Oggi il presidente russo Medvedev ha dichiarato “Possiamo anche fare a meno di avere relazioni con la Nato” se i Paesi dell'Alleanza atlantica dovessero proseguire a rendere difficili i rapporti.
Medvedev, in un colloquio con l'ambasciatore russo presso la NATO, ha aggiunto però che difficilmente si arriverà a questi estremi, ma ha riconosciuto che "le relazioni sono peggiorate di molto in seguito al conflitto della Georgia in Sud Ossezia" e che la Russia “sta considerando varie opzioni nei rapporti con la Nato. La Nato ha più interesse della Russia alla cooperazione. Se non ha intenzione di cooperare, per noi non ci sarà nulla di terribile”.
Parole chiare, precise e sottoscrivibili in toto.
Intanto sempre oggi entrambe le Camere del Parlamento russo hanno approvato un documento che sostiene il riconoscimento da parte di Mosca delle repubbliche separatiste di Abkhazia e Ossezia del sud.
Si sa che Unione Europea e Stati Uniti si sono più volte espressi per il mantenimento dell'integrità territoriale della Georgia, una pura chimera dopo la netta sconfitta georgiana nella guerra lampo con la Russia.
Ma come era prevedibile le conseguenze di questa guerra si stanno gia’ facendo sentire nell’area. Il presidente russo, mentre riceveva il il presidente moldavo Voronin, ha infatti dichiarato che gli avvenimenti in Ossezia del Sud sono “un avvertimento serio per tutte le parti in altri conflitti congelati”.
La Moldova, ex repubblica dell'Urss, ha infatti un “conflitto congelato” in casa, nella regione russofona della Transdnistria, ma sembra intenzionata a risolvere la questione per via negoziale, a differenza di quanto attuato dal presidente georgiano.
Voronin ha infatti detto che il suo Paese è pronto a usare “coraggio e energie per non permettere un aggravarsi della situazione attorno alla regione contesa, e non permettere la ripetizione di quanto è successo in Ossezia del sud”.
Nel frattempo i due presidenti di Ossezia del Sud e Abkhazia sono intervenuti alle riunioni del Parlamento di Mosca. Il leader sudosseto, Eduard Kokoity, ha affermato che “Ossezia del Sud e Abkhazia hanno motivi più forti, sia dal punto di vista giuridico che politico, all'indipendenza di quanti ne abbia avuti il Kosovo”. L'abkhazo Sergei Bagapsh ha affermato che “Abkhazia e Ossezia del sud non vivranno mai più con la Georgia nello stesso Stato”.
E’ bene che UE e NATO si ficchino in testa quest’ultima dichiarazione e si mettano col cuore in pace.
La Russia non e’ la Serbia…
Le ragioni della Russia
di Max Gallo – Il Giornale – 23 Agosto 2008
In Georgia s'è aperto un nuovo periodo pericoloso per i rapporti internazionali. A scanso del peggio, innanzitutto spazziamo via le idee false: qui non c'è un conflitto fra democrazia e totalitarismo, fra il presidente dei Diritti dell'Uomo, il georgiano Saakashvili, e l'incarnazione del Kgb, i nostalgici dello stalinismo Putin e Medvedev. La realtà è più complessa.
In primo luogo, georgiani erano Stalin, Beria e Ordzonikidze, che fece dell'Urss una potenza industriale. La statua di Stalin sulla piazza di Gori è gigantesca... Nel 1923, Stalin e Lenin accordarono l'autonomia alle minoranze della Georgia, specie osseti e abkazi. Dovevano appoggiarsi alle minoranze per spezzare il nazionalismo georgiano, già nemico dell'Impero zarista. Nel 1992, dopo uno scontro armato coi georgiani, osseti e abkazi riebbero di fatto lo statuto autonomo perso dopo il crollo dell'Urss. E i russi hanno tutelato queste minoranze.
S'era trovato un compromesso, come testimonia l'oppositrice democratica del presidente Saakashvili, la franco-georgiana Salomé Zaurabisvili, ministro degli Esteri della Georgia, destituita nel 2005; per lei, il regime di Saakashvili, scaturito da una rivoluzione d'ispirazione democratica, democratico non è più, perché limita la libertà di stampa e si fonda su nazionalismo e autoritarismo. Come il sistema russo costruito da Putin.
Ma la crisi non si limita all'attrito fra due nazionalismi autoritari: quello russo, imperiale; e quello di un piccolo popolo che ha sempre resistito al potente vicino e che, talora, prende, come s'è visto, il controllo dell'Impero. La questione centrale non è neanche quella del petrolio, sebbene sia vero che gasdotti e oleodotti attraverso la Georgia aggirano il territorio russo, per togliere a Mosca il controllo dei rifornimenti all'Europa. Da questo punto di vista, la Georgia è area cruciale.
Il nodo della nuova situazione internazionale è in realtà la Russia nei rapporti con Europa e Stati Uniti, insomma con l'Occidente. Domanda brutale: che fare con la Russia? Il periodo dal 1917 in poi, proseguito con la Guerra fredda fino al 1989, ha segnato la permanenza di questo plurisecolare problema geopolitico.
La Russia è Occidente o Asia? I russi sono soci o rivali? Interesse degli occidentali è respingerli, indebolirli o arrivare a un'intesa?
È evidente che, dalla fine dell'Urss, gli Stati Uniti - trascinando gli europei, più prudenti - vogliono impedire che la Russia torni grande potenza internazionale. Washington ha voluto stravincere la Guerra fredda. Le basi militari americane - oggi anche lo scudo antimissile - circondano da vicino la Russia. Gli Stati Uniti hanno sostenuto, per non dir suscitato, «rivoluzioni» democratiche in Georgia, Ucraina, ecc.
E hanno goduto dell'appoggio dei popoli - georgiani, baltici, ucraini, polacchi - che erano stati colonizzati dai sovietici. Culmine dell'offensiva è stato disgregare la Jugoslavia, coi bombardamenti aerei su Belgrado, per finire con l'indipendenza del Kosovo.
Ogni volta la Russia è stata messa davanti al fatto compiuto, umiliata, cacciata indietro in nome dei «diritti dell'uomo»... ben poco invocati quando, come accade ora, la Turchia bombarda i curdi in Irak e agisce con l'esercito nel «Kurdistan».
Ma oggi la Russia ha potenti risorse - materie prime, gas e petrolio - e non retrocede più. E poi è stato il presidente Saakashvili a intervenire militarmente nell'Ossezia del sud, rompendo il precario compromesso.
Si notino le somiglianze fra vecchia e nuova situazione internazionale. La Guerra fredda è tramontata: poste ideologiche in gioco non ce ne sono più. I russi non vogliono imporre un modello sociale e politico. Vogliono controllare una sfera d'influenza e difendere gli interessi nazionali. Europa e Stati Uniti invocano i diritti dell'uomo, ma anche i loro scopi sono meno ideologici che geopolitici.
Il grosso rischio è che - a margine dei grandi insiemi (Europa, Stati Uniti, Russia, Cina, ecc.) - qualche potenza minore forzi la mano ai protettori. Nel 1914 fu il ruolo dei serbi, che trascinarono le grandi alleanze nella guerra generale. Sarajevo = Tbilisi?
Chi vuol pensare il XXI secolo, analizzi il XIX, più che il XX. Nella partita a scacchi della politica internazionale, l'ideologia non è più la «regina», ma un pedone qualsiasi. E spesso una pura chimera.