venerdì 29 ottobre 2010

Il bunga bunga finale

Nessun ulteriore commento sull'ennesima vicenda italiota, squallida e da voltastomaco. Solo l'ultima di una lunga serie.


Le feste di Ruby e il Bunga Bunga
da www.corriere.it - 28 Ottobre 2010

La formula sarebbe stata copiata dal rito dell'harem di Gheddafi. In realtà è la barzelletta preferita dal premier

Dopo il Tuca tuca spunta il Bunga bunga. Ma se il primo è un successo musicale tutto italiano, inventato dal caschetto biondo della Carrà, questo Bunga bunga non sembra essere «solo» un ballo sexy oppure un fiore indonesiano ma qualcosa di più.

Apparentemente il Bunga bunga è una specialità africana, più probabilmente libica, forse cara a Gheddafi, e quindi d'importazione. Ma in queste ore, dopo la sua apparizione in atti giudiziari della procura di Milano, tutti si chiedono cosa effettivamente sia. E sul web impazza il tormentone.

LA VICENDA - Ruby, la minorenne marocchina, che questa estate ha raccontato ai pm di Milano delle sue visite nella villa di Arcore e delle decine di belle donne, vip ed escort, presenti alle feste di Silvio Berlusconi, ha svelato, nero su bianco ai giudici, le regole del «Bunga bunga».

E cioè di quel rituale del padrone di casa d'invitare alcune ospiti, le più disponibili - racconta a verbale la diciassettenne - ad un dopo cena hard. «Silvio mi disse che quella formula l'aveva copiata da Gheddafi: è un rito del suo harem africano». Vere o no le parole di Ruby, c'è da scommettere che il Bunga bunga diventerà il prossimo tormentone nazionale.

LA BARZELLETTA - Il Bunga bunga ha già fatto la sua apparizione nell'intreccio gossip-politica in cui è avvinghiato il nostro Belpaese. E il rituale erotico del bunga bunga? «È una semplice barzelletta, peraltro nota».

Bunga bunga? «Di queste cose non so nulla, il salotto lo chiamavano così. C’è un salotto a Villa San Martino con un bar, dove ci si sedeva, si beveva qualcosa, qualche volta c’era la musica». Ma «bunga bunga non so cosa sia», dice Emilio Fede, che poi ricorda: «È una semplice barzelletta, peraltro nota».

Infatti nell'aprile del 2009 a parlarne ad un giornalista del Corriere del Mezzogiorno è nientemeno che Noemi Letizia, colei che dava del «papi» a Berlusconi: Mi racconta qual è la sua barzelletta preferita tra le tante che il premier le racconta? «Vi sono due ministri del governo Prodi che vanno in Africa, su un’isola deserta, e vengono catturati da una tribù di indigeni - rispondeva la biondina di Portici - Il capo tribù interpella il primo ostaggio e gli propone: ‘‘Vuoi morire o Bunga-bunga?’’.

Il ministro sceglie: ‘‘Bunga-bunga’’. E viene violentato. Il secondo prigioniero, anche lui messo dinanzi alla scelta, non indugia e risponde: ‘‘Voglio morire!’’. Ma il capo tribù: ‘‘Prima Bunga-bunga e poi morire». Per i meno burloni ovvero per i più pignoli suggeriamo di andare a sbirciare la definizione che del Bunga bunga ne dà in rete l'«urbandictionary». Mortale.


Sul premier torna l'incubo-minorenni. "Ma sarà un boomerang per i miei nemici"
di Francesco Bei - La Repubblica - 29 Ottobre 2010

Il Cavaliere è apparso demoralizzato ai suoi fedelissimi: "Non ho fatto niente di cui vergognarmi". Si teme una mozione ad hoc in Parlamento: che farebbero in quel caso i finiani?

"Non ho fatto niente di cui vergognarmi". Silvio Berlusconi lo giura a tutti quelli che incontra, nella lunga giornata trascorsa tra Arcore, Napoli e Bruxelles. È il ritorno di un incubo, il ripetersi di una maledizione. Di nuovo nella bufera per una minorenne, dopo i mesi "orribili" seguiti allo scandalo Noemi.

Ma stavolta è diverso. Lo scorso anno il governo era solido, Fini un alleato fedele e Berlusconi - ad Onna con il fazzoletto rosso al collo - assaporava il picco della popolarità. Il colpo oggi arriva su una casa già piena di crepe, che potrebbe crollare senza preavviso. Ne hanno discusso ieri mattina in un vertice alla Camera, con tutta la "preoccupazione" per un momento "estremamente difficile", ministri e capigruppo del Pdl.

Mentre tutta la prima linea del partito e del governo, nelle conversazioni private e con l'esterno, non nascondeva il grande "imbarazzo" per la nuova tempesta Ruby. "Sarà pure vero che i giornali nemici ci stanno marciando - si sfoga un ministro al riparo dell'anonimato - ma sarebbe l'ora che Berlusconi si desse una regolata".

Eppure il premier, che è apparso ai suoi "stordito" e "depresso" per quanto accaduto, è convinto di non avere nulla da farsi perdonare. "Mi stanno mettendo in mezzo", ha spiegato ad Acerra circondato da orecchie amiche, "ormai dobbiamo aspettarcene una al giorno. Non è finita qui. Ma, anche se ci attaccano da tutte le parti, noi dobbiamo andare avanti con la forza dei fatti". La "forza dei fatti": come la crisi dei rifiuti a Napoli, che tra pochi giorni "sarà risolta".

La notizia di un imminente scandalo a sfondo sessuale girava da alcuni giorni ai piani alti del Pdl. Tanto che Giulio Tremonti, incrociando un senatore amico, si era lasciato sfuggire una battuta enigmatica: "Ricordati la profezia di Veronica".

Un'allusione a quella metafora delle "vergini che si offrono al drago", usata proprio dalla moglie di Berlusconi? Le voci c'erano, eccome. Semmai a stupire i parlamentari del Pdl, angosciati per il futuro della legislatura, oggi è un certo eccesso di "confidenza" che emana dal premier.

Una "sicurezza" che al Cavaliere deriva dalla convinzione che ancora molto dovrà venire fuori sulla "vera storia" di Ruby. "Vedrete - ha assicurato sibillino il Cavaliere - alla fine tutto questo si rivelerà un boomerang". "Cosa succederà - si lascia sfuggire uno degli uomini di punta del Pdl - quando magari salterà fuori che qualcuno ha offerto qualcosa a questa signorina per parlare, per raccontare cose inventate?".

Tuttavia la sensazione prevalente nel governo è di camminare sulle sabbie mobili. Al summit dei capi Pdl s'ipotizza anche lo scenario peggiore, quello di una spallata parlamentare che prenda forza proprio dallo scandalo Ruby. È il timore di una mozione di sfiducia a Berlusconi, basata sull'assunto della ricattabilità del presidente del Consiglio, sul suo essere "unfit", inadatto all'incarico.

La richiesta, avanzata dal Pd, affinché Berlusconi riferisca in Parlamento sulla vicenda è considerato solo l'antipasto di quello che potrebbe accadere. E se l'ala dura dei finiani riuscisse a imporsi, anche Futuro e libertà potrebbe convergere sulla mozione e realizzare "il ribaltone". Per far fronte a tutto questo, il quartiere generale Pdl ha provato a serrare le fila.

La Direzione del partito si riunirà il 4 novembre e i capipartito hanno siglato ieri una tregua nello studio a Montecitorio di Fabrizio Cicchitto. "Basta con i gruppi e gruppetti - hanno detto nella riunione - altrimenti qui salta tutto. Dobbiamo restare uniti".

Sandro Bondi, uno dei più preoccupati, ha suggerito di spostare l'attenzione sulle cose fatte: "Proviamo a ripartire dai contenuti organizzando degli eventi tematici".

Intanto al Senato Andrea Augello guida la rivolta di una cinquantina di senatori contro l'attuale gruppo di potere di via dell'Umiltà. Chiedono che ci sia un "vero chiarimento" con Fini e accusano gli attuali capi del Pdl di ostacolarlo solo per perpetuare il proprio potere.

Facendo un danno al Cavaliere. "Vogliamo scuotere l'albero", spiega Augello, "non buttarlo giù". Il fatto che tra i ribelli ci sia anche il compagno di scuola del premier, il fedele Romano Comincioli, lascia supporre che lo stesso Berlusconi non sia particolarmente ostile all'iniziativa.


Riti, miti e barzellette da dopocena sexy. Nel "bunga bunga" l'arroganza del potere
di Filippo Ceccarelli - La Repubblica - 29 Ottobre 2010

E allora: bunga bunga a tutta l'Italia! L'osceno augurio, e dovutamente allucinato, aleggia sulle macerie della politica e i relitti del buonsenso. Bunga bunga, senza trattino, rimbomba nelle chiacchiere e negli sms, intasa la rete, sovverte il quadro politico, sprofonda il potere nell'abisso dei propri arcaismi rivestendoli di una risata carnevalesca che oltraggia la razionalità e rivendica il monopolio della trasgressione.

Non la si farà troppo lunga, né troppo complicata. L'altra settimana ha raccontato l'Espresso che nella reggia di Arcore, con gli opportuni consigli di Lele Mora, sono stati montati pali da lap-dance e un trono dorato.

Chi abbia speso qualche tempo a studiare le seratine berluscononiane si accorge presto che lì va in scena un'autentica liturgia: invocazione del nome ("Papi"), paramenti (tubino nero), accorgimenti di purificazione (trucco leggero, no calze, no smalto); e poi visioni dei successi politici e delle ricchezze divine, quindi "spettacolini" a base di canti, danze, le donne che fanno la "ola" al ritmo di "Meno male che Silvio c'è" in un esorbitante sfolgorio di farfalline, pure donate dal padrone di casa come segno di possesso e riconoscimento, crisma dell'avvenuta iniziazione.

Ecco: da adesso si sa pure che, varcata una certa soglia, al rituale del dopocena era assegnata la denominazione invero esotica di bunga bunga. Assimilabile, quanto a strizzatine d'occhio, ma più potente, a consimili espressioni quali gnacca gnacca, tuca tuca e bingo bongo, quest'ultima nell'accezione non necessariamente leghista, ma sadico-anale chissà se ancora in voga nella scuola dell'obbligo.

Cosa accadesse di preciso in tali sessioni post-prandiali non è dato sapere - né sono pratiche che si certificano dal notaio. Ma non di rado le fantasie e gli scherzi che bollono nel calderone dell'immaginario insieme a simboli sacri e a impulsi animaleschi, anticipano la realtà o per lo meno si sforzano si adattarla all'ormai patologica fuoriuscita di storie intime e narrazioni orgiastiche di cui si alimenta il potere nell'Italia del 2010.

Quasi superfluo è segnalare a questo punto che da remote vestigie colonialiste il bunga bunga nasce quale scherzo da caserma britannica; e che nel corso del tempo l'espressione ha imbarcato una certa dose di cruda violenza sessuale - come tale si rinviene in vignette, canzoni e film - fino ad approdare nel novero basso materiale delle barzellette.

Ed è da tale magmatico stagno che l'ha certamente ripescata il Cavaliere rilanciandola negli incontri politici per rianimarli dalla loro noia mortale - "Sapete, un giorno Bondi e Cicchitto... " - e poi anche nelle sue festicciole come invito ammiccante e burlesco rivolto alle femmine, per quanto inconfessabilmente collegato con la brutalità più profonda e selvaggia che risiede nell'inconscio collettivo.

Che c'entri Gheddafi o qualche altro dittatore pare abbastanza secondario. Già ieri un navigatore bolognese aveva registrato il dominio: www. bungabunga. it. In qualche modo è la prova che Berlusconi riesce a entrare in sintonia con i meandri più oscuri del pubblico, "la parte maledetta" della società; e che con la leva del buffonesco, del comico, del grottesco, dell'osceno, addirittura del sadico per certi versi, stabilisce inedite connessioni e identificazioni con quel "popolo" che gli sta tanto a cuore, con le sue libertà.

Ehi, dice, quante storie per una storiella! Ma la storiella cui fa riferimento lo statista con i suoi subordinati e poi adesso anche con le sue amiche tra una sessione di lap-dance ed un eventuale soggiorno sull'affollato lettone post-sovietico, verte pur sempre su di un rito di punizione e di dolore, anzi per l'esattezza su uno stupro eseguito da un'intera tribù ai danni di qualche malcapitato/a che pur di scampare al supplizio del bunga bunga preferisce la morte.

Senza addentrarsi in quest'ultima direzione, vale forse notare l'aspetto tribale che certo scopre e rispecchia alcuni altarini dell'odierno sistema di potere; così come, fra intercettazioni, veline, minorenni, escort, farfalline, cerbiatte, igieniste orali e altre rispettabili disponibilità professionali, a parte il lenocinio e lo spaccio di droga, ecco, magari si può verificare sul campo come nel berlusconismo ormai allo stremo l'ordinario richiamo alla Cultura del Fare, ai Sani Valori e ai programmi rose & fiori dell'Amore, del Sogno e della Felicità ceda al mercato dei corpi nel quadro di una diffusa Pornocultura ammantata di euforia e incantesimi pubblicitari.

Di tutto questo permanente carnevale, trasmesso e percepito in mostruose sembianze, è testimone il bunga bunga. C'è un libro appena uscito, difficile ma molto molto bello, che spiega prima ancora che venisse fuori l'ultima storiaccia come questo rito faccia paura e al tempo stesso faccia ridere.

S'intitola Gioia tragica (Lupetti), l'ha scritto un giovane sociologo che ovviamente lavora in Francia, Vincenzo Susca, e che letto in filigrana, con uno sgomento rischiarato dal nitore delle prospettive evocate, dimostra e descrive la metamorfosi di un potere che inesorabilmente si va trasformando in un orrendo, crudele e doloroso cinepanettone. Bunga bunga è il nome che si merita, e buonanotte a tutti.


L'abuso di potere
di Giuseppe D'Avanzo - La Repubblica - 29 Ottobre 2010

"Ho buon cuore" dice. Silvio Berlusconi ammette di essere intervenuto con la sua autorità di capo del governo sulla polizia di Milano per favorire una giovane amica in stato di fermo con sul groppo un'accusa di furto.

Ha un buon cuore e, se può, una mano la dà, dice. C'è un non trascurabile requisito. Si deve essere suoi amici o dipendenti o familiari o protetti o corifei e il soccorso, la tutela, la salvaguardia arriverà.

Non scopriamo oggi che, nel regime berlusconiano, il potere statale protegge se stesso e i suoi interessi economici. Senza scrupoli e apertamente. Con l'intervento a favore della giovanissima Karima Keyek, in arte Ruby; quel potere che sempre privatizza la funzione pubblica muove un altro passo verso un catastrofico degrado rendendo "pubblica" finanche la sfera privatissima dell'Eletto.

In un altro Paese appena rispettoso del canone occidentale il premier già avrebbe dovuto rassegnare le dimissioni. Siamo nell'infelice Italia e quel che la scena mostra ancora una volta non può sorprenderci perché l'abuso di potere è il sigillo più autentico del dispositivo politico di Silvio Berlusconi. È un atteggiamento ordinario, un movimento automatico, una coazione meccanica.

Il Cavaliere non accetta critiche, travolge ogni misura istituzionale. Non conosce il raziocinio politico che gli dovrebbe consigliare discrezione, affidabilità, trasparenza, equilibrio per onorare la responsabilità e rispettare il decoro della funzione. Attese sublunari per l'Eletto. Conquistato il bottino dei voti sufficienti per governare, invece di sentire gli oneri dell'incarico, se ne sente liberato.

Fino al punto di non avvertire alcun disagio nell'esigere in una notte di maggio che i poliziotti facciano in fretta ad affidare una ragazzina che frequenta la sua villa e le sue cerimonie notturne a una persona di sua fiducia (una venticinquenne soubrette e igienista dentale trasformata in eletta del popolo).

In uno "Stato legislativo", dove quel che conta è la legalità e chi esercita il potere agisce "in nome della legge", le burocrazie sono "neutrali", uno strumento puramente tecnico che serve orientamenti politici diversi e anche opposti.

Berlusconi che non vuole essere l'anonimo esecutore di leggi e non intende governare in nome della legge, ma in nome di ciò che ritiene necessario a se stesso, pretende ora che la burocrazia dello Stato si trasformi in ufficio ubbidiente e sottomesso.

Anche qui si misura un altro passo verso il precipizio perché fino a ieri - è sufficiente prendere atto del ruolo di Guido Bertolaso - il capo del governo pretendeva che le burocrazie condividessero la capacità di assumersi il suo stesso rischio politico, come fossero un'élite politica e non istituzionale. Oggi anche questo standard scolora, trasformando con un abuso di potere l'ufficio pubblico in un obbligo servile.

È soltanto una delle "violenze" che abbiamo sotto gli occhi.

Era già un abuso di potere telefonare in un pomeriggio di autunno del 2008, da un palazzo di Roma e senza conoscerla, a una ragazzina (Noemi Letizia) che sta facendo i compiti nella sua "cameretta" per sussurrarle ammirazione per "il volto angelico" e inviti a conservare la sua "purezza".

Era un abuso di potere ancora maggiore imporre ai genitori della ragazza di confermare la fiaba di "una decennale amicizia" con il premier, nata invece soltanto qualche tempo prima grazie a un book fotografico abbandonato da Emilio Fede sullo scrittoio presidenziale.

È un abuso di potere - disonorevole per un uomo di Stato - trascurare la fragilità di una giovanissima ragazza, il suo evidente disagio umano e sociale, per afferrare soltanto la vitalità, la bellezza sfruttandone il bisogno e le ambiziosissime smanie.

L'abuso di potere per Berlusconi ne annuncia sempre altri. Non occorre un mago Merlino per sapere che, nei prossimi giorni, una nuova "violenza" si scatenerà sulla ragazza.

La poveretta, come è accaduto anche per Noemi Letizia, dovrà rettificare, correggere, negare, contraddirsi, smentire ciò che è scritto nero su bianco in un pugno di interrogatori che raccontano quanto disordinati siano tornati ad essere i comportamenti del capo del governo.

C'è qualcosa di notturno e patologico nel declino di una leadership sempre più affannosa e affannata. Nel suo crepuscolo se ne intravede il macroscopico deficit. È l'incapacità di interpretare una politica all'interno delle regole, costretta a adulterarsi in una perenne violenza istituzionale che non assicura alcun governo al Paese ma soltanto più tempo a chi governa. Già era arduo rassegnarsi a questo destino.

Ora appare difficile accettare la cristallina inadeguatezza di Berlusconi. Il capo del governo appare incapace non solo di rispettare il livello di onore che la sua responsabilità dovrebbe imporgli, ma addirittura se stesso. Una previsione non può essere che cupa.

L'Io ipertrofico di Berlusconi non ammette interlocutori, consigli, regole, critiche, equilibrio istituzionale, saggezza politica. Incapace di guardare in faccia la realtà che si cucina da solo, trascinerà irresponsabilmente il Paese nella sua caduta. Impedire questa rovina non può essere un dovere soltanto per le opposizioni.


“Parliamo di spazzatura vera, non mediatica”, B. in conferenza stampa glissa su Ruby
da www.ilfattoquotidiano.it - 28 Ottobre 2010

Poco spazio alle domande dopo l'incontro con la stampa ad Acerra, domande a cui il premier non risponde. Mentre quindici giornalsti sono stati accompagnati fuori

“Sono una persona di cuore, e mi muovo sempre per aiutare chi ha bisogno di aiuto. Sono qui per occuparmi della spazzatura vera e della spazzatura mediatica lascio a voi di occuparvene”.

Incalzato da una domanda di Conchita Sannino di Repubblica sul caso “Ruby” nella conferenza stampa ad Acerra, Silvio Berlusconi ha voluto glissare e ha contrattaccato: “Nessun contraddittorio, usiamo il sistema di Annozero. Contraddittorio nei miei confronti zero. Insulti e accuse a iosa, contraddittorio zero”.

Erano tanti i giornalisti arrivati ad Acerra per assistere alla conferenza stampa del premier sull’emergenza rifiuti in Campania.L’organizzazione non era preparata e quindi una quindicina sono stati accompagnati fuori. Si tratta dei cronisti del Sole 24 Ore, del Roma, Metropolis e alcune agenzie.

Anche Vincenzo Iurillo, inviato del Fatto quotidiano, era tra di loro. Dentro invece, oltre alla giornalista di Repubblica, c’erano gli inviati di Annozero, della Stampa, delle tv e di molti quotidiani locali.

Alcuni di loro erano riusciti a entrare, ma sono stati portati all’esterno dalla security perché la sala stampa allestita era troppo piccola per ospitare giornalsti, operatori tv e rappresentanti delle istituzioni: “Siamo rimasti fuori perché la sala era un bugigattolo 4×3″, spiega Iurillo. Gli addetti alla sicurezza per calmare le proteste dei cronisti “hanno detto che saranno fatte solo dichiarazioni, non domande”.

Quindi si sono accompagnati fuori, dove sono stati chiusi dalle transenne: “Da un lato avevamo le transenne, e abbiamo solo potuto vedere Berlusconi uscire dalla riunione. Alle spalle invece c’erano altri addetti alla sicurezza sulla montagnola e ci guardavano con i binocoli”.

C’erano degli altoparlanti, che hanno permesso loro di ascoltare le dichiarazioni del premier: “Quando abbiamo sentito che c’era il tempo per le domande ci siamo incazzati. Non c’è stata possibilità di farle, e quelle dei colleghi non potevamo sentirle”.



Da Roma fino a Bruxelles, l’esercito rosa delle “Papi girl” conquista la politica italiana

di Vito Laudadio - www.ilfattoquotidiano.it - 10 Settembre 2010

Ilfattoquotidiano.it vi propone l'elenco di tutte le amiche del Cavaliere, premiate in questi anni con un seggio a Montecitorio, all’Europarlamento o negli enti locali

“Non escludo che con questa legge elettorale qualche senatrice o deputata si sia prostituita per il seggio”: le parole di Angela Napoli – la coraggiosa parlamentare che da anni denuncia gli affari e le collusioni della ‘ndrangheta, – hanno fatto gridare allo scandalo il Popolo delle Libertà.

Le parlamentari del Pdl sono insorte, hanno minacciato di querelare la deputata finiana, che alla fine è stata costretta a chiedere scusa. Peccato, perché sarebbe davvero un bel vedere ascoltare una ad una, in un aula di Tribunale, le deposizioni giurate di alcune sue “colleghe”.

A chi si riferisse la Napoli non è comunque dato saperlo. Ma il fattoquotidiano.it vi propone qui di seguito un elenco (che sarà continuamente aggiornato) delle amiche del Cavaliere, premiate in questi anni con un seggio a Montecitorio, all’Europarlamento o negli enti locali. Accanto ai nomi troverete le loro storie e la loro attività politica.

Licia Ronzulli

Ha smentito di essere la fisioterapista personale di Berlusconi e di aver partecipato alla scuola di Brunetta & Co. Ha smentito pure di essere una delle ragazze fotografate a prendere il sole sullo yacht di Berlusconi nell’estate 2008, in quegli scatti pubblicati in esclusiva da L’espresso. Poi, però, dopo le dichiarazioni di una testimone di eccezione, Licia Ronzulli ha dovuto ammettere di essere una frequentatrice di Villa Certosa.

Era stata Barbara Montereale, la escort che ha accompagnato Patrizia D’Addario agli incontri con il Premier, a tirarla in ballo. “È lei che organizza la logistica dei viaggi delle ragazze. Che decide chi arriva e chi parte. E smista nelle varie stanze” (Repubblica, 20 giugno 2009 – Paolo Berizzi e Gabriella De Matteis).

Così, all’eurodeputata non è rimasto altro che metterci un toppa: “In occasione di vacanze, sono stata ospite a Villa Certosa con mio marito e ho avuto modo di collaborare con il presidente Silvio Berlusconi nell’accoglienza degli invitati: politici, imprenditori, amici”.

“Quel giorno il marito non c’era. Però so chi è. Dopo averci fatto vedere il video della festa di Capodanno, con il presidente e tutte le ragazze vestite da Babbo Nataline, sul maxi schermo trasmisero anche il matrimonio della Ronzulli…” replicò a stretto giro la Montereale (Repubblica Bari, 26 settembre 2009 – Gabriella De Matteis e Giuliano Foschini).

Candidata senza successo alle politiche 2008 nelle Marche, la caposala dell’ospedale Galeazzi di Milano che il Premier e i suoi house organ presentano come una top manager della sanità meneghina, è stata nel 2009 una delle tre superstiti all’ira funesta di Veronica Lario che, con le sue dichiarazioni, aveva stroncato sul nascere decine di candidature.

Con quasi 40 mila preferenze è stata eletta a Strasburgo, mentre suo marito, Renato Cerioli, sposato nell’estate 2008 con Berlusconi a fare da testimone, pochi giorni dopo veniva designato alla Presidenza di Assindustria Monza e Brianza.

Per BerlusconiLicia Ronzulli è la nostra deputata ideale, una personalità come la sua nel Parlamento europeo ci sarebbe utilissima” (intervento telefonico alla cena elettorale per presentare la candidatura della Ronzulli, Il Giornale, 27 maggio 2009).

Lei, risponde coi fatti: “Nessuno potrà mai impedirci di fare colazione con pane e Nutella, come stiamo leggendo sulle cronache di questi giorni. Il solo rischio che corrono la Nutella e gli altri prodotti dolciari sarà legato alla pubblicità. In futuro potremmo non vedere più il cuoco della Nazionale raccontarci che i nostri atleti fanno una sana ed equilibrata colazione a base di Nutella. Nonostante ciò, noi potremmo continuare a preparare la colazione ai nostri bambini, controllandone la quantità ed evitandone gli eccessi” (Panorama, 25 giugno 2010).

Nel 2010 ha preso la parola 7 volte in aula, l’ultima volta lo scorso 7 luglio durante il dibattito su “nuovi prodotti alimentari”: “Signor Presidente, onorevoli colleghi, chiedo semplicemente di verificare elettronicamente l’emendamento 5″. In compenso, appena può segue il suo Presidente ovunque.

Persino all’ultimo incontro con Confindustria a Parma, durante il pranzo con la Marcegaglia, oltre allo staff ristretto del Premier c’era anche lei. Sempre pronta a prenderne le parti: Ma un difetto ce lo avrà? “Sì: non sbaglia mai. Con me non ha certo sbagliato” (Repubblica, 10 giugno 2009).

Barbara Matera

Nella sua biografia on line scrive “Nel 2008 rinuncia alla candidatura, in posizione utile, alla Camera dei Deputati nelle Liste elettorali del Popolo della Libertà, così da terminare gli studi universitari”. Ma dopo due anni la laurea non è ancora arrivata. A far saltare la sua candidatura, in realtà, fu la scelta del Premier di puntare su un’altra giovane promettente, Elvira Savino.

Non importa: Barbara si prenderà la sua rivincita nel 2009, e con gli interessi. Candidata nonostante tutto, nonostante Veronica e il “ciarpame senza pudore”, stavolta con tutto il partito schierato per lei nella circoscrizione sud dove ha raccolto 130 mila voti.

Da letteronza per la Gialappa’s Band e valletta di Mengacci (che, giustamente, rivendica un ruolo da selezionatore della classe dirigente nel Partito del Premier, “Con Carfagna e Matera sono io il vero talent scout del Pdl” dice) a vicepresidente della Commissione per i diritti della donna e l’uguaglianza di genere del Parlamento Europeo, dopo la parentesi da annunciatrice Rai insieme a Virginia San Just, altra prediletta del Sultano.

Fu uno dei tre nomi su cui Berlusconi si impuntò, “Barbara Matera sarà la nuova Carfagna“. Un’investitura e un investimento, di risorse e di uomini per far crescere un nuovo “cavallo di razza”. Così, nel suo primo anno a Strasburgo la Matera si è distinta per il suo iperattivismo: interviene su tutto, con puntualità.

L’ultimo intervento in aula è dello scorso 7 luglio, nel corso del dibattito sulle emissioni industriali: “Signor Presidente, onorevoli colleghi, l’approccio integrato dell’Unione europea al problema dell’inquinamento ci permette di essere istituzionalmente sempre più presenti e concreti nel controllo delle emissioni industriali”. Non male per una che nella sua prima uscita, all’Alfonso Signorini Show in onda su Radiomontecarlo, steccò più di un congiuntivo.

Elvira Savino

Il giorno dell’insediamento si presentò a Montecitorio con ai piedi due sandali Gucci tacco 14: difficile passare inosservata. Da quel giorno, Elvira Savino, deputata di Conversano a Bari, è per tutti la “Topolona”, soprannome affibbiatole da Dagospia. Arrivava in parlamento dopo un’esperienza all’ufficio stampa e comunicazione dell’Udc, e una collaborazione con la rivista Formiche.

Ma, soprattutto, per lo stretto rapporto che aveva cementato con Silvio Berlusconi, grazie all’amica con cui divideva l’appartamento romano, Sabina Began, l’Ape regina dell’Harem di Silvio. Berlusconi le ha fatto da testimone di nozze, nel settembre 2008 nella chiesa di San Lorenzo in Lucina a Roma, per il suo matrimonio con il napoletano Ivan Campili.

C’era pure Gianpaolo Tarantini, l’imprenditore barese che introdurrà donne a Palazzo Grazioli e Villa Certosa, amico della sposa. Ed è lì che Berlusconi conoscerà pure Carolina Marconi, l’ex gieffina tra le frequentatrici delle feste del Premier. Tutto, insomma, ruota intorno alla Topolona. Pure gli affari della criminalità barese, tanto da trascinare la parlamentare in una brutta storia di mafia e appalti. Da allora, era il 3 dicembre dello scorso anno, la Topolona è scomparsa dalla circolazione.

Gabriella Giammanco

Deputata palermitana, Gabriella Giammanco è giornalista professionista: prima inviata per una trasmissione di costume su un’emittente siciliana, poi è entrata nella redazione del Tg4 di Emilio Fede. Quando viene candidata nella circoscrizione Sicilia per la Camera dei Deputati nelle elezioni politiche del 2008, l’Ansa parla di un colpo di scena: “Confermato l’inserimento a sorpresa della giovane giornalista del Tg4 Gabriella Giammanco, originaria di Palermo, il cui nome sarebbe stato caldeggiato personalmente da Berlusconi”. Così, la nipote di Michelangelo Alfano, definitivamente condannato come boss di Bagheria legato a Bernardo Provenzano, è balzata agli onori della cronaca. Ma l’Italia si accorgerà di lei solo per il pizzino sdolcinato di Berlusconi destinata a lei e alla collega Nunzia De Girolamo durante un dibattito alla Camera: “Gabri, Nunzia, state molto bene insieme! Grazie per restare qui, ma non è necessario. Se avete qualche invito galante per colazione, Vi autorizzo (sottolineato) ad andarvene! Molti baci. Il Vostro Presidente”. La risposta: “Caro…(dolce presidente?) gli inviti galanti li accettiamo solo da lei”.

Sempre presente in aula (solo il 10 per cento le assenze alle votazioni elettroniche, ndr), il suo impegno è diviso tra la difesa degli animali (“Grazie al mio intervento, e alla collaborazione dell’onorevole Carlucci, sono state introdotte agevolazioni fiscali a favore dei circhi senza animali”) e l’esaltazione del capo: “Berlusconi, ancora una volta, ha saputo mettersi in gioco dimostrando di amare profondamente il suo Paese. Prestando la sua voce allo spot del Ministero per il Turismo si è impegnato in prima persona a sostenere il capitale storico, culturale e paesaggistico dell’Italia. Chi meglio del Presidente del Consiglio può sponsorizzare il nostro straordinario Paese?”.

Infatti, i primi dati ufficiali parlano di un crollo della presenza di turisti stranieri per l’estate che va concludendo. Ultimamente l’onorevole Giammanco si fa spesso vedere in giro con il direttore del Tg1, Augusto Minzolini.

Nunzia De Girolamo

Galeotta fu la “pigotta”. Nunzia De Girolamo, 35 anni a ottobre, avvocato coordinatrice di Forza Italia per la città di Benevento, incontrò Silvio Berlusconi al termine di un comizio nel 2007. Erano gli anni in cui i pretoriani campani del Cesare di Arcore facevano a gara per presentare giovani e procaci militanti al capo.

A quell’incontro Nunzia arrivò con una di quelle bambole di pezza che l’Unicef utilizza per raccogliere fondi: “Questa è per Lei, si chiama Libertà”, disse porgendola al Capo. Un anno dopo, con la caduta del Governo Prodi, era seduta accanto a Gabriella Giammanco tra i banchi della Camera dei Deputati. Fu subito ribattezzata la “Carfagna del Sannio”.

Nelle ultime settimane il nome della De Girolamo è stato il più gettonato come sostituta alla guida del partito campano di Nicola Cosentino. C’era anche lei – insieme a Verdini, Cicchitto, Gasparri, Quagliariello e La Russa – al vertice di Palazzo Chigi che ha portato alle dimissioni da sottosegretario di Nick ‘O mericano.

“Anch’io ho sentito questa notizia – si è schermita al termine dell’incontro la Carfagna del Sannio- ma oggi Berlusconi ha all’ordine del giorno questioni di governo e non di partito”. E intanto si fa promotrice di un progetto autonomista della sua provincia, il Molisannio.

Francesca Pascale

Napoletana di Fuorigrotta, 25 anni lo scorso 15 luglio: Francesca Pascale ne aveva 21 quando conobbe Silvio Berlusconi, durante una cena con gli europarlamentari azzurri. Era il 2006 e Francesca, insieme con Emanuela Romano aveva da poco dato vita a Napoli al comitato “Silvio ci manchi”. Fino a pochi giorni prima, aveva fatto la “velina” su un’emittente locale, “TeleCafone”. Poi, prese il volo. Nel vero senso della parola: a novembre 2006, sale con le sue avvenenti compagne (oltre alla Romano c’era Virna Bello, ndr) sull’aereo privato del Premier che le porta a Villa Certosa.

Di aereo in aereo: il 13 luglio 2007, al termine di una manifestazione di Forza Italia a piazza del Plebiscito, la Pascale torna sullo stesso aereo per una cenetta riservatissima sulla pista di Capodichino. Con lei, oltre alla Romano e alla Bello, quella volta c’erano pure le gemelle De Vivo (più volte, poi, avvistate ai summit napoletani del Premier sulla munnezza, ndr). Di lì a poco la Pascale sarà chiamata a Roma, prima come collaboratrice all’ufficio stampa di Forza Italia a stretto contatto col Capo, poi nello staff del sottosegretario ai Beni culturali, Francesco Giro. Diventa la pupilla del Presidente. Lei capisce e passa all’incasso.

Così, proprio mentre scoppiava il “caso Noemi”, arriva la candidatura blindata alla Provincia di Napoli. Per lei si mobilita tutto il partito. A gestire la macchina elettorale sarà il coordinatore cittadino degli azzurri, Maurizio Iapicca. Una campagna elettorale costosa, quella della Pascale, che per un mese e mezzo ha avuto il suo quartier generale proprio all’Hotel Vesuvio, alloggio incluso. Era lì anche la sera della festa di Noemi a Casoria ad attendere il Premier fino a notte inoltrata solo per mostrargli “le bozze dei manifesti elettorali”.

Alla fine verrà eletta consigliera provinciale con quasi 7.500 voti di preferenza, un terzo di quelli espressi dagli elettori nel suo collegio. Tre anni prima, alle Comunali, ne aveva raccolto appena 83 nella stessa zona della città. Un plebiscito che non le varrà l’agognata poltrona di assessore. Nemmeno con l’ultimo rimpasto, che pure la vedeva in pole-position: “Non me lo aspettavo, ma alcuni colleghi hanno proposto davvero il mio nome come assessore al Turismo, il documento sarà presentato a breve, sono felicissima”.

Alla fine, però, le è stata preferita la “meteorina” Del Giudice e Francesca l’ha presa proprio male. La notizia, l’ha raggiunta ad Antigua, dove era stata invitata, insieme con la deputata Maria Rosaria Rossi e l’architetto Garamondi, nella tenuta del Premier. Una vacanza programmata in coda al G20 in Brasile, alla quale Berlusconi ha dovuto rinunciare dopo che è iniziata a circolare la notizia.

Emanuela Romano

La sua storia si intreccia con quella di Francesca Pascale: insieme fondano il comitato “Silvio ci manchi”; insieme frequentano Palazzo Grazioli e Villa Certosa, cene pubbliche o riservatissime a bordo pista. Laureata in Psicologia, master in marketing e comunicazione in Publitalia ‘80, Berlusconi stravede da subito per lei: la vuole prima deputato, poi europarlamentare.

Agli inizi del 2008, ai genitori della ragazza in visita a Palazzo Grazioli, Berlusconi dice “mi date l’onore di fare di vostra figlia un deputato della Repubblica?”. E la fa accomodare al suo posto dietro la scrivania di Palazzo Grazioli. Una scena da “mille e una notte” ma il finale è amaro: la candidatura naufraga miseramente. Sarà così anche nel 2009 per il Parlamento Europeo, dopo essersi dovuta sorbire la scuola di partito con Denis Verdini e Renato Brunetta.

Papà Cesare, artigiano dei presepi, per protesta tenterà di darsi fuoco proprio davanti alla residenza romana del Premier. Toccherà a Nicola Cosentino trovare a Emanuela una sistemazione. L’ex sottosegretario, propone la ragazza a diversi imprenditori campani ma le proposte sono per lei “irricevibili”: sognava uno scranno in Parlamento, le offrono una comoda poltroncina da segretaria d’azienda.

A marzo 2010, per la Romano arriva la candidatura alle regionali, con la promessa di un posto nella giunta del Presidente Caldoro. Il claim della sua campagna elettorale sembra più un avvertimento al suo Pigmalione che agli elettori: “Mo’ basta! Arap l’uocchie”. Contrariamente a quanto era stato per la Pascale, però, il partito al suo fianco non c’è ed Emanuela sarà la meno votata in assoluto del Pdl. Poco male: un mese dopo sarà nominata assessore al Comune di Castellammare di Stabia, la ex Leningrado del Sud appena espugnata dal centrodestra.

Deleghe pesanti per lei, lavoro e politiche sociali in una delle aree del Paese più colpite sul fronte occupazionale: “Sono stata chiamata come tecnico”, dichiara decisa appena nominata. Ora, sembra aver trovato la sua dimensione: “La pace interiore è una grande forma di energia!!!” ha scritto alle ore 8,19 del 4 giugno sulla sua pagina Facebook. E a chi le chiede come trovare il giusto equilibrio, risponde: “Continua a cercare, a volte basta solo vedere meglio ed è già lì dentro di noi…”. Un po’ Freud, un po’ Quelo.

Virna Bello

Era la terza del gruppo “Silvio ci manchi”. Più che alla politica amava dedicarsi alle feste mondane di provincia: faceva la pr, per tutti era la “braciulona”. Sarà la prima a ottenere un incarico: assessore comunale all’Istruzione a Torre del Greco, la sua città di origine. E anche la prima a confermare la propria presenza a Villa Certosa nell’ottobre 2006 con le amiche Francesca ed Emanuela: “Ricordo ogni particolare perché in quell’occasione mi resi conto che il paradiso esiste pure sulla Terra… Il viaggio a Villa Certosa rappresentò una spinta decisiva, in termini di entusiasmo e passione, per intraprendere diciamo così la carriera politica” ha dichiarato al portale napoletano www.metropolisweb.it. Sarà anche la prima a rimanere senza incarico: un anno dopo la nomina le è stata revocata.

Giovanna Del Giudice
Ventisei anni, iscritta alla facoltà di giurisprudenza, un passato da ragazza immagine al Billionaire e da meteorina nel tg4 di Emilio Fede: tanto è a Giovanna Del Giudice bastato per finire tra le “Papi Girl” della scuola di formazione azzurra in cui nella primavera 2009 si allevavano veline per Bruxelles.

Le parole di Veronica Lario, il “ciarpame senza pudore” denunciato dopo la festa per i 18 anni di Noemi Letizia a Casoria, ostacolarono la sua candidatura: “Non protesto, ma un po’ ci resto male. Avevo anche firmato dal notaio” dichiarò all’indomani della sua esclusione tornando a fare da assistente parlamentare (ha lavorato con i senatori Ghigo, Rizzotti e Picchetto). Anche per lei, ci sarà un posto alle regionali in Campania ma, con 4000 voti, Giovanna risulterà la penultima dello schieramento azzurro. Peggio di lei farà solo Emanuela Romano, nominata poi assessore comunale a Castellammare di Stabia.

Un posto a Giovanna lo troverà, invece, Luigi Cesaro, che agli inizi di luglio la nomina nella sua giunta provinciale a Napoli: assessore alle pari opportunità e alle politiche giovanili. “Giovane ed ex meteorina: e allora? L’ho premiata e non me ne pento affatto” ha dichiarato al Corriere del Mezzogiorno il Presidente amico prima di don Raffaele Cutolo poi di Silvio Berlusconi.

Antonia Ruggiero

“Ho salvato la Giunta Provinciale di Avellino da un destino come quello di Taranto” (giunta annullata dal Tar per mancato rispetto delle quote rosa) raccontava appena pochi mesi fa Antonia Ruggiero, la prediletta irpina del premier. Perché era l’unica donna nella Giunta di Cosimo Sibilia, il presidente senatore (doppio incarico), anche se imposta direttamente Berlusconi.

Figlia di imprenditori, sposata con un giornalista Rai, bruna con gli occhi di ghiaccio che hanno stregato il premier: nel 2008 il nome della Ruggiero era stato cassato all’ultimo momento dalla posizione numero cinque della lista di Forza Italia alla Camera. “Ero in quota Rotondi, ma la mia era una candidatura del presidente Berlusconi e, purtroppo, sono stata inspiegabilmente silurata all’ultimo minuto. Ci sono rimasta di gesso”. Un anno dopo, stesso refrain per le Europee. Il rimedio è quel posto da assessore provinciale alle politiche giovanili e alle pari opportunità.

Ma non basta, Berlusconi impone nuovamente il suo nome in lista alle regionali. Come per la Del Giudice e la Romano. Per lei, però, il premier ha preteso l’impegno dell’intero partito e alla fine la Ruggiero è risultata la prima eletta nella provincia di Avellino, mandando su tutte le furie l’ex capo dell’opposizione in Consiglio, il finiano Franco D’Ercole, che non ce l’ha fatta a essere riconfermato. Ora guida la commissione cultura, con auto blu e indennità aggiuntiva.

Nicole Minetti

“Sono adeguata al ruolo”. La giovane e bella Nicole Minetti al suo primo giorno da consigliere regionale si è mostrata decisa e spavalda. Purtroppo ai giornalisti non è stato consentito porgerle domande perché dalle sue spalle è spuntata una signora di mezza età che con piglio preciso ha agguantato e allontanato i microfoni.

“La dottoressa Minetti non parla, io son la sua pierre”. Abbandonati i microvestiti con i quali ha tentato di sfondare nel dorato mondo televisivo (fra cui i casting per Colorado Cafè di Italia 1 e i passaggi in Scorie su un’altalena), la 25enne Minetti si è presentata in aula con un abito monacale grigio chiaro.

Su di lei si erano scatenate polemiche furibonde perché Berlusconi aveva imposto la sua candidatura nel listino blindato di Roberto Formigoni. Scalzando volti e nomi più noti, come Paolo Cagnoni, l’assistente del ministro Sandro Bondi. Ma l’ordine arrivato da Arcore non poteva cadere nel vuoto.

Silvio Berlusconi e Nicole Minetti si sono incrociati un anno fa. Quando la giovane di Rimini, arrivata a Milano per la specializzazione di Igiene dentale al San Raffaele, venne reclutata per fare la hostess allo stand di Publitalia da Luigi Ciardello. Accomodata su uno sgabello, con tacchi 12, tailleur bleu scuro con doverosi spacchi e adeguate scollature, il Cavaliere rimase folgorato.

Questo almeno raccontano i soliti maligni, gli invidiosi retroscenisti. Lei, pur non avendo mai fatto mistero dell’amicizia nata con il premier, ha sempre tenuto a precisare di essere “adeguata”.

Io, ha detto in una (rarissima) intervista al Corriere della Sera rilasciata prima di essere eletta, “ho il mio curriculum, mi sono preparata e credo di essere adeguata al ruolo”. Certo “sono consapevole di essere giovane e di avere ancora molto da imparare. Ma non mi piacciono i giudizi affrettati e credo che le persone vadano misurate sul campo”.

E poi fa una richiesta: “Potreste smettere di pubblicare le foto di quando ho lavorato in tv? Il mio mestiere è un altro”. Ovviamente il Corriere della Sera pubblica l’intervista corredata da due foto.

Una che ritrae Minetti ai tempi della tv con abiti a dir poco succinti e l’altra nella nuova veste: niente più scollature audaci né lunghi capelli al vento ma una casta camicia bianca e capelli raccolti.

Al primo giorno tra i banchi del consiglio regionale si è conquistata l’interesse dell’altra matricola: Renzo Bossi. Il trota, in appena due ore, ha colto l’adeguatezza in aula di Nicole Minetti.