mercoledì 27 ottobre 2010

Wikileaks: "vecchi scoop" pilotati in attesa dei prossimi...

Qualche altro articolo su Wikileaks da una prospettiva però completamente diversa rispetto ai post pubblicati precedentemente sullo stesso tema. Intanto Wikileaks ha annunciato ieri che presto rivelerà documenti riguardanti Russia e Cina...

Infine si parla di quello che forse tra qualche anno costituirà la base per i prossimi "scoop" di Wikileaks.

P.S. Ieri il portavoce del Pentagono Dave Lapan ha dichiarato che Wikileaks ha altri documenti segreti da pubblicare, "Abbiamo ragioni per credere che hanno altri file"...e se lo dice il Pentagono....


La paura di Mr. Wikileaks, "La mia vita è in pericolo"
di Joseba Elola - El Pais - 27 Ottobre 2010
Traduzione di Fabio Galimberti per www.repubblica.it

"Sfido il Pentagono e le banche in nome della battaglia per la verità. Il peggior nemico per me è probabilmente l'esercito Usa. E poi la finanza, diversi Paesi e anche gruppi religiosi"

LONDRA - Julian Assange vive in un universo di segreti, e dunque non poteva non essere segreto anche l'incontro con l'uomo che è diventato un grande nemico del potentissimo Pentagono. L'uomo che ha fondato un sito web nel dicembre del 2006 è anche l'incubo di grandi banche, multinazionali e governi.

Ho letto un titolo che le metteva in bocca questa frase: "Sono un giornalista militante". È vero?
"Io sono un editore. E in quanto editore sono anche il direttore e il portavoce della mia, della nostra, pubblicazione. Ho a che fare con il giornalismo da quando avevo 25 anni, quando partecipai alla stesura del libro Underground, e attualmente, considerando lo stato di impotenza del giornalismo, mi sembrerebbe offensivo essere chiamato giornalista".

Perché?
"Per gli abusi del giornalismo".

A che abusi si riferisce?
"L'abuso più grande è la guerra raccontata dai giornalisti. Giornalisti che si rendono corresponsabili della guerra non facendo domande, abdicando alla propria integrità e appiattendosi vigliaccamente sulle fonti governative".

Qual è in questo momento il suo peggior nemico?
"Dal punto di vista delle risorse impegnate per starci addosso, l'esercito degli Stati Uniti".

Quali altri nemici ha?
"Le banche. La maggior parte degli attacchi legali che abbiamo ricevuto viene dalle banche. Siamo stati attaccati anche dalla Cina, quando avevamo diffuso del materiale che criticava certe attività del Governo di Pechino. Siamo stati attaccati anche da culti, sette che commettono abusi, come la Chiesa di Scientology, i mormoni...".

Questi suoi nemici la inducono a temere per la sua vita?
"Qualcuno, come Daniel Ellsberg, l'uomo che nel 1971 svelò i documenti del Pentagono sulla guerra del Vietnam, sostiene che la mia vita è in pericolo".

E lei che cosa pensa?
"Credo che un rischio ci sia, piccolo ma non insignificante. C'è un rischio serio che venga processato e arrestato. Stanno cercando di montare un caso di spionaggio contro di me e altri membri dell'organizzazione".

La sua decisione di pubblicare i nomi degli informatori afgani, quando ha reso pubblici i documenti sull'Afghanistan, ha sollevato un polverone... Pensa di aver commesso un errore?
"Pubblicando 76.000 documenti riservati sui 90.000 di cui siamo in possesso, ci sono molte cose di cui parlare. Quei documenti hanno rivelato ora, data, luogo e circostanze della morte di circa 20.000 persone. Punto e basta. Nei due mesi trascorsi da quando è stato pubblicato quel materiale, per quanto ne sappiamo nessun civile afgano è stato danneggiato dalla pubblicazione dei documenti".

Alan Rusbridger, il direttore del Guardian, dice che i media tradizionali hanno abbandonato il giornalismo di inchiesta perché costa molto ed è poco sexy. È d'accordo?
"Sì, lo hanno abbandonato quasi completamente, questo è sicuro. Il prezzo che paghi è caro: ti crea dei nemici, ti obbliga a sostenere dei costi per prevenire attacchi giudiziari. Io credo che ci sia domanda di giornalismo d'inchiesta da parte dei lettori, ma il costo a parola in rapporto ad altre forme di giornalismo è alto, specialmente per il giornalismo sovvenzionato da interessi particolari".

Le cose cambieranno? La rivoluzione digitale e iniziative come WikiLeaks produrranno giornalismo indipendente?
"Possiamo andare nelle due direzioni. Forse arriveremo a un sistema con un maggior controllo giudiziario e accordi internazionali per reprimere la libertà di stampa, o forse andremo verso un nuovo standard in cui la gente si aspetta e pretende un'informazione più aggressiva rispetto al potere; e un contesto commerciale che renda redditizie inchieste di questo genere; e un contesto legale che le protegga".

È ottimista a questo proposito?
"Siamo a un bivio fra questi due scenari futuri. Per questo è così importante e così interessante far parte di questo progetto. Con le nostre azioni di oggi stiamo determinando il destino del contesto mediatico internazionale dei prossimi anni".


Il contesto degli acchiappasegreti
di Pino Cabras - Megachip - 23 Ottobre 2010

Le notizie scomode che oggi sgocciolano e trapelano dal mondo dei segreti e del potere, quelle di Wikileaks, sono un giornalismo nuovo? Un nuovo modo di concepire la democrazia?

La stagione delle rivelazioni è un ritorno dello scoop, dopo che per trent’anni il «Washington Post» ha campato di rendita sul vecchio scandalo del Watergate e il «New York Times» sui “Pentagon Papers” che avevano messo a nudo la guerra del Vietnam.

I nuovi spifferatori sono eroi della verità che lottano contro strutture menzognere e violente? O c’è dell’altro? Per saperlo dobbiamo capire le circostanze che rendono possibile l’uso delle rivelazioni.

Esplode la notizia, erompe con essa una grande libertà, e il potere non sa controllarla. I cattivi passano qualche guaio.

Così piace credere, quando vediamo la crudeltà delle guerre che buca il velo bugiardo della propaganda e si mostra nel suo orrore, e da qui poi vediamo il Pentagono intrallazzare per chiudere Wikileaks. La censura vecchio stile perde terreno.

Sappiamo che a spifferare i documenti sono funzionari, avvocati, ufficiali, impiegati, o perfino semplici cittadini che hanno in mano informazioni sensibili da far conoscere.

Sono un misto fra “confidenti”, “obiettori di coscienza” e “attivisti politici”. Wikileaks li rende anonimi codificando i dati. La comunità del sito, centinaia di persone, fa i controlli incrociati, o fa perfino alleanze nuove con i vecchi giornali, come il «New York Times».

Julian Assange di Wikileaks diventa così un nuovo eroe mediatico: perché va bene il formicaio della comunità, ma il sistema vuole vedere invece la formica regina e fabbricare i suoi eroi di carta. La chioma bianca di Assange va così sulle copertine dei grandi media.

Ma non dimenticate il contesto. I servizi segreti sono anche servizi di informazione, e immettono nel circuito dei media enormi flussi di notizie che possono creare studiate conseguenze. Cordate di agenti segreti in lotta fra loro – anche all’interno di ogni servizio - possono violare esse stesse i segreti e vedere di nascosto l’effetto che fa.

L’idea comunemente accettata del Watergate, ad esempio, è che il libero giornalismo anglosassone, “cane da guardia del potere”, abbia smascherato Nixon.

Invece lo scandalo fu pilotato da “gole profonde” interne all'establishment USA e ai suoi giochi di potere, abilissime nel mettere in mezzo il presidente di allora, fino a farlo dimettere.

Il giornalista Russ Baker nel 2009 ha pubblicato un libro, “Family of Secrets”, in cui dimostra l’ambiguo ruolo di George Bush padre, da sempre legato alla CIA, nell’incastrare Nixon e usare per i suoi scopi lo slancio dei giornalisti “eroi” come Bob Woodward, ben scelti dall’élite.

Un’icona del giornalismo USA, Dan Rather, dopo aver letto il libro ha ammesso: «mi ha costretto a ripensare persino gli eventi che ho visto con i miei occhi».

Wikileaks è vulnerabile come può esserlo la polizia quando raccoglie la soffiata ben pilotata con cui una banda fa sgominare un clan rivale. Chi agguanta il timone di Wikileaks, come fa Assange, sconta la difficoltà estrema di tenere insieme un sistema contradditorio che è anarchico ma bisognoso d’ordine, pronto a distruggere i segreti ma obbligato a blindare l’identità delle fonti: cioè costretto, che impensabile paradosso, a produrre nuovi segreti.

È una missione impossibile, condotta in mezzo ai professionisti del segreto e delle operazioni coperte. Infatti l’organizzazione perde pezzi. Il vaso di Pandora non può che essere un luogo instabile.

Questa è la distanza critica, persino la diffidenza, con cui occorre osservare il fenomeno Wikileaks. Tuttavia è pur sempre un porto franco dell'informazione, su cui transitano documenti in sé veri e verificati, che preoccupano chi pianifica le guerre.

Il loro valore è sostanziale, se presi uno per uno. Ma poi occorre inserirli in un contesto che li interpreti. Altrimenti c’è chi li contestualizza per i suoi fini. Magari per nuove guerre.



Wikileaks: un altro po' di mangime per polli
di Gordon Duff - www.veteranstoday.com - 24 Ottobre 2010
Traduzione a cura di Gianluca Freda per http://blogghete.blog.dada.net

Secondo il nuovo scoop di Wikileaks, gli Stati Uniti avrebbero sottostimato di 15.000 unità il numero di civili uccisi in Iraq. Poiché le cifre fornite dai militari equivalgono al 10% o anche meno delle vittime effettive, far salire un po’ le stime è davvero uno scherzo.

Ancora notizie di torture e omicidi, cioè gli irakeni che torturano e gli USA che “guardano dall’altra parte”? Ancora idiozie.

Sapendo che gli Stati Uniti spediscono individui “sospetti” in tutto il mondo con i voli delle “extraordinary renditions”, che li nascondono in prigioni segrete e – come risulta ovvio a chiunque possieda un cervello – in fosse improvvisate, si può ben capire come questo scoop di Wikileaks non sia altro che l’ennesimo diversivo, solo un altro po’ di “mangime per polli”.

Tutto è già andato in rovina in Iraq. Perché lasciar filtrare queste notizie proprio adesso? I normali resoconti quotidiani si spingono ben oltre queste “rivelazioni”. Non ci vuole un fisico nucleare per capire quale sia l’obiettivo di questi scoop, un obiettivo che non ha assolutamente nulla a che fare con il fornire consapevolezza al mondo.

Che prove ci forniscono tutti questi documenti? Una cosa, di sicuro, possiamo notarla. Tutto ciò che è filtrato è stato accuratamente controllato per accertarsi che non vi fosse nulla di reale valore.

Non viene spesa neanche una parola sul Mossad che si aggira per Mosul, che opera vicino Erbil, che rifornisce ed addestra i terroristi del PKK. Si parla invece di poveri iraniani che nuotano lungo l’Eufrate con esplosivi attaccati al petto. Ma siamo seri!

Migliaia di tonnellate di esplosivi sono andate “smarrite” in Iraq. Gli USA non sono riusciti a tenere sotto controllo i depositi di armi di Saddam, che sono stati saccheggiati. Si trattava di arsenali enormi.

L’idea che qualcuno abbia bisogno di portare armi in Iraq di nascosto è semplicemente folle, un altro espediente israeliano per preparare la scena ad un attacco contro l’Iran. Qualunque stupido lo capisce in pochi secondi.

In realtà, in Iraq ci sono più armi d’assalto che persone.

Mentre tenta di dare la colpa all’Iran, Wikileaks sta per caso dicendoci qualcosa sulle centinaia di migliaia di armi acquistate dagli Stati Uniti che sono semplicemente scomparse in Iraq? In Iraq è più facile acquistare un fucile d’assalto o un RPG che un sacchetto di patatine.

Questo bisogno di incolpare l’Iran, l’idea che misteriosi “agenti segreti” stiano contrabbandando armamenti in un paese che già straripa di esplosivi, è pura follia. Chi potrebbe bersela? Forse un’informazione controllata da idioti?

Cosa possiamo capire esaminando le storie emerse fin qui? In che direzione la stampa ha ricevuto ordine di indirizzare lo sguardo del pubblico?

Iniziano le bugie...

“Campi d’addestramento iraniani per miliziani irakeni rivelati da documenti segreti del Pentagono”

Bloomberg e il Guardian mettono la palla in campo. Immaginatevi l’Iraq, un paese con la terza milizia più grande del mondo, che ha bisogno di “addestramento” da parte dell’Iran. L’Iraq, con la sua Guardia Repubblicana e un esercito che conta un milione di unità possiede più uomini forniti di addestramento militare dell’Inghilterra, un fatto che il Guardian sembra ignorare.

Un minuto prima, l’Iraq sta costruendo armi nucleari e minaccia l’intera regione con i suoi missili SCUD, un attimo dopo deve rivolgersi a “esperti iraniani” per costruire dei petardi. E’ mai accaduto prima d’ora che una nazione subisse un fenomeno così eclatante di amnesia collettiva nel campo della tecnologia degli armamenti?

Col passare dei giorni, potremo aspettarci un numero sempre maggiore di fantasiosi resoconti su spie, addestratori, sequestratori e terroristi iraniani, ogni storia più sensazionale e fasulla della precedente.

Wikileaks presenta un aspetto ancora più insidioso. Presentandosi come un sito “antimilitarista” e “al servizio del pubblico”, porta avanti in realtà un progetto globalista, promuovendo guerre e conflitti, tutti incidentalmente connessi con la “lista dei bersagli” preparata da Israele, la quale annovera le nazioni che Israele chiede apertamente ad altri di distruggere.

Si potrebbe tranquillamente descrivere Wikileaks come una PsyOp del Mossad.

In tal modo, Wikileaks risulta molto efficace nel fuorviare ogni autentico dibattito e ogni dissenso significativo.

Il procuratore generale Gonzales ha detto che la tortura ci è utile.

Gli americani hanno dimostrato già da molto tempo di essere immuni a qualunque senso di colpa relativo a torture e omicidi. In effetti, i sondaggi evidenziano che quanto più un americano è religioso, tanto più è disposto ad accettare la brutalità, e pochi paesi sono “religiosi” quanto l’America.

Nessun altro paese al mondo, in tempi recenti, ha ucciso tante persone come l’America, facendo impallidire le pulizie etniche in Bosnia e Ruanda o la “situazione” in Israele.

Per quanto riguarda le passate “rivelazioni”, Wikileaks ha dimostrato la capacità di scrutinare centinaia di migliaia di pagine di documenti, eliminando meticolosamente ogni informazione sul mercato nero, sul traffico di droga o, nel caso dell’Iraq, sulla corruzione massiccia e sul furto di petrolio.

Ci sono dozzine di argomenti che sembrano essere stati accuratamente sottratti da Wikileaks ad ogni divulgazione. Perfino il Dipartimento della Difesa, senza farne troppo segreto, ringrazia Wikileaks per aver tenuto nascoste le informazioni davvero imbarazzanti. “Trattenere” queste informazioni rappresenta, ovviamente, una forma di ricatto. Ma chi è realmente Wikileaks?

Wikileaks è Israele?

Solo Israele possiede la presenza capillare nel Dipartimento della Difesa che potrebbe consentire questo tipo di spionaggio. E non solo è in grado di attuarlo, ma possiede così tante spie nella catena di comando americana che potrebbe anche impedirlo con facilità. Chi possiede gli strumenti logistici per raccogliere e filtrare una quantità così massiccia di dati? E chi potrebbe volerlo?

Perché Wikileaks non ci ha fornito documenti su quella che è la più importante vicenda irakena, cioè le falsificazioni dei servizi segreti sulle “armi di distruzione di massa”?

Sappiamo che i militari avevano ordine di cercare di falsificare i documenti, fingendo di aver trovato impianti pienamente operativi per la fabbricazione di armi nucleari, biologiche e chimiche.

Sarebbe stata un’utile lettura, insieme alle migliaia di pagine di rapporti relativi al modo in cui queste storie sono state inventate. Neanche la “stampa controllata” osa toccare questi documenti, benché essi siano ancora tutti là fuori.

Le bugie

Svelare il vero scandalo irakeno sarebbe stato molto utile, tranne per un piccolo particolare: gli amici di Israele che lavorano al Pentagono sono i veri artefici di questo programma.

E’ per questo che Wikileaks evita accuratamente gli argomenti scottanti? Forse perché la traccia di buona parte di ciò che è avvenuto in Iraq conduce direttamente a Tel Aviv?

Del resto, a chi importa qualcosa dell’Iraq dopo così tanti anni?

Guardate i rapporti “annacquati” riguardanti il sostegno offerto dagli americani ad Al Qaeda. Gli Stati Uniti vengono accusati di avere accidentalmente aiutato Al Qaeda organizzando le milizie dei Figli dell’Iraq.

In realtà, gli Stati Uniti hanno riorganizzato i baathisti, cioè qualcosa di infinitamente peggiore dell’immaginaria entità nota come “Al Qaeda”. Su questo argomento, neanche una parola.

Una delle più grandi truffe dell’”esperienza” irakena è stata la sottrazione di risorse petrolifere. Assai facile da verificare è il furto di petrolio dai giacimenti di Kirkuk attraverso l’oleodotto Kirkuk/Ceyhan, che arriva al Mediterraneo passando per la Turchia.

I localizzatori hanno rilevato che alcune navi che caricavano petrolio erano di proprietà di compagnie assicurative e perfino della Guardia Costiera americana. Conosciamo il loro tonnellaggio, il loro numero, il periodo in cui sono state operative.

Facendo un po’ di conti e confrontando le quantità di petrolio che sono state caricate con il prezzo che è stato pagato, si può notare che mancano all’appello miliardi e miliardi di dollari di greggio.

Oggi che gli americani pagano la benzina 4$ al gallone, quanti sono a conoscenza del fatto che il greggio per fabbricare quella benzina era completamente gratuito per le compagnie petrolifere?

Chi ha gestito tutto questo? Chi è stato pagato? Quanto petrolio è stato rubato attraverso Basra? Sono coinvolti anche gli inglesi?

E poi c’è Fallujah. Ci è stato detto che l’America ha “bombardato a tappeto” dei civili e ha poi compiuto una “pulizia etnica” nella zona, il tutto senza alcuna ragione, come oggi sappiamo. La versione dei fatti fornita dall’esercito è stata sbugiardata insieme ai resoconti fasulli della stampa “embedded”. Anche su questo, Wikileaks tace.

Laggiù è anche possibile rilevare alti livelli di radiazioni e una crisi sanitaria che può solo essere definita agghiacciante. Dov’è Wikileaks quando si tratta di parlare di una vicenda REALE?

Non vi sono molti dubbi che Wikileaks sia in realtà un “diversivo” gestito da un’agenzia di intelligence con dozzine di operatori presenti all’interno del Dipartimento della Difesa. Solo Israele possiede questa capacità, avendo ormai infiltrato a tal punto la Difesa da poterla gestire come cosa propria.

Qual è il programma di Wikileaks? Quello di rivelare la verità? Se è così, allora perché la verità è stata censurata e annacquata fino al punto di diventare una “non-notizia”, come lo erano state del resto le rivelazioni precedenti? In effetti, molti commenti su queste rivelazioni sono pure speculazioni e molte delle stesse “rivelazioni” sono in realtà poco più che “cibo per polli”.

L’ultima volta, le rivelazioni dovevano servire a demonizzare il Pakistan. Wikileaks aveva cercato di suggerire che fosse il Pakistan ad addestrare i talebani in Afghanistan. Tuttavia i talebani sono Pashtun e non si curano molto del Pakistan, essendo suoi “nemici di sangue”.

Grazie a queste rivelazioni, Israele e India sono riusciti a trovare utili alleati contro il Pakistan, che è l’unica potenza islamica con capacità nucleari. I talebani hanno ricevuto aiuti di ogni genere dal Mossad e dal RAW [Research and Analysis Wing, altra agenzia d’intelligence israeliana, NdT], circostanza che Wikileaks ha fatto di tutto per tenere nascosta.

In alcune vere rivelazioni, l’ex traduttore dell’FBI Sibel Edmonds aveva dimostrato l’esistenza di documenti che evidenziavano come i voli delle “extraordinary renditions” fossero in realtà utilizzati per dare passaggi ai terroristi e trasportare tonnellate di droga e di denaro contante. Ogni giorno intere casse di denaro escono dall’Afghanistan. Come mai non una sola pagina, non una sola parola relativa a questi argomenti, che sappiamo bene essere presenti nei dati americani, hanno raggiunto Wikileaks?

Perché Wikileaks dedica più tempo a tentare di nascondere i fatti che a renderli noti? Quando anche questo scoop si affievolirà, le accuse di stupro contro Julian Assange verranno forse nuovamente tirate fuori dal cassetto per tenerlo vivo ancora un po’?

L’altra volta sono stati un po’ schizofrenici: prima c’erano le accuse, poi non c’erano più, poi c’erano di nuovo. Era come una telenovela mal sceneggiata.

Ci è appena giunta una notizia secondo la quale Julian Assange sarebbe riuscito a sfuggire agli squadroni della morte del Pentagono.

Ci dicono che egli è virtualmente scomparso dalla faccia del pianeta. Ma abbiamo anche un programma di apparizioni pubbliche e di interviste che Assange dovrà rilasciare, rimaterializzandosi misteriosamente ogni volta che ve ne sia bisogno. Ah, se avessimo un potere come questo.

E queste nuove “rivelazioni”?

Esse sono probabilmente dirette contro l’Iran

Chiunque rimanga sorpreso o sconvolto nello scoprire che le forze di sicurezza irakene uccidevano e torturavano i prigionieri, vive evidentemente su un proprio pianeta personale. Erano gli assassini e i torturatori di Saddam. Poi sono diventati i nostri. Cos’altro dovrebbero fare dei torturatori e degli assassini?

C’era un motivo preciso per l’invasione dell’Iraq, al di là di tutte le menzogne, di tutti gli omicidi, di tutta la corruzione. Israele voleva l’Iraq distrutto. Riuscirà mai Wikileaks a parlarci di qualcosa di concreto?


La crisi sistemica globale - Primavera di austerità e gravi inceppamenti
da Megachip - 26 Ottobre 2010

Il blog Informazione Scorretta (curato da Felice Capretta) ha pubblicato una parziale traduzione del Rapporto 47 del GEAB, il gruppo di analisti economici eterodossi che cerca di trarre previsioni dall'osservazione della Grande Crisi in atto. La volontà di stabilire date precise li espone a ovvie smentite (anche se sembrano spesso soltanto date rimandate).

Tuttavia spesso colgono in anticipo importanti tendenze. Anche non cedendo al fascino divinatorio di un testo che ci dica a che punto saremo fra un mese o un anno, sono interessanti i rimandi a dati economici reali e verificabili. Buona lettura.

1 - La crisi sistemica globale - Primavera 2011: Benvenuti negli Stati Uniti dell'austerità / Verso una gravissima avaria del sistema economico e finanziario mondiale.

Come anticipato dal LEAP/E2020 lo scorso Febbraio nel GEAB N. 42, (gli affezionati lettori ricorderanno le tre onde anomale convergenti) la seconda metà del 2010 sarà fondamentalmente caratterizzata da un improvviso peggioramento della crisi, evidenziato sia dalla fine dell'illusoria ripresa pubblicizzata dai leader occidentali [1]e sia dalle migliaia di miliardi inghiottiti dalle banche e dai piani, di breve respiro, di «stimolo» economico.

I mesi a venire riveleranno una semplice, anche se dolorosa, realtà: l'economia occidentale, in particolare quella USA [2], non è davvero mai uscita dalla recessione[3].

Gli impressionanti dati statistici registrati dall'estate 2009 sono stati solo la conseguenza di breve durata delle massicce iniezioni di liquidità nel sistema che era divenuto essenzialmente insolvente proprio come i consumatori USA[4].

Posti al cuore della crisi sistemica globale fin dalla sua nascita, gli Stati Uniti dimostreranno nei prossimi mesi che stanno conducendo l'economia e la finanzia globale nel «cuore dell'oscurità»[5] proprio perché non riescono a venir fuori dalla loro «Molto Grande Depressione»[6].

Quindi, mentre viene fuori degli sconvolgimenti politici delle elezioni USA il prossimo Novembre, con una crescita di nuovo negativa, il mondo dovrà fronteggiare una «Gravissima Avaria» del sitema economico e finanziario globale fondato oltre 60 anni fa sulla assoluta necessità per l'economia USA di non rimanere mai a lungo in recessione.

Ora la prima metà del 2011 imporrà che l'economia USA subisca una dose di rigore finanziario senza precedenti facendo piombare il pianeta in un nuovo caos finanziario, monetario, economico e sociale[7].

In questo numero del GEAB, il nostro gruppo quindi anticiperà per i prossimi mesi, differenti aspetti di questo nuovo sviluppo della crisi, in particolare la natura del meccanismo di austerità imposta che colpirà gli Stati Uniti, gli sviluppi del maledetto dibattito su «inflazione/deflazione», l'effettivo incremento del PIL USA, la strategia delle banche centrali e le dirette conseguenze per l'Asia e l'Europa.

Come facciamo ogni mese, illustreremo le nostre raccomandazioni strategiche e operative.

Inoltre, in via particolare, questo numero del GEAB offre un estratto dal nuovo libro di Frank Biancheri «The Global Crisis: The Path to the World After - France, Europe and World in the Decade 2010-2020» (La Crisi Globale: il cammino verso il mondo dopo[-crisi] - Francia, Europa e il mondo nella decade 2010-2020)[8]


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Andamento comparato del Grownth Index del CMI (rosso) e del PIL USA (verde) (2005 - 2010) - Fonte: Dshort, 08/26/2010.

I trimestri a venire saranno particolamente pericolosi per il sistema finanziario ed economico.

Il Chairman delle FED Ben Bernanke ha lanciato il seguente messaggio, nel modo più diplomatico possibile, alla recente riunione dei banchieri centrali a Jackson Hole nel Wyomimng: anche se le politiche per ravvivare l'economia USA sono fallite, o il resto del mondo continua a finanziare il deficit USA in perdita, sperando che ad un certo punto nel futuro la scommessa paghi ed evitando il collasso del sistema globale, oppure gli Stati Uniti continueranno a monetizzare il loro debito e convertiranno tutti i dollari e i titoli del tesoro in mano al resto del mondo in banconote del monopoli.

Come ogni potere messo nell'angolo, gli Stati Uniti sono ora obbligati ad introdurre la minaccia di pressione per ottenere ciò che vogliono.

Meno di un anno fa i leader del resto del mondo e gli ufficiali finanziari si erano offerti volontariamente di «rimettere a galla la nave USA».

Comunque, oggi, le cose sono cambiate drasticamente dato che le nobile rassicurazioni di Washington (da parte della FED come da parte dell'amministrazione Obama) si sono dimostrate essere pura arroganza basata sulla pretesa di aver compreso la natura della crisi e sull'illusione di possedere i mezzi per controllarla.

Comunque, la crescita USA evapora trimestre dopo trimestre[8] e ridiventa negativa dalla fine del 2010.

Il tasso di disoccupazione non ha smesso di crescere e si porrà tra la stabilità mostrata nelle statistiche ufficiali e la perdita, nei prossimi sei mesi, per più di due milioni di americani del posto di lavoro (LEAP/E2020 crede che il reale tasso di disoccupazione si attesti ora oltre il 20%[9); il mercato USA delle case rimane depresso ai minimi storici e riprenderà la sua caduta a partire dall'ultimo trimestre 2010; infine, ma non meno importante, come si può ben immaginare date le circostanze, i consumatori USA sono e rimarranno assenti stabilmente dato che il loro stato di insolvenza continua e addirittura peggiora[10]per quegli americani, uno su cinque, che non hanno un lavoro.

Dietro questi fattori statistici si nascondono tre realtà che cambieranno radicalmente il paesaggio politico, economico e sociale degli USA e del resto del mondo nei prossimi trimestri non appena questi arriveranno all'opinione pubblica.


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«Stati Uniti - la doppia mazzata: niente capitale, niente lavoro»
- Correlazione tra la caduta dei prezzi delle case e l'andamento della disoccupazione stato per stato (2006-2009) - Fonte: FMI / OIT / OsloConference, 07/2010

La rabbia popolare paralizzerà Washington a partire da Novembre 2010

In primo luogo, c'è una realtà diffusa e molto deprimente, un vero viaggio «al cuore dell'oscurità», che consiste in milioni di americani (quasi sessanta milioni di loro adesso dipendono dai Food stamps per vivere [sussidi per i più poveri, ndt]) che non hanno più un lavoro, una casa o del denaro da parte e che si stanno chiedendo come faranno a sopravvivere negli anni a venire[11].

Questi sono giovani[12], pensionati, afro-americani, lavoratori, impiegati nei servizi[13], ... e costituiscono quella massa di cittadini arrabbiati che si faranno sentire con violenza il prossimo novembre e trascinando Washington in una tragico vicolo cieco politico.

I sostenitori dei movimenti «Tea Party[14]» e «nuovi secessionisti[15]» ... vogliono «spezzare la Macchina di Washington» (e per estensione quella di Wall Street) senza avere proposte credibili per risolvere la miriade di problemi del paese[16].

Le elezioni di Novembre 2010 saranno la prima opportunità per questa «America sofferente» di esprimersi sulla crisi e sulle sue conseguenze. E questi voti, riguadagnati dai repubblicani o persino dagli estremisti, contribuiranno a paralizzare ancora di più l'amministrazione Obama e il Congresso (che probabilmente ritornerà ad essere a maggioranza repubblicana), col solo effetto di spingere il paese in un tragico ingorgo proprio quando tutte la luci stanno ridiventando di nuovo rosse.

Inoltre, questa espressione di rabbia diffusa si scontrerà, da dicembre in avanti, con l'uscita del rapporto della Commisione per il deficit creata dal presidente Obama, e questo porterà il problema del deficit al cuore del dibattito pubblico all'inizio del 2011[17].

Per esempio, stamo già vedendo un'espressione molto particolare di questa rabbia diffusa contro Wall Street nel fatto che gli americani stanno abbandonando il mercato azionario[18]: ogni mese un crescente numero di «piccoli investitori» lasciano Wall Street e i mercati finanziari[19], al punto che oggi più del 70% delle transazioni sono nelle mani delle principali istituzioni e altri «high frequency trader».

Se si tiene a mente l'immagine tradizionale che vede le borse oggi come i templi del capitalismo moderno, allora stiamo assistendo ad un fenomeno di perdita di fiducia simile alla disaffezione della gente, testimoniata da dimostrazioni ufficiali, sperimentata dal sistema comunista prima della su caduta.

Il grosso dell'economia USA ora è dipendente dai fondi pubblici

C'è anche una drammatica realtà economica: la maggior parte dell'economia USA è ora direttamente dipendente dal governo federale e/o dalla Federal Reserve.

Immobiliare, auto, difesa (e tramite questa una grande parte delle industrie dell'alta tecnologia), agricoltura,... sono settori che ora possono solo sopravvivere (e anche così per alcuni solo cono grande difficoltà) perché sono supportati dagli aiuti federali e/o dalle politiche di supporto della Fed.

Inoltre, la gran parte degli stati e delle grandi città in tutto il paese non possono rimanere in attivo con le loro forze e dipendono da Washington per riuscirci[20].

Quindi, se un domani queste spese del governo federale e della Fed non potessero essere mantenute, o persino se non potessero essere aumentate, dato che il primo ha un già un deficit abissale e la seconda ha già un enorme numero di attivi fantasma in bilancio[21], la maggior parte dell'economia e del sistema sociale del paese crollerebbero come un castello di carte[22].

In termini di attivi fantasma, i due grafici sotto illustrano perfettamente il trasferimento dei debiti dalle banche private alla Fed, che ha solo reso ai contribuenti USA responsabile dei debiti delle maggiori banche USA... un abuso che alimenta parecchio la «frustrazione» di molti concittadini americani.

Qui, Barack Obama aveva ragione a dire ai banchieri USA nel marzo 2009 «la mia amministrazione è la sola cosa che si para tra voi e i forconi».

Tra le altre cose, questo è ciò che lo rende così impopolare nel suo paese.

Ma se la prospettiva di una economia USA come un «castello di carte» era già stata chiaramente considerata dal nostro gruppo col GEAB Nr.2 nel febbraio 2006, è solo di recente che i «pricipali» media stanno cominciando a riconoscere questo fatto.

Come sempre nel caso di profonde crisi, questa consapevolezza è un segno di vicino cambiamanto per il peggio perché presagisce un busco cambiamento nel comportamento di molti attori globali[24], in particolare riguardo alla famosa «fuga dal rischio» che tradizionalmente porta questi a favorire i beni del governo USA ... e che, crediamo, comincerà a invertirsi dall'inizio del 2011.

La FED adesso sa di essere impotente

Finalmente esiste un effetto finanziario e monetario particolarmente tragico in quanto i giocatori sono diventati consapevoli della situazione senza uscita: la FED adesso sa di essere impotente.

Nonostante gli sforzi straordinari (interessi a tasso zero, quantitave easing, supporto enorme al mercato dei mutui immobiliari, eguale supporto alle banche, triplicazione del suo stato patrimoniale, …) in atto dal settembre del 2008, l'economia americana non riparte.
I leader della FED hanno scoperto di essere solo una parte del sistema, in questo caso il sistema finanziario USA, progettato dal 1945 per essere il cuore solvente del sistema finanziario globale.

Tuttavia il consumatore americano è diventato insolvente, il consumatore che, negli ultimi trent'anni, e' diventato in modo graduale il giocatore economico centrale di questo cuore finanziario (con più del 70% dipendente dalla spesa famigliare).

E' questa insolvenza delle famiglie USA che ha vanificato gli sforzi della FED.

Avvezzi ad essere virtuosi e per questo ad avere la possibilità di manipolare i processi e le dinamiche degli eventi, i banchieri centrali USA credevano di poter «imbrogliare» le famiglie, dandogli un'altra volta l'illusione di ricchezza e quindi spingendole a ripristinare il consumo e con questo far rivivere la macchina economica e finanziaria dell'intero paese.

Fino all'estate del 2010 non hanno creduto nella natura sistemica della crisi oppure non hanno capito che quello che stava causando i problemi era fuori portata degli strumenti della banca centrale, per quanto possa essere potente.

Solo nelle recenti settimane hanno trovato due verità: le loro politiche hanno fallito e non hanno armi ne' munizioni.

Da qui il tono molto depresso nelle discussioni delle banche centrali ai meeting di Jackson Hole, nonché la mancanza del consenso per le azioni future e quindi gli infiniti dibattiti sulla natura dei rischi che vanno affrontati nei prossimi mesi (per esempio inflazione o deflazione, sapendo che gli strumenti interni del sistema che misuravano le conseguenze di questi trend non sono neanche più rilevanti come analizziamo in questa edizione), ma anche gli scontri sempre più violenti tra i promotori della crescita rinnovata attraverso il debito ed i sostenitori della riduzione del deficit... nonché il discorso di Ben Bernake pieno di minacce velate ai suoi colleghi delle banche centrali: in termini ambigui ha fatto passare il seguente messaggio:

«Proveremo di tutto per evitare il collasso economico e finanziario e voi continuerete a finanziare tutto, proprio tutto»

oppure sguinzaglieremo l'inflazione e con essa il dollaro deprezzerà e i bond del tesoro USA non varranno più molto.

Quando un banchiere centrale si esprime come un esattore c'è una situazione pericolosa in casa.

La risposta delle banche centrali più grandi del mondo verrà rivelata nei prossimi due quadrimestri. La ECB ha già fatto capire in modo chiaro che la nuova politica di stimolo all'innalzamento del deficit statunitense sarebbe un suicidio per gli USA.

La Cina, pur dicendo di non voler accelerare le cose, passa già il suo tempo a vendere gli asset USA per comprare quelli Giapponesi (cosa che viene riflessa nel valore storico del rapporto di cambio tra dollaro e Yen).

Per quanto riguarda il Giappone, in questo momento e' forzato ad essere allineato sia con Washington sia con Pechino... e probabilmente cancellerà tutte le proprie politiche finanziarie e monetarie.

Nei futuri quadrimestri, la FED come anche il governo federale, scopriranno che nel momento in cui gli USA non saranno più considerati un succoso sinonimo del profitto e/o del potere distribuito, vedranno la propria abilità nel convincere i loro partner declinare velocemente e pesantemente, in special modo quando il secondo mette in discussione l'importanza delle politiche scelte.

Le conseguenze di queste tre realtà, che gradualmente fanno sentire la loro presenza nella coscienza globale, nonché in quella degli USA, faranno si, secondo il team LEAP/E2020, che gli USA entrino nel 2011 in un era di austerità mai vista da quando il paese e' diventato il cuore del sistema globale economico e finanziario.

Il blocco della politica federale nel contesto dell'elettorato ammalato e stanco di Washington e Wall Street, la massiccia dipendenza sui fondi federali da parte dell'intera economia USA e l'impotenza della FED, incapace di evitare una situazione di crescente riluttanza nel finanziare il deficit USA, verranno combinate per spingere il paese nell'austerità.

Un'austerità che sta già affliggendo almeno il 20% della popolazione e che direttamente affligge un americano su due preoccupati di andare ad aggiungersi ai senza tetto, a quelli senza lavoro ed ai disoccupati a lungo termine. Per queste decine di milioni di americani l'austerità e' qui e si chiama impoverimento duraturo.

Quello che succederà entro la primavera del 2011 e', quindi, un cambiamento nei discorsi ufficiali, nelle politiche budgetarie e nella consapevolezza internazionale dell'idea che gli USA non sono più «il paese della cuccagna», ma «la terra di pochi».

Oltre alle scelte politiche nazionali, c'è anche la scoperta di una nuova limitazione per il paese: gli USA non si possono permettere un nuovo stimolo. Piuttosto che un collasso multi decennale, come la situazione Giapponese, molti decision makers saranno tentati dalla terapia shock... la stessa terapia che, con il FMI, gli USA raccomandano all'America latina, ai paesi asiatici e all'Europa dell'est.

Grazie a Trinetra e Markozu per questa parte.

Vi ricordo il blog economy day!

Saluti felici

Felice Capretta


NOTE
[1]. A questo riguardo, nel prossimo numero di Ottobre, il nostro gruppo preparerà, come ogni anno, il suo elenco con le previsioni economiche e il rischio paese per il 2011. Quello che è già chiaro ai nostri ricercatori è che la fine del 2010 sarà segnata da una drastica revisione al ribasso di tutte le previsioni attuali (incluse le previsioni per gli USA già riviste in peggio). Fonte: Reuters, 09/09/2010.
[2]^ Fonti: Bloomberg, 07/20/2010; Oftwominds, 07/15/2010; New York Times, 08/09/2010; CNBC, 08/12/2010.
[3]^ Il grafico sotto mostra come la crescita stia già collassando. L'indice di crescita del CMI è stato uno degli indicatori più affidabili nell'anticipare i cambiamenti del PIL USA. E il 92% degli americani crede che il paese sia ancora in recessione. Fonte: GlobalEconomicAnalysisBlogspot, 09/09/2010.
[4]^ Come sottolineato del nostro gruppo dal GEAB N. 9 del Novembre 2006 in avanti.
[5]^ Prendendo a prestito l'evocativo titolo del racconto di Joseph Conrad che ispirò fortemente Francis Ford Coppola nel suo film Apocalipse Now.
[6]^ Come LEAP/E2020 ha chiamato la crisi economica americana fin dall'Aprile 2007 nel GEAB N. 14.
[7]^ Inoltre, anche senza includere queste previsioni nella loro analisi, anche gli esperti dell'OCSE fanno presente che la crescita globale subirà un rallentamento tra ora e la fine del 2010. Fonte: Marketwatch, 09/09/2010.
[8]^ La versione francese sarà pubblicata il 7 October a cura delle Editions Anticipolis.
[8]^ L'indice Wells Fargo/Gallup delle PMI continua a scendere mese dopo mese. Fonte: Source: Gallup, 08/02/2010.
[9]^ Anche Wall Street continua a pianificare licenziamenti collettivi nei prossimi mesi. Fonte: Bloomberg, 09/07/2010.
[10]^ Perfino i percettori di redditi alti ora sono coinvolti col problema dei fallimenti. USAToday, 07/29/2010.
[11]^ Per chiarire questa allarmante situazione sociale merita di essere letto il rapporto congiunto FMI/ILO iniziato dal governo norvegese sui «Le sfide per la crescita, l'occupazione e la coesione sociale» nel contesto della crisi corrente. Fonte: OsloConference, 07/22/2010.
[12]^ Un indicatore particolarmente efficace che mostra il prezzo che i giovani americani stanno pagando per colpa della crisi. Il numero di posti di lavoro estivi, una tradizionale tratto di indipendenza per i giocani americani per l'anno successivo, sono scesi al livello più basso dal 1948. Fonte: USAToday, 09/03/2010.
[13]^ Queste immagini di tagli drastici nel numero di agenti a Auckland sono emblematiche di quello che sta succedendo nelle zone rurali in termini di servizi pubblici. Fonte: DailyMotion.
[14]^ Su questo argomento nel USAToday del 08/16/2010 c'è un ritratto veramente interessante dei sostenitori dei movimenti «Tea Party».
[15]^ Vedi GEAB Nr. 45.
[16]^ Il successo dei raduni dei sostenitori dei «Tea Party» a Washington il 08/28/2010, organizzato dal Glenn Beck, ne è un ovvio esempio. Fonte: Washington Post, 08/29/2010.
[17]^ Fonte: New York Times, 08/31/2010
[18]^ I mercati azionari sono rimasti stabilie o in declino per diversi trimestri nonostante i continui tentativi da parte delle autorità finanziarie per cercare di ridare loro lo smalto perduto ... e ancora una volta si avvicinano ad un violento spasmo legato al «Hindeburg Omen» o alle aspettative sulle condizioni finanziare ed economiche globali. Fonte: Telegraph, 08/27/2010.
[19]^ Fonte: New York Times, 08/22/2010
[20]^ Washington si troverà a fronteggiare in dura realtà nei mesi a venire: città e stati che rapidamente collasseranno nell'austerità e che non potranno ripagare i loro debiti. Le città minacciano di licenziare 500.000 impiegati nei prossimi mesi. Fonte: ZeroHedge, 09/07/2010, CNNMoney, 07/28/2010.
[21]^ Vedi GEAB Nr. 24, Aprile 2008.
[22]^ Ovvero articoli come il seguante erano semplicemnte inimmaginabili solo un anno fa: Le Figaro/Journal des Finances of
09/10/2010 ha scritto che la BCE stava analizzando lo scenario peggiore, che non è altro che una fuga degli investitori dai beni USA;
Reuters nel 08/25/2010 era preoccupato per la prossima fase della crisi e ha chiaramente dettagliato la bolla del debito USA; il Telegraph del 07/30/2010 che ha descritto le raccomdazioni FMI per nuove spese di stimolo per l'economia negli Stati Uniti come una pazzia; Bloomberg nel 08/11/2010 ha denunciato lo stato di bancarotta degli Stati Uniti; il capo dell'esercito USA ha parlato del deficit come di una minaccia alla sicurezza nazionale nel ExecutiveGov of 08/27/2010; e per completare questa lista puramente indicativa, nel New York Times del 09/02/2010, un suggerimento (che ha poche possibiltà di essere ascoltato e che disprezza il nascente nuovo mondo) da parte di Robert Reich, l'ex segretario del lavoro sotto Bill Clinton, si intitola «Come terminare la Grande Recessione». Il titolo comincia ad avvicinarsi alla «Molto Grande Depressione» di cui LEAP/E2020 ha parlato per quasi 4 anni.
[23]^ Fonte: Politico, 04/03/2009.
[24]^ Un vistoso esempio micro-economico dell'improvviso combiamento nei comportamenti cuasato dalla crisi è dato dalla drastica riduzione nell'uso delle carte di credito da parte dei consumatori USA (il 56% di loro hanno usato una carta di credito nel 2009 contro l'87% del 2007) che si ritiene siano completamente dipendenti dalle carte di credito. Questo sviluppo naturalmente ha importanti conseguenze macro-economiche per il sistema fianziario e le imprese USA. Fonte: USAToday, 09/11/2010.

Fonte: http://informazionescorretta.blogspot.com/2010/10/geab-47-parte-1.html#links.


I 60 miliardi di dollari di armi che l'Arabia Saudita acquisterà dagli Usa serviranno alla guerra contro l'Iran
di Dov Zakheim - www.globalresearch.ca - 23 Ottobre 2010
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di Stefania Micucci

Sembra ormai certa la notizia che la colossale vendita di armi all'Arabia Saudita, da parte degli Stati Uniti, sarà destinata alla guerra contro l'Iran. E il bello è che Israele non ha fatto nessuna opposizione.

Secondo le parole di un analista, riportate dall'agenzia stampa cinese Xinhua News Agency, proprio Gerusalemme sembra aver abbracciato l'antico principio: “Il nemico del mio nemico, è mio amico”.

Molto probabilmente, l'accordo, riguardante la fornitura di 84 nuovi F-15, la modernizzazione di 70 F-15 della flotta aerea di Riyadh, e un migliaio di bombe “bunker buster” (bombe sfonda-bunker ) , è finalizzato ad aumentare l’effetto deterrente dei Sauditi contro l’Iran.

Ma ciò presuppone che l'Iran continuerà a lavorare per portare a termine il suo programma nucleare entro il 2015, anno in cui il primo dei nuovi F-15 verrà consegnato all'Arabia Saudita.

Se entro quella data l'Iran dovesse essere già in possesso delle armi nucleari e dei sistemi di puntamento, sarà impossibile per i Sauditi evitare un eventuale attacco di Teheran. Dall'altra parte, se l'Iran rinunciasse al suo programma nucleare, come risposta alle pressioni internazionali o a scompigli interni, l’acquisto di armi dei Sauditi si rivelerebbe eccessivo.

Guardando al resto dell'accordo, sembrerebbe che Riyadh abbia altre preoccupazioni. I Sauditi hanno acquistato 190 elicotteri, tra cui 70 Apache Longbows, una versione aggiornata del migliore elicottero da attacco dell'esercito statunitense, dotato di vari tipi di armi, come potentissimi cannoncini da 30 mm e missili anticarro.

Inoltre, sono stati comprati 36 AH-6i, degli elicotteri leggeri conosciuti come "Little Bird", usati spesso dalle Forze Speciali, e 72 UH-60 Blackhawks, utili per gli spostamenti delle truppe all'interno e all'esterno delle zone di combattimento.

L'acquisto di questi elicotteri ha senso in un'ottica di prevenzione degli attacchi dello Yemen o di supporto alle operazioni del governo di Sana'a contro le tribù ribelli, come gli Houthis (che sono Zaidi, un sottogruppo degli Sciiti). Se gli Houthis o altri ribelli dovessero operare all'interno di nascondigli sotterranei, verrebbero impiegate le “bunker buster”.

La modernizzazione della flotta navale saudita ha lo scopo di evitare la pirateria nel Mar Rosso, nonché gli assalti alle piattaforme petrolifere della Provincia Orientale e come anche da deterrente per eventuali attacchi della flotta iraniana o delle forze navali delle Guardie Rivoluzionarie Iraniane.

Perché Israele non si è opposta all'acquisto di sistemi di attacco da parte dei Sauditi, che teoricamente potrebbero essere utilizzati contro lo stato ebraico? In parte perché gli Israeliani non si aspettano un attacco del genere; in parte perché riceveranno i più moderni F-35 nello stesso anno in cui i Sauditi avranno gli F-15; in parte perché gli Israeliani hanno già, e quindi conoscono bene, non solo gli F-15, ma anche gran parte dei sistemi che i Sauditi hanno acquistato.

Presumibilmente, le Forze Armate israeliane hanno escogitato un'azione di difesa che prevede la guerra elettronica o mezzi cinetici. Inoltre, è negli interessi di Israele che il regime conservatore saudita eviti la presa di potere di radicali come gli Houthis, che con le loro azioni hanno terrorizzato l'antica comunità ebraica dello Yemen, al punto da costringere gran parte di essa a emigrare

Inoltre, anche se non pensano che gli F-15 possano essere determinanti nella lotta al programma nucleare dell'Iran, Israele crede che Teheran non abbia bisogno di cinque anni per creare la bomba, e sono consapevoli dell'impatto psicologico che il loro tacito supporto ai Sauditi potrebbe avere sugli Ayatollah.

Agli Israeliani non dispiacerebbe se, di fronte alla loro passività, i paranoici leader iraniani deducessero che Israele e Riyadh sono in combutta contro di loro, e che Israele ha in serbo un piano segreto per sorvolare lo spazio aereo saudita e attaccare gli impianti nucleari iraniani.

C'è un'ulteriore ragione per il silenzio di Israele di fronte all'accordo: per oltre venti anni, da quando il primo ministro Yitzhak Shamir nel 1988 annullò l’opposizione degli ebrei americani alla vendita degli F-18 al Kuwait, Israele non si è mai immischiata nella vendita di armamenti agli stati arabi del Golfo.

All'epoca, Shamir disse che la la vendita non rappresentava una minaccia per Israele, e un suo diplomatico a Washington consigliò a vari oppositori del Congresso di conservare le polemiche per altre questioni. Da allora, l'idea di Israele a riguardo non è cambiata, mentre il desiderio di vittoria sugli stati del Golfo si è intensificato.

Israele vuole instaurare rapporti decenti, se non ufficiali, con i regimi del sud del Golfo, non solo per dar vita a un fronte unito contro l'Iran, ma anche per incoraggiarli a svolgere un ruolo positivo nel processo di pace e ad aumentare il loro supporto finanziario all'autorità palestinese.

Mentre Israele ha avuto dei rapporti economici a intermittenza con vari stati del Consiglio di Cooperazione del Golfo, l'Arabia Saudita non ne ha mai fatto parte. Riyadh è il primo premio, e gli Israeliani sono disposti a tutto per vincerlo, anche ad acconsentire a un enorme acquisto di armi dall'America.


Le probabilità di una guerra con la Cina stanno aumentando
di Mike Whitney - www.globalresearch.ca - 22 Ottobre 2010
Tradotto per www.comedonchisciotte.org da E.T.

Gli Stati Uniti conducono la loro politica monetaria allo stesso modo in cui conducono la politica estera: in modo unilaterale. Quando la scorsa settimana il presidente della Fed, Ben Bernanke, ha annunciato di voler rilanciare il programma di acquisto di bond (quantitative easing), non si è consultato con gli alleati del FMI, col G-20 o col WTO. Ha semplicemente emesso il suo editto, e questo è quanto.

Il fatto che la politica della Fed causi l’invasione sui mercati emergenti di capitali a basso costo, spingendo verso l'alto il valore del dollaro e l'inflazione, non crea alcuna preoccupazione a Bernanke.

Egli opera sulla stessa linea dell’ex segretario al Tesoro John Connally, che scherzando allegramente con un gruppo di ministri delle finanze dell'euro, ha detto "Il dollaro è la nostra moneta, ma è il vostro problema."

La relazione del 15 ottobre di Bernanke avrebbe potuto essere ridotta a nove parole: L'inflazione è troppo bassa e la disoccupazione è troppo alta. Detto questo, Bernanke non ha mostrato alcuna intenzione di starsene lì buono e zitto fino a che il congresso abbia capito che l'economia ha bisogno di maggiore sostegno.

È in procinto spingere al ribasso il dollaro per far salire l'inflazione fino al traguardo del 2% al fine di aumentare le prospettive di un calo della disoccupazione, di una riduzione del disavanzo delle partite correnti e di una ripresa più veloce.

L'economista Edward Hugh lo riassume così:

"La disoccupazione negli Stati Uniti (che è attualmente al 9,6%, e può raggiungere il 10% entro la fine dell'anno), sta causando enormi problemi all'amministrazione Obama. Il mercato del lavoro statunitense e il sistema del welfare non sono assolutamente concepiti per funzionare a lungo con questi livelli di disoccupazione.

In Giappone il tasso di disoccupazione è del 5,1%, e in Germania è sotto l'8%. Perciò quelli di Washington, si chiedono non a torto perché gli USA dovrebbero tollerare così tanta maggiore disoccupazione e un così elevato deficit di bilancio solo per tenere in piedi il sistema di Bretton Woods e il rango di valuta di riserva del dollaro americano.

La mia sensazione è che l'amministrazione americana abbia deciso di ridurre il tasso di disoccupazione e diminuire il disavanzo delle partite correnti, e che l'unico modo per raggiungere questo obiettivo è quello di forzare il valore del dollaro verso il basso. In questo modo saranno le industrie degli Stati Uniti, piuttosto che quelle tedesche o giapponesi, a canticchiare al suono dei nuovi ordini che arriveranno dalla fiorente domanda del nuovo mercato emergente."


Bernanke ha tratto le stesse conclusioni di Hugh, ma questo non significa che la sua strategia non infligga danni notevoli agli alleati degli Stati Uniti. E questo succederà. Il suo programma da coinquilino pezzente di rilancio del quantitative easing costringerà i partner commerciali a implementare i controlli sui capitali ed ad attuare altre misure protezionistiche per mantenere la stabilità dei prezzi.

E poiché le maggiori economie mondiali sono in guerra per ottenere una maggiore quota del mercato dell’esportazione, il quantitative easing porterà anche a ulteriori svalutazioni competitive.

Lo scontro imminente potrebbe portare al dissolvimento del regime commerciale attuale e una brusca inversione dei 30 anni di globalizzazione.

Ma il maggior problema di Bernanke è la Cina. La Cina era la prediletta dell’America quando si caricava di titoli del Tesoro alimentando la storica baldoria dei consumi che ha riempito le casse di Wall Street.

Ma ora che l'acquisto del debito degli Stati Uniti sta impedendo alla Fed di attuare la propria politica monetaria, Bernanke pretende un cambiamento. Purtroppo, la Cina non sta collaborando.

Sta invece accumulando riserve di valuta estera a ritmi record per mantenere il valore di cambio del dollaro, il che sta allargando il disavanzo delle partite correnti a livelli di pre-crisi.

Lo squilibrio commerciale sta spingendo il mondo verso una nuova crisi, e questo è il motivo per cui Bernanke e soci sono determinati a convincere la Cina a lasciare apprezzare la sua moneta per ridurre il divario. (Le riserve cinesi in valuta estera sono salite a $ 2.65 trilioni nel 3° trimestre).

Linee guida: la Fed non può far ripartire l'economia nazionale se il deficit commerciale continua a crescere. E' impossibile. Lo stimolo viene semplicemente buttato nello scarico del lavandino.

La Cina sta facendo la parte del leone nella domanda globale con un’offerta a prezzi inferiori a quelli degli Stati Uniti e il tutto alla luce del sole. Questo è l'effetto reale di un dollaro bloccato; la Cina ha un vantaggio ingiusto rispetto ai suoi concorrenti.

Una moneta che fluttua liberamente contribuisce a tenere livellato il campo di gioco (anche se il costo del lavoro degli Stati Uniti è in competizione con alcuni dei lavoratori peggio pagati al mondo) e l'annuncio di Bernanke venerdì scorso è solo il primo colpo sparato contro la prua di Pechino. Ma ce ne saranno altri in futuro.

La riunione di questo fine settimana del G-20 fornisce al segretario al Tesoro Timothy Geithner l'occasione ideale per puntare i riflettori sulla Cina e far smettere le manipolazioni sulla valuta. Molti si aspettano che faccia una forte dichiarazione che esiga modifiche al sistema.

Un aggiornamento della Reuters di Mercoledì conferma la posizione degli Stati Uniti. Eccone un sunto:

"Mercoledì, un alto funzionario del Dipartimento del Tesoro Usa ha detto che gli Stati Uniti vogliono che il gruppo dei 20 capi responsabili delle finanze si impegni a consentire al mercato di impostare i tassi di cambio delle valute e che se ne discuterà fissando dei traguardi al commercio per misurarne l’andamento.

In anticipo sulla riunione del G20 di fine settimana a Gyeongju, in Corea del Sud, il funzionario americano ha precisato che Washington vuole che i tassi di cambio delle valute rappresentino un punto focale degli incontri e che guarda ai surplus delle partite correnti e ai deficit come parte vitale della discussione…

Il funzionario ha poi aggiunto che dal nostro punto di vista crediamo che questi problemi siano fondamentalmente e intrinsecamente collegati e che è importante che il G20 sia in grado di intraprendere un'azione comune per rendere più facile una correzione ordinata degli squilibri, garantendo inoltre un adeguamento più efficace dei tassi di cambio in linea con i fondamentali economici”.
(“Gli Stati Uniti vogliono l'impegno del G20 a consentire un aumento delle loro valute", Reuters)

Né l'amministrazione Obama né la Fed vogliono una vera e propria guerra commerciale contro la Cina. Preferiscono vedere che la Cina "assuma la sua posizione nel sistema globale". (Come dichiarano i diplomatici degli Stati Uniti).

Ma questo vuol dire che la Cina dovrebbe scendere a compromessi, cosa che essa ritiene essere un fatto che riguarda la sovranità nazionale.

Ed è qui il problema. La Cina è una nazione orgogliosa e non vuole sentirsi dire cosa fare. Ma non è così che funziona il sistema. Dietro la facciata del libero mercato e delle istituzioni internazionali, c’è un sistema imperiale governato da Washington.

Questo lascia a Pechino due possibilità: o piegarsi alle pressioni degli Stati Uniti e cedere dai propri principi o ignorare le richieste di Washington e continuare sulla stessa strada. Se scelgono di resistere, le relazioni con gli Stati Uniti diverranno più aspre e le probabilità di un conflitto aumenteranno.