In Thailandia e' in corso in questi ultimi giorni la fase decisiva dello scontro iniziato tre mesi fa tra il movimento politico People’s Alliance for Democracy (PAD) e il governo guidato da Samak Sundaravej.
Le proteste hanno avuto una repentina escalation quando martedi scorso migliaia di dimostranti del PAD, alcuni dei quali armati, hanno occupato la sede della televisione di Stato e circondato i principali palazzi governativi della capitale, chiedendo le dimissioni del premier Samak, accusato di governare il Paese per conto dell'ex premier Thaksin Shinawatra, deposto due anni fa da un golpe militare incruento largamente sostenuto dalla popolazione e rifugiatosi di nuovo in Inghilterra dopo aver presenziato alla cerimonia inaugurale delle Olimpiadi a Pechino.
Shinawatra era infatti ritornato in patria nel febbraio scorso, qualche giorno dopo la nascita del governo attuale, e a breve sarebbe iniziato l’ennesimo processo contro di lui per frode fiscale e corruzione.
Ma ora le proteste si stanno estendendo anche al di fuori della capitale Bangkok e ieri gli aeroporti di Phuket, Krabi e Hat Yay sono stati occupati e centinaia di turisti sono ora impossibilitati a partire.
La situazione e’ quindi in uno stallo e non e’ facile intuire quale sbocco prendera’, visto che col passare dei giorni crescono le possibilita’ di pericolose conseguenze nel Paese.
Il PAD e’ infatti fermamente risoluto a proseguire la sua protesta fino a quando il premier non si dimettera’, il premier dal canto suo non ha invece assolutamente intenzione di dimettersi e l’esercito non ha risposto alla chiamata di intervento per supportare la polizia nel disperdere i manifestanti che si sono insediati intorno e dentro il palazzo del governo. Va ricordato che il premier e’ anche ministro della difesa.
I militari infatti hanno finora negato di voler intervenire nuovamente, ritenendo inutile e dannoso per il Paese un altro colpo di stato.
E oggi il capo delle forze armate Gen Anupong Paojinda si e’ rifiutato di obbedire ad un eventuale decreto di proclamazione dello stato di emergenza ma ha suggerito al premier di dimettersi o di sciogliere il Parlamento per smorzare la crescente tensione.
Finora solo la polizia ha cercato di contrastare i manifestanti con qualche carica e un centinaio di arresti, dopo l’occupazione della televisione di stato.
Ma il vero pericolo puo’ derivare da un’eventuale divisione nelle forze di polizia e dell’esercito sul come porre rimedio a questa crisi che sembra non avere finora una via di uscita.
Una soluzione indolore potrebbe essere quella dell’uscita dal governo degli altri partiti di coalizione con le conseguenti dimissioni del premier e la formazione di un governo di unita’ nazionale.
Questa soluzione sembra pero’ non soddisfare nessuno anche se il parlamento terra’ domani una seduta comune di Camera e Senato per cercare una via d’uscita da questa pericolosa crisi politica.
Intanto anche i sostenitori del governo si stanno organizzando a Bangkok e hanno occupato una grosso spazio all’aperto ricalcando cosi’ la stessa ben strutturata organizzazione del PAD.
In attesa anche di un segnale indiretto dal venerato Re Bhumipol, la situazione e’ pericolosamente stagnante. Se il premier non si dimettera’ presto e se non si raggiungera’ un accordo tra tutti i partiti in Parlamento sulla formazione di un nuovo governo che porti poi ad elezioni anticipate, sara’ ancora una volta dovere dell’esercito intervenire.
Ma questa volta per prevenire o sedare una potenziale e terribile guerra civile.