Il Paraguay, con le recenti elezioni presidenziali vinte dall’ex vescovo vicino alla Teologia della Liberazione Fernando Lugo, chiude un capitolo della propria storia durato 60 anni.
Anni che hanno visto al potere quel Partito Colorado che appoggiò i 35 anni di feroce dittatura di Alfredo Stroessner e che riuscì a restare al vertice anche in democrazia dopo la fine della dittatura nel 1989.
Lugo, dopo aver lasciato il suo posto di vescovo di San Pedro, è stato sospeso dal Vaticano e ora scatterà l'esclusione a divinis dal sacerdozio. Lo stesso presidente della Conferenza episcopale paraguaiana, Ignacio Gogorza, ha detto che sara' il Papa in persona ad occuparsi della situazione del vescovo di San Pedro. Addirittura. Ma d’altronde ciò è la diretta conseguenza del fatto di essere stato accusato di essere troppo vicino a Hugo Chavez.
Lugo però non se ne preoccupa dichiarando “uno rimane per tutta la vita un uomo di chiesa, mi preparo a servire l'intero paese”.
Avrà di fronte comunque un compito molto difficile dovendo rimettere in sesto un Paese allo sfascio economicamente con 2 milioni di persone che sono emigrate - mentre 6 milioni sono restati in patria - e con l’assoluta necessità di una riforma agraria per distribuire la terra ai tanti contadini che ne sono privi.
Que le vaya bien!
Vince Lugo, avanza il nuovo Paraguay
di Maria Vittoria Orsolato - Peacereporter
Dopo 60 anni il Paraguay si sveglia finalmente libero. Fernando Lugo, l’ex vescovo di San Pedro, ha praticamente schiacciato gli avversari nella tornata elettorale che si è chiusa oggi alle 16. Con il 41% dei consensi, il candidato dell’Alianza Patriotica para el Cambio ha vinto la presidenza e soprattutto ha reso possibile, per la prima volta nella storia di questo Paese, un cambiamento nell’amministrazione senza spargimento di sangue e senza colpi di Stato.
I disordini paventati dal presidente uscente Nicanor Duart Frutos non si sono verificati e la tornata elettorale si è svolta nella massima tranquillità e trasparenza. Sono state infatti decine le denunce di irregolarità nei seggi che hanno portato gli osservatori, sia interni che internazionali, ad aggiustare il tiro su quelli che sarebbero stati i risultati.
Risultati che per i paraguayani sono stati chiari fin dalle 18, quando nelle strade delle maggiori città sono iniziati i caroselli degni di una calcistica vittoria mondiale e le manifestazioni di giubilo tipiche di chi sembra essersi liberato da un pesante fardello."Abbiamo scritto una pagina nuova nella storia politica del Paraguay – queste le prime parole del neopresidente della Repubblica – se oggi si sogna un Paese migliore, la responsabilità e il merito di questo sogno vanno solo a voi paragauayani, patrioti di questo 20 di aprile ed eroi di un nuovo Paese".
Ad accalamare il vescovo che da domani verrà apostrofato come presidente, una moltitudine indescrivibile di cittadini, si presume più di 100.000, che ha invaso le strade del centro della capitale, Asunciòn, bloccando il traffico sventolando il tricolore al ritmo di danza e dei canti “Se siente, Lugo presidente” e “Que se fue Nicanor”.
Ed è stata probabilmente questa esplosione popolare di giubilo ad aver convinto la candidata Colorada, Blanca Ovelar, ad ammettere candidamente la sconfitta solo un paio di ore dopo la chiusura dei seggi : "Riconosciamo il trionfo del candidato Fernando Lugo e assumiano che i risultati della consultazione popolare sono irreversibili". Parole secche e incontrovertibili quelle della primadonna che, con il 31% delle preferenze, ha dato il volto, o meglio, la faccia alla clamorosa débacle del partito repubblicano più longevo del Sudamerica.
Sulla stessa lunghezza d’onda l’altro candidato, l’ex generale Lino Oviedo, allineatosi nelle congratulazioni al neopresidente affermando che "Il Paraguay era disperatamente bisognoso di un cambio alla sua guida. Io proponevo un’alternativa ma quella del senor Lugo è stata evidentemente quella preferita dall’amato popolo. Appoggerò la politica dell’ex vescovo ogni qualvolta questa rappresenti il bene del Paese".
Con la vittoria dell’ Alianza Patriotica para el Cambio - miscellanea di partiti e movimenti della sinistra e del centro-sinistra paraguayani - cade la penultima delle roccaforti latinoamericane alleate della Casa Bianca, già pronta a dirottare gli stealth espulsi dal nuovo Ecuador di Correa, nella cosidetta zona della Tripla Frontera, di cui il Paraguay fa parte assieme a Brasile e Argentina
Pare poi che il (mon)signor Presidente darà del filo da torcere proprio ai suoi grandi vicini. Se infatti, come da programma, pretenderà la rinegoziazione dei penalizzanti trattati energetici sulle due grandi dighe di Itaipù e Yaciretà, colossi dell’idroelettrica costruiti lungo il Rio Paranà, i rapporti diplomatici potrebbero incrinarsi bruscamente. Quello che è certo, ed emerge con forza da questa consultazione popolare è che il Paese segnato da una delle più cruente dittature della seconda metà del ‘900, cerca di rialzarsi e soprattutto di mantenersi sulle proprie gambe. La svolta socialista che ha trasformato la morfologia politica dell’America Latina ha toccato anche questa piccola, ma orgogliosa nazione. Che, paradossalmente, l’uomo che l’ha resa possibile sia anche, e prima di tutto, un uomo di Santa Madre Chiesa per i paraguayani non è altro che il “signo de Dios”.