domenica 3 agosto 2008

Palestina: un tunnel senza uscita

E' sempre più guerra vera tra Hamas e Fatah a Gaza. Da giorni ormai nella Striscia i rispettivi miliziani si combattono a colpi di mortaio e raffiche di mitra, come all'alba di ieri nel quartiere Shejàeya, roccaforte del clan degli Hilles fedele al presidente Abu Mazen. Uno scontro durato tutta la giornata e che ha fatto nove morti e 95 feriti, tra cui donne e bambini.

Per Hamas si e’ trattato di una semplice operazione di polizia per arrestare i membri di questo clan, accusato di aver compiuto l'attentato che il 25 Luglio a Gaza causo' la morte di cinque miliziani di Hamas e una bambina

Nella serata di ieri poi 180 esponenti del clan sono fuggiti dalla Striscia di Gaza in Israele, attraversando il valico di Nahal Oz, per dirigersi in seguito verso Ramallah, al quartier generale di Abu Mazen.
Ma 32 di questi “ospiti” di Israele per “motivi umanitari” - costretti pero’ a passare il confine in mutande e bendati, per la somma gioia di Hamas - non hanno fatto in tempo a tornare a casa che Hamas li ha subito arrestati.

Rimane comunque incerta la sorte dei restanti 150, molti dei quali erano stati feriti negli scontri con Hamas e sono ora ricoverati negli ospedali israeliani.
E' indubbiamente una situazione del tutto inedita, dal momento che questo massacro tra le fazioni di Fatah e di Hamas ha spinto Israele ad assumere questa “strana” posizione di “intervento umanitario”.

Resta pero’ il fatto che quell'autobomba esplosa sul lungomare di Gaza ha scatenato un giro di vite senza precedenti contro gli uomini di Fatah da parte di Hamas, che per rappresaglia aveva gia' arrestato nella Striscia 200 esponenti del partito di Abu Mazen. E per tutta risposta, in Cisgiordania, la polizia di Abu Mazen aveva fermato altrettanti membri di Hamas.

Inoltre Hamas, che aveva gia’ bandito la distribuzione dei giornali vicino a Fatah stampati in Cisgiordania, ha chiuso ieri mattina anche la radio del Fronte Popolare di Liberazione della Palestina, accusata di incitamento alla violenza.

E sempre ieri a Nablus paramilitari della brigata dei martiri di al Aqsa, braccio armato semi indipendente di Fatah, hanno sequestrato un alto esponente di Hamas, Mohammed Ghazzal, che era stato rilasciato il giorno prima per ordine dello stesso Abu Mazen. Ora per liberarlo chiedono la fine dell'assedio al clan degli Hilles.

Tutto cio’ lascia supporre che questa lotta fratricida possa ulteriormente precipitare, visto che anche in Israele il futuro appare molto incerto dopo le annunciate dimissioni di Olmert e le probabili elezioni anticipate.

Come al solito, mentre qualcosa si stava muovendo nei negoziati per arrivare forse ad uno straccio di pace tra Israele e Palestina – ma anche tra Israele e Siria – ecco che puntualmente accade un "evento" che fa precipitare nuovamente la situazione perche' ritorni ancora al punto di partenza, anzi di pre-partenza.


Gaza, torna la guerra civile?
di Naoki Tomasini – Peacereporter – 30 Luglio 2008

La situazione nella Striscia di Gaza è tornata com'era un anno fa, con i miliziani di Hamas e Fatah che si sparano per le strade, misteriosi attentati, arresti e torture da entrambe le parti. La nuova crisi tra i principali partiti palestinesi minaccia gravi ripercussioni in primis, come sempre, sulla popolazione civile. A livello diplomatico, invece, rischiano di naufragare la tregua stabilita a inizio giugno tra Hamas e Israele, i colloqui di pace tra Israele e Anp e la trattativa con la mediazione egiziana per la liberazione del caporale israeliano Gilad Shalit.

Bombe. La nuova ondata di violenze è iniziata lo scorso 25 luglio, quando tre bombe sono esplose in diverse parti della Striscia, uccidendo quattro esponenti di Hamas, un civile e una bambina. In seguito è stato un crescendo di scontri e arresti e, martedì 29, una nuova esplosione in un centro di addestramento di Hamas, nel sud della Striscia, in cui sono rimasti feriti almeno sei militanti del partito islamico. Hamas accusa Fatah per quegli attacchi, anche se altre fonti ipotizzano che sia in corso anche uno scontro tra Hamas e una milizia ispirata ad al Qaeda, che si farebbe chiamare Jaish al-Islam, i soldati dell'Islam. La presenza organizzata di cellule qaediste a Gaza è una suggestione proposta a più riprese da Israele e Stati Uniti, ma la maggioranza dei palestinesi è convinta che quello in atto sia soprattutto un gioco di potere tra Hamas e Fatah, in cui altre milizie si inseriscono, esacerbando la situazione e rendendola ancor meno gestibile.

Regione ribelle. Lo scorso anno dopo la rottura del governo di unità nazionale e la presa del controllo di Gaza da parte di Hamas, Israele dichiarò la Striscia di Gaza “entità nemica”, iniziando un duro embargo contro il governo locale di Hamas e, contemporaneamente, promettendo colloqui di pace all'esecutivo del presidente Abu Mazen in Cisgiordania. Lunedì 28 il quotidiano arabo Asharq al Awsat pubblicava indiscrezioni secondo cui l'Anp starebbe valutando l'ipotesi di dichiarare la Striscia “regione ribelle” in quanto, secondo il punto di vista di Fatah, Gaza sarebbe stata strappata al controllo di Ramallah con un colpo di stato armato. La definizione autorizzerebbe, in linea di principio, un attacco militare contro Gaza. L'Anp accusa infatti Hamas di aver boicottato qualunque tentativo di compromesso, compreso quello mediato lo scorso anno dal governo yemenita.

Arresti. Da lunedì 28, le forze di sicurezza leali a Fatah hanno arrestato 160 esponenti di Hamas in Cisgiordania: insegnanti, politici e altre personalità pubbliche, non miliziani. Mentre il giorno prima Hamas aveva arrestato almeno 200 membri di Fatah nella Striscia di Gaza. La campagna di arresti contro Hamas, però, va avanti ormai da un anno e ha portato nelle carceri – sia quelle dell'Anp che in quelle israeliane – decine di esponenti del partito islamico, tra cui anche diversi politici e deputati. Lo scorso 21 luglio a Nablus ne erano stati arrestati 20, tra cui la deputata Muna Mansour e, sempre a Nablus, sono stati sequestrati locali e beni di diverse organizzazioni caritatevoli islamiche, non tutte legate al partito di Haniyeh. Hamas ha commentato la repressione nei suoi confronti sostenendo che, se non si fermerà, potrebbe prendere il controllo della Cisgiordania come fece un anno fa nella Striscia di Gaza.

Abu Mazen. La recridescenza sembra ridurre di molto le possibilità della liberazione del caporale Gilad Shalit, nelle mani del gruppo islamico da due anni, per il quale, dopo lo scambio di prigionieri di inizio luglio tra Israele e Hezbollah, sembravano esserci buone speranze. Il suo rilascio era appeso ai numeri e ai nomi dei detenuti palestinesi che Israele sarebbe disposto a liberare ma, mercoledì 30, il presidente palestinese ha rovesciato il tavolo negoziale, minacciando di “smantellare l'Anp se Israele dovesse rilasciare esponenti di Hamas nell'ambito delle trattative su Shalit”. Abu Mazen non ha parlato di dimissioni, ma ha usato il termine smantellare, che ha provocato molta indignazione, sia a Gaza che in Cisgiordania. Il presidente palestinese teme che la liberazione degli esponenti di Hamas rafforzerebbe il movimento anche agli occhi dell'opinione pubblica della Cisgiordania. Così facendo, però, cessa idealmente di essere il presidente di tutti i palestinesi. La scorsa settimana alcune indiscrezioni sostenevano che Israele fosse disposto a includere nell'affare Shalit, anche la liberazone di Marwan Barghouti, esponente di spicco di Fatah che sconta l'ergastolo nelle carceri israeliane, ma anche un potenziale dissidente interno rispetto alla politica del presidente palestinese, servile nei confronti di Stati Uniti e Israele.

Torture. Abu Mazen non è però il solo a temere l'opinione pubblica. Subito dopo l'inzio delle violenze, il ministero dell'Interno di Hamas ha bandito dalla Striscia i principali quotidiani stampati in Cisgiordania: al Quds, al Ayyam e al Hayat al Jadida, con l'accusa di fornire resoconti squilibrati. Mercoledì 30, infine, lo stesso ministero ha anche arrestato il direttore locale dell'agenzia palestinese Maan News, Imad 'Eid. La libertà di stampa nei territori in questi momenti è gravemente minacciata, così come è fortemente limitata la libertà di movimento anche per i pochi cronisti che operano dall'interno della Striscia di Gaza. Entrambe le fazioni stanno giocando su più tavoli e hanno tante cose da nascondere, a cominciare dalle torture e dalle violazioni dei diritti dei rispettivi prigionieri. Lo rivela un rapporto dell'Ong palestinese Al Haq, secondo cui sia Fatah che Hamas hanno usato la tortura “regolarmente” nel corso dell'ultimo anno. L'organizzazione per i diritti umani sostiene che dei circa mille prigionieri detenuti quest'anno dalle due fazioni, tra il 20 e il 30 percento hanno subito violenze o torture, in consegnenza delle quali almeno quattro sarebbero morti.