lunedì 18 ottobre 2010

L'Iran consolida il suo status di potenza regionale

Si è conclusa pochi giorni fa la visita del presidente iraniano Ahmadinejad in Libano, riconfermando così il ruolo di potenza regionale che l'Iran sta via via consolidando in Medio Oriente. E non solo.

Ad esempio è noto che in Iraq dietro gli accordi per la coalizione che formerà - dopo ben oltre 7 mesi dalle ultime elezioni - il nuovo governo, ci sono gli iraniani.

Lo riafferma oggi il Guardian, precisando che i negoziati sono iniziati già da settembre a Qom, residenza di Muqtada al-Sadr, e hanno coinvolto gli Hezbollah libanesi e le più alte autorità sciite, come l'ayatollah Kazem al-Haeri, l'ayatollah Ali Kamenei e il leader degli stessi Hezbollah, Hassan Nasrallah.
E oggi inoltre Ahmadinejad riceverà il premier iracheno al-Maliki a Teheran, dove si tratterrà per due giorni.

Ma non è tutto. Sempre oggi il rappresentante speciale Usa per l'Afghanistan Richard Holbrooke ha detto che gli Usa riconoscono che l'Iran può svolgere un ruolo nel processo di pace nel Paese asiatico.
"L'Iran ha una frontiera aperta con l'Afghanistan e ha un ruolo da svolgere nella pacificazione dell'Afghanistan", ha detto Holbrooke in conferenza stampa a Roma.

Gli unici che invece stanno rosicando per questi riconoscimenti ufficiali dell'importanza della diplomazia iraniana nell'area mediorentale e asiatica sono ovviamente gli israeliani.

E proprio oggi si parla di un attentato sventato ai danni del presidente iraniano che sarebbe dovuto accadere giovedì scorso in Libano mentre Ahmadinejad si recava nel sud del Paese, al confine con Israele...


Libano, la scommessa di Teheran
di Michele Paris - Altrenotizie - 17 Ottobre 2010

La recentissima visita del presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad in Libano ha scatenato una serie di reazioni ansiose in Occidente e avvertimenti minacciosi da Washington e Tel Aviv per una possibile nuova escalation di violenza in Medio Oriente.

Nello stesso paese ospitante, le risposte alla presenza del discusso leader iraniano hanno rispecchiato le tensioni settarie, già ampiamente diffuse alla vigilia della pubblicazione dei primi risultati del Tribunale Speciale per il Libano che sta indagando sull’assassinio dell’ex premier Rafiq Hariri.

Ahmadinejad è stato accolto trionfalmente all’aeroporto di Beirut da un tripudio di bandiere iraniane prima di incontrare il presidente libanese Michel Suleiman. Se nei quartieri sciiti della capitale e nel sud del paese - devastato dalla guerra del 2006 con Israele - il presidente iraniano è stato ricevuto calorosamente, sunniti e cristiani hanno visto con sospetto la presenza di un ospite così ingombrante nel loro fragile paese.

L’inquietudine di alcuni membri della maggioranza parlamentare filo-occidentale (Coalizione 14 marzo) li ha spinti anche ad indirizzare una lettera aperta ad Ahmadinejad, criticandolo per il suo presunto tentativo di trasformare il Libano in una “base iraniana nel Mediterraneo”.

La visita di Ahmadinejad ha tuttavia semplicemente rappresentato, da un certo punto di vista, il catalizzatore delle inquietudini che animano uno stato polarizzato come quello libanese. Le profonde divisioni che tradizionalmente animano il sistema politico in Libano si sono ulteriormente intensificate negli ultimi mesi, con il governo di unità nazionale sull’orlo di una gravissima crisi.

Se le indiscrezioni di un possibile coinvolgimento di membri di Hezbollah nella morte di Rafiq Hariri nel 2005 saranno confermate, la sorte del governo di Saad Hariri potrebbe essere segnata, con tutte le pericolose conseguenze che ne conseguirebbero.

A calmare gli animi, il premier Saad Hariri aveva recentemente suggellato il riavvicinamento del suo paese alla Siria - le cui truppe avevano lasciato il Libano proprio in seguito ai fatti del febbraio 2005 - affermando di aver fatto un errore nel recente passato accusando Damasco di essere dietro all’assassinio del padre.

Per Hezbollah, tuttavia, il passo necessario per evitare uno scontro frontale tra le due anime del governo di coalizione dovrebbe essere la denuncia dello stesso Tribunale Speciale e la fine della collaborazione con quello che viene visto come uno strumento nelle mani di Israele.

Con la tensione già alle stelle a Beirut, l’arrivo di Ahmadinejad ha dato così il via a nuove speculazioni sui giornali israeliani e occidentali, allarmati per un possibile imminente colpo di mano di Hezbollah che trasformerebbe il Libano in un “client state” della Repubblica Islamica.

Le consuete dichiarazioni di fuoco del presidente iraniano sulla distruzione di Israele, lanciate dalla roccaforte di Hezbollah, Bint Jbeil, a pochi chilometri dal confine meridionale, hanno poi contribuito ad aumentare la tensione.

L’insolito spettacolo di un leader iraniano salutato con tutti gli onori del caso in un paese arabo ha ovviamente causato qualche brivido anche nei palazzi del potere in Giordania, Egitto e Arabia Saudita.

L’entusiasmo manifestato nei confronti di Ahmadinejad va letto però soprattutto in chiave di riconoscenza per la vicinanza che l’Iran dimostrò al Libano nel corso della guerra dell’estate 2006, che fece oltre mille vittime tra i civili, e gli aiuti elargiti durante la ricostruzione.

Il silenzio in quell’occasione dei paesi arabi moderati, non troppo dispiaciuti nel vedere Hezbollah schiacciato da Israele, sembra insomma essere rimasto ben impresso nella memoria dei cittadini libanesi, soprattutto sciiti.

Dal punto di vista di Teheran, poi, la trasferta in Libano del presidente Ahmadinejad non appare tanto una dimostrazione di forza per mostrare a tutto il Medio Oriente e al mondo occidentale le proprie mire espansionistiche nella regione.

Se è pur vero che i nodi irrisolti nel vicino oriente difficilmente potranno essere sciolti senza il coinvolgimento dell’Iran, l’attivismo di Teheran risponde piuttosto alla necessità di rompere l’isolamento nel quale gli USA, Israele e non pochi paesi arabi vorrebbero spingerlo.

Le sanzioni approvate qualche mese fa dal Consiglio di Sicurezza dell’ONU - seguite da quelle adottate unilateralmente da Stati Uniti e Unione Europea - sotto pressione statunitense, in seguito ad una mai dimostrata corsa verso la realizzazione di armi nucleari, seppure non paralizzeranno il sistema economico iraniano, minacciano di rallentare lo sviluppo del fondamentale settore energetico. La carenza di capitali esteri per sviluppare una rete di infrastrutture necessaria a sfruttare le ingenti riserve di petrolio e gas naturale si fa sentire ormai da tempo in Iran.

In quest’ottica, per Ahmadinejad diventa fondamentale provare a costruire buoni rapporti con i propri vicini arabi e il Libano potrebbe essere precisamente la chiave di volta di questa strategia. Parallelamente, anche l’appoggio fornito a Hezbollah in Libano e ad Hamas a Gaza rappresenta una sfida ed un ammonimento nei confronti di Israele, i cui toni si fanno sempre più aggressivi verso un Iran che da Tel Aviv appare come una minaccia alla propria stessa esistenza.

Alla luce delle persistenti intimidazioni occidentali e della mancanza di risposte da parte di Washington alle aperture che pure il regime di Teheran ha ripetutamente lanciato per risolvere la questione del nucleare, l’Iran sembra dunque volere sfuggire alla sorte toccata al’Iraq nel 2003 dopo essere stato sottoposto ad una lunga serie di sanzioni.

Per evitare l’accerchiamento, o una possibile aggressione di Stati Uniti o Israele nel prossimo futuro, l’unica strada per il governo iraniano è quella di allentare le pressioni esterne e riannodare i fili dei rapporti con i paesi vicini. A cominciare proprio dal Libano, tradizionalmente terreno di incontro, ma anche di scontro, delle varie identità del mondo arabo.


"Pronti a difendere il Libano"

di Michele Giorgio - www.ilmanifesto.it - 14 Ottobre 2010

Accoglienza trionfale per il presidente iraniano. Israele: una provocazione. Da Ahmadi Nejad prestiti e accordi bilaterali. Tehran potenza regionale

L'Iran è pronto a difendere il Libano da una nuova «aggressione israeliana». Mahmud Ahmadi Nejad non ha mancato ieri, nel primo dei tre giorni di visita ufficiale a Beirut, di mettere sul piatto della bilancia la crescente potenza militare del suo paese in un quadro mediorientale strategicamente dominato da Israele.

«La nazione iraniana sarà sempre accanto a quella libanese, non abbandoneremo mai il Libano e lo aiuteremo contro le animosità provocate dal regime sionista (Israele)», ha assicurato il presidente iraniano in un discorso volto anche a sostenere «un Libano forte e unito».

Durante gli incontri con il capo di stato Michel Suleiman e il premier Saad Hariri, Ahmadi Nejad ha evitato di nominare il movimento sciita Hezbollah, principale alleato libanese della Repubblica islamica. «Ho ringraziato Ahmadi Nejad per il continuo supporto iraniano al Libano contro le aggressioni israeliane» ha ricambiato il presidente libanese, felice di rafforzare la cooperazione con Teheran.

Le parole di Suleiman non sono piaciute agli Stati Uniti che, al contrario, attraverso il Segretario di stato Hillary Clinton, hanno ribadito l'opposizione ai tentativi di «destabilizzare» o «fomentare le tensioni in Libano» che, secondo Washington, l'Iran metterebbe in atto nel Paese dei Cedri.

E non le hanno gradite neppure i principali esponenti filo-Usa del «Fronte14 marzo», che raccoglie le forze libanesi schierate contro Hezbollah, Siria e Iran e che accusano Tehran di voler trasformare il Libano in «una base avanzata iraniana».

Forte è l'irritazione di Israele, consapevole che la visita di Ahmadi Nejad va ben oltre la «trasformazione del Libano in un feudo iraniano» teorizzata ieri dallo stesso ministero degli esteri di Tel Aviv.

Come ha scritto un paio di giorni fa Sarkis Naum sul quotidiano di Beirut an Nahar, sta nascendo un fronte composto non più solo dall'alleanza trentennale Iran-Siria ma che ora include, di fatto, anche il Libano e l'Iraq (sempre di più nell'orbita iraniana).

Uno schieramento non dichiarato al quale potrebbe avvicinarsi un paese membro della Nato, la Turchia, se, come annunciava ieri as-Safir, il presidente Erdogan si unirà domani ad Ahmadi Nejad a Beirut. Scenari non lontani dalla realtà se si considera che il ministro degli esteri saudita Saud al-Faisal è volato ieri al Cairo per incontrare il rais Hosni Mubarak e discutere di Iraq e Libano.

L'ingresso ufficiale, dalla porta principale, dell'Iran nella casa libanese include la firma di ben 17 accordi bilaterali, prestiti agevolati a Beirut per 450 milioni di dollari per progetti nel campo energetico e delle risorse idriche, forniture di gas e la costruzione di una raffineria. «I benefici di questa visita saranno tutti per il Libano» ha sottolineato il presidente iraniano.

Aiuti che per Tehran sono un passo oltre la fornitura di migliaia di razzi e altre armi alla guerriglia di Hezbollah. Il movimento sciita - che ieri sera, in uno stadio a sud di Beirut, ha offerto ad Ahmadi Nejad un secondo bagno di folla dopo quello avvenuto al mattino lungo la strada tra l'aeroporto e il palazzo presidenziale - ha ricordato che l'Iran ha finanziato con oltre un miliardo di dollari la ricostruzione del Libano dopo l'offensiva israeliana del 2006.

Il presidente iraniano, che ieri ha di nuovo invocato la «liberazione della Palestina dall'occupazione sionista», oggi scaglierà simbolicamente sassi verso il territorio israeliano durante il suo tour nel Libano del sud come si dice da giorni? L'interrogativo occupa ampio spazio nei media locali e internazionali.

Israele intanto ha descritto la visita di Ahmadi Nejad a Beirut «una provocazione che mina la stabilità della regione» mentre i suoi cacciabombardieri hanno sorvolato ieri il Libano del sud violando ancora una volta lo spazio aereo libanese.


Le reazioni israeliane alla visita di Ahmadinejad in Libano

di Miriam Pace - www.clarissa.it - 15 Ottobre 2010

Vasta eco ha avuto nel mondo politico e sulla stampa israeliana la visita ufficiale in Libano, ed in particolare nel sud del paese controllato da Hezbollah, del presidente dell'Iran Mahmud Ahmadinejad, ed il suo comizio oceanico tenuto al confine con lo stato ebraico nella città di Bint Jbeil, città "eroe della resistenza" durante l'invasione di Israele in Libano del 2006.

Gideon Meir, ambasciatore di Tel Aviv in Italia, ha dichiarato a Sky Tg24:
"La visita di Ahmadinejad in Libano deve preoccupare soprattutto l'Europa perché è il primo passo dell'islamizzazione del Libano e quindi dell'iranizzazione dell'intero Medio Oriente. E quindi è un segnale d'allarme per l'Europa. [...] I missili che l'Iran sviluppa sono sufficienti per colpire Israele ma anche per colpire Roma o l'Europa. Israele non è il bersaglio: l'Europa è il bersaglio. Se fossi europeo sarei preoccupato, non solo per questa visita ma per l'islamizzazione che viene sfruttata dall'Iran nei confronti dell'Europa per vincere l'Occidente".

Alcuni giornali israeliani hanno così commentato l'evento. Yedioth Ahronot ha titolato: "Il dittatore e la sua terra". Israel ha-Yom: "Ahmadinejad ha conquistato il Libano" e ha poi continuato:

"Ahmadinejad è il re di Beirut. Le scene di estasi popolare viste ieri nella capitale libanese ricordano la Anschluss, l'annessione dell'Austria al Terzo Reich del 1938. Anche in quella occasione i motociclisti della Wermacht hitleriana furono accolti con espressioni di giubilo nella strade di Vienna. Gli Hezbollah libanesi e i palestinesi di Hamas sono solo uno strumento al servizio dell'imperialismo iraniano".

Il deputato di estrema destra Israel Eldad aveva auspicato nei giorni scorsi: "Se Ahmadinejad entra nel mirino di uno dei nostri cecchini, durante la visita al nostro confine con il Libano, non dovrebbe poter tornare a casa vivo".


"L'Iran mostra la sua influenza nella regione"
di Michele Giorgio - www.ilmanifesto.it - 12 Ottobre 2010

Gli analisti arabi allargano l'orizzonte della visita in Libano del presidente iraniano Mahmud Ahmadi Nejad. E guardano ai riflessi che il viaggio avrà sullo scenario regionale, dove l'Iran agisce ormai da protagonista nonostante le sanzioni economiche e politiche internazionali approvate su pressione americana (e israeliana) per colpire il programma nucleare iraniano. Ne abbiamo parlato con Mouin Rabbani, esperto di strategia nel Vicino Oriente.

Ahmadi Nejad arriva a Beirut: significa che l'Iran ha deciso di scendere in campo aperto in Libano?
Direi di sì. Tehran si muove da quasi trent'anni sulla scena libanese ma sino a oggi ha preferito agire dietro le quinte, limitandosi, si fa per dire, a dare pieno appoggio - militare ed economico oltre che politico - a Hezbollah. Adesso sente di avere un peso regionale talmente importante da poter recitare da protagonista e alla luce del sole il suo ruolo nel Paese dei cedri. Ahmadi Nejad segnala a tutti gli altri attori che il suo paese non ha più bisogno, ad esempio, degli alleati siriani per poter esercitare la sua influenza in Libano.

Non è un caso che questo viaggio abbia luogo dopo la recente visita congiunta a Beirut del presidente siriano Bashar Assad e del re saudita. Il presidente iraniano manda a dire che non solo Damasco e Riyadh possono garantire la stabilità del Libano ma che anche l'Iran può svolgere questo ruolo, persino dal punto di vista economico. A dimostrazione di ciò c'è l'atteggiamento di Saad Hariri. Il premier libanese, che non ha certo cambiato opinione sull'interferenza di Tehran nella politica interna del suo paese, si rende conto che con un protagonista di primo piano come l'Iran si deve dialogare per forza e, più di tutto, cooperare in economia.

La visita di Ahmadi Nejad a Beirut rappresenta anche un messaggio per gli americani e gli israeliani?
Senza ombra di dubbio. Agli americani il presidente iraniano dimostra di potere e sapere parlare a tutti i libanesi, non solo agli sciiti, e di avere la forza necessaria per bilanciare l'influenza statunitense nel Paese dei Cedri. Ancora più forte è il messaggio indirizzato a Israele: l'Iran è decisivo per gli equilibri regionali e non accetta più che sia soltanto Tel Aviv a dettare legge.

Come vede le relazioni tra Damasco e Tehran? I due paesi sono uniti da un'alleanza strategica che dura da trent'anni e a ogni occasione ripetono che nulla potrà spezzarla. Eppure di recente si sono notati segni di insofferenza siriana, specie sulla questione della nomina del premier iracheno che, con ogni probabilità, sarà ancora Nouri al Maliki, l'uomo dell'Iran.
Una frattura tra Siria e Iran è impensabile perché i due paesi hanno ottenuto molto dalla loro alleanza in questi trent'anni. In questo periodo però è accaduto qualcosa di fondamentale. La Siria pur conservando un proprio ruolo è meno importante di prima sullo scacchiere mediorientale, mentre l'Iran è emerso negli ultimi anni come una superpotenza regionale che fa sentire il suo peso, a cominciare dalla situazione interna all'Iraq. Quindi se è illogico parlare di problemi profondi tra le due parti, allo stesso tempo è chiaro a tutti che tra i due alleati l'Iran è quello più forte, strategicamente ed economicamente. Un quadro che la Siria accetta non senza qualche malumore.

Quindi è significativo il fatto che l'iracheno Iyad Allawi, il premier che avrebbero preferito i siriani, si sia sfogato proprio a Damasco contro le «imposizioni» di Tehran in Iraq.
Quelle dichiarazioni di Allawi sono state autorizzate proprio per consentire ai siriani di esprimere disappunto per gli sviluppi politici in Iraq. Damasco ritiene di dovere svolgere, a nome dell'intero mondo arabo, un ruolo di primo piano in Iraq, soprattutto quando sarà completato il ritiro americano. L'influenza iraniana perciò in qualche occasione risulta pesante al regime siriano. Damasco però non farà nulla per prendere le distanze da Tehran, come vorrebbero gli americani, perché è troppo rilevante il peso degli investimenti finanziari e industriali iraniani in Siria. Senza contare l'assicurazione ottenuta da Damasco sul passaggio sul suo territorio di gasdotti e oleodotti iraniani e iracheni. Gli interessi economici prevalgono.


Le armi di distruzione di massa dell'occidente
di Pascal Sacré - www.mondialisation.ca - 26 Settembre 2010
Traduzione per www.comedonchisciotte.org acura di Susablu

"L'Iran vorrebbe dotarsi di armi nucleari. E noi dobbiamo fare di tutto per impedirlo." In effetti, la maggior parte dei media e dei governi occidentali ci spingono a temere questa minaccia che non costituirebbe alcun problema. Sono estremamente sicuri di loro, perentori, categorici.

Tuttavia media e governi, sempre loro, in Gran Bretagna e Stati Uniti in testa, ci hanno già mentito in maniera spudorata oppure hanno sostituito la propaganda con l’informazione onesta e veritiera.

Rispetto al passato, la Francia ha raggiunto i gruppi dei governi sottomessi al complesso militar-industriale, nonché al sistema finanziario anglosassone. Questo complesso militar-industriale e quello finanziario vogliono conquistare mercati, dirottare verso di sé risorse energetiche, dominare popolazioni, comprese le proprie, e soprattutto giustificare la loro esistenza, preservare il proprio posto al vertice della catena alimentare mondiale. Non si curano della verità.

Nella versione psicologica di questa guerra contro la verità, elemento molto importante del conflitto mondiale e continuamente lanciata dal tandem Bush-Cheney nel settembre 2001, l’Iran è diventato un bersaglio preferenziale e subisce attacchi da ogni parte.

Avete notato?

Per invadere la Jugoslavia, farla saltare e sottometterla al diktat occidentale: demonizzazione della Serbia e di Slobodan Milosevic.

Per invadere l’Afghanistan e farne una colonia anglosassone e poterne depredare le preziose risorse: demonizzazione dei Talebani, descritti un tempo come dei buoni amici dell’amministrazione statunitense.

Per invadere l’Iraq: demonizzazione di Saddam Hussein, anche lui un grande amico dei neoconservatori americani.

Per questi due ultimi esempi, la creatura mitica Bin Laden, specie di “Kraken” (mostro marino) moderno, e i suoi, Al-Qaida, fatti uscire opportunamente dalla scatola dall’impero anglosassone, sono serviti da miccia d’accensione.. Adesso, l’Iran.

Il governo iraniano avrà truccato i risultati delle elezioni del giugno 2009. Il presidente uscente Mahmoud Ahmadinejad, avrà rubato la vittoria al suo avversario, il favorito dagli occidentali, Hossein Mousavi. Per l’elettore occidentale, talmente più fortunato, avendo l’opportunità di avere dei presidenti come Barak Obama, Nicolas Sarkozy o Primi Ministri sinceri, devoti e disinteressati, è semplicemente impensabile scegliere il terribile dittatore religioso antisemita Mahmoud Ahmadinejad!

Com’è possibile?

Solo un orribile imbroglio alle elezioni lo può spiegare.

Tuttavia, a quanto sappiamo grazie al lavoro di seri giornalisti ed autori non asserviti alle potenze occidentali dominanti, sembra per certo che la maggioranza del popolo iraniano, 24,5 milioni di voti (63% dell’elettorato), abbia effettivamente scelto di riconfermare Ahmadinejad alla propria guida.

Che orrore!

Sicuramente, se ciò è incomprensibile per gli abitanti di “Medialand”, “Disneyland” o di “Curedausteriteland”(curadiausteritàland), è però assolutamente logico per un gran numero di iraniani.

Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, il sistema iraniano d’accesso alle cure mediche ha permesso di ridurre del 70% la mortalità infantile nel paese (l’Iran islamico) in 30 anni.

Contrariamente agli Stati Uniti dove malgrado le dozzine di milioni di dollari stanziati dal governo federale (dove vanno veramente queste somme?), le cure mediche primarie in molte regioni colpite da calamità e povere sono rimaste assai poco efficaci, con una mortalità infantile altissima in alcune regioni (come il delta del Mississipi) e dove la speranza di vita resta troppo bassa per un paese che si definisce evoluto.

A tal punto che pediatri statunitensi si interessano al sistema delle case di cura iraniane e vorrebbero importarle nelle regioni del sud-est degli Stati Uniti, quelle più colpite dalla miseria e dalle malattie.

Da ciò media e governi occidentali, accanitisi a diffondere le bugie dell’elezione truccata in Iran, non vi dicono niente.

Ahmadinejad è molto più vicino nel suo programma elettorale a milioni di iraniani che abitano nelle province, nelle città piccole e medie e nei villaggi, rispetto a Moussavi, il campione delle classi medie e della minoranza agiata, quelle che vorrebbero imporre a tutto il paese il sistema occidentale, il migliore (per loro) senza alcun dubbio.

L’ondata di austerità che si prepara a calare sull’Europa, distruggendo tutte le garanzie sociali faticosamente acquisite e stroncando i più deboli, i più poveri, testimonia il contrario.

“Un sondaggio d’opinione pubblica sottoposto su scala nazionale e in maniera scientificamente rigorosa da due esperti statunitensi, solo tre settimane prima del voto […] mostra che Ahmadinejad aveva un vantaggio tale che poteva riportare più del doppio dei voti del suo avversario, vale a dire un margine ancora più consistente di quello della sua vittoria elettorale il 12 giugno. Questo sondaggio mostrava che tra gli elettori di origine azara [l’etnia di Moussavi] Ahmadinejad beneficiava di due volte i voti di Moussavi, cosa che dimostrava a che punto gli interessi di classe incarnati da un candidato sono capaci di occultare l’identità etnica dell’altro” […]

Mahmoud Ahmadinejad è il legittimo presidente della Repubblica Iraniana. E’ lui che la maggioranza degli elettori ha scelto. Non tutti gli iraniani, ma la maggioranza.

Gli elettori di Ségolène Royal, in Francia nel 2007, hanno violentemente manifestato per le strade in milioni quando fu noto il risultato del voto? Attraverso Twitter, Facebook e milioni di sms hanno messo in guardia il mondo intero del furto delle elezioni, cosa fortemente evidente dopo che il loro candidato non aveva vinto?

Per quelli che direbbero che un broglio elettorale non rischia mai di capitare in Occidente, il paese dei media onesti, delle cure d’austerità, dei padroni e dei ministri integerrimi, il film « Hacking Democracy » (La democrazia pirata) ci mostra tutte le zone d’ombra che macchiano le elezioni americane del 2000, quelle che hanno portato al potere George W. Bush.

In Francia, al momento dell’ultima elezione presidenziale del 2007, circa 1,7 milioni di francesi hanno votato con le macchine elettroniche, macchine per frodare, secondo l’associazione senza fini di lucro BlackBoxVoting.org.

Continuiamo a controllare le notizie di ‘Medialand’ riguardo all’Iran

Le minoranze ebree sono oppresse.

Ahmadinejad nega l’Olocausto e vuole distruggere Israele.

Le donne sono trattate in maniera inumana e le condanne a morte sono per modalità, le più barbare, come la lapidazione.

La sfida non è di fare dell’Iran un paese campione dei diritti umani, di ignorare la sofferenza di un certo numero di donne iraniane, di negare che le condanne a morte vi siano praticate.

Detto ciò, voi conoscete delle condanne a morte…umane?

Il concetto di “tiro a salve” praticato in paesi autoproclamatisi campioni della democrazia, gli Stati Uniti, rende la morte più umana ai nostri occhi così sensibili?

La sfida è di ristabilire il grigio e tutte le sfumature, là dove i media manipolatori non vorrebbero mostrarci che “bianco” (il sistema occidentale), o “nero” (il sistema iraniano di Ahmadinejad da far crollare assolutamente)

I paesi difensori del sistema all’Occidentale, o presentati come “bianchi”, irreprensibili da ‘Medialand’, non hanno nessuna lezione da ricevere/niente da imparare dall’Iran in materia di repressione violenta di manifestazioni della popolazione civile, anche pacifiche.

Anzi gli iraniani sono abituati alla repressione nel sangue di Palestinesi che osano sfidare, anche pacificamente, i loro oppressori. Un palestinese, la sua vita, la sua dignità, valgono meno di quelle di un talebano o di un ebreo?

La risposta a questa domanda è fondamentale perché se così fosse, non siamo davvero gli eroici cavalieri che volevano salvare le donne iraniane, o i condannati a morte per lapidazione, ma solamente dei demagoghi ipocriti per i quali la vita di alcuni, in un certo contesto è più importante di quella di altri.

Ad ogni riunione del G20, in Occidente le manifestazioni vengono represse con una violenza inaudita, senza distinguere tra uomini, donne, bambini o vecchi, da forze dell’ordine sempre più attrezzate. I poliziotti sono oramai controllati da paramilitari, forniti di Hummer dotati di cannoni a ultrasuoni e ogni tipo di armi sofisticate, non letali ma capaci di infliggere terribili sofferenze.

Se la Birmania e l’Arabia Saudita non minacciano apertamente Israele e non intendono aprirsi al nucleare, ci sono dittature di tipo militare intolleranti a ogni forma di opposizione, che soffoca ogni manifestazione, trattando la donna come un oggetto e mettendo a morte i propri condannati (a volte per motivi futili) nel modo più barbaro che esista, ad esempio decapitandoli prima di crocifiggerli, come testimoniano alcuni rapporti di Amnesty International: “In Arabia Saudita, le condanne a morte sono invariabilmente pronunciate ed eseguite al termine di processi iniqui e segreti.”

Per finire, l’ultima balla della propaganda lanciata contro l’Iran dai nostri media che “qualsiasi” ingiustizia e “qualsiasi” barbarie nel mondo dovrebbero non sopportare, guidati dal difensore degli oppressi, eccetto quelli di Guantanamo, il “filosofo” Bernard-Henry Levy, sarebbe intollerabile condannare a morte per lapidazione Sakineh Mohammadi-Ashtiani, per un crimine così futile come l’adulterio.

In primo luogo, questo fa stranamente pensare alla storia delle incubatrici di Kuwait, rovesciate, secondo i media dell’epoca, senza riguardo dai soldati iracheni di Saddam, prima della prima guerra del Golfo nel 1991, una vera persuasione mediatica che era riuscita tuttavia a conquistare l’appoggio dei popoli benpensanti occidentali alla spaventosa guerra asimmetrica, per di più.

Ciò fa pensare anche al carnaio di Timisoara, alle armi di distruzione di massa, batteriologiche di Saddam Hussein, a tutte le bugie sull’11 settembre 2001, a tutte le morti apparentemente causate dall’influenza H1N1 quando ‘Medialand’ fu colta dalla febbre isterica nel 2009, per la massima felicità delle multinazionali farmaceutiche.

Come per la balla dell’elezione truccata, sembra che non ci viene detto tutto.

Sempre grazie al lavoro di veri giornalisti e autori non asserviti alle potenze dominant occidental, sappiamo che Sakinh non verrà lapidate e che la sua condanna a morte non è per adulterio, ma per omicidio, un atto particolarmente sordid in più, poiché il marito fu drogato e successivamente assassinato nel sonno dall’amante.

Ciò non giustifica la messa a morte di una donna. Niente giustifica, in nessun luogo, la messa a morte di un essere umano, salvo la legittima difesa, forse. Il dibattito dovrebbe dunque situarsi a questo livello: siete a favour o contro la pena di morte?

In questo caso possiamo interessarci alla Birmania, all’Arabia Saudita, agli Stati Uniti, di cui il sistema giuridico iniquo, cinico e riconosciuto da alcuni attori di questo stesso sistema, come uno dei più ingiusti al mondo.

Sempre in questo caso, possiamo con lo stesso astio mediatico prendercela per la condanna a morte negli Stati Uniti di Teresa Lewis, un’altra povera donna, disabile mentale, la cui vita sarà presto cancellata dalla faccia della terra nell’indifferenza genereale...degli Occidentali.

A quelli che avanzeranno che alla fine poco importa se grazie a questo scalpore, una vita in Iran può essere salvata, rispondo che non è un cavillo, un caso senza conseguenze quest’empatia improvvisa dei media per una donna, un’omicida, e il loro accanimento a strapparla dalla sua condanna (che non sarà per lapidazione) riguarda proprio l’Iran. Quella donna, quella condanna, in quel paese. In questo momento. Non c’è nulla di casual. Niente di sincere. Sono le vostre emozioni ad essere in gioco.

Se un referendum popolare non precederà il lancio di missili verso l’Iran, tuttavia, non bisogna sottovalutare la reazione della gente, conosciuto il numero delle vittime, nonostante ‘Medialand’ faccia tutto per mascherarne la portata. Contate sui giornalisti ‘integri’ che ci disinformano tutto il giorno per questo.

E’ questo movimeto anti-guerra, gente come voi e me, negli Stati Uniti, che ha interrotto la carneficina in Vietnam e fatto indietreggiare Nixon. Non è la mancanza di bugie o di ideenello spirto di assassin americani.

La reazione popolare, la sua forza, la sua velocità di apparizione, nel caso di una guerra infine dichiarata con tro l’Iran, saranno condizionate dall’immagine che tutti avranno dell’Iran di Ahmadinejad in questo momento.

Ahmadinejad e il suo governo, democraticamente eletto, non vuole anninetare tutti gli ebrei nè cancellare Israele dalla faccia della Terra. Vogliono invece, come la maggioranza degli Iraniani che hanno votato per loro, far cessare le guerre imperialiste portate avanti dagli americani e da Israele nella regione.

Vogliono che il genocidio in atto nei confronti dei palestinesi, la loro deportazione, la loro prigionia in enormi recinti a cielo aperto senza infrastrutture civili che nessuno stato merita, cessi! Ed è vero, e nessuno può negarlo, il principale ostacolo tra questo desiderio e la realtà è Israele.

Non è Hamas. Non è Bin Laden. Non è Ahmadinejad. E’ Israele. L’ultimo massacro, quello di Gaza, a colpi di piombo e di uranio impoverito, ha riacceso la tensione tra i due paesi, due concezioni del mondo e l’ha portata all’eccesso.

Nella regione l’Iran e quel governo sono i difensori meno ipocriti e più intransigenti dei palestinesi della Cisgiordania e di Gaza che subiscono un vero inferno, perché si trovano nella zone delle mire egemoniche di Israele e non a causa dei loro missili artigianali.

Daltronde più di 20.000 ebrei vivono in Iran senza subire la minima umiliazione da parte del regime dominante, anche se, come dappertutto, in Iran meno che in altri luoghi del mondo, a volte degli estremisti si scatenano su di loro verbalmente.

Questi estremisti come ‘Medialand’ vorrebbe farci credere, non son oil regime al potere. A questo proposito se la loro empatia era veramente sincera e non un colpo di poker politico, i leader occidental, europei e nord americani, dovrebbero unirsi all’Iran e far cessare l’intollerabile calvario palestinese.

Un Iran nuclearizzato sarebbe forse il miglior antidote alla follia di Israele (il governo attulaea al potere); una follia attualmente insensibile a qualsiasi appello alla ragione.

Israele è il vero stato religioso estremista della regione che utilizza pretesti religiosi per giustificare i propri atti, il suo armamento nucleare clandestino e il suo atteggiamento disumano verso le minoranze. Questo non è l’Iran. Questo è un fatto, non una dichiarazione antisemita.

Quanto a questo desiderio di armi nucleari di cui l’Iran viene accusato, rifiutando di credere quando dicono di voler disporre di istallazioni a scope civili, come per le armi di distruzioni di massa irakene a suo tempo, questo progetto militare non è provato ad oggi, né da Israele né dagli Stati Uniti, né dall’Agenzia Internazionale dell’Energia Atomica.

Già nel 1998 all’epoca delle ispezioni delle Nazioni Unite per il disarmo in Irak avevano avuto negare l’esistenza di questo arsenale fantasticato dagli anglosassoni, niente da fare. La guerra era comunque programmata.

Allora, avete sempre così paura dell’Iran di Ahmadinejad?

Piccolo viaggio in paradiso, le armi di distruzione di massa dell’Occidente

Lasciamo l’Iran “lapidatore e lasciamolo ai suoi oscuri obiettivi nuclear”, un fantasma degli Stati Uniti e visitiamo il favoloso Occidente, dispensatore di lezioni e guardiano della morale mondiale.

La cura di austerità annunciate dal FMI

Il FMI è il miglior amico dell’uomo, non trovate?

Il Fondo Monetario Internazionale, né la Banca Mondiale, non hanno niente di Internazionale, né di Mondiale. Condotte oggi dal “socialista” Dominique Strauss-Kahn e da Robert Zoellick, due “filantropi” consumati, il FMI e la Banca Mondiale sono entrambe delle organizzazioni sotto il controllo degli Stati Uniti e degli Occidentali.

Chiamiamo le cose con il loro nome. Sono il Fondo Monetario Occidentale e la Banca Occidentale. Questi sono i termini corretti, che tutti i giornali onesti dovrebbero utilizzare. Questi organismi applicano misure ingiuste e disoneste a tutto il mondo (in questo senso sono internazionali, mondiali) e lavorano per i ricchi, i 400 miliardari statunitensi e il resto del mondo, un club transnazionale più potente degli stessi governi.

Poiché il mondo conta 400 super miliardari, comprendete bene che c’è bisogno di miliardi di poveri, e anche di super poveri, sulla Terra.

Il FMI è uno dei numerosi modi per ottenere tutto questo.

Dopo essersi occupati di diversi paesi, tra cui di recente la Grecia, si è gettato come un avvoltoio affamato sul Pakistan già duramente colpito dalle inondazioni.

Non ridete, Occidentali, tutta l’Europa si trova ormai nel suo mirino.

‘Medialand’ utilizza come sua abitudine il termine candido di “riformare”.

Vale a dire “ abbassare le prestazioni sociali, privatizzare i servizi pubblici, smantellare il diritto al lavoro”.

‘Riformare’ sta per ‘saccheggiare’, ‘dissanguare’, ‘devitalizzare’.

“Dalla fine degli accordi di Bretton Woods questa istituzione [il FMI] guidato dagli Stati Uniti (per la maggioranza dei voti) ha sistematicamente esaltato la privatizzazione e la soppressione delle politiche sociali (fine dei rimborsi per le spese sanitarie, fine dei servizi pubblici, etc.). Non ha mai presentato un ventaglio di rimedi disponibili a ciascun paese per la sua situazione individuale..

Le popolazioni sono sempre uscite impoverite da queste cure di austerità, e a volte fino a privarli delle risorse vitali.

Così il Ghana all’inizio degli anni 2000, la privatizzazione della compagnia nazionale della distribuzione idrica, a seguito di un aggiustamento strutturale ha costretto molti abitanti a dover scegliere tra bere l’acqua potabile o mangiare.

La nuova azienda responsabile della distribuzione idrica aveva raddoppiato i prezzi, anzi triplicato o quadruplicato in base alle città.

Sistematicamente l’elite locale si è arricchita mentre il popolo si è impoverito. Questa politica è criminale quando priva cittadini di cure, acqua potabile, cibo o educazione”


I trasferimenti di ricchezza avvengono dai poveri ai ricchi. Il danaro prestato dal FMI deve essere utilizzato secondo le condizioni fissate dall’organismo ‘internazionale’: costruzioni di centrali elettriche, strade, dighe, da parte di imprese occidentali, statunitensi.

La guerra economica e la corruzione delle elites nazionali spesso bastano all’impero anglosassone, che serve il complesso militar-industriale e il sistema finanziario occidentale, per arrivare ai propri scopi.

Se il FMI e gli “assassini economici” falliscono allora arriva il tempo delle bombe e degli omicidi, dopo un’abile manipolazione dell’opinione delle masse popolari.

“Ciò che chiamiamo ‘mondializzazione’, in quanto tale, non è altro che l’espansione dell’Impero, il FMI è una delle armi.

I piani moralizzatori, che colpevolizzano il FMI, e i discorsi degli “esperti” incaricati di preparargli il terreno, non devono far dimenticare che questa ricerca sfrenata del profitto, senza limiti, con la complicità di alcuni ministri, che ha portato le banche alla bancarotta e invece di sanzionare gli irresponsabili e giudicare i truffatori, di responsabilizzare le istituzioni colpevoli e coinvolgerle pesantemente nel loro miglioramento, ha avuto luogo attraverso un trasferimento di ricchezze pubbliche appartenenti all’intera popolazione che i salvataggi delle banche e dei grandi azionisti. Il FMI, sempre aiutato dai complici del furto iniziale restati al loro posto e addirittura a volte anche ricompensati, vorrebbe saccheggiarci una seconda volta.

“Peraltro, mentre il Fondo impone il congelamento – anzi le riduzioni – del salario un po’ ovunque, quello del suo direttore generale, il socialista francese Dominique Strauss-Kahn, ha subito un aumento di oltre il 7% rispetto al suo arrivo, per poi stabilizzarsi alla cifra di mezzo milione di dollari l’anno”.

Lo sapevate che in Ucraina, poiché il governo di Viktor Iouchtchenko aveva voluto aumentare del 20% il salario minimo della popolazione, alla fine dell’ottobre 2009, il Fondo aveva immediatamente sospeso il suo programma di “salvataggio”?

La Romania, l’Islanda sono esempi lampanti, recenti, del saccheggio operato dal FMI.

Per ottenere il danaro del FMI, che ha già attraverso il trasferimento delle ricchezze dei paesi poveri verso i paesi ricchi, bisogna aumentare le tasse, tagliare le spese pubbliche, diminuire i salari dei funzionari e chiudere dozzine di scuole e ospedali.

Sì, il FMI è assolutamente il miglior amico dei 400 miliardari del mondo e uno dei peggiori predatori dell’umanità.

Corexit e globuli rossi, BP, una multinazionale che vi rispetta

La BP, tristemente nota per la catastrofe petrolifera nel Golfo del Messico, è il simbolo di tutte queste multinazionali che distruggono il mondo con arroganza e tanta empatia quanta uno squalo quando taglia in due un’otaria.

La compagnia BP e i suoi partners Halliburton, Anadarko, Transocean

La BP è il simbolo di quelle multinazionali più potenti degli stessi governi, che dettano la loro condotta alle istituzioni federali normalmente al servizio della popolazione, pagate dalle loro tasse, facendo dell’amministrazione Obama, della NOAA (National Oceanic and Atmospheric Administration), dell’EPA (Environmental Protection Agency), della guardia costiera statunitense, dei fantocci nelle mani della BP.

Il Corexit è un dispersante*[1] di superficie della marea nera
Il Corexit 9500 scompone il petrolio greggio in piccole palline di idrocarburo e una poltiglia di petrolio acquoso che si infiltra sotto le dighe poste a protezione degli allevamenti di pesci ed ostriche… Il glicol di propilene, un composto importante del Corexit 9500 è misurato nelle acque del Golfo a 150 volte la concentrazione letale. Il Corexit è un pesticida neurotossico vietato in altri paesi. Il rimedio è più tossico del problema. La BP è coinvolta con la società che fabbrica il Corexit utilizzato nella versione vietata in particolare in Inghilterra, almeno vicino alla costa.

La tossicologa Susan Shaw, fondatrice e direttrice dell’Istituto di ricerca ambientale marina nel Golfo del Messico ha studiato gli effetti del prodotto utilizzato dalla BP. Il Corexit fa scoppiare i globuli rossi, scatena emorragie interne lesioni epatiche e renali di cui soffrono oggi migliaia di cittadini della Louisiana.

Combinandosi al petrolio il Corexit raggiunge la sua massima tossicità, passando direttamente attraverso la pelle. I solventi del dispersante fanno penetrare il petrolio attraverso la pelle e nelle cellule

I solventi del disperdente (cioè dell’agente neutralizzante per idrocarburi) fanno penetrare il petrolio attraverso la pelle e così nelle cellule, negli organi. Il dottore in biologia e tossicologia marina Chris Pincetich dichiara che il Corexit disgrega le membrane cellulari. L’EPA, da parte sua, ha basato le proprie conclusioni sulla tossicità del Corexit della BP studiandone gli effetti sui pesci dopo solamente 96 ore di esposizione. Visto che i pesci non sono morti, tutti, che dopo due settimane, ha concluso che il prodotto è innocuo!

Alla BP, così come presso tutte le sue consorelle, il profitto passa davanti a tutto.

Così come lo descriveva il Washington Post, sulla base di documenti interni provenienti dal petroliere, la BP “ha sbeffeggiato la sicurezza trascurando la vetustà delle attrezzature, ha fatto pressione sui propri impiegati affinché non segnalassero i problemi e ha abbreviato e perfino ritardato le ispezioni per ridurre i costi di produzione”.

“Secondo l’agenzia della salute di Stato della Louisiana, gli operai della BP si ammalano sempre più dopo aver respirato i vapori prodotti dai ‘disperdenti’ tossici e dal petrolio. Essendo le emissioni dei due prodotti combinati ancora più pericolosi per la salute. Di conseguenza la BP ha ordinato ai propri lavoranti di non presentarsi presso i centri medici di Stato,ma presso quelli dell’azienda. Allo stesso tempo, la direzione della BP vietava ai propri salariati, con il ricatto del licenziamento, di portare apparecchi respiratori per proteggersi dalle emissioni, avendo a cuore sempre la stessa cosa: l’immagine”.

“La maggior parte di questi operai addetti alle pulizie…non possono neanche contare sull’appoggio di Obama. A dispetto di una petizione che ha raccolto le firme di centinaia di associazioni e di decine di uomini politici, la Casa Bianca ha rifiutato di esigere dalla BP che i suoi operai fossero muniti di respiratori”.


Quando l’EPA ha provato a vietare alla BP l’utilizzo del Corexit, l’agenzia ha dovuto fare marcia indietro e ha docuto abbassare i toni e comunque malgrado le raccomandazioni riviste al ribasso, i guarda coste federali hanno accordato alla BP non meno di 44 deroghe. Poiché il prodotto viene fabbricato da un’industria ‘vicina’ alla BP, la multinazionale preferisce utilizzarlo, nonostante esisteno altri dospersanti molto meno tossici e in certi casi dieci volte più efficaci.

Dunque, chi guida davvero gli Stati Uniti? Obama? O la BP?

L’impatto di questa catastrofe causata dalla negligenza di una industria privata senza fede né leggi non si limiterà al Golfo del Messico ma si estenderà in tutto il mondo.

Così,

“L’intera area interessata dalla corrente del Golfo che si estende dai Caraibi fino alle coste dell’Europa occidentale sta morendo a causa del Corexit che l’amministrazione Obama ha permesso alla BP di utilizzare per nascondere la portata della catastrofe petrolifera del Deepwater Horizon.

I circa due milioni di galloni di Corexit, così come diversi milioni di galloni di altri disperdenti, hanno fatto sì che la maggior parte dei duecento milioni di galloni di petrolio grezzo sgorgati da mesi dai pozzi della BP e da altri siti nelle vicinanze, affondasse nell’oceano .

Ciò ha contribuito a nascondere una grossa parte di petrolio, nella speranza che la BP riuscire concretamente a ridurre le sanzioni federali per il disastro petrolifero.

Tuttavia attualmente non esiste alcun modo efficace di ripulire il fondo del Golfo del Messico, di cui circa la metà è ricoperto di greggio.

Inoltre, il petrolio è affondato lungo la costa orientale dell’America, fino all’Atlantico settentrionale e non c’è alcun modo di ripulire efficacemente il petrolio dei fondali marini.

Questa enorme quantità di greggio che ricopre una zona tanto vasta ha seriamente compromesso il sistema attuale della corrente Loop, della Corrente del Golfo e dell’Atlantico del Nord, interrompendo il flusso di acqua calda”.

Tutto questo sistema è uno dei principali processi di termoregolazione mondiale che regolarizza le temperature del pianeta. “Potremmo star e per entrare in una nuova era glaciale…

L’utilizzo del Corexit e degli altri disperdenti da parte della BO, con la piena collaborazione dell’Amministrazione Obama, ha creato il più grande pericolo di tutta la storia del pianeta. Ciò è quello che succede quando una grande nazione scivola e si comporta come un paese del Terzo Mondo, dove solo il danaro è forza motrice essenziale di tutte le azioni del governo”.

Radiazioni, il regalo dell’impero occidentale al mondo

Per concludere questo panorama non esaustivo dell’Occidente che ci vuole bene, contrariamente all’Iran dei Mullah che meritano secondo i loro detrattori che si rischi un inverno nucleare globale, parliamo dell’uranio impoverito, regalo delle civiltà evolute e liberatrici ai paesi poveri e oppressi.

L’uranio impoverito permette di aumentare la potenza di perforazione delle granate contro bersagli blindati o contro edifici. Sappiamo con certezza che l’Iran avrò la sua razione di uranio impoverito se la “diplomazia” fallisce.

Dopo l’ ”ondata” liberatrice degli elicotteri e dei tanks angloamericani, dopo la pioggia di bombe offerte dalle multinazionali statunitensi della stessa famiglia della BP, gli abitanti di Falluja, una entità di 300 000 abitanti dell’Iraq devastato, hanno 4,22 volte più di rischi di sviluppare il cancro degli egiziani o dei giordani. Questa “probabilità è 12,6 volte più alta tra i bambini di età inferiore ai 14 anni”.

Il rischio di leucemia tra le persone tra 0 e 34 anni è 38,5 volte più elevate. La mortalità infantile raggiunge tassi record: 80/1000, cioè 4 volte i tassi egiziani e giordani. Dal 2009 questo tasso passa addirittura a 136/1000!!

La “sex ratio” ( il tasso comparato di uomini e donne all’interno della popolazione) è totalmente anormale nella fascia tra 0 e 4 anni a Falluja dove si registra un deficit di nascite maschili del 18%! In generale il numero delle nascite è caduto senza che sapere se ciò sia dovuto ad un abbassamento della fertilità o a un numero più elevato di aborti spontanei…O ad entrambi.”

“Le radiazioni provocano modificazioni a livello dell’ADN i cui effetti si fanno generalmente sentire sui discendenti. Infatti le malformazioni genetiche vengono riscontrate sui bambini dei sopravvissuti di Hiroshima.”

A Falluja, l’Iran deve sembrare assai meno minaccioso, persino nuclearizzato, rispetto all’Impero del Bene comandato dai 400 miliardari del pianeta.

Iran o Occidente?

Di chi avete più paura oggi?

Delle armi di distruzione di massa occidentali, assolutamente reali, che l’impero angloamericano utilizza tutti i giorni davanti ai nostri occhi, alcuni sugli abitanti di paesi lontani, altri sulle proprie popolazioni?

Del FMI, del Corexit, dell’uranio impoverito?

Della BP, della Halliburton, della Monsanto, della Exxon, i veri governanti dell’occidente, seminatori di guerre e di prodotti tossici?

O di Ahmadinejad?


Note:

[1] (agente neutralizzante per idrocarburi)