domenica 18 aprile 2010

Afghanistan: Emergency rientrata

Dall'Afghanistan è arrivata oggi una buona notizia, un evento più unico che raro...

I tre operatori italiani di Emergency - Marco Garatti, Matteo dell'Aira e Matteo Pagani - sono stati finalmente rilasciati perchè, come si legge nel comunicato dei servizi di intelligence afghani, "non colpevoli" e nelle prossime ore dovrebbero già raggiungere l'Italia.

Intanto però la guerra continua come sempre. Oggi ad esempio una bomba ha ucciso nella provincia di Uruzgan due soldati olandesi e un terzo è rimasto gravemente ferito.

La guerra infinita procede quindi senza alcun tentennamento di sorta...


Io sto con il Mullah
di Massimo Fini - www.massimofini.it - 17 Aprile 2010

Durante “Porta a Porta” di lunedì, dedicato all’arresto dei tre operatori di Emergency, con la partecipazione del ministro Frattini, di Piero Fassino, di Fausto Biloslavo, il generale Carlo Jean, dell’esperto di cose militari Andrea Margelletti (uno che ha avuto il fegato di dire che i civili morti sotto i bombardamenti americani nella prima guerra del Golfo erano “qualche decina”, mentre sono stati 86164 uomini, 39612 donne e 32193 bambini – dati del Pentagono) e Gino Strada, si è parlato di tutto ma non si è nemmeno sfiorato il nocciolo della questione.

Chi sono i legittimi abitanti dell'Afghanistan? Gli afghani, evidentemente.
Cosa sono i 130 mila soldati stranieri che vi stazionano? Degli occupanti.
Perché occupano? Che sia per fare la lotta al terrorismo è, dopo nove anni di guerra e di guerriglia, non solo insostenibile, è grottesco.

Del resto la stessa Cia ha calcolato che su circa 50 mila combattenti solo 386 non sono afghani. Ma si tratta di uzbeki, di ceceni, di turchi, quindi non di arabi votati alla jihad universale contro il mondo occidentale.

E nessuno si perita di spiegare come sia possibile che un manipolo di guerriglieri “straccioni”, così li ha definiti lo stesso Strada, possa controllare il 70% del territorio, come hanno ammesso anche Margelletti e Jean, a petto del più potente, armato e sofisticato esercito del mondo.

Perché, con tutta evidenza, ha l’appoggio della stragrande maggioranza della popolazione. Questo appoggio è andato man mano lievitando fino a diventare quasi plebiscitario per il massacro di civili perpetrato dalle truppe Nato.

Sfoglio i miei ritagli: “Spari sulla folla, è strage. Rivolta in piazza a Kabul” (30/5/2006); “Bombe sulle case, strage di civili in Afghanistan” (27/10/2006); “Afghanistan, nuove vittime civili” (28/10/2006); “Massacro di civli dopo l’imboscata agli Usa” (5/3/2007); “Afghanistan, raid Nato. Tra le vittime 45 civili” (2/7/2007); “Afghanistan, gli italiani sparano. Decapitata una bambina di 12 anni” (13/2/2008); “Strage in Afghanistan. Le scuse dell’America” (7/5/2009); “Afghanistan, attacco Nato. Strage di talebani e civili” (5/9/2009); “Afghanistan, colpiti bambini di 5 anni” (10/2/2010); “Afghanistan, nuova strage di civili” (13/4/2010); “Kandahar, la Nato spara su un bus di civili” (13/4/2010).

E questo non è che un florilegio del materiale da me raccolto e un’infinitesima parte della mattanza che è quotidiana perché, in assenza di testimoni, le notizie non filtrano fino a noi.

Siamo lì, diciamo oggi, per “ricostruire un Paese”. E invece l’abbiamo distrutto, materialmente, economicamente, socialmente, moralmente.

1) Nei sei anni del governo talebano c’era sicurezza. Si poteva viaggiare tranquillamente anche di notte. Bastava rispettare la legge. I talebani avevano cacciato i famigerati “signori della guerra” oltreconfine. Oggi alcuni di essi, e i peggiori, dei veri pendagli da forca, Dostum e Hekmatyar, sono nostri alleati.

2) Nell’Afghanistan talebano non c’era disoccupazione perché il Mullah Omar aveva mantenuto la tradizionale struttura economica e sociale del Paese. Oggi i disoccupati sono milioni.

3) In quell’Afghanistan non c’era corruzione per la semplice ragione che ai corrotti i talebani tagliavano le mani (soluzione impensabile in Italia perché avremmo un Parlamento di moncherini).

Oggi la corruzione è dilagante. Ha detto Ahmad Ghani, il più occidentalizzante dei candidati alle elezioni-farsa di agosto e quindi insospettabile di simpatie talebane: “Nel 2001 eravamo poveri ma avevamo una nostra moralità. Questa alluvione di dollari ha distrutto la nostra integrità”.

4) Nel 2000 il Mullah Omar bloccò la coltivazione del papavero e la produzione di oppio crollò quasi a zero (si veda il diagramma del Corriere del 17/6/2006). Oggi l’Afghanistan produce il 93% dell’oppio mondiale. Io sto col Mullah.



Afghanistan, le verità nascoste
di Enrico Piovesana - Peacereporter - 1 Aprile 2010

Il corrispondente del 'Times' di Londra denuncia le vittime civili dei raid notturni delle forze speciali Usa. I comandi Nato lo attaccano

Il comando Isaf-nato di Kabul, normalmente molto diplomatico con la stampa, ha reagito con insolita durezza agli articoli in cui Jerome Starkey, corrispondente del Times di Londra dall'Afghanistan, ha denunciato le vittime civili dei raid notturni condotti delle forze speciali americane.

Kunar. Il primo 'attrito' tra Starkey e i comandi militari alleati risale a fine dicembre 2009, quando il giornalista britannico scrisse che in una di queste operazioni, condotte in un villaggio della provincia orientale di Kunar, le forze speciali Usa avevano giustiziato a sangue freddo otto ragazzini innocenti.

La versione ufficiale inizialmente fornita dai comandi Nato sosteneva che le vittime erano "tutti membri di una cellula terroristica che fabbricava esplosivi artigianali" e che i militari "entrando nel villaggio erano stati attaccati da diversi edifici".

Le inchieste condotte dalle autorità afgane dopo le proteste della popolazione locale e l'articolo di Starkey, hanno dimostrato che i Rambo americani fecero irruzione nella casa sparando a sangue freddo contro due bambini che dormivano in una stanza, Samargul e Ismael, entrambi di 12 anni, poi uccidendo l'anziano padrone di casa, Abdul Khaliq, che si era alzato dopo aver sentito gli spari, e infine ammanettando e giustiziando sul posto altri cinque ragazzini che dormivano in un'altra stanza: Samiullah, 12 anni, Atiqullah e Attahullah, 15 anni, Matiullah, 16 anni, Rahimullah e Sebhanullah, 17 anni. Nessuno di loro mai coinvolto in attività insurrezionali.

Due mesi dopo, a fine febbraio, il comando Nato è stato costretto ad ammettere l'errore, dicendo che quel raid "non avrebbe dovuto essere autorizzato".

Paktya. Il 13 marzo, Starkey pubblica sul Times un nuovo articolo in cui accusa la Nato di aver insabbiato un'altra strage di civili innocenti compiuta nel corso dell'ennesima operazione notturna delle forze speciali Usa, risalente a circa un mese prima.

Secondo un comunicato Isaf, militari americani impegnati in un'operazione in un villaggio della provincia orientale di Paktya, erano stati "attaccati da diversi insorti" che poi son stati uccisi nello "scontro a fuoco".

Dopodiché, sempre secondo il rapporto ufficiale, i soldati avrebbero fatto una "raccapricciante" scoperta: i cadaveri di tre donne che erano state legate e uccise, vittime di un delitto d'onore.

L'inchiesta giornalistica di Starkey ha invece dimostrato che le forze speciali americane sono piombate in casa di un noto ufficiale della polizia locale, il comandante Daud, mentre era in corso una festa per la nascita del suo ultimo figlio.

I soldati hanno aperto il fuoco uccidendo lui, suo fratello Saranwal Zahir, pubblico ministero, due donne incinte, Shirin e Saleha, e una ragazza di 18 anni, Gualalai. Alcuni giorni dopo, militari americani hanno offerto alla famiglia 2mila dollari di risarcimento per ognuna delle vittime.

Poche ore dopo la pubblicazione dell'articolo, un insolito comunicato Isaf definiva "categoricamente false" le informazioni riportate da Starkey, citandolo con nome e cognome e accusandolo di aver falsificato successive dichiarazioni di un portavoce Nato, salvo ammettere che la storia delle donne vittima di un delitto d'onore non era vera.

Terroristi. "Gli stranieri parlano sempre di diritti umani – ha dichiarato al Times Mohammed Tahir, padre di Gulalai – ma a loro non gliene importa niente! Ci insegnano i diritti umani e poi ci uccidono. Non sono venuti qui per sconfiggere il terrorismo: loro sono i terroristi!".

"Ci hanno dato dei soldi – protesta Haji Sharabuddin, padre di Daud e Saranwal Zahir – ma noi non vogliamo soldi! Hanno sterminato la mia famiglia: noi vogliamo giustizia! Non ci interessa più vivere, ci faremo saltare in aria in un attacco suicida, e tutta la provincia ci sosterrà!".