giovedì 14 agosto 2008

Il genocidio osseto

Il presidente russo Medvedev oggi ha detto che appoggerà “qualsiasi decisione sullo status di Abkhazia e Ossezia del sud che verranno prese dai popoli di quelle repubbliche in considerazione dello statuto del'Onu, della convenzione internazionale del 1966 e dell'atto di Helsinki sulla sicurezza e la cooperazione in Europa”.

E la Commissione investigativa presso la procura federale russa ha aperto un'inchiesta penale per genocidio nei confronti di cittadini russi nell'Ossezia del sud. Secondo un portavoce della Commissione le indagini si baseranno sulle “informazioni relative all'operato delle forze armate georgiane per sterminare i cittadini russi di etnia osseta in Ossezia del sud, attraverso l'uccisione dei medesimi o l'infliggere loro gravi lesioni corporali”.

E mentre McCain chiede di rivedere le relazioni tra USA e Russia e la Rice sta per arrivare in Georgia, si riunisce oggi a Bruxelles il Consiglio straordinario dei Ministri UE ma Frattini invece resta alle Maldive.

L’ennesima figura peracottara del Belpaese.


Genocidio in Ossezia, vergogna del mondo
di Carlo Benedetti – Altrenotizie – 14 Agosto 2008

Casa Bianca Pentagono e Cia utilizzano in queste ore i loro canali per attaccare la Russia e stravolgere la realtà dei fatti. L’obiettivo è di mettere sotto accusa il Cremlino di Putin e Medvedev sostenendo che è stata Mosca ad attaccare in Ossezia e che, quindi, resta “la Russia di sempre”, erede dei metodi sovietici. La posizione americana trova subito utili laudatores anche nella stampa di casa nostra che si affrettano a scrivere che “Mosca ha una voglia matta di “rivedere la pesante eredità della sconfitta patita nella Guerra fredda”.

Non c’è nessun tentativo reale di comprendere il conflitto nelle diverse rappresentazioni geopolitiche e geoeconomiche. Siamo di nuovo al clima maccartista, ai diktat di Foster Dulles. Si spinge volutamente indietro la ruota della storia presentando il leader georgiano come un politico sì dalle chiare inclinazioni autoritarie, che tuttavia gode di una certa popolarità e ha ottenuto buoni risultati nel ristabilire l'ordine e la stabilità nel Paese dopo il periodo di Scevardnadze.

La Georgia viene quindi presentata da vari media occidentali come una democrazia che sotto diversi aspetti si può considerare incompleta, ma pur sempre accettabile. Comunque sia la propaganda non può nascondere la verità. Nell’Ossezia del Sud ci sono oltre 2000 ossetini e russi uccisi e trucidati da un esercito comandato da Michail Saakasvili, il presidente-Quisling filoamericano e filo-Nato.

Ci sono migliaia di abitazioni distrutte, ospedali rasi al suolo, scuole sventrate dai missili georgiani tutti regolarmente “made in Usa” o in Israele. Bush, quindi, può essere contento per gli investimenti fatti nel Caucaso e il miliardario Soros (che a partire dal 1979 ha distribuito 3 milioni di dollari l'anno a movimenti di dissidenti dell’Est utilizzando come copertura il suo Open Society Institute) può promuovere a pieni voti il suo allievo Saakasvili e il nuovo arrivato Giga Bokeria, il 36enne leader del movimento studentesco della Georgia denominato “Kmara!” (Basta!) che è, praticamente, una filiale della Cia americana nell’intero Caucaso.

Ora, comunque, si cerca di ricondurre la vicenda ossetina (quella di un popolo coinvolto a suo tempo nel turbine nazionalista che investì la Georgia alla fine degli anni Ottanta) nell’ambito di trattative diplomatiche. La Russia accetta, ma nello stesso tempo non molla sulle questioni di principio, etiche e morali. E dice apertamente che non si può trattare con chi ha le mani sporche di sangue. Il riferimento è ben preciso e rafforzato dalle accuse di genocidio perpetrato dalla dirigenza di Tbilisi.

Il plenipotenziario per i diritti umani Vladimir Lukin propone di costituire un tribunale internazionale per la punizione dei responsabili della distruzione di Tskhinvali e dello sterminio della popolazione civile. “Sono convinto - dice Lukin - che molti concorderanno con me, ed io mi appello alle organizzazioni per la difesa dei diritti umani, mi rivolgo al Consiglio d’Europa, al plenipotenziario europeo per i diritti umani perchè tutti s’impegnino per affrontare il problema in un modo molto serio”.

Si apre, quindi, in modo ufficiale la pagina relativa all’accusa di genocidio rivolta alla Georgia. Qui si ritrovano riferimenti a fonti storiche, a documenti ufficiali e ad analisi diplomatiche. Tutto argomentato con vigore per impedire che le vicende attuali vengano appannate dalle tipiche "amnesie occidentali". L’analisi dei fatti attuali - notano a Mosca - porta anche a ricordare che è stato Raphael Lemkin (studioso americano d’origine polacca e docente di diritto internazionale all’università di Yale) a definire con estrema chiarezza il "concetto" di genocidio. "Per genocidio - ha scritto il giurista - intendiamo la distruzione di una nazione o di un gruppo etnico (...). In senso generale genocidio non significa necessariamente la distruzione immediata di una nazione, se non quando esso è realizzato mediante lo sterminio di tutti i membri di una nazione.

Esso intende piuttosto designare un piano coordinato di differenti azioni miranti a distruggere i fondamenti essenziali della vita dei gruppi nazionali, per annientare questi gruppi stessi”. Obiettivi di un piano siffatto sarebbero la disintegrazione delle istituzioni politiche e sociali, della cultura, della lingua, dei sentimenti nazionali, della religione e della vita economica dei gruppi nazionali, e la distruzione della sicurezza personale, della libertà, della salute, della dignità e persino delle vite degli individui che appartengono a tali gruppi.

Il genocidio è diretto quindi (come ha fatto l’esercito georgiano) contro il gruppo nazionale in quanto entità e le azioni che esso provoca sono condotte contro individui, non a causa delle loro qualità individuali, ma in quanto membri del gruppo nazionale. Ed è quanto è avvenuto in questi giorni nelle terre del Caucaso con una sorta di purificazione etnica. La Russia, pertanto, fa anche appello alla dottrina internazionale.

E nella “ricerca” che viene portata avanti c’è un circostanziato atto di accusa contro il governo di Tbilisi, per quello che ha compiuto e per quello che nega di aver compiuto. Si torna a ribadire che “genocidio” è l’uccisione in massa di un popolo in base alla sua nazionalità, percezione etnica, o religione, secondo un piano di sterminio premeditato. Non c’è spazio, di conseguenza, per il negazionismo. Vengono documentate nelle denunce russe l’esplosione di violenza selvaggia e apparentemente gratuita, la programmazione della distruzione con strutture sempre più metodiche e pianificate.

Ma se la sequenza si ripete con monotonia (molti i riferimenti storici a quell’oramai lontano conflitto osseto-georgiano nell’Ossezia del Sud che fu il primo di una serie di scontri armati nel Caucaso), i singoli episodi presentano sempre varianti nuove che le immagini televisive documentano con crudeltà. Ed è la vergogna del mondo perché si riaprono alcune delle più sanguinose pagine di storia che credevamo chiuse per sempre.