Qui di seguito si fa il punto di una situazione che sta degenerando a tal punto che un sito web israelo-americano legato a Tsahal chiede esplicitamente l'eliminazione fisica di una serie di volontari internazionali presenti a Gaza da tempo, tra cui l'italiano Vittorio Arrigoni.
Ma Frattini avra' mai il coraggio di far chiudere quell'osceno sito web?
Si accettano scommesse....
Crisi di Gaza: impotenza e indifferenza della Comunità Internazionale.
12 Gennaio 2009 - da etleboro.blogspot.com
Il Generale Fabio Mini analizza la crisi della Striscia di Gaza, un conflitto perpetuo aumentato dall' "arroganza delle parti, l’indifferenza dei potenti e l’impotenza delle organizzazioni internazionali". Il Consiglio di Sicurezza ONU è riuscito a raggiungere una controversa risoluzione per il cessate il fuoco immediato e il ritiro delle truppe israeliane, che tuttavia continua ad essere ignorata. "Le forze internazionali non hanno mai risolto nulla e anche dove la loro presenza ha permesso di congelare le violenze e dare spazio ad una soluzione politica, i risultati non sono stati né definitivi né entusiasmanti", afferma il Generale Mini.
Generale Mini, visti i recenti eventi nella Striscia di Gaza, il processo di pace nel Medioriente sarà rallentato?
Per rallentare, qualcosa deve essere in movimento. Gli eventi di questi giorni non solo dimostrano che non c’è nessun serio processo di pace in corso, ma che tutti i precedenti, veri o presunti, sono falliti. Purtroppo non vedo nello sviluppo attuale neppure molte possibilità che si crei una situazione nuova dalla quale partire da capo. La situazione si complica ulteriormente.
A suo parere, l’attacco israeliano ha avuto il placet della nuova amministrazione americana?
Ufficialmente gli israeliani non hanno chiesto nulla a nessuno. Secondo me questo è credibile. Non hanno chiesto nulla alla vecchia amministrazione perché se non conta niente per gli americani, figuriamoci se possa contare qualcosa per gli israeliani. Non hanno chiesto nulla alla prossima perché non ancora in carica. E poi ritengo che gli israeliani da tempo abbiano smesso di chiedere autorizzazioni e siano passati a dare consigli e ordini. Il tempismo dell’operazione israeliana mi sembra sia stato calibrato oltre che sulle questioni interne per le prossime elezioni, sul vuoto istituzionale americano. Un motivo in più per non chiedere nulla. Questo non significa che la vecchia e nuova amministrazione non sapessero esattamente ciò che stava per accadere e che non abbiano dovuto prendere, entrambe, la decisione di far finta di niente. L’apparato d’intelligence americano e quello israeliano sono così connessi e in sintonia che non c’è bisogno di scambi formali o riunioni di vertice. D’altra parte l’amministrazione Bush non poteva avere nulla da ridire e quella nuova è stata sostenuta nelle elezioni da una gran parte dell’elettorato ebreo americano. Vi sono forti presenze ebraiche nello stesso gabinetto di Obama.
La situazione nella Striscia di Gaza è destinata ad aggravarsi?
Mi sembra che sia già abbastanza grave per non essere ottimisti.
Che impatto avrà questo conflitto sulla regione mediorientale e sui Paesi circostanti?
Irrilevante. Mi sembra di capire che dei palestinesi non importa niente a nessuno. Almeno fino a quando non si insedia la nuova amministrazione americana e non si svelano le vere intenzioni in politica estera del nuovo presidente. Il piano israeliano di eliminare fisicamente Hamas da Gaza è da un lato concreto e dall’altro onirico. Concreto perché Israele ha i mezzi e le forze per attuarlo, onirico perché Hamas non è soltanto una fazione ribelle o una frangia terroristica, Hamas è una parte consistente della politica palestinese. Per eliminare Hamas bisognerebbe eliminare tutti i palestinesi. Non che Israele non lo possa fare, ma dubito che sopravvivrebbe ad un tentativo del genere: politicamente, legalmente ed umanamente.
Secondo lei, che tipo di rapporto vi è tra Hamas e Al Fatah?
Pessimi. Oltre ad essere due entità in lotta sono due approcci opposti al problema palestinese. Questa opposizione è stata resa più evidente dall’atteggiamento rinunciatario di Al Fatah nei riguardi delle richieste israeliane e dall’isolamento internazionale di Hamas. La testa dei palestinesi stanchi di essere bistrattati accetterebbe i compromessi di Al Fatah ma il cuore sarebbe comunque con Hamas e con tutti quelli che rivendicano vera indipendenza, sovranità e autonomia.
Vista la sua esperienza, cosa alimenta questo conflitto perpetuo?
L’arroganza delle parti, l’indifferenza dei potenti e l’impotenza delle organizzazioni internazionali.
Perché la Comunità Internazionale non decide un intervento, come è stato per altre regioni del mondo tormentate da conflitti?
Perché Israele non lo permette e perché le forze internazionali non si sono distinte nella risoluzione dei problemi. A dire il vero, le forze non hanno mai risolto nulla e anche dove la loro presenza ha permesso di congelare le violenze e dare spazio ad una soluzione politica, i risultati non sono stati né definitivi né entusiasmanti. I Balcani ne sanno qualcosa. Paradossalmente le crisi sembrano aver bisogno soltanto di soluzioni transitorie, in modo che ci siano occasioni per sollecitare le emozioni, lo sdegno, la solidarietà e in modo da distribuire qualche Nobel per la pace. Dal 1950 ad oggi ci sono stati ben 7 premi nobel per la pace assegnati per i vari interventi nel conflitto arabo-palestinese- israeliano. La pace non si vede e quindi i Nobel si potranno moltiplicare.
Non sparate sull'ONU
di Luca Galassi - Peacereporter - 12 Gennaio 2009
Il portavoce dell'agenzia umanitaria dell'Onu (Unrwa), Chris Gunness, riferisce di una situazione critica, dove la popolazione non può fuggire dalle bombe e gli edifici delle Nazioni Unite vengono presi di mira dall'esercito israeliano. 'L'isolamento di Israele aumenterà di pari passo con la durata della guerra'.
Com'è la situazione a Gaza signor Gunness?
Grave. La gente non ha elettricità, tre quarti della popolazione non hanno acqua corrente, tutti gli ospedali funzionano 24 ore al giorno con i generatori elettrici e la nostra distribuzione di cibo dura solo pochi giorni.
Il vice-segretario dell'Unrwa Filippo Grandi ha fatto appello la scorsa settimana ad Amman ad aumentare donazioni e assistenza all'agenzia. Di cosa ha bisogno la popolazione di Gaza?
Senza scendere nei dettagli, premetto che i donatori stanno rispondendo in modo molto generoso alle nostre richieste. Per quanto riguarda le esigenze della popolazione, immaginiamo decine di migliaia di persone che trovano rifugio dove possono, dato che nessun luogo è veramente sicuro. Ebbene, queste persone hanno bisogno ovviamente di generi alimentari, medicine, letti, materassi, coperte, e di tutto quanto è necessario per sopravvivere.
L'attività della sua agenzia è limitata dalle operazioni dell'esercito israeliano?
Certamente. Stiamo parlando di una guerra. I nostri dipendenti vengono uccisi, i convogli vengono presi di mira. Prima del giugno 2007 c'erano 475 camion, provenienti da varie agenzie, privati eccetera, che entravano a Gaza ogni giorno. Oggi sono una manciata. E un cessate il fuoco di sole tre ore al giorno è totalmente inadeguato.
L'aviazione israeliana sta sganciando volantini su Gaza che esortano i civili a trovare riparo dalle bombe. Dove possono rifugiarsi i cittadini di Gaza?
Da nessuna parte. Nessun luogo è sicuro a Gaza. La situazione lì è unica, perchè è l'unico conflitto senza via di fuga per i civili. E' un territorio i cui confini sono sigillati. In un luogo dove anche le strutture dell'Onu vengono colpite, non ci sono rifugi sicuri. Per questo sosteniamo che la risoluzione del Consiglio di Sicurezza vada applicata immediatamente.
Quanto ci vorrà prima che la situazione possa migliorare, considerato anche che ieri è iniziata la terza fase del conflitto?
Prima della risoluzione Onu Israele diceva che il mondo non aveva una posizione chiara sull'attacco. Adesso la comunità internazionale ha espresso la sua voce, e l'ha fatto attraverso il Consiglio di Sicurezza. Ma la richiesta di tregua è stata rifiutata. Ogni azione di Israele è quindi un atto di sfida a quella risoluzione. Da rapporti ricevuti la notte scorsa da Gaza, ho avuto notizia che l'artiglieria navale israeliana sta bombardando sempre più vicina agli edifici e agli uffici dell'Onu. Il diritto umanitario internazionale obbliga le parti in guerra fare tutto il possibile per rispettare la neutralità di strutture civili.
Quindi i compound delle Nazioni Unite sono ancora a rischio.
Sì. L'esercito israeliano conosce le coordinate satellitari dell'ubicazione di ciascuna delle nostre strutture. E questo ben prima che il conflitto iniziasse. A dispetto di questo edifici sono stati colpiti e persone sono state uccise.
In un faccia a faccia televisivo con il portavoce del ministero degli Esteri israliano, Yigal Palmor, lei contestava la presenza di militanti di Hamas nella scuola dell'Onu colpita dai razzi israeliani. In quella circostanza morirono decine di civili. Vi erano militanti armati all'interno?
Si tratta di un palese esempio di disinformazione da parte degli israeliani. Durante il dibattito ho chiesto al portavoce se il presunto fuoco di miliziani provenisse dall'interno della scuola o dalle sue vicinanze. Mi ha risposto: dalle vicinanze. Questo è il punto. Da fuori o da dentro la scuola? Lui non è stato in grado di rispondere, se non rimanendo vago, 'dalle vicinanze'. Le dichiarazioni di Palmor sono senza fondamento. Che le strutture Onu siano oggetto di bombardamenti perchè ospitano miliziani di Hamas è una falsità, e sia il governo che l'esercito israeliano sta fortemente perdendo credibilità su questo punto.
La guerra mostra che il tributo pagato dai civili sta diventando esorbitante. Crede che l'intervento israeliano potrà accendere una nuova intifada, non solo a Gaza, ma in tutto il mondo arabo?
Abbiamo sempre detto che l'isolamento di Gaza, sia attraverso i muri che attraverso i blocchi, sia attraverso l'embargo commerciale che quello relativo agli aiuti è un isolamento anche dell'Onu e della comunità internazionale. Non abbiamo più capacità operativa in vaste zone della Striscia. Di una cosa sono certo: l'isolamento di Israele aumenterà di pari passo con la durata di questa guerra.
UN SITO CRIMINALE INVITA AD ELIMINARE I VOLONTARI A GAZA. NEL MIRINO ANCHE VITTORIO ARRIGONI
Un sito di criminali http://stoptheism.com/ invita ad uccidere i pochi volontari che prestano assistenza sanitaria a Gaza sotto le bombe israeliane.
Si tratta dei volontari dell'ISM (International Solidarity Movement), americani, australiani, spagnoli, italiani, ecc. da cui provengono le rare notizie sulla reale entità dell'aggressione israeliana a Gaza. Tra di essi, Vittorio Arrigoni, cooperatore e attivitsta dei diritti umani.
E' un vero e proprio incitamento all'assassinio supportato da foto segnaletiche. E' inconcepibile che esso sia ancora on-line. Il Governo italiano e il Ministero degli Affari Esteri si attivino subito per chiederne l' immediato oscuramento e chiusura e per assicurare i responsabili alla giustizia.
Gaza: Ewa e Vittorio, o morti o morti
di Miguel Martinez - http://kelebek.splinder.com/ - 12 Gennaio 2009
Ewa Jasiewicz, giovane volontaria polacca dell'International Solidarity Movement (ISM), che ha avuto il coraggio di restare a Gaza per aiutare i feriti.
Il sito sionista Stop the ISM - messo in piedi da un certo Lee Kaplan [1] - ne pubblica la foto con questa spiegazione:
"A picture of Ewa is below. If you know of her exact location, please email us at info@StoptheISM.com so we can target and take her out once and for all."
In alternativa, sempre se volete farla uccidere, potete telefonare direttamente all'esercito israeliano:
"ALERT THE IDF MILITARY TO TARGET ISM
Number to call if you can pinpoint the locations of Hamas with their ISM members with them. From the US call 011-972-2-5839749. From other countries drop the 011."
Il sito presenta anche la foto del cittadino italiano, Vittorio Arrigoni.
Con questa precisazione, sostanzialmente corretta:
"WE DOUBT THE ITALIAN GOVERNMENT WOULD BE OVERLY CONCERNED BY THIS RECIVIDVIST ANARCHIST FOR HAMAS AND THE ISM AND HOPE HE BECOMES A TARGET FOR PERMANENT REMOVAL."
Il sito di Stop the ISM, forse per rendere più chiaro il messaggio, sottolinea come un sostenitore dell'ISM - Riad Hamad, un palestinese residente negli Stati Uniti - che era in lite con David Horowitz di Front Page Magazine, fosse stato trovato morto con le mani legate dietro la schiena.
[1] Lee Kaplan scrive per Front Page Magazine di David Horowitz - molto apprezzato negli ambienti della néoconnarderie italica - e dirige l'ufficio di comunicazioni di qualcosa che si chiama The United America Committee.
Quelli che vogliono ammazzare i testimoni della strage
di Pino Cabras - Megachip - 13 Gennaio 2009
L’incitazione è esplicita: uccidere un gruppo di persone, con nome e cognome, abitudini e idee, appartenenze politiche e immagini facilmente identificabili. Chiedono la collaborazione di delatori per completare le liste con gli indirizzi. La schedatura è esplicitamente rivolta ai militari, quelli israeliani, se non ci pensano altri killer, per facilitarli nell’eliminazione fisica di “pericolosi” bersagli: i nemici da colpire sono gli attivisti occidentali – infermieri e altri volontari - che lavorano e sono testimoni di quanto succede nei Territori occupati.
Tutto questo lo potete leggere in un sito web, gestito da un gruppo di estremisti, una sorta di Ku Klux Klan ebraico americano: Stop the ISM. Può essere di interesse far notare che fra i bersagli c’è anche un cittadino italiano, Vittorio Arrigoni, di cui abbiamo letto i toccanti reportage da Gaza. Il tenutario del sito è Lee Kaplan. È uno dei tanti agitatori fascisteggianti della pancia reazionaria americana, un coagulo che ultimamente ha preso piede sia nell’ambito dei movimenti cristianisti, sia nelle frange del fondamentalismo ebraico, ora uniti in un inedito oltranzismo anti-islamico.
In USA la saldatura fra questi ambienti si è rafforzata, tanto che Kaplan talora ascende anche al salotto buono, si fa per dire, dei talk show con la bava alla bocca, su Fox News. Ma si rafforza soprattutto in Terrasanta. I fondamentalisti ebrei controllano gli insediamenti coloniali più estremisti dei territori (come già si leggeva in un libro di Israel Shahak e Norton Mezvinsky, Jewish fundamentalism in Israel, London, Pluto Press, 1999).
I fondamentalisti cristiani li appoggiano per accelerare l’avvento dell’Armageddon, la lotta finale fra il Bene e il Male, che proprio da quelle parti dovrà svolgersi. Forse per portarsi un po’ di lavoro avanti, il signor Kaplan lascia briglia sciolta al sito per sollecitare l’eliminazione di Arrigoni e altri. Non senza profetizzare che il governo italiano non si preoccuperà più di tanto se qualcuno provvederà all’auspicata «rimozione permanente» del nostro connazionale. Lo ripetiamo: questi auspici criminali non appaiono in un forum semiclandestino, ma in un sito accessibile gestito da un noto personaggio pubblico.
Ora, dal momento che anche le forze armate israeliane non vogliono testimoni nello scempio di Gaza, e il nostro mainstream si è subito docilmente accodato rispettando il divieto, siccome l’unica voce ci giunge da Arrigoni, in tal caso facciamo due più due e fiutiamo un grosso pericolo. Abbiamo visto che lì non si va per il sottile, se già vengono bombardati ospedali, ambulanze, scuole, e se si prende di mira qualunque soccorso.
Mentre la conta dei morti ammazzati a Gaza si avvicina a quota mille, accade una cosa singolare. Il cumulo di cadaveri non si può più nascondere sotto un editoriale di Bernard-Henry Lévy, l’uso di armi orrende – che un domani vedrete proibire - nemmeno. I giornali nostrani cominciano timidamente a parlarne. Ma non in prima pagina e in apertura, come abbiamo fatto già diversi giorni fa su questi schermi, ma a pagina dieci e in taglio basso. Nascondere non si può. Ma diluire, questo sì.
E questo i nostri grandi organi di informazione lo fanno benissimo. In attesa di chissà cosa, un successo politico militare, una chimera, la fine di Hamas. A che prezzo? È in atto la censura più sottile, ma questa sottigliezza non la salva dall’essere accostata alla censura più violenta e più minacciosa, quella che vuole colpire chi vuole salvare il popolo palestinese dalla sua distruzione.
Tanti intellettuali italiani indicano inorriditi il dito insanguinato del Movimento di Resistenza Islamico (Hamas), ma non vedono la luna desolata degli altri fondamentalismi che egemonizzano sempre di più la classe dirigente israeliana. L’idea che le forze armate israeliane difendano i Lumi contro la barbarie è un ideologismo foriero di tragedie, dal quale è bene liberarsi con un’operazione onesta di ricognizione storica e politica della memoria mediorientale. Il racconto di quel che accade ora è un passo fondamentale, con tutti i testimoni da rispettare.