sabato 6 novembre 2010

S'avvicina la bancarotta degli Usa

Ieri il presidente della Banca Centrale americana, Ben Bernanke, ha deciso di lasciare i tassi di interesse ai minimi storici e di avviare un "nuovo acquisto" di bond per 600 miliardi di dollari entro fine giugno.

Naturalmente per Bernanke queste azioni decise dalla Federal Reserve "contribuiranno a una più rapida ripresa", aggiungendo poi di non prevedere che "il rialzo dei prezzi delle materie prime provocherà una fiammata inflazionistica".

La realtà è un'altra: ieri Bernanke ha deciso di stampare banconote per 600 miliardi di dollari entro il prossimo giugno, il che ovviamente significa che il valore del dollaro continuerà a crollare mentre aumenterà di pari passo l'inflazione negli Usa.

Quindi altra carta straccia per 600 miliardi di $ sarà presto in circolazione, un'ulteriore accellerazione verso la bancarotta degli Stati Uniti.


Usa: pratiche di fallimento
di Giulietto Chiesa - Megachip - 6 Novembre 2010

La notizia del giorno, che non avete trovato sulle prime pagine dei giornali, è questa: gli Stati Uniti d'America hanno iniziato le pratiche di fallimento. Senza dirlo esplicitamente, ma si capisce lo stesso.

Come? La Federal Reserve, cioè la Banca Centrale americana, annuncia l'"acquisto" di 600 miliardi di $. Lo chiamano acquisto (purchase) in termine tecnico, ma si deve leggere "stampa".

Altri 350-500 miliardi di dollari verranno prelevati dal debito che la Fed ha già acquisito, proveniente dai derivati tossici dei mutui facili, e "investiti". Leggi immessi sul mercato.

Totale: all'incirca 1000 miliardi di carta, semplice carta, che la Banca Centrale USA stampa per comprare i titoli del debito pubblico americano. La mano sinistra eroga i soldi alla mano destra.

Se, a questi, si aggiungono (e occorre farlo, perchè sono a bilancio) i circa 800 miliardi già stampati per salvare le banche americane dal tracollo, si arriva a un trilione e 800 miliardi di dollari.

Una creazione di moneta che non ha precedenti nella storia di tutti i tempi.

Perchè lo fanno? Bastino alcune cifre. Nel 2007 la Cina comprava circa la metà (esattamente il 47%) delle nuove emissioni di cedole americane. Nel 2008, in piena crisi finanziaria, la Cina aveva ridotto della metà, al 20% circa.

L'anno scorso gli acquisti cinesi si sono drasticamente quasi azzerati. Eravamo al 5%. In queste condizioni non c'è più modo per pareggiare la bilancia commerciale degli Stati Uniti.

Con un debito di queste dimensioni bisogna inoltre mettere a bilancio 300 miliardi di interessi annui da pagare. Come? Non lo sa nessuno.

Non resta che fare ricorso al gioco delle tre tavolette, e puntare la pistola alla tempia del resto del mondo. La neo presidente del Brasile, Dilma Rousseff, ha subito reagito accusando gli USA di far pagare la propria crisi a tutti gli altri.

L'effetto primo sarà infatti una ulteriore svalutazione del dollaro. Ma la situazione è molto più grave di una, per quanto pesante, impennata inflattiva mondiale.

Questi sono i sintomi di una gigantesca perturbazione in arrivo. Il fisico Guido Cosenza, in un suo aureo libretto intitolato "Il nemico insidioso", definisce come "transizione di fase" sul piano economico-sociale, una situazione come questa, simile al passaggio dell'acqua dallo stato liquido a quello gassoso. Processo che noi conosciamo con il nome di ebollizione.

Stiamo cominciando a bollire. Il che significa, appunto in termini economici e sociali, l'inizio del collasso.

A quelli che annunciavano l'imminente fine della crisi, la ripresa economica, una nuova crescita del PIL, va ora ricordato che mentivano, probabilmente per stupidità. Quelli che ci hanno creduto o non se ne sono accorti di dovrà avvertirli affinchè si preparino a una decrescita ravvicinata e, quindi, drammatica.

Quando Larry Summers (uno dei principali bancarottieri intellettuali e pratici del pianeta) fu chiamato da Barack Obama per entrare nel suo governo, disse (bancarottiere ma non stupido): "Quanto tempo il maggior debitore del mondo potrà continuare a essere la massima potenza?"

E l'America, ex impero che non lo sa ancora, mandando a quel paese Obama, dimostra che non intende rinunciare alla sua posizione dominante. Un bel guaio per tutti, perchè l'America non può più imporre la sua volontà, proprio in quanto non è più un impero.

Questo dice che loro sono in bancarotta e noi tutti siamo nei guai, e fino a che la lasceremo fare, ne pagheremo le conseguenze.

VEDI ANCHE: USA verso la bancarotta (Passato e presente debito pubblico) parte prima, parte seconda, parte terza


La dura austerità nel cuore della Crisi Sistemica
da Megachip - 4 Novembre 2010

Il blog Informazione Scorretta (curato da Felice Capretta) ha pubblicato la seconda parte della traduzione del Rapporto 47 del GEAB, un gruppo di analisti economici fuori dal coro che spulcia in modo originale i dati della Grande Crisi economica e finanziaria. Avevamo ripubblicato anche la prima parte della traduzione.

Buona lettura.

2 - Telescopio. Cinque aspetti chiave dell'entrata degli USA nella fase di austerità. La sequenza di crisi sociali e politiche degli Stati Uniti per i prossimi dieci anni

Come in precedenza menzionato, l'entrata degli stati Uniti nella fase di austerità è causata da due serie di fattori: alcuni interni, specifici degli Stati Uniti, altri legati alle condizioni internazionali in rapido cambiamento.

Per quanto riguarda i fattori interni, è chiaro che l'aumento del deficit diventa uno dei temi centrali del dibattito politico statunitense dopo essere stato diligentemente ignorato per anni.

page_12I democratici Keynesiani possono meglio rivelare la manipolazione monetaria Repubblicana ma ciò non cambia il fatto che questo tema stia emergendo come uno dei punti centrali per gli elettori.

In economia così come in politica, la psicologia gioca un ruolo fondamentale e la crisi corrente ha cambiato le attitudini di un numero sempre crescente di americani per quanto riguarda il concetto di debito: il loro personale così come quello del loro paese.

Ciò che era considerato come prova di modernità e comportamento «Americano Vero», si sta trasformando nell'opposto: comportamento datato e anti-americano [35].

Il legame tra dibattito pubblico e comportamento individuale nasce sullo sfondo della crisi del credito e dell'impoverimento delle classi medie.

Secondo l'opinione di LEAP/E2020 tale legame informerà il dibattito pubblico statunitense per il prossimo decennio e genererà una serie di shock politici e sociali perché si tratta di una genuina rivoluzione intellettuale se paragonata allo standard degli ultimi cinquant'anni.

Ed si può anche considerare questo come uno dei cambiamenti più profondi poiché segna la fine del mito di un'America dalle ricchezze illimitate[36] e di conseguenza di un futuro radioso[37].

Da novembre 2010, le elezioni daranno il via alle valutazioni sulla grandezza del cambiamento in corso.

Per il nostro team esse risulteranno in due eventi direttamente interagenti: la paralisi del potere federale rispetto all'economia ed agli affari sociali ed una crescente fissazione sul dibattito del deficit del paese.

Questo è pericoloso, poiché inasprirà sia la consapevolezza di un enorme problema ignorato per troppo tempo (crescita del debito) precludendo qualsiasi azione significativa per risolverlo (paralisi istituzionale).

Nel grafico qui sopra, Andamento della disoccupazione a lungo termine negli USA (1990-2010) (in blu i valori della disoccupazione totale) - Fonte: BLS, 08/2010.

Solamente a partire dalle elezioni di Novembre 2012 (in realtà dal 2013) sarà possibile per Washington, secondo LEAP/E2020, incominciare a prendere alcune decisioni interne difficili.

Del resto questa è l'opzione più ottimista, che assume che il dibattito razionale prevalga, che non mette troppo in dubbio i fondamenti del sistema politico, sociale o economico del paese. Ma per il nostro team allo stadio attuale, non è l'opzione migliore [38].

Inoltre, dietro il problema del debito statunitense, infatti, si cela quello della permanenza o dell'avvicendamento al potere dei gruppi che controllano il sistema politico americano: le famiglie più ricche ed il complesso militare-industriale, combinati con i loro intermediari finanziari, le banche, sono infatti al centro dell'enorme deficit accumulato dagli Stati Uniti.

Il primo gruppo paga a malapena qualche imposta, il secondo si «concede» guerre a volontà ed un esercito sovradimensionato, ed il terzo gestisce il tutto e trae profitto dai deficit, che generano una manna di ogni genere di attività finanziarie.

E' la natura profondamente politica del debito statunitense che crea questo strano «fronte di rabbia» in cui uno può trovare molto vicini nelle loro analisi «Tea-parties» ultra-liberali, attivisti anti-tasse ed anti-Washington da una parte, e dall'altra attivisti anti-capitalisti che vogliono un aumento delle tasse e la creazione di un sistema di previdenza in stile europeo.

Per esempio, entrambi i gruppi si oppongono alla riforma della salute di Obama (per alcuni esagerata, per altri minima), nel loro «odio» per Wall Street (dividere le perdite per alcuni, evitare di dividere i profitti per altri), nel loro rifiuto per le avventure militari (spreco di denaro per entrambi)...

Dai «bianchi della classe medio-bassa» alle minoranze lasciate da sole a difendersi, questi due gruppi non possono che continuare a rafforzarsi seguendo il passo della carneficina socio-economica che colpisce le classi medie statunitensi [39].

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USA: andamento annuale comparato del PIL nominale (verde), del deficit federale (blu) e del PIL reale (rosso) (2005-2010) - Fonti: Tesoro USA/ Market Ticker, 08/2010.

Ma immaginare che i detentori del potere statunitensi (le classi sociali favorite, i banchieri, il vasto complesso militare e industriale) si prestino umilmente ad una politica di riduzione del deficit che potrebbe avere come risultato un'improvvisa perdita del loro potere e della loro ricchezza sarebbe assolutamente ingenuo.

Per questa ragione lo sviluppo più verosimile, secondo il nostro team, sarebbe in direzione di una successione di crisi politiche e sociali durante i prossimi dieci anni.

La crisi, la sua durata e la sua natura sistemica, evita che i gruppi di leaders attuali possano ancora continuare ad esercitare il proprio potere come fatto nel passato, ma i gruppi che vogliono cambiare il sistema politico statunitense non hanno i mezzi per forzare il cambiamento.

Si realizzerà quindi uno scenario di squilibri che risulterà inevitabilmente in un aumento, come dicono gli economisti, della disoccupazione «strutturale» di massa, che richiederà o la creazione di ammortizzatori sociali a base più ampia, oppure un forte aumento delle forze di sicurezza interna del paese (per proteggere i gruppi di potere).

Questa popolazione «lasciata ad arrangiarsi» alimenterà sempre di più le «crociate» sociali, religiose o politiche (e secessioniste) che stanno cominciando a far emergere demagoghi ed aspiranti leader politici di ogni genere.

All'interno dell'elite statunitense, il dibattito si intensificherà a partire dal 2011, su come «tenere il paese» senza la ricchezza nè il suo sostituto, ovvero il credito facile dei decenni recenti.

A differenza delle opportunità di tre o quattro anni fa, al nostro team appare ora improbabile che avventure militari esterne vengano utilizzate come mezzo per uscire dalla crisi.

L'ingresso nella fase di austerità non è del resto favorevole a nuove costose avventure che inasprirebbero solamente le tensioni interne generando allo stesso tempo una fiera opposizione esterna... con la consapevolezza che gli Stati Uniti sono divenuti estremamente dipendenti dalla benevolenza economica e finanziaria del resto del mondo.

Volenti o nolenti, gli Stati Uniti avranno ora da affrontare le immense contraddizioni e i disequilibrii accumulati in oltre cinque decenni. E naturalmente ciò aumenterà il loro profilo di «paese a rischio» e le incertezze sulla loro crescita, le loro tasse, la loro attrattiva, la loro capacità di risanare il proprio debito...

L'irrilevanza del dibattito "inflazione contro deflazione" nella crisi sistemica

E' da molto tempo che LEAP/E2020 dice che il problema dell'inflazione/deflazione è molto più complesso del semplice duello tra due concetti contradditori, tanto più che, espresso in questi termini, sembra sempre più una disputa parrocchiale che interessa solo gli economisti.

Questi dibattiti, così come le statistiche utilizzate, (aggregati monetari, indici dei prezzi, ...) diventano talmente scollegati dalla realtà di un mondo in crisi, da perdere ogni rilevanza, contribuendo così ad aumentare significativamente la confusione di chi prende le decisioni (governi o banche centrali).

Il nostro team ha perciò osservato che dall'inizio del 2010 i risultati del GlobalEurometre per l'inflazione producono maggioranze fluttuanti che si ribaltano quasi ogni mese, provando che gli intervistati sono diventati incapaci di formarsi un'opinione definitiva su questo indice.

Infatti per LEAP/E2020, se un risultato diventa assurdo, non significa che gli intervistati stiano impazzendo o che la realtà cambi di mese in mese, quanto piuttosto che l'indice non è più rilevante.

Una crisi sistemica è caratterizzata da cambiamenti fondamentali nel processo che si sta valutando. Richiede perciò un radicale adattamento degli indicatori così come degli strumenti di intervento.

Crediamo del resto di essere entrati in un periodo di tendenza al rialzo dei prezzi per i bisogni fondamentali [40] e, al contrario, in un periodo di ribasso dei prezzi per molte delle classi con grandi patrimoni.

E a differenza del dibattito su inflazione/deflazione, questo aspetto è di diretto interesse per un numero più vasto di attori.

La misura di questi cambiamenti, attraverso l'indice dei prezzi o del costo della vita in particolare, diventa sempre meno rilevante a meno che non si stabiliscano due tipi separati di indici, anziché fare affidamento su indici sintetici sfocati.

In aggiunta, e lo vediamo oggi su larga scala negli Stati Uniti, per i decisori che vogliono influenzare il comportamento degli attori economici, il problema dell'aumento dei prezzi è in realtà un problema inerente il potere d'acquisto.

Perciò la stabilità annuale dei prezzi può avere lo stesso effetto di un incremento se, al tempo stesso, le paghe ed altre entrate dei consumatori calano. Ancora una volta troviamo un processo duplice che richiede un'attenta valutazione e messa in prospettiva degli andamenti per accertare cos'è che alla fine determinerà veramente le scelte dell'attore economico rilevante.

Il potere d'acquisto sembra essere un indicatore molto importante sotto questo aspetto.

Così, mentre Ben Bernanke e la Fed vaneggiano di come stiano contenendo l'inflazione negli Stati Uniti, ciò non impedisce una doppia riduzione dei guadagni e dei capitali e la contrazione del credito per i nuclei familiari, cose che somigliano ad una forte inflazione: «Se i miei introiti sono diminuiti del 10% ed i prezzi sono aumentati in media del 2%, il mio potere d'acquisto è diminuito del 12%. Pertanto non spendo niente, o almeno molto meno, qualunque cosa mi dicano sul tasso d'inflazione».

Ma del resto, di quale potere d'acquisto stiamo parlando?

Delle classi medie o delle classi privilegiate?

Anche qui, il sistema di statistica americano mostra i suoi limiti ideologici.

Fin quando si è potuto dichiarare che la classe media rappresentava il grande e stabile cuore della società degli Stati Uniti, le misure generali erano sufficienti. Dal momento in cui la classe media resta indietro, si frammenta ed impoverisce, tutte le politiche economiche basate sulle misurazioni medie sono condannate al fallimento poiché hanno come obiettivo una categoria di attori che di fatto non esiste più.

Questi fatti, naturalmente, si applicano ugualmente agli altri stati occidentali nel mirino della crisi.

Il dibattito di lunga data su inflazione/deflazione, è perciò solo un esempio dell'eclatante fallimento del sistema di statistiche nel profilarsi della crisi sistemica.

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Percentuale di posti di lavoro persi nelle recessioni successive alla Seconda Guerra Mondiale, dopo il 1945 (allineate al massimo dei posti persi; recessione attuale in rosso) - Fonte: CalculatedRisk, 08/2010

Ma oltre a questa separazione sociale e per categoria di patrimonio, è necessario anche osservare lo sviluppo temporale. La fase di bassa inflazione o deflazione, che sembra deprimere i banchieri centrali e preoccupare così tanto la Fed, è soltanto temporanea.

Da una parte, i BRIC, queste potenze in rapida ascesa, sono soggette a un'inflazione crescente che non mancheranno di trasmettere ai paesi occidentali [41]; dall'altra, gli Stati Uniti, che sono in una posizione unica nel sistema economico globale, rimangono alla mercé di una «reflazione» mal gestita che si trasformerà immediatamente in iperinflazione nel caso di una perdita di fiducia nel dollaro americano.

Secondo LEAP/E2020, la perdita di fiducia nella capacità dell'economia americana di lasciarsi rapidamente alle spalle la crisi, o persino la paura che essa ricada in recessione nei prossimi mesi, può dare il via a questo fatale doppio processo sul dollaro: un'inflazione interna «come rimedio [42]», tale da scatenare una fuga dagli asset denominati in dollari da parte del resto del mondo.

Dato l'ingresso degli Stati Uniti nella fase di austerità e date le velate minacce di Ben Bernanke agli altri banchieri centrali [43], la fine del 2011 potrebbe rivelarsi adatta a provocare una simile catena incontrollata di eventi.

Indubbiamente, gli ultimi anni hanno mostrato che, nonostante il suo stile oratorio molto professoriale, Ben Bernanke (come i suoi colleghi) ha poco controllo. Via via che la situazione americana diviene più complicata, non c'è ragione per cui il controllo degli eventi da parte della Fed debba rafforzarsi; semmai il contrario.

Il vero Pil americano è del 30% più basso delle cifre ufficiali

L'ingresso degli Stati Uniti nella fase di austerità è iniziato di fatto almeno due anni fa. In realtà, la crisi e le sue conseguenze in termini di un crollo di utili e di capitale, così come la drastica riduzione del credito al consumo, sono soltanto un passo nel processo di impoverimento delle classi medie americane che è iniziato quasi trent'anni fa.

Attraverso tutto questo periodo, la fregola del credito facile ha avuto l'obiettivo di nascondere questo impoverimento compensando una carenza di reddito con debiti illimitati.

Dato che la crisi ha portato questo processo a una fine improvvisa, Washington (il governo, il Congresso e la Fed insieme) ha provato a compensare la sua sparizione con un gigantesco debito pubblico.

Tuttavia, come vediamo quotidianamente guardando allo sviluppo economico e sociale del Paese, questo tentativo è fallito per le ragioni discusse nei capitoli precedenti di questo numero del GEAB.

Comunque, questo tentativo ha un impatto diretto sul PIL americano che la maggior parte degli economisti e degli esperti rifiuta di riconoscere, perché questo provocherebbe uno shock di tale violenza per la stabilità economica e finanziaria globale che la cosiddetta «crisi Greca» sembrerebbe soltanto un semplice esercizio di allenamento.

Se la bugia delle autorità greche sull'ammontare del debito del loro Paese e quindi del rapporto debito/PIL è stata sufficiente a generare il panico mondiale, immaginate per un secondo cosa causerà la scoperta che il PIL degli Stati Uniti è in realtà del 30% più basso delle cifre ufficiali, e pertanto il rapporto tra debito pubblico e PIL americano nel 2009 è stato del 113% e non dell'83% [44] (visto che, per il nostro team, questa è una realtà che diventerà ovvia a tutti durante il 2011).

La differenza è semplicemente dovuta al fatto che tra il 2007 e il 2009 gli Stati Uniti si sono fatti carico di oltre 4000 miliardi di dollari di debito aggiuntivo per un incremento del PIL di solo poco più di 200 miliardi di dollari in tre anni [45].

Ma non fate errori! Questo enorme debito pubblico aggiuntivo è soltanto un tentativo di rimpiazzare un PIL «mancante» dovuto alla crisi e alla fine del debito dei consumatori. Uno potrebbe anche sostenere l'idea che questo 30% del PIL sia stato nulla più che una finzione per almeno uno o due decenni.

Ma il nostro problema non è cosa è successo vent'anni fa, ma cosa succederà nel futuro.

E l'ingresso nella fase di austerità della crisi sistemica introduce un fattore fondamentalmente nuovo, che è quello che crea un contesto generale che favorisce la rivelazione di questa verità: che il PIL americano non è nulla più che l'ombra di ciò che era in passato [46] e che la cifra usata nelle statistiche economiche e finanziarie è grandemente sopravvalutata.

Con una simile sopravvalutazione, quasi tutti gli indicatori sono per la gran parte falsi.

La percentuale di indebitamento del Paese, la sua quota dell'economia globale, i tassi monetari, il valore del dollaro (che è basato sulla dimensione dell'economia americana)... tutte queste cifre sono in gran parte sbagliate.

Questo potrebbe anche spiegare (come per il dibattito «inflazione /deflazione») perché le politiche economiche e monetarie implementate negli Stati Uniti abbiano fallito così miseramente.

Senza alcuna vera conoscenza della realtà di base, nessuna strategia può portare al successo e, in questo caso, la visuale data dalla mappa (gli indicatori) è sempre più distorta [47]. La Fed isolata e persa di fronte a una opportunità storica

Cosa succede quando il rinomato leader è obbligato a fronteggiare un grande fallimento e mostra completa indecisione sulle azioni da intraprendere? In qualsiasi gruppo umano questo genera sistematicamente tre eventi: la preoccupazione dei fedeli, l'ambizione dei concorrenti/avversari e l'allontanamento degli opportunisti.

La Federal Reserve americana si trova scaraventata esattamente in questa situazione. Le sue politiche hanno fallito e le discussioni infuriano dentro e attorno ad essa per determinare quali politiche adottare per il futuro.

Appare ovvio che essa si è completamente persa.

Questo è il problema quando tutti gli indicatori sono sballati e conseguentemente nessuno sa più a cosa corrispondano [48].

Probabilmente, essa comincia a percepire il proprio isolamento attraverso le dichiarazioni e le azioni della BCE, la banca centrale cinese... Ma all'interno degli stessi Stati Uniti, le conseguenze stanno diventando visibili.

I nemici della Fed, quelli che vorrebbero abolirla, stanno acquistando potere [49] grazie ai vari movimenti di «americani infuriati»: all'incrocio tra i due mondi che essi respingono, Washington e Wall Street, la Fed è al cuore di questa rabbia popolare verso l'attuale sistema [50].

Gli oppositori delle sue passate politiche stanno passando i migliori giorni della loro vita invocando che essa faccia completamente l'opposto (su questo punto, potrebbero non venire delusi!).

Per il resto, l'amministrazione Obama, il Congresso e le banche si stanno chiedendo che tipo di politiche possano aspettarsi nel futuro dalla Fed.

Ciò che è certo è che, se la Fed non riprende il controllo tra ora e la fine del 2010, essa sarà completamente priva di credibilità per provare a regolare l'ingresso degli Stati Uniti nella fase di austerità, e tale ingresso avverrà pertanto nelle peggiori condizioni possibili.

O la Fed prova a continuare a far finta di avere a disposizione i mezzi per rivitalizzare l'economia senza percorrere la via dell'austerità, e vedremo dunque palesarsi un conflitto diretto tra la Fed e la maggioranza delle sue controparti in giro per il mondo [51] che non credono più nell'idea di continuare a ripetere gli errori del passato fino a che infine abbiano successo; oppure prende il toro per le corna e suona la canzone dell'inevitabile austerità, accettando infine pienamente la propria impopolarità ma almeno facendo qualcosa di utile, ovvero «traghettando gli Stati Uniti nel mondo reale del XXI secolo».

Questa è una opportunità storica che non si presenterà due volte alla Fed.

In questo momento, siamo piuttosto pessimisti rispetto alla capacità della Fed di osservare e sfruttare questa opportunità.

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Acquisti netti o vendite di titoli del Tesoro USA (2001-2010) - Fonti: Tesoro USA / Haver Analytics / NYT, 09/2010

Le conseguenze dirette per l'Asia e per Eurolandia: un disaccoppiamento accelerato con successo, o il caos sociale

Nei prossimi due numeri del GEAB tratteremo di Asia e Europa in maggior dettaglio. Ma possiamo già anticipare le sfide per queste due aree nel momento in cui gli Stati Uniti entrano nella fase di austerità.

Per l'Asia e la Cina, innanzi tutto, sarà «il momento della verità».

Nel 2011, la Cina e l'Asia dovranno provare di essere diventate entità capaci di garantire almeno la propria crescita senza dover contare sugli Stati Uniti, e dunque portando a una crescita in tutti i Paesi BRIC e in Eurolandia [52] nello stesso momento.

Senza dubbio l'arrivo nell'austerità degli Stati Uniti determinerà un marcato calo nelle esportazioni verso gli USA e dunque richiederà consumi decisamente aumentati all'interno della Cina, dell'Asia e dei Paesi BRIC [53].

Nel frattempo, l'ingresso di Eurolandia nella stagnazione a partire dalla fine del 2010 [54] porterà a fronteggiare un cambiamento culturale, consistente nella scelta di favorire una nuova partnership con i paesi BRIC [55] oppure di affondare nelle difficoltà economiche insieme agli Stati Uniti e al Regno Unito.

L'Asia ed Eurolandia si troveranno di fronte a due sfide parallele riguardanti la propria relazione con gli Stati Uniti: . per gli asiatici, è chiaramente una sfida a sganciare la propria crescita dalle esportazioni verso gli Stati Uniti [56] . mentre per gli europei in Eurolandia la sfida a sganciarsi è piuttosto una questione intellettuale [57] dato che in pratica essi non dipendono dalle esportazioni verso gli USA.

Per ciò che riguarda Eurolandia, la stagnazione economica si materializzerà alla fine del 2010. L'austerità degli Stati Uniti intaccherà inevitabilmente le esportazioni dall'Eurozona [58]. Essa si combinerà con l'austerità realizzata in Eurolandia, causando tensioni sociali molto intense, specialmente se i sistemi di benefit per la disoccupazione e per il welfare saranno messi a rischio senza significativi contributi da parte delle persone ad alto reddito.

Ricordiamo che, senza equità, l'austerità in Europa scivolerà nel caos socioeconomico, e l'esempio sarà il Regno Unito da questo ottobre [59].

Ma anche in Asia le tensioni sociali potrebbero diventare un tema dominante dalla fine del 2010/inizio del 2011, se essa si dimostrerà incapace di rimpiazzare il mercato americano per le sue esportazioni: Pechino ha appena riconosciuto ufficialmente per la prima volta che la Cina ha più di 100 milioni di disoccupati da integrare nel mercato del lavoro l'anno prossimo [60].

Ciò ha il potenziale di creare significativo caos sociale, persino in una nazione pesantemente sottoposta a controllo di polizia. Nel prossimo GEAB potremo identificare i trend che crediamo si affermeranno nel 2011 per ciò che riguarda queste due regioni.

NOTE: [35] L'uso delle carte di credito sta collassando. Fonte BusinessWeek, 08/09/2010 [36] Come scrive il Guardian in questo articolo del 15/08/2010, sapendo che la fine di un sogno si può rapidamente trasformare in un incubo. [37] In effetti i cambi di abitudini sono repentini, numerosi e fondamentali: dalle città che decidono di togliere l'asfalto dalle strade perché non si possono pagare le riparazioni e che un'altra volta diventano piste del far west, passando dalla fine della passione per il golf che conduce alla bancarotta dei campi, il ritiro della carta igienica da alcuni servizi pubblici, l'abbandono delle imbarcazioni turistiche per tutta la lunghezza della costa americana, la fine della pubblica amministrazione che provvede all'aiuto dei disabili, dell'educazione, dei pensionati in molti stati e città, la fine della macchina per molti sedicenni, università sull'orlo della bancarotta, ... anche il tasso di natalità sta calando. Fonti: USAToday, 03/08/2010; CNNMoney, 23/07/2010; USAToday, 26/08/2010; LJWorld, 09/08/2010; USAToday, 08/06/2010; USAToday, 28/07/2010; New York Times, 14/08/2010; Wall Street Journal, 17/07/2010; USAToday, 27/08/2010 [38] Fonte: Washington Post, 12/08/2010 [39] E' ciò che LEAP/E2020 aveva anticipato da Febbraio 2009 nel GEAB No. 32 [40] E la pressione sui prezzi dei generi alimentari lo riflette chiaramente. Fonte: Telegraph, 11/09/2010 [41] Si dovrebbe leggere su questo argomento l'articolo molto interessante di Andy Xie, pubblicato nel Caixin del 16 agosto 2010. [42] In un tentativo di far ripartire l'economia americana e alleggerire il crescente fardello del debito, che è sempre più difficile da finanziare. [43] Vedi sopra.
[44] In questo contesto, non sorprende che la domanda globale di oro continui a crescere molto rapidamente, ad esempio 36% nella seconda metà del 2010. Fonte: MarketWatch" , 25 agosto 2010.
[45] Fonte: Spese del governo americano
[46] Un altro esempio lampante: le transazioni in immobili commerciali sono crollate del 90% tra il 2007 e il 2009, da 522 a 52 miliardi di dollari. Fonte: MyBudget360, 2 agosto 2010.
[47]. Per avere un'idea di come possa apparire la famosa «recessione a W» ~~~ attualmente in svolgimento, è interessante leggere questo articolo di Douglas McIntye su 24/7WallSt del 13 agosto 2010.
[48] Per oltre due anni LEAP/E2020 ha evidenziato il fatto che a forza di pasticciare i numeri i leader avrebbero perso qualsiasi traccia della realtà.
[49] Il consenso crescente sull'idea di Ron Paul di effettuare infine un censimento completo delle riserve di oro degli Stati Uniti (dall'ultimo sono trascorsi più di cinquant'anni) appartiene a questa categoria. Fonte: Kitco
, 24 agosto 2010.
[50] Specialmente visto che è la Fed che, a partire dall'inizio della crisi, ha organizzato il riacquisto del proprio debito da parte degli americani, annunciando una dolorosa monetizzazione per tutta la nazione. Vedi il grafico sotto.
[51] Ripetiamo ancora una volta che né Eurolandia né la Cina sottoscriveranno un nuovo round di stimolo americano. Questo lascia sul tavolo poche opzioni realistiche e tali da poter essere implementate efficacemente.