Ieri Musharraf ha fatto appello alla riconciliazione per far fronte ai propri problemi economici e di sicurezza, parlando in nottata alla televisione pakistana in occasione del giorno dell'indipendenza nazionale. Ma non ha fatto alcun riferimento al piano del governo di coalizione, guidato dal partito dell'ex premier Benazir Bhutto, per un impeachement contro di lui, nè ha fatto riferimento alle sempre più frequenti richieste di dimissioni. Cio’ sembrerebbe confermare i forti dubbi circa la sua reale volonta’ di lasciare il potere spontaneamente.
Nel frattempo si e’ aggravato il bilancio dell'attacco contro un commissariato di polizia a Lahore, nella parte orientale del Pakistan. Almeno 7 i morti. Un kamikaze si sarebbe fatto saltare in aria ieri sera in un sobborgo della citta' vicino a un gruppo di agenti che stava controllando i preparativi per la festa dell'indipendenza pakistana.
E almeno dieci militanti islamici sono rimasti uccisi nel distretto tribale pakistano del Waziristan del Sud in un raid aereo degli Stati Uniti. Diversi missili hanno colpito un complesso di edifici utilizzato dai seguaci del comandante filotaleb Mullah Nazir nel villaggio di Baghra, ad una trentina di chilometri dalla città di Wana.
E’ risaputo inoltre che gli USA sono da sempre del tutto contrari a qualsiasi negoziato tra il governo pakistano e i gruppi taleb e qaedisti, con la mediazione delle tribu’ pashtun. Mentre il governo di Gilani e’ di parere totalmente opposto.
Il caos sembra quindi in procinto di prendere il sopravvento nel Pakistan del dopo Musharraf, sempre che lo stesso decida di lasciare il potere senza resistenze.
Altrimenti il caos sara’, se possibile, ancor piu’ grande e pericoloso per tutta l’area.
L'ultima battaglia di Musharraf
di Alessanro Ursic – Peacereporter – 13 Agosto 2008
Gli chiedono di farsi da parte proprio nel giorno della Festa dell'indipendenza, il 14 agosto; molti danno per probabile che lo farà, ma il suo portavoce nega decisamente. Comunque andrà a finire, Pervez Musharraf appare ormai circondato. La coalizione che da febbraio governa il Paese tra mille difficoltà, date le differenze e le diffidenze tra i partiti che la compongono, la scorsa settimana ha messo sul tavolo la questione impeachment per il presidente ed ex generale che prese il potere con un colpo di stato nel 1999. Nell'incertezza che caratterizzerà la procedura e il suo esito finale, una cosa è chiara: il Pakistan, se c'era mai uscito, rischia di ritornare nel caos.
La procedura. Le accuse per cui il presidente verrebbe messo sotto processo includono il licenziamento lo scorso novembre, e il mancato reintegro, di 60 giudici che Musharraf temeva potessero contestare la sua elezione alla massima carica dello stato, mentre all'epoca era contemporaneamente capo delle forze armate. L'altra grande accusa riguarda l'abuso di potere per l'imposizione dello stato di emergenza nello stesso periodo. Tre delle quattro assemblee provinciali pachistane hanno già votato in favore dell'avvio della procedura di impeachment e la quarta, quella del Balucistan, dovrebbe unirsi entro la fine di questa settimana. Dopodiché, la coalizione di governo presenterà il suo dossier di accusa alle due camere del Parlamento. Potrebbero volerci settimane, forse mesi; soprattutto, per arrivare al processo servono i due terzi dei voti in aula. Numeri su cui la coalizione non può contare, ma che spera di raggiungere grazie all'effetto valanga suscitato dalla possibilità di sbarazzarsi davvero di un Musharraf sempre più impopolare in patria.
Diffidenza tra i leader. Un ulteriore ostacolo potrebbe essere la rivalità tra i due leader della coalizione, Asif Zardari del Partito del popolo (Ppp) e Nawaz Sharif della Lega musulmana-Nawaz (Pml-N). Entrambi sono finiti in esilio nei primi anni in carica di Musharraf. Il primo, diventato capo del Ppp dopo la morte della moglie Benazir Bhutto e conosciuto anche come “il signor 10 percento” per gli arrotondamenti che si intascava durante gli anni del Ppp al governo, ha già evocato la questione dell'appropriazione indebita anche per Musharraf: ma da febbraio a oggi ha perso consensi, e un terzo dei parlamentari del Ppp sono in odore di fronda. Sharif, condannato a 14 anni per corruzione e anche lui ritornato in Pakistan solo alla vigilia delle ultime elezioni, è diventato nel frattempo il politico pachistano più popolare. Zardari, che non può candidarsi al governo a causa delle sue condanne, potrebbe essere restio a spianare la strada verso la presidenza a Sharif. O temere che i giudici eventualmente reintegrati possano annullare l'amnistia concessa a lui e alla moglie da Musharraf, prima che la Bhutto venisse uccisa in un attentato lo scorso 27 dicembre.
Rischio di tracollo. A Musharraf viene chiesto di farsi da parte senza neanche iniziare la procedura di impeachment, per evitare al Paese una estenuante battaglia legale. E' una possibilità che non viene esclusa. Ma è proprio per la delicatezza della situazione pachistana che molti osservatori si chiedono se questo sia davvero il momento giusto per esaurire le energie del Pakistan in una lotta di potere. Mentre al confine con l'Afghanistan i militanti islamici conquistano terreno e fungono da retrovia per la guerriglia talebana, il Paese rischia il tracollo economico. A giugno l'inflazione ha toccato il 21,5 percento, il massimo degli ultimi trenta anni. Il deficit di bilancio è salito al 7 percento, gli investitori stranieri fuggono di fronte all'incertezza regnante, la Borsa di Karachi ha perso il 35 percento da aprile, il governo è a corto di liquidità ed è stato costretto a chiedere all'Arabia Saudita di dilazionare i pagamenti per le importazioni di petrolio. Domani ricorre il 61esimo anniversario dell'indipendenza, ma al momento i pachistani non hanno granché da festeggiare.