martedì 13 aprile 2010

Haiti: ma quale ricostruzione?

Torniamo sulla tragedia di Haiti, a tre mesi dal terremoto che ha devastato uno dei Paesi più poveri del mondo.

Com'era purtroppo facilmente prevedibile, la poderosa "macchina da guerra" degli aiuti internazionali dispiegata nell'isola caraibica si sta rivelando del tutto inefficace, caotica e per nulla interessata a rimettere in piedi effettivamente un Paese già in ginocchio per le sanguinose dittature, l'endemica povertà, gli uragani e le inondazioni che l'hanno contrassegnato da svariati decenni.

Il 31 Marzo scorso il segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-Moon ha aperto i lavori della conferenza internazionale per la ricostruzione di Haiti. Tra i partecipanti ci sono stati anche il segretario di stato Usa Hillary Clinton, il presidente haitiano Renè Preval e numerosi ministri degli esteri dei Paesi donatori.

Ban Ki-Moon ha dichiarato che "L'obiettivo è raccogliere 3,9 miliardi di dollari per la ricostruzione del Paese al fine di gettare le basi per la ripresa di Haiti nel lungo periodo".
Ok, 3,9 miliardi di dollari...ma per fare cosa?

Dopo tre mesi, lo sproporzionato invio di soldati, portaerei e mezzi militari sta confermando i facili sospetti delle prime ore. Se ne parla qui di seguito.


Il Pentagono sta usando Haiti come campo d'addestramento per l'Afghanistan
di Michel Chossudovsky - www.globalresearch.ca - 28 Marzo 2010
Tradotto da Marco Messina (http://marcomessina.wordpress.com)

Un recente rapporto di Stars and Stripes rivela la vera natura dell'operazione militare statunitense ad Haiti. Unità di combattimento provenienti da Iraq e Afghanistan sono state schierate ad Haiti per compiere una missione umanitaria.

Al contrario, il territorio di Haiti viene usato come campo di addestramento militare per le forze di combattimento prive di esperienza in teatri di guerra.

Il rapporto Stars and Stripes (14 Mar 2010) recita: "I marines dispiegati ad Haiti per portare i primi soccorsi a seguito dell’emergenza dovuta al devastante terremoto del gennaio scorso sono già in fase di addestramento per i combattimenti in Afghanistan".

I marines della 22esima unità del Corpo di Spedizione militare inviati ad Haiti subito dopo il terremoto sono ora impiegati in Afghanistan. Infatti, la decisione di mandarli in Afghanistan è stata presa prima del loro dispiegamento ad Haiti:

"Un piccolo gruppo di marines ha preso d'assalto diversi edifici di piccole dimensioni nella zona del loro accampamento vicino al mare, mentre i loro compagni interpretavano il ruolo di ribelli afghani urlando "bang!", come in una simulazione di guerra.

Il giorno precedente, il generale Dennis J. Hejlik, comandante della 2a unità del Corpo di Spedizione dei Marines, aveva fatto visita ai soldati a terra, congratulandosi con loro per il buon lavoro svolto ad Haiti e chiedendo: "Cosa vi aspettate una volta tornati a casa?".

"Afghanistan", fu la risposta. Con gli elicotteri Huey che gli ronzavano in testa, Hejlik parlò della recente offensiva a Marjah, aggiungendo che entro l’estate in Afghanistan si sarebbero aggiunti altri 20.000 marines.

"In primavera vi unirete a loro”, disse ai marines di stanza a Carrefour (località situata nella parte occidentale di Haiti, ndt). Uno di loro, il sergente Timothy Kelly, 23 anni, di Johnston City, Illinois, disse che i membri della sua unità erano venuti conoscenza della missione in Afghanistan solo poco tempo prima di ricevere l'ordine di recarsi ad Haiti".

Il programma di addestramento di Haiti "è orientato verso tattiche di combattimento ravvicinato":

"Solo due di noi (della squadra del sergente Kelly) hanno esperienza in Iraq o in Afghanistan", ha detto...

Molti dei nostri soldati non sono stati mandati qui (ad Haiti) per essere poi spediti in Afghanistan. E quelli che invece lo sono, farebbero meglio a farsene una ragione.

Un altro marine a Carrefour, il soldato Keith Cobb, 23, di Soso, Mississippi, dice che la missione in Afghanistan sarà per lui la prima volta in una zona di guerra. "Io voglio uccidere i terroristi e sbarazzarmi del nemico, ma preferirei restare qui perché so che dopo mi manderanno a casa", riferisce Cobb.

Il termine Close Quarters Battle (CQB) sta ad indicare una particolare tipologia di guerriglia che coinvolge piccole unità di combattimento “che affrontano il nemico con armi private a distanza ravvicinata". Il training militare fornito ad Haiti è finalizzato sia alla guerriglia urbana che alle operazioni anti-sommossa.

Il 25 marzo l'esercito Usa ha riferito che circa 2.200 marines impiegati nel primo soccorso umanitario ad Haiti sono stati ritirati dal paese.

Il ruolo dei militari canadesi

L'esercito canadese ha adottato un modello simile a quello statunitense. Il territorio di Haiti è stato usato come piattaforma di lancio per il dispiegamento di truppe militari da combattimento destinate al Medio Oriente.

Le truppe canadesi inizialmente schierate ad Haiti nell'ambito di un mandato umanitario sono già state mandate in Afghanistan: "I soldati del 22esimo Reggimento Reale avranno solo due settimane di tempo prima di spostare la loro attenzione dagli aiuti ai terremotati di Haiti verso i combattimenti ad altà intensità in giro per l’Afghanistan, come sostiene il comandante di tutte le truppe canadesi d'oltremare". (National Post, 23 febbraio 2010).

Le forze militari canadesi impiegate ad Haiti saranno, tuttavia, istruite in Canada prima di essere reimpiegate altrove.


"Ad Haiti morte e disperazione"
da www.corriere.it - 8 Aprile 2010

"Tre mesi dopo le scosse di terremoto regna ancora il caos più totale. La popolazione ha paura di tutto"

Haiti non è l'isola che non c'è. E' l'isola dimenticata. Questa almeno è stata l'impressione che ha avuto un gruppo di volontari italiani che si sono mossi autonomamente per avviare, tre mesi dopo il terremoto, una piccola struttura sanitaria mobile.

Niente di colossale ma aiuti concreti: alimentari, medicine e soprattutto una clinica mobile, un camper attrezzato che conta sul lavoro di tre medici haitiani che girano nelle zone disagiate, cioè praticamente tutte.

L'ARRIVO - «Siamo arrivati nella capitale Port au Prince, dopo un viaggio di 9 ore via terra da Santo Domingo - racconta Gerry Testori, presidente di "Missione Possibile", l'organizzazione italiana che ha gestito questo intervento. L’impatto con la realtà è stato devastante. Haiti è assediata dalla disperazione più totale. Una settimana di permanenza a Port au Prince ci ha permesso di constatare che sta regnando ancora il caos più totale. Credo che in questo momento non si possa nemmeno nominare la parola “ricostruzione"».

Testori parla, e documenta con le foto, di un paesaggio fatto di macerie, centinaia di baraccopoli, mancanza di acqua potabile e di acqua per lavarsi. L'odore della morte è ancora per le strade, tutte le strade, e i tragici racconti della gente continuano.

Nella capitale si ha paura di tutto: anche di entrare in una chiesa o di andare a scuola. «Venendo qui pensavamo che la fase di emergenza fosse terminata. Ma non è così. Parlando con le persone e camminando a fatica per le strade nella “zona zero”, quella più colpita dalla scossa del 12 gennaio, ci siamo chiesti come sia possibile che dopo così tanti giorni tutte le macerie e le case pericolanti siano ancora tutte lì».

È PIENO DI SOLDATI - «Ci siamo anche chiesti - prosegue il presidente di "Missione Possibile" - come mai ci siano così tanti soldati da varie nazioni e un enorme contingente Onu, e non si vedano assolutamente in giro squadre di lavoro con ruspe, martelli pneumatici, camion e attrezzature specializzate per eliminare le macerie dalle strade e demolire le pericolosissime case pericolanti, dove ci sono ancora centinaia di cadaveri putrefatti».

La domanda finale di Testori è proprio in relazione alle missioni militari: «Ma non si poteva con gli stessi soldi spesi inviare la metà delle forze militari e Onu, e con la rimanente metà investire sulle varie “Protezioni Civili” delle più importanti nazioni presenti?».