giovedì 7 agosto 2008

Filippine: i cattolici bloccano il processo di pace tra governo e MILF

Lunedì scorso, la Corte suprema di Manila ha fermato la firma di un accordo tra governo e il Fronte islamico di liberazione Moro (Milf), che avrebbe allargato la sfera di autonomia delle aree musulmane sull'isola meridionale di Mindanao, dove è attiva la guerriglia.
Le competenze sull'istruzione, la giustizia, l'amministrazione e il controllo delle risorse verrebbero trasferite in parte alle autorità regionali.

L'accordo riaprirebbe così i colloqui di pace per far terminare un conflitto aperto da quasi 40 anni, e che ha provocato oltre 120.000 morti e due milioni di sfollati, e avrebbe dovuto essere sottoscritto il 5 Agosto a Kuala Lumpur, in Malesia, ma è fortemente osteggiato dai politici cattolici.

Negli ultimi tempi infatti c’erano stati anche degli sporadici scontri tra le truppe Milf e gruppi armati di volontari cattolici e oggi il governo ha lanciato un ultimatum ai ribelli del Milf. Se non dovessero lasciare entro 24 ore le nove fattorie dei villaggi cattolici che hanno occupato, l'intervento della polizia e dell'esercito sarebbe inevitabile.

La situazione quindi è molto precaria e il cessate il fuoco firmato nel 2003 ora è messo a dura prova.


Filippine, un'ordinanza contro la pace
di Alessandro Ursic – Peacereporter – 7 Agosto 2008

Mancava solo la firma, in una cerimonia preparata da tempo. Ma il patto tra governo filippino e i ribelli del Fronte islamico di liberazione Moro (Milf) è stato bloccato il giorno prima dalla Corte suprema di Manila. Ordinanza di sospensione temporanea: non significa che l'intesa è da buttare nel cestino, e nuove udienze sono previste per questo mese con lo scopo di chiarire la questione. Fermare a un passo dal traguardo i negoziati, fondamentali per arrivare a un accordo di pace che ponga fine a un conflitto attivo da quattro decenni, rischia però di far salire la tensione nel sud dell'arcipelago, dove il Milf dispone di circa 12mila guerriglieri.

L'accordo. Martedì 5 agosto, i rappresentanti di ribelli e governo filippino avrebbero dovuto mettere su carta a Kuala Lumpur i termini dell'accordo, mediato dal governo malese. L'intesa prevede la concessione di una maggiore autonomia ai musulmani dell'isola di Mindanao, la seconda più grande dell'arcipelago, grazie a più poteri in materia economica, fiscale e di sfruttamento delle risorse naturali (oro, nickel, rame, legname) di cui Mindanao abbonda. La già esistente regione autonoma sull'isola, inoltre, verrebbe estesa ad altri 712 villaggi. Un cessate il fuoco in vigore dal 2003, seppur violato da scontri occasionali, ha permesso di arrivare all'accordo al termine di negoziati durati dieci anni, e proseguiti a singhiozzo.

L'ordinanza. Ma il compromesso tra governo e musulmani ha messo in allarme i cristiani di Mindanao, molti dei quali stabilitisi qui negli ultimi decenni, diventando maggioranza anche sull'isola. Politici locali, lamentandosi di non essere stati consultati dalla presidente Gloria Arroyo, hanno chiesto alla Corte suprema di bloccare l'accordo, che secondo loro spezzetterebbe Mindanao in una serie di enclavi, e per due giorni consecutivi circa 10mila cattolici sono scesi in piazza per protestare. Lunedì, la Corte ha accolto le loro obiezioni emettendo l'ordinanza di sospensione, concedendosi alcune settimane per valutare l'accordo. Entro venerdì il procuratore generale dovrà presentare copia dell'intesa ai giudici, mentre il 15 agosto il governo e i rappresentanti politici di Mindanao compariranno davanti alla Corte.

Attesa e tensione. Per il ministro degli esteri filippino, Alberto Romulo, si tratta solo di un “ritardo temporaneo” dovuto a “questioni procedurali” che non invalideranno il patto con i ribelli. Dal Milf, però, giungono già segni di nervosismo. “La nostra posizione ufficiale è che l'accordo sulle terre ancestrali è stato firmato, quindi è un affare concluso”, ha detto il vicedirettore degli affari politici del Fronte Moro, Ghadzali Jaafar, aggiungendo che la decisione del tribunale di fermare tutto è “esclusivamente un problema interno del governo”. L'intesa, ha però specificato il consigliere presidenziale per i negoziati Hermogenes Esperon, non è legalmente vincolante finché non è firmata. “Chiediamo sobrietà e calma a tutte le parti in causa”, ha aggiunto Esperon ammettendo di non escludere scontri “isolati e controllabili”. L'isola di Mindanao, dove la guerra ha causato 120mila morti e due milioni di sfollati, trattiene il fiato.