Stendiamo comunque un velo pietoso sulle deliranti dichiarazioni di quell'inutile tale che mette da due anni il suo culo sulla poltrona della Farnesina.
Bisogna essere pacifisti incalliti e un po’ ottusi per non lasciarsi prendere dal sospetto che qualcuno di Emergency sia veramente colpevole del complotto ai danni del governatore di Helmand.
Bisogna rifiutare la realtà per non immaginare che dei medici possano fare causa comune con quelli che curano.
Bisogna essere sordi e ciechi di fronte ai problemi del mondo per non ammettere che una organizzazione umanitaria come Emergency potrebbe ospitare dei violenti repressi mal mimetizzati dal buonismo e dal sorriso scimunito dello pseudo-buddista che crede di aver trovato la felicità interiore.
Siccome non sono pacifista, siccome cerco di stare con i piedi per terra e non ho ancora trovato alcuna pace interiore che mi lasci inebetito trovo molti aspetti della vicenda, perfino i più imbarazzanti, plausibili e comprensibili. Specie alla luce di qualche esperienza.
Anni fa una delle lettere ”dai Medici senza Frontiere” rivelava che uno di essi in Africa si era preso l’Aids andando a letto con una collaboratrice locale. Non disse nulla a nessuno, nemmeno al suo sostituto che, ovviamente, ebbe una relazione con la stessa collaboratrice e si beccò l’Aids anche lui. Alla faccia dei medici umanitari, si potrebbe dire.
Alcune organizzazioni umanitarie islamiche fanno proselitismo per l’estremismo e anche contrabbando di armi. Alla faccia dell’umanitarismo, si potrebbe dire.
Alcune organizzazioni internazionali di cosiddetto sviluppo sono manifestamente agli ordini dei servizi d’intelligence e di corporazioni dedite allo sfruttamento degli uomini e delle risorse. Alla faccia dello sviluppo, si potrebbe dire.
Non ci sarebbe quindi nulla di strano che un medico di Emergency si facesse dare mezzo milione di dollari per aiutare dei terroristi. Con quello che li paga l’organizzazione, il compenso varrebbe il rischio della pelle.
Semmai di strano c’è che quella cifra viene offerta a uno straniero da chi non dà alcun valore alla vita e in un posto dove la vita non ha obiettivamente alcun valore.
I dubbi aumentano se si considera che una tale fortuna viene offerta al medico per portare un paio di scatoloni nel suo ospedale e lasciarli in bella vista in modo che vengano subito trovati: sembra più una operazione da “governatori” e servizi segreti che da terroristi.
Non ci sarebbe nulla di strano che un medico, ancorché pacifista, a forza di vedersi portare corpi straziati dalle bombe dell’umanità occidentale, desse i numeri e diventasse terrorista. Non avrebbe però bisogno di essere pagato. Lo farebbe gratis e anzi pagherebbe lui per avere l’opportunità di scaricare frustrazione e impotenza.
Non sarebbe neppure strano che Emergency non sapesse nulla delle deviazioni di alcuni suoi componenti e che quindi sia tra le vittime dei complottisti piuttosto che tra i complici. Ogni organizzazione ha le sue mele marce e nessuna organizzazione umanitaria dovrebbe essere messa sotto accusa perché uno o alcuni suoi componenti vengono meno agli impegni assunti o diventano matti.
E non è strano che il responsabile dell’organizzazione difenda a spada tratta i suoi: sia che non ne sappia niente e ancor di meno se ne sa qualcosa.
Semmai è strano che la prima dichiarazione venuta in mente al nostro Ministro degli Esteri sulla vicenda sia la condanna contro tutti i terrorismi: in pratica è l’ammissione che Emergency è una organizzazione terroristica. O almeno una di cui è lecito sospettare.
E infine non sarebbe affatto strano che i prigionieri in Afghanistan confessassero. Da quelle parti gli stranieri si salvano solo se confessano, qualsiasi cosa e alla svelta. Salvano la faccia dei loro aguzzini e così salvano la pelle. Se c’è da fare dell’eroismo o del martirio bisogna aspettare di essere tornati a casa.
Queste sono possibilità che vanno giustamente considerate con dispiacere e senza cinismo o accondiscendenza anche se qualcuno può goderne e strumentalizzarle.
Tuttavia, una volta considerate tutte le possibilità bisogna esaminare i fatti. Piaccia o non piaccia, Emergency ha fatto un eccellente lavoro in Afghanistan. La sua storia parla a suo favore in termini umanitari ma anche di indipendenza ed equidistanza dalle parti in conflitto. Semmai le leggerezze commesse in passato sono state determinate da eccesso di zelo o protagonismo, ma a fin di bene.
Ho già detto chiaramente in tempi non sospetti che Emergency avrebbe pagato caro il suo intervento “politico” nella vicenda Mastrogiacomo. Ora ci siamo.
Un altro fatto concreto è il fastidio arrecato da Emergency alle forze internazionali e ai governanti afgani ogni volta che ne ha denunciato le nefandezze.
Un fatto è che Emergency è un punto di riferimento per chiunque abbia bisogno e quindi anche per i cosiddetti talebani.
Un fatto è che Helmand è ancora una roccaforte dei ribelli pashtun e che il loro smantellamento deve necessariamente passare per quello di qualsiasi organizzazione che li aiuta, anche se per i soli aspetti umanitari.
Un fatto è che la politica inglese di conquistare i cuori degli afgani di Helmand è fallita e ora, nonostante le promesse di Obama, si sta ritornando alla mattanza.
Un fatto è che in Afghanistan è in atto una lotta fra organizzazioni internazionali alla ricerca di giustificazioni sia degli insuccessi sia dei soldi spesi ed Emergency si è invece distinta per i successi e il favore della gente.
Un fatto è che la provincia di Helmand , come altre in Afghanistan, è affidata a politicanti di professione che ruotano ogni due anni traendo il massimo profitto e che si reggono solo sul favore delle truppe straniere.
Il governatore Gulab Mangal, presunta vittima del complotto, vive nel terrore, il figlio è sotto continua minaccia e lui stesso è scampato a diversi attentati veri o presunti. Gli inglesi che si sono sempre scelti il governatore di Helmand cominciano a dimostrarsi stanchi di proteggerli senza avere nulla in cambio ed Emergency non li ha certo aiutati a gestire la provincia. Da questi fatti deriva la concreta probabilità che Emergency sia finita sotto la mannaia della vendetta di alcuni e sotto la logica militare di altri.
Invece di essere bombardato (e non si esclude che prima o poi non lo sia, per sbaglio, naturalmente) l’ospedale deve essere delegittimato e la sua funzione umanitaria deve perdere di credibilità.
Dal punto di vista militare Emergency deve cessare di essere un testimone e un punto di riferimento per i ribelli. Tutti devono sapere che farsi ricoverare può essere l’anticamera dell’arresto che per gli afgani è sempre l’anticamera del cimitero.
Inoltre, il governatore deve riacquistare peso dimostrando ai suoi e ai protettori inglesi che anche le organizzazioni internazionali e gli alleati italiani ce l’hanno con lui. Solo così può sperare di continuare a fare gli affari propri.
Come ottenere tutto questo con un semplice coup di teatro è esattamente quello che si è visto finora. Una soffiata, la perquisizione, una scatola di esplosivo, una pistola, due bombe a mano attive e quattro inattive, gli agenti dei servizi che si portano dietro le telecamere, qualche soldato e poliziotto afgano e un paio di parà inglesi che si dirigono a colpo sicuro in una sala e fra decine di scatoloni individuano subito quelli sospetti.
E quindi l’arresto di nove afgani e tre italiani, la detenzione e, forse, la confessione. Perfetto, come da copione, un po’ grossolano ma sempre efficace.
Pur ammettendo ogni possibilità e perfino qualche deviazione, sono questi fatti ed il corso di eventi probabili a far prevalere l’ipotesi della trappola e dell’intimidazione. Per questo, per il pedigree dell’organizzazione e per tutta la brava gente che crede nella sua missione oggi bisogna stare con Emergency. Domani si vedrà.
Chi arresta Emergency?
di Giulietto Chiesa - Megachip - 12 Aprile 2010
In una farsa senza capo né coda i servizi segreti afghani hanno arrestato ieri tre medici dell'ospedale di Emergency, insieme a sei operatori afghani che stavano lavorando a Lashkar-gah, nella provincia di Helmand (là dov'è in corso la più vasta offensiva della Nato e americana dall'inizio del conflitto in Afghanistan).
Solo spioni sprovveduti e prezzolati, al servizio della potenza occupante o dei manutengoli che esercitano - si fa per dire - il potere a Kabul , possono fingere di credere che l'accusa contro gli arrestati abbia una qualche parvenza di verità.
Avrebbero complottato - pensate un pò prima di incazzarvi - per "assassinare" il governatore locale Gulab Mangal.
Ma di questo non vale nemmeno la pena di parlare.
Importa invece parlare di come ha reagito il ministro degli esteri Frattini, di fronte all'arresto di tre cittadini italiani (che egli ha il dovere istituzionale di proteggere).
Due dichiarazioni, una più irresponsabile dell'altra. Eccole: ""I tre arrestati non fanno parte della cooperazione italiana". Come dire ai servi di Karzai: fate pure, non sono dei nostri.
E, infatti Emergency non ha mai fatto parte delle schiere di collaboratori del regime di Kabul, tant'è che non ha mai preso un centesimo dal governo italiano, che quel regime inqualificabile sostiene.
Seconda dichiarazione, se possibile peggiore della prima: "il governo italiano conferma la sua linea di assoluto rigore contro qualsiasi attività di sostegno diretto o indiretto al terrorismo in Afghanitstan, così come altrove". Come dire: questi sono sospetti di sostenere il terrorismo, quindi procedete pure tranquillamente.
Avviso ai naviganti italiani fuori dalle frontiere italiane. Con un ministro come questo, varcata la frontiera, siete in balia di chi vi prende e vi sbatte in galera, a prescindere.
Che la guerra afghana fosse sporca lo sapevamo. Sporca come la coscienza del ministro Frattini.
Emergenza Emergency
di Pino Cabras - Megachip - 12 Aprile 2010
L’arresto del personale di Emergency in Afghanistan – ottenuto con il passepartout della guerra al terrorismo – elimina ancora un altro ostacolo al grande bagno di sangue nel vicino e medio oriente.
I servizi segreti di varie latitudini aumentano la pressione sulle voci che discordano dallo schema voluto da Bush e continuato da Obama.
In questo schema il peso dell’intelligence nella macchina investigativa è enorme, e sempre pronto a servire e integrarsi nella macchina bellica degli occupanti.
L’attività investigativa è profondamente manipolata. È notizia di questi giorni che centinaia di prigionieri di Guantanamo erano innocenti, che l’intelligence lo sapeva, i vertici dell’amministrazione USA lo sapevano, eppure non facevano niente di niente per portarli via dal gulag caraibico: le piste false non dovevano essere smontate, pena il crollo di tutta l’impalcatura ideologica della guerra, che aveva bisogno di rappresentare i corpi di interi eserciti di terroristi.
Oppositori, insorgenti, e perfino persone ignare, ricevevano l’indelebile marchio del “terrorista”, il ceffo demoniaco da combattere in condizioni eccezionali: con nuove leggi, con un nuovo apparato giuridico che rigettava unilateralmente persino il diritto di guerra tradizionale.
Fondamentale in tutto ciò è stata un’opera di intossicazione dei media. Apparati dotati di enormi mezzi hanno inserito nel circuito dell’informazione una grande mole di notizie false.
Oggi le vittime dirette sono gli operatori dell’organizzazione fondata da Gino Strada. Anni di impegno concreto di Emergency per salvare vite umane e testimoniare il fallimento della guerra rischiano di essere devastati da questa ampia operazione in cui ogni notizia di fonte ufficiale è pateticamente sospetta.
La regia dell’operazione ha provato persino a negare il coinvolgimento delle forze della NATO, ma i video l’hanno smentita in poche ore. La presenza diretta delle forze occupanti consente ogni inquinamento, ogni falsa traccia, ogni ritrovamento fasullo d’armi in stile G8 di Genova.
E ora, i media ripetono pappagallescamente l’imbeccata del giornale di Murdoch «Sunday Times» sugli italiani che «hanno confessato». Notizia ricavata da «fonti ufficiali afghane», ossia dai funzionari di uno Stato fallito al servizio degli invasori.
Lo stesso tipo di funzionari che aveva tenuto in prigione per mesi Ramatullah Anefi, il mediatore della liberazione di Daniele Mastrogiacomo, con la falsa accusa di essere il mandante del sequestro e di averlo incontrato diverse volte durante la sua prigionia.
Non fatevi distrarre da Frattini, Gasparri, e qualche giornalista leccapiedi. Possiamo esporci nella previsione più sensata che si possa fare: la notizia della “confessione” potrà ridursi al massimo al fatto che gli operatori avranno ammesso di conoscere esponenti dei combattenti taliban, cioè una cosa normalissima per chi voglia attivare in modo non schierato il soccorso medico in un territorio flagellato dalla guerra, quel che Emergency pratica fin dall’inizio.
È scandaloso vedere però che l’imprinting mediatico sulle prime pagine è quello dell’«hanno confessato». Facce di italiani puliti e coraggiosi vengono così lordate vergognosamente da ipotesi complottistiche inverosimili, timbrate da cancellerie paranoiche. Il ministro Frattini fa la sua parte per intimidire Strada con un «qui non si parla di politica» da ufficetto anni trenta.
Bisogna invece con forza parlare di politica e denunciare ORA le stragi e i massacri, a questo punto chiaramente pianificati, che ci saranno DOMANI, in aggiunta a quelli terribili di ieri.
Perché, o uno crede a Frattini, che ha steso tappeti rossi davanti ai bugiardi che hanno massacrato Iraq e Afghanistan, oppure crede a Gino Strada, che ha denunciato le bugie di guerra nelle strutture che ora Frattini manda allo sbaraglio, mentre cuciva come poteva il 40% delle vittime di quelle bugie: i bambini.
Il 5 per mille a Emergency è una prima risposta forte che tutti possiamo dare proprio in queste settimane.
Guadalajara
di Carlo Bertani - http://carlobertani.blogspot.com - 12 Aprile 2010
Mai ci saremmo attesi una notizia di questo genere: tre operatori umanitari italiani, arrestati dalle forze armate afgane con la collaborazione della forza ISAF, della quale fanno parte anche militari italiani!
La notizia, in sé, si smonta come un gelato sull’asfalto d’Agosto: come molti avranno notato, all’ingresso degli ospedali di Emergency c’è sempre la scritta: “No weapons”.
Significa, semplicemente, che chiunque chieda aiuto per essere curato negli ospedali di Emergency deve depositare le armi prima d’entrare.
Non è difficile immaginare che, una stanza vicina all’ingresso della struttura ospedaliera, sia adibita proprio a “deposito” per chi porta con sé delle armi: dunque, l’accusa d’aver trovato armi, è un segreto di Pulcinella.
Chi conosce l’Afghanistan sa benissimo che – anche prima delle varie guerre che hanno insanguinato il Paese negli ultimi decenni – era abitudine degli afgani girare armati.
Oggi, quell’avvertenza significa semplicemente che, negli ospedali di Emergency, tutti vengono curati senza guardare da quale parte combattano: lo ha spiegato più volte – a chiare lettere – lo stesso Gino Strada.
Ma, al ministro (minuscolo) Frattini, non sta bene che ci siano italiani che curano i taliban, ossia chi combatte nel proprio Paese (è bene ricordarlo) contro truppe occupanti: che, poi, queste truppe siano “portatrici di libertà”, è una liberissima opinione del ministro Frattini.
Non appoggiata né condivisa da milioni d’italiani, i quali si chiedono perché, un Paese che non riesce nemmeno a fornire un dignitoso assegno di disoccupazione per chi perde il lavoro, debba spendere due milioni di euro il giorno per quella che appare sempre di più un’operazione coloniale.
Inoltre, è comune opinione della comunità internazionale – e, scusate se è poco, della Convenzione di Ginevra – che tutti gli attori di una, ahimé, tristissima guerra abbiano il diritto di ricevere cure se feriti. Oppure, il ministro Frattini preferisce che “non siano fatti prigionieri”?
La colpa di Emergency, non giriamoci attorno, è solo quella d’esistere: sconvolgente la dichiarazione di Frattini, nella quale precisa che Emergency è una "struttura non legata alla cooperazione"[1] . Quali sono le “strutture cooperanti”, solo quelle legate al carro di Bertolaso, le quali hanno la loro bella corte di magnaccia e puttane?
La verità è che stanno preparando una bella offensiva per “ripulire” – bello il gergo militare, vero? – la provincia di Helmand, e lo faranno con il solito andirivieni di cacciabombardieri che sganceranno bombe al napalm, al fosforo, a frammentazione…sulla testa della gente.
Quando tutti – vecchi, donne e bambini compresi – saranno diventati cadaveri, diverranno tutti “Talebani” e saranno diligentemente conteggiati nei database della forza ISAF.
E’ grazie a questa strategia che la forza ISAF è riuscita a consegnare ai Taliban il 97% del territorio afgano: facendoli, semplicemente, incazzare come delle iene. V’invito a leggere la precisa documentazione sul sito di Barbara/Cloro: il collegamento è in nota[2] .
Nel palinsesto del “reality” afgano, il nemico deve sempre avere le parvenze di un brutale mujaiddin pronto a colpirvi ovunque, fin nella vostra casetta in Brianza. Dovete percepirlo come un nemico, un brutale assassino, un demonio che vi costa due milioni il giorno tener distante.
Perché il giochetto riesca, però, bisogna che nessuno vada a filmare e fotografare case in rovina, povere braccia di bambini che emergono dalle macerie, corpi dilaniati, carne macinata sulle polverose vie afgane: il sogno/inganno deve essere totale, come da anni tutto ciò che viene raccontato in Italia è.
Invece, quelli di Emergency – al quale sono orgoglioso d’affidare il mio 5 per mille, signor Frattini – non si limitano a curare le ferite della guerra ma pretendono di fare di più: di mostrare chi quelle ferite le procura. Se riportassimo a casa i nostri soldati – così non arriverebbero più bare a Ciampino – cosa ci perderemmo? Forse il bracciale dello schiavo, asservito al marcescente impero americano?
Questo è il dilemma che Emergency portava e porta non nelle nostre case – siete bravi a controllare con i vostri servi tutte le emittenti televisive – bensì su Internet, unico luogo che ancora può fregiarsi dell’emblema della libertà.
Noi, milioni di italiani, siamo orgogliosi e riconoscenti ad Emergency, ci affratelliamo a chi cerca di lenire le sofferenze della guerra e, allo stesso tempo, cerca di combatterne la cause e di mostrarne gli effetti.
Lo fa con armi semplici: medicinali, bisturi e telecamere. Queste ultime sono quelle che v’infastidiscono.
Perciò, ministro Frattini, scelga la parte dalla quale stare – come a Guadalajara, tanto tempo fa, italiani contro italiani – perché noi ci saremo ancora, ma questa volta con le nostre armi senza colpi, senza violenza, senza napalm né cacciabombardieri ma indistruttibili, perché portatrici del siero della verità. E s’informi su chi vinse quella battaglia.
Note:
[1] Vedi: http://www.liquida.it/notizie/2010/04/10/8883360/helmand-emergency-gino-strada/
[2] Vedi: http://www.cloroalclero.com/?p=3921
Mentre le televisioni di tutto il mondo, persino quella italiana, mostrano un video-choc risalente al 2007, iracheno, dove si vede come i rambo americani, al sicuro sui loro bombardieri, abbiano il grilletto facile e gli basti scambiare un reporter della Reuter con una cinepresa in mano per un insorto e fare una strage uccidendo una dozzina di persone, fra cui due bambini, cose di questo genere, e peggiori, sono all’ordine del giorno in Afghanistan ma passano sotto silenzio, o nascoste nelle pagine più interne dei giornali.
Non solo perché non vi sono coinvolti occidentali, ma perché l’Afghanistan è un Paese remoto e gli afgani, non essendo nemmeno arabi, non hanno santi in paradiso per cui se ne può fare carne di porco.
Il 12 febbraio a Gardez, nell’est dell’Afghanistan, i reparti dell’American Special Operation Force, in uno dei consueti raid, hanno ucciso tre donne, due delle quali, madri di dieci e di sei figli, incinte.
Poi hanno cercato di far sparire le tracce del loro eccidio e di attribuirlo agli afgani, affermando che «le tre donne, legate e imbavagliate, nascoste in una stanza», erano state uccise qualche ora prima del blitz.
La balla era così spudorata che persino la polizia afgana, di solito di manica larghissima con gli americani, ha dovuto smascherarli. Gli americani sono stati costretti ad ammettere «È stato un incidente. Ce ne scusiamo».
Di questi «incidenti» ne accadono ogni giorno in Afghanistan. Da quando, un paio di mesi fa, il comandante in capo delle forze alleate, Stanley McChristal, ha annunciato la nuova strategia, il «Surge», che nessuno capisce cosa sia tranne che dovrebbe evitare di colpire i civili, per non alimentare il montante odio degli afgani contro gli occupanti, ne sono stati uccisi una cinquantina. E parliamo solo delle notizie che sono filtrate fino a noi.
Sfoglio i miei ritagli. «Spari sulla folla, è strage. Rivolta in piazza a Kabul» (30/5/2006); «Bombe sulle case, strage di civili in Afghanistan» (27/10/2006); «Afghanistan, nuove vittime civili» (28/10/2006); «Massacro di civili dopo l’imboscata agli Usa» (5/3/2007); «Afghanistan, raid Nato. Tra le vittime 45 civili» (2/7/2007); «Afghanistan, gli italiani sparano. Decapitata una bimba di 12 anni» (13/2/2008); «Strage in Afghanistan. Le scuse dell’America» (7/5/2009); «Afghanistan, attacco Nato. Strage di talebani e civili» (5/9/2009); «Afghanistan, colpiti bambini di 5 anni» (10/2/2010); «Afghanistan, nuova strage di civili» (23/2/2010).
Devo continuare? E questo non è che un florilegio del materiale da me raccolto e una parte infinitesima di ciò che è accaduto nei nove anni di occupazione occidentale.
La situazione è talmente compromessa che il presidente Karzai, la cui sopravvivenza dipende dalla presenza delle truppe Nato, ha dichiarato in una conferenza stampa: «Gli americani lavorano perché il conflitto continui per poter continuare ad occupare il Paese. Se va avanti così diventerò alleato dei Talebani».
Un simile azzardo da parte di Karzai vuol dire una sola cosa: che i Talebani stan vincendo la partita, non sul piano militare, dove la sproporzione tecnologica è enorme, ma perché ormai è passata dalla loro parte pressoché l’intera popolazione afgana, anche quella parte che prima li detestava e li aveva combattuti.
E noi italiani? Fino a quando intendiamo rimanere complici di una mattanza quotidiana che non ha più alcuna ragion d’essere, se mai ne ha avuto una?