L'ennesima truffa ordita da Berlusconi ai danni degli italiani, compresi tutti i coglioni che lo hanno rivotato l'anno scorso, si e' svelata ufficialmente pochi giorni fa.
L'accozzaglia di imprenditori italiani con le pezze al culo di nome CAI ha deciso di cedere il 25% del capitale di Alitalia ad Air France per oltre 320 milioni di euro, con un guadagno netto di 40 milioni rispetto a quanto versato da questi pezzenti pseudo-imprenditori italioti solo pochi mesi fa.
Ovviamente Colaninno si e' subito fregato le mani dichiarando "È un accordo straordinario, che il cda ha votato all'unanimità. Abbiamo raggiunto obiettivi al di là delle nostre attese".
E grazie al ... CAI sta gia' guadagnando senza aver praticamente fatto nulla.
Naturalmente anche a Parigi sono entusiasti, visto che tra 4 anni Air France-Klm si prendera' la maggioranza del capitale di Alitalia a condizioni nettamente migliori rispetto a quanto era previsto nell'accordo raggiunto l'anno scorso col governo Prodi e fatto saltare in aria da Silvio in piena campagna elettorale.
Inoltre anche la tanto sbandierata italianita' si rivelera' presto un'altra bufala.
Infatti per quattro anni, fino al 12 gennaio 2013, nessun socio italiano potrà cedere le azioni all'esterno della compagine azionaria di Alitalia, né potrà cederle ad AirFrance-Klm.
Ma al quinto anno, tra il 13 gennaio e il 28 ottobre 2013, il trasferimento delle azioni a terzi sarà possibile, a condizione che gli altri soci italiani non abbiano esercitato il diritto di prelazione e che il trasferimento sia approvato dal cda di Alitalia.
Ed e' matematicamente sicuro che nessuno di quei pezzenti del CAI esercitera' il diritto di prelazione e che il cda di Alitalia approvera' ogni trasferimento.
Ma la ciliegina finale e' l'obbligo per il socio che superi il 50% delle azioni con diritto di voto di lanciare un'Opa su tutte le azioni detenute dagli altri soci che intendano vendere.
Quindi nel 2013 Air France-KLM si prendera' tutta l'Alitalia e i pezzenti del CAI si metteranno in tasca fior di milioni di euro senza colpo ferire.
E tutto cio' per merito esclusivo del grande Silvio.
Bisogna dargliene atto...
Alitalia, addio Italia
di Gennaro Carotenuto - www.gennnarocarotenuto.it - 12 Gennaio 2009
Spiegatelo con parole semplici ai vostri amici, parenti, conoscenti che votano per il centro-destra, ché i conti della serva li capiscono anche loro. Mille articoli e studi possono usare maggior proprietà ma è necessario accendere una candela in memoria di Alitalia, che è forse in memoria dell’Italia paese sviluppato.
Lo svuotamento, perché di questo si tratta (ricordate Michael Douglas in Wall Street) della compagnia di bandiera non passa alla storia solo come il simbolo del cinismo, della malafede e del pressappochismo dell’era di Silvio Berlusconi ma forse come il punto di non ritorno della breve stagione italiana tra i paesi avanzati.
Spiegatelo con pazienza che tra la soluzione miracolosa trovata dal grande venditore e l’accordo faticosamente raggiunto da Romano Prodi con il presidente di AirFrance-KLM, Jean-Cyrill Spinetta, meno di un anno fa, ci sono ben 5 miliardi di Euro di differenza a nostro carico e 7.000 posti di lavoro persi in più. Fatelo notare che con 5 miliardi di Euro ci si fa più del ponte sullo stretto di Messina. Ricordatelo che ci si potevano fare 11 (undici) social card, ovvero (senza entrarne nel merito) redistribuire ad ognuno degli indigenti beneficiati non 40 ma 440 Euro al mese. Oppure ditelo che quei 5 miliardi si potevano investire per costruire un pezzo di futuro per la generazione precaria, un figlio o una sorella precaria ce l’avranno anche i vostri amici che hanno votato Silvio.
Ci si poteva fare, a costi da paese civile, quasi tutta la TAV da Napoli a Milano. Sarebbero stati necessari meno di 7 miliardi in Francia, Spagna o Germania visto che a tutti la TAV costa circa 9 milioni al km, solo da noi si superano i 30. Oppure, se non si fosse usata Alitalia contro Prodi, ci si poteva costruire un modernissimo ospedale per ogni regione attrezzato di tutto punto per ogni patologia. Questi 5 miliardi di Euro (10.000 miliardi di lire) erano soldi che (al governo Prodi) AirFrance aveva accettato di pagare o debiti che aveva deciso di accollarsi. Invece Berlusconi li ha buttati via e ha scelto per cinismo politico di farli accollare ad ognuno di noi.
Il risultato è ritrovarsi comunque con AirFrance padrona della compagnia (gli amici del capo ne usciranno presto con favolosi guadagni), ma con l’aggravante di un regime senza concorrenza, di sostanziale monopolio sulle nostre rotte interne. Le tariffe stanno già aumentando. Per ottenerlo la compagnia di bandiera francese paga una frazione di quello che aveva sottoscritto di pagare al governo Prodi (l’eversione sindacale, spesso ma non sempre legata ad Alleanza Nazionale, ha avuto un ruolo importante e nefasto, quasi golpista).
Spiegatelo ai vostri amici che hanno votato per la PdL cosa è successo con Alitalia. E’ come se il proprietario di un bell’appartamento in centro, ma oberato da un grosso mutuo, lo avesse svenduto al prezzo di un garage ma continuasse a pagare puntualmente il mutuo andando a dormire in una stanza ammobiliata.
Ma il caso Alitalia è anche la Caporetto del liberalismo economico in Italia.
Lo dimostra il teatrino su Malpensa con la lotta interna lombarda tra Milano, che per difendere Linate è in sinergia con Fiumicino, e la fascia pedemontana che difende Malpensa. Questa non è una “cattedrale nel deserto”, ma è una cattedrale di troppo, la costruzione della quale è forse stata il più grande caso di clientelismo politico nella storia della Repubblica. Né Umberto Bossi, né la CAI, né Berlusconi, né AirFrance pensano che “liberalizzare le rotte” sia un bene. Anzi, temono la liberalizzazione più di ogni altra cosa e la ventilano solo come strumento di ricatto.
La Lega, che ha tanto criticato la “Cassa per il Mezzogiorno”, oramai considera “Roma ladrona” una sorta di “Cassa della mezzanotte” dalla quale attingere senza limite, tanto che lo stesso Berlusconi ne è preoccupato. In questo modo, chiunque in buona fede può capirlo, il liberismo economico si riassume definitivamente nella sola libertà di evadere il fisco.
Purtroppo non è tutto qui, anzi quanto esposto è solo la premessa al peggio. Quel macigno di cinque miliardi di deficit aggiuntivo creati ad arte da Berlusconi per vincere le elezioni e fare un favore ad imprenditori amici (metteteci anche l’abolizione dell’ICI e i costi del federalismo fiscale e il tutto vale più di un paio di punti di PIL), ci stanno materialmente spingendo fuori dall’Europa.
Tra un paio di semestri i più solidi paesi dell’Unione avranno superato il peggio della crisi, esigeranno che il patto di stabilità torni ad essere rispettato e Lucignolo-Italia si troverà da solo dietro la lavagna. Se si rifiuterà o non saprà farlo potrebbe perfino essere espulso dalla scuola. Quando i nodi verranno al pettine si scoprirà che l’Euro (l’Euro di Prodi, il vituperato, calunniato “Euro di Prodi”) un paese come l’Italia non se lo può più permettere e se non ci cacceranno fuori a qualcuno da noi verrà la tentazione di autoescluderci e di battere carta igienica come moneta.
Ma quell’Euro (di Prodi, che vi piaccia o no) è l’ultimo ancoraggio del paese al mondo sviluppato. Di mezzo ci sono le nostre vite, il nostro lavoro, le nostre scuole, i nostri ospedali, le nostre pensioni, la moneta con la quale poter pagare il gas del riscaldamento quest’inverno, in un paese che dipende dai combustibili fossili senza possederne.
Truffa alitaliana
di Mazzetta - Altrenotizie - 14 Gennaio 2009
Lo ha capito anche Letizia Moratti che l'intervento di Silvio Berlusconi nella vicenda Alitalia si è tradotto in un bagno di sangue e non l'ha mandato a dire, ma non per scrupolo o per onestà, solo perché in mezzo al disastro c'è rimasto anche l'aeroporto di Malpensa che ora rischia di rivelarsi quella cattedrale allo spreco che tanti hanno profetizzato negli anni. Non serviva certo la Moratti per spiegare agli italiani che l'intervento di Berlusconi nella faccenda sia costato caro a tutti gli italiani; a chiunque è stata più che sufficiente la differenza tra l'incasso della possibile vendita della compagnia ad Air France e quello realizzato con l'interposizione di CAI, che dimostra come nel primo caso lo Stato avrebbe incassato e come nel secondo invece si sia caricato di un ulteriore debito.
Ora i fan del Presidente del Consiglio dicono che la trattativa con Air France in realtà sarebbe fallita per colpa dei sindacati, ma si tratta del solito fumo negli occhi a mascherare la più classica delle truffe, anche perché con la differenza economica tra le due ipotesi si potevano ricoprire d'oro lavoratori e sindacalisti e vincere così qualsiasi resistenza. La realtà non può essere travisata in questo caso, ci sono decine d’interventi di Berlusconi e dei suoi dipendenti che parlano chiaro e non lasciano dubbi: ad esempio, nessuno può dimenticare l'indegna cagnara sulla questione della “italianità” della compagnia, oggi buttata comunque alle ortiche con la vendita ad Air France. A nulla vale dire che questa vendita mantenga la famosa italianità in virtù della maggioranza azionaria ancora in possesso di CAI, perché è già chiaro e detto che tra qualche tempo CAI passerà la mano al socio transalpino.
Lo schermo di CAI non può occultare la truffa ordita dal Presidente del Consiglio con l'entusiasta collaborazione di alcune teste di legno gentilmente accorse al richiamo che Berlusconi ha lanciato al gotha dell'imprenditoria nazionale. Che si tratti di un manipolo di prestanome garantiti è evidente già dal fatto che, in poco meno di due mesi, i soci siano rientrati quasi integralmente di quanto versato in contanti per l'acquisto di Alitalia depurata dai debiti. Pagheranno 427 milioni di euro e hanno già incassato 320 milioni di euro da Air France per il 25% di Cai, che porta in dote oltre 600 milioni di debiti che rimarranno di CAI e non certo di capitani d'impresa che si sganceranno mano a mano che Air France accrescerà la sua quota. Non a caso il patto volontario e rescindibile a piacimento, che vincolava i soci di CAI al mantenimento della maggioranza azionaria è già stato accorciato di un anno, a coincidere con la fine del mandato Berlusconi.
A confermare l'impressione di una truffa c'è anche l'evoluzione di Airone di Carlo Toto. Compagnia aerea con una grossa esposizione debitoria, giudicata irrisolvibile dai più, è finita nell'affare e il suo titolare ne è emerso con una posizione finanziaria attiva, come per magia. Se non bastasse, c'è poi la circostanza per la quale la vendita diretta ad Air France prevedeva che la compagnia francese si sarebbe accollata tutti i debiti di Alitalia, mentre ora, grazie all'interposizione di CAI, le passività sono finite nella famosa Bad Company e di conseguenza a carico del bilancio dello Stato.
Questo senza considerare la vicenda di Malpensa. E’ chiaro che se al governo italiano poteva interessare porre condizioni a protezione dell'aeroporto milanese, ai “patrioti” di CAI interessa solo monetizzare, di conseguenza il futuro di Malpensa è oggi finito nelle mani del fato e delle decisioni di Air France, con grande scorno della signora Moratti e dei sette nani leghisti che alla fine si sono fatti rovinare l'aeroporto della Padania.
La conclusione che hanno tratto tutti è quindi che Berlusconi e i suoi associati abbiano fatto un pessimo affare per la collettività e un ottimo affare in proprio. Berlusconi su Alitalia ci ha fatto la campagna elettorale, Toto si è salvato insieme ai crediti che le banche vantavano nei suoi confronti e gli investitori patrioti lucreranno un guadagno garantito avendo investito una miseria che è già stata loro restituita da Air France, in attesa di un guadagno senza rischio e senza investimenti reali.
Qualche miliardo di euro, secondo le stime; questo è il costo che gli italiani pagheranno per lo show elettorale di Berlusconi, senza considerare qualche migliaio di licenziati in più rispetto alla prima ipotesi di vendita ad Air France e i mesi di disagi provocati dall'avidità di CAI che, non contenta del guadagno garantito, ha pure fatto la faccia feroce con i lavoratori e firmato accordi che poi ha provato a non rispettare, mentre la canea mediatica asservita al premier diffamava i dipendenti Alitalia dipingendoli come privilegiati ed ingrati.
I “prenditori” italiani ce l'hanno fatta ancora una volta. L'inciucio all'italiana tra la politica e l'elite economica cooptata è riuscito nuovamente a privatizzare i guadagni e a socializzare le perdite, con grande scorno degli italiani che un tempo pagavano per avere una compagnia aerea di bandiera e che continueranno a pagare per anni, questa volta per permettere a pochi eletti di vendere quella stessa compagnia guadagnandoci sopra alla faccia dell'italianità e dei tanti artifici verbali di Berlusconi e dei suoi dipendenti.