Mentre oggi la Nato ha denunciato l'uso eccessivo della forza da parte della Russia e la violazione dell'integrità territoriale della Georgia, il premier russo Putin ha paragonato la politica dell'attuale dirigenza georgiana "con l'operato di Saddam Hussein".
Putin, giustamente irritato nei confronti dell'Occidente e degli Usa in particolare ha dichiarato “Saddam Hussein che fece eliminare alcuni abitanti di villaggi sciiti, doveva essere ovviamente impiccato. Ma gli attuali leader georgiani, che hanno raso al suolo in poco tempo dieci villaggi osseti e facevano schiacciare con i carri armati bambini e vecchi, che facevano bruciare vivi civili nelle loro case, vengono difesi. La Russia porterà avanti la missione di peacekeeping in Ossezia del Sud fino alla sua logica conclusione”.
Le accuse di Putin a USA, NATO e UE sono del tutto legittime, dato che gli USA stanno anche aiutando la Georgia a trasportare in patria le sue truppe dall’Iraq - dopo averla armata e addestrata negli ultimi anni, in seguito alla presa del potere del fido Saakashvili.
Per un portavoce della Commissione Europea a Bruxelles sono circa 30mila i profughi provenienti dall'Ossezia del Sud giunti nell'Ossezia del Nord, in territorio russo, mentre circa 6.000 sono invece riparati nella capitale georgiana, Tbilisi.
Comunque il portavoce dell'esercito russo, Anatoly Nogovitsyn, ha inoltre smentito di aver inviato forze di terra nel territorio georgiano al di fuori della regione separatista dell'Ossezia del Sud dichiarando “Non ci stiamo muovendo oltre i limiti per principio…le forze di peacekeeping russe non hanno l'incarico di invadere il territorio georgiano”.
Dichiarazione rilasciata durante una conferenza stampa dopo che il presidente georgiano Saakashvili aveva dichiarato che i carri armati russi si trovavano alle porte di Gori, in territorio georgiano.
Le forze georgiane hanno pero’ ripreso intensi bombardamenti nell'Ossezia del Sud, secondo fonti ossete citate dall'agenzia russa Interfax. Secondo un'altra agenzia, la Rosbalt, sono in corso anche duelli aerei.
Ma il presidente russo Medvedev si è detto favorevole, in un colloquio con il ministro degli Esteri finlandese, a una presenza di esponenti dell'Osce in Ossezia del Sud.
Intanto i leader di Abkhazia, Serghei Bagabsh, e Ossezia del Sud, Eduard Kokoity, si sono accordati oggi telefonicamente per chiedere in modo congiunto alla comunità mondiale il riconoscimento dell'indipendenza delle due repubbliche secessioniste georgiane.
Ma dal momento che Abkhazia e Ossezia del Sud non sono “fortunate” come il Kosovo, non avranno mai questo riconoscimento dalle potenze occidentali. E alla Russia non verra’ mai riconosciuto il fatto che sta agendo come a suo tempo agi’ la NATO in Bosnia, Serbia e Kosovo.
D'altronde Saakashvili non e’ Milosevic…
Caucaso, la guerra non si ferma
di Luca Galassi – Peacereporter – 11 Agosto 2008
Con l'arrivo della delegazione Ue dei ministri degli Esteri francese Bernard Kouchner, e finlandese, Alexander Stubb, per proporre a Tbilisi un accordo di pace, arrivano anche, in Abkhazia, novemila soldati russi, in aggiunta ai tremila già sul posto. Per cercare una via d'uscita alla crisi del Caucaso, esplosa venerdì con una pesante offensiva georgiana contro i secessionisti dell'Ossezia del Sud, la missione Ue propone un piano in tre punti: cessate il fuoco immediato, ritiro delle truppe georgiane dall'Ossezia e ritorno allo status quo precedente l'invasione.
Fronte Abkhazo. Se Tbilisi parrebbe aver accettato gran parte delle proposte, dall'Abkhazia, il cui presidente Sergei Bagapsh ha dichiarato ieri lo stato di guerra per dieci giorni, arrivano notizie che non lasciano presagire alcuna 'normalizzazione' nel conflitto. Assieme agli effettivi, i russi hanno tradotto nei pressi dell'unica zona abkhaza controllata militarmente dai georgiani, le gole di Kodori, 350 pezzi di armamenti pesanti. Dalla capitale abkhaza Sukhumi, Bagapsh ha lanciato un ultimatum ai georgiani perchè si ritirino. Ultimatum respinto dal Saakaschvili. Un analogo avvertimento è stato trasmesso da Mosca: via dall'Ossezia del sud o i nostri attacchi su Poti (porto commerciale e centro petrolifero sul Mar nero), Gori (città di 50mila abitanti colpita da bombardamenti) e Tbilisi (colpite installazioni e una base dell'aviazione in periferia) non cesseranno. Il presidente russo Dmitri Medvedev, il primo ministro Vladimir Putin e il ministro della Difesa Anatoli Sediukov hanno tenuto stamani una riunione con i vertici militari nel centro di comando russo a Mosca per 'valutare la situazione'.
Verità contrastanti. Dopo il devastante attacco alla capitale osseta Tskhinvali di venerdì, che secondo i russi avrebbe causato duemila morti, mentre secondo testimoni locali alcune centinaia, le truppe di Tbilisi si sarebbero ritirate. Mosca sostiene invece che si tratti di un 'ripiegamento' strategico e di una riorganizzazione delle unità militari. Nonostante l'ingresso nella capitale di un convoglio umanitario russo, penetrato attraverso il corridoio deciso concordemente da Russia e Georgia, un corrispondente dell'agenzia stampa russa Ria Novosti ha riportato la dichiarazione di un peacekeeper (la forza di interposizione schierata dal '92 e in prevalenza costituita da russi), secondo il quale i georgiani continuerebbero a bersagliare Tskhinvali con colpi d'artiglieria e che 7.500 soldati di Tbilisi si trovino ancora all'interno o nelle periferia della città semidistrutta. Altri duemila sono stati rimpatriati grazie al supporto logistico statunitense dal fronte iracheno, dove costituivano la terza forza, per numero di unità, della coalizione internazionale.
Il bilancio delle ostilità è ancora incerto. Migliaia di morti secondo Mosca, decine secondo Tbilisi. La Croce Rossa ha diffuso cifre ancora approssimate sugli sfollati: 30 mila in totale, di cui 20 mila osseti filo-russi in fuga verso l'Ossezia del Nord, e altri 10 mila tra osseti filo-georgiani o georgiani che cercano di scampare ai bombardamenti dell'aviazione russa. Decine di peacekeeper russi sarebbero morti negli attacchi georgiani, così come due giornalisti, uno russo, l'altro georgiano.
Si muove la Flotta del Mar Nero. Secondo Saakashvili, centinaia di carri armati russi sarebbero in marcia verso Gori. Sul territorio georgiano sono in volo una cinquantina di caccia russi, mentre sul Mar Nero la tensione non si allenta, dopo che ieri una vedetta lanciamissili è stata affondata da due unità navali russe. Unità della Flotta del Mar Nero stanno pattugliando il tratto costiero georgiano, a poca distanza dalle acque territoriali di Tbilisi. Stamani Mosca ha tagliato tutti i legami commerciali con i porti georgiani. L'Ucraina, dal cui porto di Sebastopoli, in concessione a Mosca, salpano le navi russe, ha annunciato che non farà rientrare nelle proprie acque territoriali le navi che compiono missioni contro Tbilisi. Come la Georgia, anche l'Ucraina ha inoltrato domanda di adesione alla Nato, facendo infuriare Mosca.
Ossezia del Sud e Abkhazia si sono 'allontanate' da Tbilisi dopo il collasso dell'Urss. Dopo un conflitto sanguinoso nel 92-93, hanno raggiunto un'indipendenza 'de facto'. Quando Saakashvili è salito al potere nel 2004, ha promesso di riportare le repubbliche ribelli sotto il controllo centrale. Mosca ha offerto ai residenti di entrambe passaporti russi. E' di poche ore fa una nuova rivendicazione secessionista di entrambe le repubbliche, che chiederanno in forma congiunta alla comunità internazionale il riconoscimento dell'indipendenza.
Summit urgente Russia-Nato. La Russia ha chiesto poco fa una riunione straordinaria con la Nato per discutere della crisi caucasica, mentre il Consiglio di Sicurezza dell'Onu, tenutosi stanotte per la terza volta di fila, non ha portato ad alcun risultato. Messaggi di condanna alla Russia sono giunti da gran parte dei Paesi occidentali, Stati Uniti in testa. Anche il ministro degli Esteri britannico David Miliband ha unito la sua condanna a quella di Bush, che ha parlato di 'violenza inaccettabile e sproporzionata' da parte della Russia. Dopo che stanotte l'ambasciatore Usa all'Onu aveva accusato Mosca di voler far cadere il governo di Saakashvili (versione respinta da Mosca) Bush ha esortato Putin a tornare allo 'status quo' del 6 agosto, precedentemente all'offensiva - cominciata tra l'altro in modo del tutto proditorio, dopo che Saakhashvili aveva proposto un'offerta di tregua e negoziati ai sud-osseti per poi scatenare un 'blitzkrieg' proprio all'alba del giorno successivo, con la giustificazione di voler 'restaurare l'ordine costituzionale'. Anche ieri il presidente georgiano ha chieso una tregua e annunciato il cessate il fuoco. Ma l'Orso russo ormai è stato svegliato, e difficilmente Mosca crederà ancora alle promesse di Saakashvili.
Georgia: ha perso Israele (di nuovo)
di Maurizio Blondet - Effedieffe - 11 Agosto 2008
Un «mercenario americano» sarebbe stato catturato nell’Ossezia del Sud mentre combatteva per i georgiani in qualità di «istruttore». Lo riporta la radio locale Osetinskoe Radio, che precisa: l’uomo faceva parte di un gruppo di stranieri armati catturati vicino al villaggio di Zar, che si trova lungo quella che gli osseti russofoni considerano «la via della vita», perchè vi passano i rifornimenti dalla Russia. Il personaggio catturato sarebbe pure negro, e sarebbe stato portato a Vladikavkaz «per accertamenti sui motivi della sua permanenza in Ossezia».
La notizia non è controllata. Ma viene fra molte informazioni che confermano la presenza di combattenti stranieri. Secondo Eduard Kokoity, «presidente» della Sud-Ossezia citato dall’agenzia russa RIA, «dopo i combattimenti abbiamo trovato numerosi cadaveri di cittadini balttici ed ucraini; in seguito sono stato informato che corpi di diversi negri sono stati trovati sulla scena della battaglia presso la scuola n. 12» (1).
In attesa di conferme, ce n’è già più d’una da parte giudeo-occidentale. Il giorno 8 agosto, quando i kartuli sono partiti all’attacco convinti di una rapida vittoria sugli osseti, il ministro georgiano Temur Yakobashvili, che è ebreo come indica il suo nome («figlio di Yakov»), e parla un ebraico fluente, esultava pubblicamente: «Gli israeliani devono essere fieri dell’addestramento che hanno dato ai soldati georgiani...Ora speriamo nell’assistenza della Casa Bianca, perchè la Georgia non può vincere da sola».
Ancor più chiaramente l’agenzia israeliana Debka (un noto centro di disinformazione del Mossad), lo stesso giorno, sicura della vittoria, annunciava: «Cingolati e fanteria georgiani, aiutati da istruttori militari israeliani, nella mattinata hanno conquistato la capitale della Sud-Ossezia secessionista, Tskhinvali». E, citando «le sue esclusive fonti militari» era in grado di spiegare quale sia «l’ìnteresse di Israele nel conflitto» (2).
Eccolo:«Gerusalemme possiede un forte interesse nella pipeline che porta il gas e greggio del Caspio al porto turco di Ceyhan, senza bisogno di usare le reti di gasdotti russi. Sono in corso intensi negoziati tra Israele, Turchia, Georgia, Turkmenistan e Azerbaijian affinchè l’oleodotto raggiunga la Turchia e da lì il terminale petrolifero di Israele ad Ashkelon e di seguito il porto di Eilat sul Mar Rosso. Da lì, super-petroliere possono portare il gas e il greggio in estremo oriente attraverso l’oceano indiano».
Dunque la Vittima Eterna non vuole solo assicurarsi il petrolio per i suoi consumi interni, bensì partecipare al grande business, far dipendere l’Asia dalla sua buona volontà di fornitrice.Debka continua: «L’anno scorso il presidente georgiano ha assunto da ditte israeliane di sicurezza (sic) alcune centinaia di istruttori militari, si stima oltre mille, per addestrare le forze georgiano in tattiche di commando, e di combattimento aereo, navale e corazzato. Hanno fornito addestramento in intelligence militare e sicurezza per il regime. Tbilisi ha anche comprato armamento e sistemi elettronici d’intelligence e di puntamento da Israele. Questi istruttori sono fortemente impegnati nella preparazione della armata georgiana alla conquista della capitale del Sud-Ossezia».
Non basta. Debka rivela che «nelle scorse settimane Mosca ha ripetutamente chiesto a Gerusalemme di smettere la sua assistenza militare alla Georgia, fino a minacciare una crisi della relazioni bilaterali. Israele ha risposto che l’assistenza fornita a Tbilisi era solo difensiva».Se le cose stanno così, la conclusione è inevitabile: non è il dittatore di Kartulia, bensì Israele ad aver subìto una cocente sconfitta in Ossezia. Una replica del fallito attacco contro Hezbollah, e per gli stessi motivi: cieca presunzione della propria superiorità, credenza nella propria stessa propaganda (Hezbollah: belve arretrate, Russia: tigre di carta incapace di riempire il vuoto lasciato dall’URSS), e soprattutto, il risultato della «americanizzazione» dell’ex-glorioso Tsahal, da snella armata di aggressione-lampo a dinosauro dalla logistica pesante «made in Pentagon», con ricorso a «ditte» di mercenari (privatizzazione ed outsourcing della guerra: la bella trovata di Rumsfeld), e dalla tipica ottusità tattica made in USA: una vera tradizione questa, che risale alla guerra di Corea, continua ostinatamente e senza rimedio in Vietnam, e di cui si vedono gli ultimi effetti in Iraqe Afghanistan.
Ciò dovrebbe indurre a qualche riflessione gli europei, il Berlusconi compreso: tutti accaniti a chiedere ragione a Putin della reazione «sproporzionata» in Ossezia, se non fossero i maggiordomi del Katz dovrebbero chiedere a «Gerusalemme» (ma la capitale non era Tel Aviv?) qualche ragione della sua presenza militarista in Georgia, apparentemente col coinvolgimento diretto di suoi mercenari (oltre a qualche povero negro americano) negli scontri. E’ legale? Che cosa dice in proposito il famoso diritto internazionale?Invece avviene il contrario, naturalmente.
Battezzata «Operation Brimstone» (Operazione Zolfo), una delle più vaste esercitazioni aeronavali occidentali del dopoguerra è finita il 31 luglio nell’Atlantico. La grande manovra ha visto impegnati un «supergruppo di battaglia» portaerei USA, un gruppo di spedizione USA con portaerei, un gruppo di battaglia portaerei della Royal Navy britannica, un sottomarino nucleare da caccia francese, e un gran numero di incrociatori, fregate e cacciatorpediniere americani, nella parte delle «forze nemiche» (3).
Lo scopo dichiarato di queste grandi manovre della più grande Armata occidentale dai tempi della prima guerra all’Iraq è attuare il più severo blocco navale attorno all’Iran. Benchè produttore di petrolio, l’Iran ha limitate capacità di raffinazione; importa il 40 per cento delle benzine e carburanti di cui ha bisogno. Bloccare l’arrivo delle benzine e carburanti è giudicato il solo modo di colpirne gravemente l’economia. L’Europa dunque partecipa a questo blocco, che è un atto di guerra secondo il diritto internazionale. Ancora una volta, è la scuola israeliana a dettare la legge di guerra: il trattamento-Gaza anche per gli iraniani, la «cura dimagrante».
Ma la quantità e il volume di fuoco della flotta messa in campo non può essere diretta solo all’Iran. E’ volto a dissuadere ben determinati paesi - la Russia e la Cina, che è uno dei maggiori clienti del petrolio iraniano - ad opporsi al blocco, magari scortando con proprie navi militari le petroliere con i prodotti raffinati acquistati da Teheran.Quanto alla Russia, si tratta di tenere sotto schiaffo, e dissuadere dall’intervenire, la flotta del Mar Nero recentemente spostata nel Mediterraneo, con base nel porto siriano di Tartus: guidata dalla portaerei moderna «Ammiraglio Kusnetsov» (che porta una cinquantina di caccia e una decina di elicotteri) e l’incrociatore lanciamissili «Moskva».
Nei giorni scorsi la Moskva, accompagnata dalla corvetta Smetlivy sono state spostate nell’area orientale del Mar Nero, davanti alla Georgia, con il dichiarato scopo di assistere gli osseti in fuga davanti all’invasione georgiana del loro territorio: almeno 30 mila persone su 70 mila, terrorizzati dalle atrocità di cui sono stati testimoni.
Nei loro racconti, parlano di bombe a mano tirate dai soldati georgiani nelle cantine dove gli abitanti si erano rifugiati dai bombardamenti, di soldati russi della forza d’interposizione feriti, catturati e giustiziati sommariamente, di un inizio di pulizia etnica (il presidente Medvedev ha parlato di genocidio). Le oltre duemila vittime civili paiono confermare: non si è cercato di fare un’operazione militarmente «pulita», bensì di spargere il terrore con massacri, per spingere alla fuga la popolazione.Ancora una volta, è la scuola israeliana all’opera: il «trattamento Deir Yasin».
E la Francia del Sarko-katz partecipa all’avventura con un sommergibile atomico. Visto che Berlusconi è spesso al telefono con Sarko, che è pure presidente semestrale della UE, non potrebbe chiedergli ragione di tanto impegno? E magari una telefonata di richiesta di chiarimenti «all’amico Bush» su quei negri ammazzati e catturati in territorio altrui? Invece no: chiede moderazione solo all’«amico Putin».
Le grandi manovre giudaico-cristiane («Brimstone» nell’Atlantico, e «Immediate Response» in Georgia, entrambe finite il 31 luglio, a ridosso dell’attacco di Kartulia agli osseti) fanno pensare che Saakashvili, dopotutto, non abbia agito di testa sua; l’attacco deliberato pare iscriversi in un più vasto piano concertato di provocazione ed affermazione di potenza, per il dominio totale delle fonti petrolifere. Una strategia alla Brzezinsky, sul «grande scacchiere» geopolitico, contro i nemici storici reali, Russia e Cina.
Se è così, mai nome fu più adatto ad una esercitazione: «Operazione Zolfo» ha l’intento di incendiare definitivamente l’area del petrolio del Golfo. In qualche modo, la strategia Us-raeliana sembra quella di reagire alle proprie sconfitte aumentando la posta.Ci sono brandelli di informazioni, che non troverete sui nostri media alla Riotta, e che paiono confermare questa volontà di escalation.
• Il ministero degli Esteri ucraino ha dichiarato che l’Ucraina si riserva il diritto di impedire il ritorno della flotta russa del Mar Nero, ora impegnata al largo della Georgia, nei porti ucraini (4). In base ad un accordo firmato fra i due paesi, la flotta bellica russa ha il diritto di usare i porti ucraini fino al 2017. Evidentemente la «democrazia» ucraina, che deve la sua esistenza a Washington non meno della «democrazia» in Kartulia, arde dalla voglia di impicciarsi nel conflitto, troppo «limitato» secondo i gusti del suo padrone a Washington. Bisogna ampliarlo, e l’Ucraina si presta.
• Gli americani si apprestano a trasportare, con ponte aereo, metà del contingente di Kartulia che è impegnato in Iraq, e che ne fa il terzo dei contingenti alleati, dopo americani e britannici. Mille uomini subito «entro 96 ore», gli altri mille al più presto, ha detto il colonnello Bondo Maisuradze: «Gli USA ci forniranno il trasporto» (5). Dunque il Pentagono, mentre chiede il cessate il fuoco a Putin, prepara il suo satellite georgiano ad un qualche contrattacco. E in ogni caso, il ponte aereo dell’USAF espone gli aerei americani al contatto con le armi russe: una provocazione aperta, magari alla ricerca di un «incidente».
• Nel lontano Kirghizistan, in una casa di Bishkeh (la capitale) affittata a cittadini americani con passaporto diplomatico, la polizia locale - allertata dai vicini - ha trovato un vero arsenale: 53 armi da fuoco anche «di grosso calibo» oltre a «lanciagranate, fucili mitragliatori, pistole, carabine da cecchino e 15 mila proiettili». I cittadini americani che sorvegliavano le armi sono «due dipendenti dell’Ambasciata USA e dieci militari americani nel paese, dicono loro, per addestrare le forze speciali kirghize». Un dettaglio che il ministro degli Interni kirghizo, Temirkan Subanov, e il ministero della difesa, negano con forza. C’è un accordo con gli USA, dicono, per addestrare gli agenti anti-droga (l’oppio afghano passa di lì), ma l’addestramento non richiede nè contempla armamento pesante. L’ambasciata USA ha emesso un comunicato in cui insiste: l’arsenale era lì con il permesso e su richiesta del governo kirghizo (6).
Insomma l’America sta rimestando attivamente nel torbido, incitando i suoi satelliti e provocando, in tutta la vasta area d’influenza russa. L’Europa - tramite le sue cosche non-elette - è della partita, all’insaputa dei suoi cittadini.I nostri media non ci informano del fatto che siamo già schierati nella guerra di aggressione più inaudita della storia, a provocare il nostro massimo e più affidabile fornitore di prodotti energetici.
Al contrario, titolano «Putin piega la Georgia» (Repubblica), «Mosca cieca» (Il Manifesto), ed evocando l’invasione sovietica a Praga nel 1968.
Quanto al Papa, invoca la pace in nome delle «comuni radici cristiane», come se il cristianesimo c’entrasse qualcosa: che analisi fanno, in Vaticano? Hanno delle informazioni proprie? Che ideologia sposano? La giudaizzazione della Chiesa la porta alla rovina mentale.
Si vede che siamo sotto protettorato di Katz, con direttori di tg del Katz, e giornali di sinistra molto del Katz.
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1) «Did mercenaries help Georgia?», Russia Today, 10 agosto 2008. Con foto di corpi dei misteriosi combattenti, che portano mimetiche NATO. il sito Russia Today è stato oscurato per diverse ore, non certo da Mosca.
2) «Israel backs Georgia in Caspian Oil Pipeline Battle with Russia», Debka File, 8 agosto 2008.
3) «Major Armada prepares for Iran blockade», Europebusiness.blogspot, 7 agosto 2008. «The lead American ship in these war games, the USS Theodore Roosevelt (CVN71) and its Carrier Strike Group Two (CCSG-2) are now headed towards Iran along with the USS Ronald Reagon (CVN76) and its Carrier Strike Group Seven (CCSG-7) coming from Japan. They are joining two existing USN battle groups in the Gulf area: the USS Abraham Lincoln (CVN72) with its Carrier Strike Group Nine (CCSG-9); and the USS Peleliu (LHA-5) with its expeditionary strike group. Likely also under way towards the Persian Gulf is the USS Iwo Jima (LHD-7) and its expeditionary strike group, the UK Royal Navy HMS Ark Royal (R07) carrier battle group, assorted French naval assets including the nuclear hunter-killer submarine Amethyste and French Naval Rafale fighter jets on-board the USS Theodore Roosevelt. These ships took part in the just completed Operation Brimstone. The build up of naval forces in the Gulf will be one of the largest multi-national naval armadas since the First and Second Gulf Wars. The intent is to create a US/EU naval blockade (which is an Act of War under international law) around Iran (with supporting air and land elements) to prevent the shipment of benzene and certain other refined oil products headed to Iranian ports.»
4) «Ukraine threatens to bar Russian warships», Reuters, 10 agosto 2008.
5) Deborah Haynes, «Georgia sends troops from Irak to South-Ossetia», Times, 10 agosto.
6) «US arms cache found in Kyrgyzistan», Kommersant, 6 agosto 2008.