune, diretti negli uffici degli assessori.

Un camorrista del clan Giuliano lavorava in un ospedale e mi fissò un appuntamento nell’ufficio del direttore sanitario per passarmi delibere di appalti che favorivano un clan concorrente. Sì, avete letto bene: nell’ufficio del direttore sanitario e aveva anche le chiavi!

Napoli è questa: un maledetto intreccio tra malavita e politica. Roberto Saviano ha descritto il fenomeno con grande profondità. Quindi la spazzatura nelle strade non sparirà mai se la magistratura non ordina una retata di capiclan e manovalanza camorristica.

La soluzione c’è: si chiama galera. Bisogna spezzare questo legame infetto tra criminalità e politica che usa i rifiuti come strumento di ricatto. I magistrati napoletani hanno sollevato il coperchio della loggia affaristica P4 e le sue alleanze in Parlamento.

Ora bisogna fare pulizia tra i boss che speculano con i virus nauseabondi emessi da montagne di spazzatura nelle strade. Arrestateli. Mandateli dietro le sbarre di Poggioreale. Abbiate il coraggio di metterli dentro con in mano un bel sacchetto nero con dentro i loro effetti personali.

Conosco Napoli e vi dico che dietro le quinte c’è qualcuno che ha dato un ordine: «Guagliù, fate casino! Incendiate la munnezza, perché si deve vedere!! E se i munnezzari voglio ritirarla dalle strade, spaccategli la faccia! Siamo noi che decidiamo quando le strade verranno ripulite!».




Governo, la grande recita
di Mario Calabresi - La Stampa - 24 Giugno 2011

Da almeno un anno nella politica italiana esistono due universi paralleli: quello della realtà e quello della finzione. La realtà, così come la raccontano ministri, sottosegretari, senatori, deputati, faccendieri, lobbisti, manager delle grandi aziende e diplomatici di ogni nazionalità, è che il governo è paralizzato, il presidente del Consiglio totalmente assorbito dalle sue vicende personali e la maggioranza lacerata da rivalità, invidie e lotte di potere.

La realtà però viene solo sussurrata: al telefono, nelle cene private o a margine degli incontri di lavoro. Da un anno capita di ascoltare esponenti di primo piano dello Stato e del governo ripetere che una stagione è finita, il Paese non più governato e che ormai si vive nella palude.

E fin qui siamo all’analisi politica, poi si viene investiti da una serie di lamentele, sfoghi e pettegolezzi sul premier e sui suoi ministri che, al confronto, tutto quanto è stato letto sui giornali risulta perfino pallido e stinto.

Al posto della realtà va in scena una grande rappresentazione, in cui appare una corte che ancora crede nell’invincibilità del sovrano, nella sua capacità di tornare in sella e soprattutto nell’unicità del suo carisma.

Se si vanno a ricercare le dichiarazioni pubbliche degli esponenti del centrodestra è difficile trovare traccia di critiche, prese di distanza o dubbi sull’operato di Berlusconi o del governo.

Eppure le occasioni non sono mancate, da Noemi a Ruby, dal bunga bunga alle pressioni per cancellare programmi e conduttori Rai, dalle assenze nella politica internazionale (la nostra incapacità di avere un ruolo di primo piano nelle crisi in Tunisia, Egitto e Libia) fino alla mancata crescita e al nostro declino.

Molte volte, di fronte a situazioni estreme, è venuto da chiedersi come fosse possibile che il mondo del centrodestra digerisse tutto, senza mai muovere una critica o indignarsi.

Lo scorso autunno incontrai un giorno Bisignani, che non avevo mai visto prima, e, come molti altri esponenti del governo nelle stesse settimane, mi raccontò di un presidente del Consiglio assente e distratto dal suo privato e di una maggioranza completamente allo sbando.

Rimasi colpito dal doppio registro della narrazione: un racconto privato che divergeva totalmente dalla rappresentazione pubblica

Poi sono arrivate le intercettazioni del caso Ruby, i file di Wikileaks (con le confidenze agli americani di molti nostri politici e manager) e perfino le telefonate di Briatore nell’inchiesta sul suo pànfilo.

Così abbiamo scoperto giudizi taglienti e senza appello su Berlusconi, i suoi comportamenti e sullo stato del governo, scagliati da persone che credevamo vicinissime e fedeli.

Da qualche giorno infine, con le migliaia di intercettazioni dell’inchiesta chiamata P4, il velo è completamente caduto e leggiamo attoniti delle risse, degli insulti, degli odii che lacerano il governo e circondano Berlusconi.

Al di là degli aspetti penali e del malcostume di un sistema che sembra aver abolito ogni trasparenza e ogni criterio di merito, emerge uno scenario in cui i veleni hanno conquistato ogni spazio del discorso pubblico.

Scopriamo che anche i ministri o gli amici di una vita dileggiano Berlusconi (così come facevano le ragazze ospiti delle feste ad Arcore), lo considerano finito e organizzano continue guerre intestine.

La reazione naturale sarebbe stata quella della resa dei conti, della cacciata degli infedeli, ma invece nulla è successo.

Perché per sopravvivere c’è bisogno di tutti, si è costretti a scendere a patti con chiunque e a qualunque prezzo: l’unico problema appare quello di chiudere il rubinetto della realtà, di ripristinare in fretta la finzione.

Così vediamo una ministra, che abbiamo appena saputo ritenere il premier «poco intelligente», sedersi ai banchi del governo, o molti altri stringersi la mano e sorridersi nonostante sia stato reso noto che si detestano e tramano uno contro l’altro.

Così si corre a cercare di rimettere in pista ogni strumento per bloccare le intercettazioni e la loro divulgazione: il problema non è la sostanza ma la rappresentazione. Bisogna impedire in fretta di far sapere agli italiani non tanto di eventuali scandali ma cosa pensano davvero parlamentari e ministri.

Dobbiamo credere che regni ancora l’armonia, per farlo è necessario chiudere al più presto porte e finestre affinché la rissa si svolga tutta tra le porte di casa. L’urgenza adesso è quella di rimettere in piedi la Grande Recita, i problemi veri possono aspettare ancora un giro.