lunedì 11 ottobre 2010

Afghanistan: la Nato (e l'Italia) colpiti dalla "Sindrome di Tafazzi"

Purtroppo in Afghanistan si continua a morire e a uccidere, ma è arrivata l'ora di vedere questa guerra non più solo come un'immane tragedia per la popolazione civile, bensì anche come una ridicola comica in bianco e nero degli anni '30 di cui è protagonista la Nato con i leader politici dei Paesi membri.

D'altronde come non definire comico l'ipocrita balletto italiota iniziato da La Russa sul dotare o meno di bombe i Tornado e gli Amx italiani, l'ennesimo pietoso scaricabarile a cui poi si sono accodati tutti gli altri cosiddetti leader politici dell'opposizione? Un osceno teatrino intorno ad una decisione inutile e tardiva.

Invece di prendere atto del totale fallimento delle missioni Enduring Freedom e Isaf e agire di conseguenza, si continua con questa "Sindrome di Tafazzi" che dagli Usa si è propagata a tutti i suoi alleati della Nato, Italia compresa ovviamente.

Si perde quindi tempo nel prendere o meno decisioni sbagliate a priori. Perchè la guerra è persa e non saranno certo le bombe sganciate dai Tornado italiani a cambiarne l'esito. Tutt'al più si moltiplicherà il numero dei morti tra i civili e di conseguenza la rabbia degli afghani contro gli occupanti della Nato.

Ha veramente una ragione logica continuare a comportarsi come Tafazzi quando oggi ad esempio si apprende dalla tv araba Al-Jazeera che le milizie talebane hanno occupato una base militare americana?

Ed è già la terza base americana nella zona orientale dell'Afghanistan, lungo il confine con il Pakistan, che viene conquistata dai talebani. Quest'ultima occupata si trova nel distretto di Marawara, nella provincia orientale di Kunar.

Ma non è tutto. Il portavoce talebano Qari Diya al-Rahman ha annunciato che i suoi uomini hanno preso possesso della base dopo che i soldati americani si sono ritirati a bordo dei loro elicotteri e che nel ritirarsi i soldati americani avrebbero lasciato nella base numerose armi ed equipaggiamenti militari.

Ripeto che qua si sta parlando di una base militare che è considerata la più importante di quell'area e i soldati americani se la sono squagliata in elicottero lasciando un considerevole arsenale ai guerriglieri talebani.

Ci si vuole finalmente rendere conto di cosa vuole dire tutto ciò a nove anni dall'inizio di questa sciagurata guerra, o no? Vogliamo ancora continuare con questo penoso e tragicomico Tafazzismo?


Voglia di bombe
di Enrico Piovesana - Peacereporter - 11 Ottobre 2010

La proposta di armare con bombe i nostri caccia in Afghanistan conferma solo la natura bellica, quindi incostituzionale, di quella missione. E non ha nulla a che fare con la protezione dei nostri soldati, bensì con ragioni politiche ed economiche

Sfruttando cinicamente il lutto nazionale per i quattro soldati italiani caduti in Afghanistan, il ministro della Difesa, Ignazio La Russa, propone di armare con bombe i nostri caccia impegnati in missione per fornire maggior protezione alle truppe a terra.

Una decisione che, obiettano le opposizioni, trasformerebbe la natura della missione militare italiana, da missione di pace a missione di guerra incostituzionale. Come se sganciare bombe dagli aerei fosse un atto di guerra, mentre lanciare razzi dagli elicotteri Mangusta o usare i loro micidiali cannoni rotanti, bombardare con mortai da 120 millimetri o sparare cannonate con i carri cingolati Dardo - tutte cose che le forze italiane in Afghanistan fanno regolarmente - fossero invece azioni pacifiche.

Ciononostante, c'è chi continua ipocritamente a difendere il carattere 'pacifista' della missione militare. ''E' sbagliato parlare di guerra - ha dichiarato domenica il responsabile Esteri del Pd, Piero Fassino - perché c'è una differenza sostanziale tra chi fa la guerra e una missione di pace: nel primo caso si spara per primi, nel secondo si spara solo se attaccati e per tutelare la popolazione. Dei 34 soldati morti in Afghanistan nessuno è caduto in un'azione bellica offensiva. Noi non siamo là per fare la guerra a nessuno''.

L'onorevole Fassino non sa, o finge di non sapere, che finora le forze italiane in Afghanistan non si sono limitate a rispondere al fuoco quando attaccate. Da anni i nostri militari - non solo le forze speciali della Task Force 45 - 'sparano per primi' partecipando attivamente alle prolungate offensive congiunte pianificate dai comandi Nato.

Come quella del novembre 2007 nel distretto del Gulistan, o quelle ripetute (agosto 2008, maggio 2009 e giugno 2010) nella zona di Bala Murghab: offensive durate anche settimane, con bombardamenti aerei e d'artiglieria e con decine e a volte centinaia di 'nemici' uccisi.

Sgomberato il campo dall'ipocrisia della missione di pace, rimane l'interrogativo sul motivo che spinge la Difesa a voler armare di bombe i nostri aerei. Scartata la spiegazione ufficiale della maggior protezione per le truppe a terra - un bombardamento aereo non fornisce di certo uno scudo alle imboscate, servono semmai blindati più resistenti - rimangono una ragione politica e una economica.

La prima riguarda i rapporti con i nostri alleati della Nato, Stati Uniti in testa, che da anni chiedono all'Italia di impegnarsi senza restrizioni in questa guerra. Dopo il ritiro dei Tornado tedeschi, anch'essi vincolati dal 'caveat' che impedisce l'uso di bombe aeree, gli Amx italiani rimangono gli unici caccia senza bombe della missione Isaf.

Un'eccezione politicamente imbarazzante per i rappresentanti del nostro governo, e anche per quelli dell'opposizione (che nel 1999, per non sfigurare, mandarono i nostri Tornado a bombardare Belgrado).

L'altra ragione, quella economica, tocca invece gli interessi dell'industria bellica italiana.
A fine gennaio la Oto Melara, azienda del gruppo Finmeccanica, ha acquistato dall'americana Boeing i componenti per assemblare nelle officine Breda di Brescia cinquecento bombe aeree 'bunker-buster' Gbu-39 da 130 chili l'una (le stesse usate dagli israeliani nell'operazione 'Piombo Fuso' a Gaza) che ora giacciono in magazzino pronte all'uso.

"Perché comperare da Boeing, per 34 milioni di dollari, cinquecento bombe - scriveva lo scorso 20 settembre su Panorama l'esperto militare Gaiandrea Gaiani - se poi non le imbarchiamo sui nostri jet in Afghanistan? Che senso ha spendere centinaia di milioni di euro per aggiornare i cacciabombardieri Amx e Tornado se poi non li si impiega per bombardare il nemico?".


E Bersani chiede l'ennesima "riflessione"

di Vincenzo Nigro - http://nigro.blogautore.repubblica.it - 9 Ottobre 2010

“AFGHANISTAN: BERSANI, GOVERNO AVVII RIFLESSIONE”.

E’ il titolo dell’agenzia che ha riferito sabato mattina la prima reazione del segretario del Pd Pierluigi Bersani dopo l’attentato in Afghanistan. Ci sembrava di averlo già letto. Abbiamo fatto una ricerca. In effetti Bersani ha espresso più volte nel tempo la richiesta di una “riflessione”.

Oggi lo fa così: «E’ una cosa drammatica ed è ora che l’Italia puntualizzi la strategia, così come si era detto, per vedere le prospettive reali. La situazione sul campo è difficile, le prospettive incerte. Essendo chiaro che non si agisce fuori dal contesto delle nostre alleanze, dobbiamo riflettere insieme su cosa vuol dire realmente questa famosa nuova fase».

Una riflessione già chiesta il 26 febbraio:

AFGHANISTAN: BERSANI, SERVE RIFLESSIONE SU PRESENZA MILITARE (ANSA) — ROMA, 26 FEB — ‘‘E’ una storia sulla quale bisogna prendere un’iniziativa di puntualizzazione perche’ credo che sia il caso che la riflessione strategica della presenza in Afghanistan venga approfondita».

Ancora una richiesta di riflessione il 17 maggio, dopo un altro attentato:

AFGHANISTAN: BERSANI, RIFLETTERE IN PARLAMENTO SU MISSIONE
(ANSA) — MILANO, 17 MAG — «Intanto esprimo il mio cordoglio per le vittime, un augurio ai feriti e la solidarietà ai familiari di questi ragazzi. Poi l’esigenza di una riflessione, di una discussione da fare in Parlamento, sulla missione».

Poi ancora dagli Stati Uniti il segretario del Pd in luglio parla di Afghanistan, chiedendo di “farsi un’idea”:
AFGHANISTAN: BERSANI IN USA, ALLEGGERIRE PRESENZA MILITARE
TRANSIZIONE DIFFICILE, DOPO 8-9 ANNI E’ORA DI FARSI IDEA PRECISA (ANSA) — WASHINGTON, 14 LUG — (…) «Da quel che sento, da come sento descrivere le prospettive in Afghanistan non sono più tranquillo di quando sono arrivato. Perchè questa transizione di cui tutti parlano e’ un passaggio molto complesso e difficile. E quindi bisogna trovare la strada per alleggerire la presenza militare senza darla vinta ai talebani. Questo è il problema. Vogliamo discuterne con gli Stati Uniti, però dopo otto-nove anni di questa vicenda è ora di farsi un’idea più precisa».

Il 17 settembre, dopo un altro attentato, Bersani interviene ancora:
AFGHANISTAN: BERSANI, RESTARE LA’ NON E’ ANDARE AVANTI COSI’
(ANSA) — ROMA, 17 SET — «Restare là non vuol dire andare avanti così. Il tema e’ controllare meglio il territorio, non bombardare. E poi serve l’azione della politica: alcuni paesi europei, come la Francia e la Germania, hanno promosso una conferenza ma tra questi paesi l’Italia non c’è».

Ma poi finalmente innova, addirittura chiede di “fare un punto”:

AFGHANISTAN: BERSANI, E’ ORA DI FARE IL PUNTO = (AGI) — Ravalle, 17 set — «Sull’Afghanistan negli Stati Uniti c’è molta più discussione che qua. Pentagono e Congresso sono dissonanti. Se chiedessimo: adesso facciamo il punto della situazione, non troveremmo sordità. Sul territorio le cose non vanno come dovrebbero. E’ ora di fare il punto».

In effetti è vero, ha proprio ragione Bersani: è ora di fare il punto, di fare una riflessione, di farsi un’idea, convocare il parlamento, avviare una discussione, valutare un strategia. Giusto, bene: ma perchè il segretario del Pd ci mette tanto? Perchè non lo fa?


Uccidere un soldato talebano costa 50 milioni di dollari

di Matthew Nasuti - http://kabulpress.org - 30 Settembre 2010

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di Micaela Marri

Uccidere 20 talebani costa un miliardo di dollari/uccidere tutti i talebani costerebbe 1700 miliardi di dollari

Il Pentagono non dirà al pubblico quanto costa localizzare, prendere come bersaglio e uccidere un soldato talebano perché il prezzo è così scandalosamente alto da far sembrare i Talebani dei super-soldati.

Come è esposto in questo articolo, il costo stimato per uccidere un Talebano raggiunge i 100 milioni di dollari, mentre una stima conservativa è pari a $50 milioni. Si dovrebbe tenere un dibattito pubblico negli Stati Uniti sulla questione se i Talebani siano diventati un nemico troppo costoso da sconfiggere.

Ogni mese il Pentagono genera pagine e pagine di dubbie statistiche volte a creare l’illusione del progresso in Afghanistan. Per tutta risposta l’autore ha deciso di compilare le sue statistiche da sé. Dato che l’obiettivo di ogni guerra è di uccidere il nemico, l’idea era calcolare quanto costasse ucciderne anche solo uno.

Gli ostacoli incontrati nell’atto di produrre tale statistica sono formidabili. Il problema è che il Pentagono continua a classificare illegalmente tutte le notizie negative sulla guerra e le notizie imbarazzanti. Ciononostante, sono state raccolte alcune informazioni da fonti indipendenti. Ecco quello che sappiamo in cifre sommarie e arrotondate:

1. Forze dei Talebani: 35000 combattenti

2. Numero di Talebani uccisi all’anno dalle forze della coalizione: 2000 (migliore informazione disponibile)

3. Costi diretti del Pentagono per la guerra in Afghanistan per il 2010: $100 miliardi

4. Costi indiretti del Pentagono per la guerra in Afghanistan per il 2010: $100 miliardi


Usando il fatto che ogni anno vengono uccisi 2000 Talebani e che il Pentagono spende $200 miliardi all’anno per la guerra in Afghanistan, basta dividere un numero per l’altro. Il calcolo rivela che vengono spesi $100 milioni di dollari per uccidere un solo soldato talebano.

Per essere conservativo, l’autore ha deciso di raddoppiare il numero di Talebani che vengono uccisi ogni anno dalle forze USA e della NATO (sebbene le probabilità che ciò sia vero siano scarse). Questo riduce il costo per uccidere un Talebano a $50 milioni, che è anche il titolo di questo articolo. Il numero finale è oltraggiosamente alto indipendentemente da come lo si calcoli.

In altre parole, usando la stima conservativa di $50 milioni per uccidere un Talebano:

Uccidere 20 Talebani costa ai contribuenti americani 1 miliardo di dollari

Mentre l’esercito americano stima che ci siano 35000 Talebani irriducibili e presumendo che non arrivino rinforzi né sostituzioni dal Pakistan e dall’Iran:

Solo uccidere gli attuali Talebani costerebbe 1700 miliardi di dollari

La ragione di questi costi esorbitanti è che gli Stati Uniti hanno l’esercito più meccanizzato, computerizzato, armato e sincronizzato, se non anche il più viziato (almeno nelle basi operative avanzate).

Un numero stimato di 150000 contractor civili sostengono, proteggono, preparano da mangiare e servono il personale americano in Afghanistan, una cifra straordinaria. Gli Americani godono di tali vantaggi e distinzioni in parte perché nessun altro stato è disposto a pagare (buttare via) così tanto denaro sulle proprie forze militari.

L’imponente macchina bellica americana è un incubo di logistica e un disastro per la manutenzione. È anche in parte un mito. L’autore ha prestato servizio a un alto livello all’interno delle forze aeree americane.

Le “bombe intelligenti” della US Air Force non sono neanche lontanamente così consistentemente accurate come vanta il Pentagono; i mortai dell’esercito rimangono inaccurati; persino i fucili da campo standard vengono spesso superati dalle armi dei Talebani, che hanno un raggio più lungo.

Il pubblico americano impallidirebbe se venisse davvero a conoscenza di tutti i fatti sulla cattiva qualità delle armi e delle strumentazioni che vengono acquistate con i dollari delle loro tasse.

Il miglior alleato dei Talebani all’interno degli Stati Uniti potrebbe essere il Pentagono, il cui disprezzo per la responsabilità fiscale e la trasparenza potrebbe causare un ritiro prematuro degli USA dall’Afghanistan, dato che gli Americani non possono continuare a finanziare questi eccessi del Pentagono.

Se il presidente Obama si rifiuta di riformare drasticamente il modo inefficiente del Pentagono di fare la guerra, potrebbe concludere che i Talebani sono semplicemente un nemico troppo costoso da sconfiggere. Avrebbe dunque poche alternative, se non quella di abbandonare il popolo afgano in mano ai “super-soldati” talebani. Questa sarebbe una vergogna intollerabile.

Il problema non è semplicemente all’interno del Pentagono

Lo sventurato Dipartimento di Stato americano va parimenti criticato:


1. continua a fare da spettatore di questa guerra;

2. si è rifiutato per nove anni di impiegare un numero adeguato di esperti civili;

3. continua ad ingaggiare contractor per la sicurezza violenti e malfamati

4. non ha lottato per le esigenze dei civili afgani; e

5. ha fatto ben poco sforzo per conquistarne i cuori e le menti.

Una statistica cruciale a dimostrazione di questo è data dal raffronto delle spese militari e per la sicurezza degli Stati Uniti in Afghanistan con le spese per il soccorso dei civili, come la ricostruzione. La statistica è la seguente:

Denaro speso per l’esercito/security: $365 miliardi. Denaro speso per i civili afgani: $8,5 miliardi.

Quest’ultima cifra denota il “FALLIMENTO”. I diplomatici americani e gli ufficiali dello USAID non sono riusciti a migliorare la vita della gente comune afgana e come conseguenza hanno fatto l’impossibile. La loro mancanza di determinazione e interesse ha fatto sì che un crescente numero di Afgani disillusi vedano il governo talebano come un potenziale miglioramento.

Appendice (informazioni di supporto)

Forze talebane:

La cifra di 35000 [truppe] è basata su un’intervista rilasciata dal generale Stanley McChrystal quest’anno.

Numero di soldati talebani uccisi:

Il Pentagono si rifiuta di rendere noto il numero totale di Talebani uccisi ogni mese in Afghanistan dalle forze della coalizione, dal personale delle operazioni speciali e dalla CIA. Una ragione è diventata ovvia durante l’operazione Moshtarak a Marjah di quest’anno.

Il Pentagono e la NATO si sono rifiutati di specificare l’effettivo numero di Talebani rimasti uccisi a Marjah perché il numero era imbarazzantemente basso.

Le forze americane, della NATO e afghane secondo quanto riferito avrebbero avuto più vittime (tra caduti e feriti) di quante ne abbiano causate ai Talebani, rendendo quella di Marjah una sconfitta militare per l’occidente (se il numero delle vittime determina la vittoria o la sconfitta).

Per riempire il vuoto creato dal silenzio del Pentagono su questa questione, i gruppi mediatici hanno pubblicato il loro conteggio delle vittime talebane basato su notizie ufficiali e di stampa.

Tale conteggio è stato gonfiato, poiché l’esercito americano etichetta chiunque esso uccida come un “militante talebano”, persino se si tratta di criminali, commercianti di droga, signori della guerra o civili che difendono le proprie case.

Come conseguenza della mancanza di credibilità del Pentagono su questa questione, l’autore presume che solo il 50% di quelli che vengono etichettati come dei Talebani irriducibili lo siano per davvero.

La Associated Press ha riportato che 3800 militanti sono stati uccisi nel 2008, e 4500 nel 2009. I blog pro-NATO, come il sito web “Terrorist Death Watch”, hanno calcolato che sono stati uccisi 3667 terroristi in Afghanistan dal 1 gennaio 2006 (circa 700 all’anno). L’autore presume che vengano uccisi in media 2000 Talebani all’anno.

I costi militari degli USA:

Le spese militari complessive in Afghanistan non sono chiare poiché il Pentagono non rende noti tutti i suoi costi diretti e indiretti per la guerra. Mentre molti dei costi diretti sono noti, i milardi di dollari destinati alla CIA e alle operazioni speciali vengono impropriamente classificati e rimangono nascosti.

Inoltre i costi indiretti della guerra (per es. il regolare pagamento dei militari, la svalutazione delle apparecchiature, l’usura, i costi sanitari a lungo termine, i costi per il sostegno del Pentagono all’interno degli USA, i costi del trasporto USTRANSCOM, i costi degli “hub” di trasporto come la base aerea di Manas, i costi per il prestito di fondi, ecc.) non sono noti di preciso. Sono disponibili degli studi indipendenti condotti sulla guerra in Irak, e calcolano che i costi indiretti sono uguali o maggiori dei costi diretti.

Sui costi diretti del Pentagono sappiamo quanto segue:

- dal 2001, fino all’aprile 2009, il Pentagono ha speso direttamente $171,7 miliardi in Afghanistan.
► da maggio 2009 ad oggi il Pentagono ha speso altri $166,3 miliardi. Questo rappresenta un incredibile aumento nei 17 mesi scorsi.

Anche le spese mensili hanno visto un aumento sbalorditivo.

► ottobre 2009, il Pentagono spendeva direttamente $3,6 miliardi al mese.
► febbraio 2010, il Pentagono spendeva direttamente $6,7 miliardi al mese.
► ottobre 2010, con l’aggiunta di 35000 truppe di sostegno e da combattimento in Afghanistan, la cifra deve essere vicina agli 8 miliardi di dollari al mese.

Alcuni stimano i costi diretti del Pentagono per la guerra in Afghanistan per tutto il 2010, fino a $105 miliardi .

I costi del Dipartimento di Stato USA:


Ufficialmente, il Dipartimento di Stato e USAID hanno speso circa $35 miliardi in Afghanistan dal 2001. Secondo la maggior parte delle revisioni, circa il 75% ovvero $27,5 miliardi sono stati spesi per l’addestramento, l’alloggio e per armare i servizi di sicurezza afgani, e per la costruzione di strade mentre il rimanente ($8,5 miliardi ) è stato speso per i progetti civili. Molti di questi 8,5 miliardi di dollari sono stati sprecati su scuole in rovina e progetti “trofeo” minori a Kabul.


Afghanistan: sangue e menzogne

di Gaetano Colonna - www.clarissa.it - 10 Ottobre 2010

I 34 caduti italiani in Afghanistan sono sicuramente tra i migliori giovani che l'Italia possa vantare. Lo spirito di sacrificio e la dedizione che dimostrano ogni giorno nel compiere il loro dovere li collocano su di un piano morale incomparabilmente più elevato rispetto alla classe politica che li manda a combattere quella guerra.

Ovviamente lo stesso vale per gli operatori umanitari che il nostro paese invia lì e altrove nel mondo: anch'essi guardano alla vita con una tenuta ideale che è ormai rara nella grande maggioranza della nostra società.

Qualsiasi tentativo di contrapporre queste due maniere, diverse ma complementari, di collocare la propria esistenza su di un piano più elevato, non circoscritto al proprio immediato tornaconto, è da respingere.

E noi lo respingiamo: chiunque oggi tenti di porre la propria vita in una dimensione che anche minimamente trascende l'egoismo individuale merita infatti il nostro assoluto rispetto, soprattutto quando è pronto a mettere in gioco la propria vita per questo.

Diversa questione è quella della motivazione politica che viene data a questo sacrificio: le dichiarazioni dei nostri ministri, che si succedono in ognuna di queste occasioni di lutto e di dolore, sono infatti menzogna allo stato puro.

Non è vero che stiamo difendendo in Afghanistan i diritti di autonomia e di libertà di quel popolo, non è vero che lo stiamo aiutando a diventare una democrazia moderna, non è vero che stiamo combattendo lì per estirpare il terrorismo internazionale. Chi lo afferma oggi, mentisce sapendo di mentire.

L'Afghanistan è un paese devastato da oltre trent'anni di guerre, in gran parte sostenute da denaro, armi e istruttori occidentali - terribili conflitti di resistenza cui si sono mescolati, come spesso avviene, le componenti tipiche di una guerra civile, qui alimentata da aspetti etnico-tribali e religiosi: parlare di libertà e democrazia in questo contesto è solo ipocrisia.

Abbiamo visto fallire le elezioni, abbiamo visto il livello di corruzione dei gruppi dirigenti fantoccio creati dall'occidente e stiamo assistendo a spericolate trattative con "il nemico" nello stesso momento in cui gli si dà la caccia!

Non a caso, col buon senso di chi vede la morte in faccia, uno dei nostri soldati, ferito nell'esplosione di ieri, scriveva: "qui non ci si capisce nulla".

In realtà gli Stati Uniti per primi hanno preso atto dell'impossibilità di vincere questa guerra, che richiede, come bene hanno dichiarato alti ufficiali anglo-americani, quella "conquista delle anime" che è miseramente fallita, nonostante la tecnologia profusa e le tecniche di contro-guerriglia impiegate secondo canoni ben noti fin dagli anni Cinquanta.

Pertanto è ridicolo che oggi un ministro della Repubblica parli di strategie che puntano al "controllo del territorio": gli analisti sanno benissimo che, davanti alla guerriglia, questo non ha senso, se non si sono appunto conquistati prima gli animi - ci siamo già dimenticati del Vietnam e dell'Algeria?

Sappiamo quindi che, così come avvenuto per l'Iraq, gli occidentali se ne dovranno andare perché non vi è più rapporto fra i costi, l'impegno profuso ed i risultati: dovranno resistere ancora mesi, per consentire che questo "sganciamento" dal pantano afghano possa essere gestito con il minimo dei danni politici possibili.

Questo vuol dire che gli eserciti occidentali in Afghanistan sono già sconfitti e che devono tenere quelle posizioni a costo di alte perdite semplicemente per evitare alle classi dirigenti di dover ammettere oggi il fallimento politico militare della strategia dell'Occidente in tutto il Medio Oriente allargato, dalla Palestina al Pakistan, passando appunto per Iraq e Afghanistan.

Il prezzo politico di questa ammissione sarebbe infatti altissimo: per la prima volta dal 1945, gli Alleati non potrebbero più dichiararsi né vincitori, né liberatori, né militarmente superiori. Alla crisi evidente del sistema economico occidentale si unirebbe così una crisi politica di fondo - che non potrebbe passare più inosservata a lungo, in quanto l'instabilità del Medio Oriente ne sarà inevitabilmente e sanguinosamente accentuata, mentre, sullo sfondo, la Cina e l'India si pongono già come possibili alternative "terzomondiste" in tutte le aree in cui ha dominato finora il colonialismo occidentale.

Nessuno, nel panorama politico italiano, ha il coraggio di affrontare la questione in questi termini, nei soli cioè in cui etica e verità camminano di passo: la nostra classe dirigente si prende in tal modo una pericolosa responsabilità, alla quale potrebbe essere richiamata molto prima e molto più bruscamente di quanto oggi costoro, occupati come sono nell'affarismo e nelle piacevolezze che derivano dal potere, possano pensare.

Queste giovani vite cadute senza gloria richiamo quindi oggi tutti noi, ciascuno al suo posto, a risollevare l'Italia dalla sua attuale miseria morale, una missione che ci accomuna perché il loro sacrificio non sia stato ancora una volta tragicamente vano.