Gelli deve esserne proprio fiero...
A futura memoria: lo stato "dell'opposizione"
di HS - http://www.comedonchisciotte.org/ - 24 Gennaio 2009
L’attenzione dei mezzi di informazione in quest’ultimo scorcio dell’anno si è giustamente concentrata sull’operazione militare israeliana di Gaza foriera di nuovi lutti e di accentuata inabilità in Medio Oriente.
Non essendo così ferrato sugli argomenti di politica estera rispetto alle tematiche inerenti il nostro Belpaese mi dedicherò alla conclusione della riflessione sul 2008 “italiano”.
Intento a ciò ho ascoltato attentamente il discorso di Fine Anno del Presidente Napolitano per cercare di ricavarne qualche spunto che fosse autenticamente costruttivo e di buon auspicio.
Come spesso è accaduto, in ispecie sotto la presidenza Ciampi, l’ascoltatore più accorto ed avveduto ha dovuto sorbirsi la consueta zuppa di banalità ed ovvietà, questa volta condite con un tormentone destinato a diventare il leit motiv di questo 2009 “Facciamo della crisi un’occasione per…”.
Pura e semplice retorica destinata , appunto , al grande pubblico che , nella maggior parte dei casi , vuole ascoltare quel che lo aggrada maggiormente.
Da qua il solito invito alla collaborazione, le riforme istituzionali e bla , bla , bla…
Il vizio o, se volete, la forza del discorso retorico risiede nel fatto che è assolutamente pleonastico e che si compiace di una ripetizione di concetti celanti un vuoto sostanziale, la sottrazione alla volontà di confrontarsi realmente con la realtà… Che di tempi di crisi oggi si tratta è un dato sotto gli occhi o, meglio, sotto i portafogli di tutti… Che sia necessario affrontare questa situazione è altrettanto evidente , ma occorre soppesare gli strumenti adatti al di fuori di qualsiasi unanimismo sospetto.
Il richiamo all’adozione di una nuova concezione morale della politica, se non si trattasse di un navigato uomo politico di più di ottant’anni , potrebbe far pensare ad una clamorosa ingenuità perché dovrebbe ormai essere chiaro che per cambiare il “costume”politico sarebbe necessario rimuovere in massa questi politici e questa politica e, in aggiunta, “cambiare la testa” degli italiani , processi che richiedono anni e ancora anni per maturare compiutamente.
Si può anche pensare che un evento traumatico come l’odierna crisi economica , concentrando con maggior forza lo sforzo per ristabilire o instaurare il benessere collettivo , possa contribuire ad un mutamento reale nella mentalità e nel costume politico degli italiani… Forse… Per quanto mi riguarda non ci farei molto affidamento…
Naturalmente non si poteva non scivolare nel grande tema della “riforma costituzionale” con l’implicito scopo di rendere l’Italia “più governabile” e che , ancora naturalmente , sottende il riferimento alla collaborazione delle forze politiche.
Premesso che le istituzioni non sono “scatole vuote” che possiamo piegare , accartocciare e ripiegare per creare “magie” in grado di cancellare con un soffio i molteplici problemi di questo paese e premesso che, anzi, rafforzare la posizione di un governo che non è in grado di amministrare per l’incapacità dei titolari non può costituire un gran contributo, dobbiamo prendere atto che già con l’abuso dell’istituto della fiducia e della decretazione legislativa l’assetto parlamentare ha subito svariati colpi in attesa di quello definitivo che, in questo caso, verrà sancito dalla riforma istituzionale.
Inoltre, rimpinguando il Parlamento di galoppini e portaborse assolutamente inadatti al ruolo , si è ulteriormente screditato tale organo costituzionale con il sicuro effetto di sbilanciare la maggioranza della pubblica opinione verso l’adozione di un “governo forte”.
Si ha un bel dire , poi , che i principi della Costituzione non saranno intaccati! Nei fatti, da anni si opera perché la “costituzione di fatto” diverga sempre più da quella formale , con l’effetto di rendere quest’ultima “obsoleta ed inservibile” agli occhi dei più e , indi , di procedere alla sua sostituzione.
In questo senso si ritorna all’arguta analisi di Travaglio sulla P2 e sul suo progetto di riforma istituzionale : l’impalcatura istituzionale è già sostanzialmente demolita.
Allora… allora il discorso di Fine Anno sarebbe stato molto più franco ed onesto e meno retorico se lo avesse pronunciato il Venerabile Licio Gelli piuttosto che Napolitano. Vi avremmo assaporato tutto quello spirito che il capo della P2 ha profuso nelle sue disturbanti apparizioni televisive…Si sarebbe esibito in sperticate lodi per il suo pupillo al governo; avrebbe ribadito che la via delle riforme istituzionali si presentava ormai tracciata ed irrevocabile con il concreto apporto della maggioranza delle opposizioni e che, in caso contrario, il suddetto pupillo avrebbe fatto bene a procedere senza l’accordo con le minoranze.
Certo non avrebbe dimenticato di affermare la necessità della moralizzazione della politica, ma accompagnando l’auspicio con la “giusta”menzione per una riforma della Giustizia che, sicuramente , avrebbe trovato il favore delle forze politiche tutte… D’altronde , in questo paese , la riforma della Giustizia viene agitata ogni qualvolta le maglie della legge , a torto o a ragione , si abbattono sui politici senza entrare realmente del merito di quelli che sono i concreti problemi del Terzo Potere dello Stato. Si sa , Gelli è un tipino concreto…
La Crisi sarebbe stata messa sullo sfondo in un ipotetico discorso gelliano ed infatti l’Agenda politica del governo Berlusconi neanche la contempla…
Questa è se (non) vi pare la situazione italiana se la si vuole guardare con la maggiore obiettività possibile o, almeno, mettendo da parte la rituale e vetusta retorica politica a cui si fa sempre ricorso in questo paese per celare quello che le parole non dicono…
L’unico progetto politico organico di riforma costituzionale ed istituzionale che questo paese ha prodotto in questi ultimi trent’anni, trascurando tutte le vuote dichiarazioni di intenti che in tanti decenni non si contano, è indubitabilmente il Piano di Rinascita Democratica ideato negli ambienti piduisti di cui Gelli si è fatto portavoce.
Lo si voglia o no… Certo , poi occorrerebbero tutti gli adattamenti e gli aggiornamenti del caso ma come “piano di demolizione parlamentare” ha tutti i crismi dell’efficienza… E’ chiaro , limpido , lineare… Non dovrebbe quindi stupire se numerosi politici abbiano cercato di farsi ricevere dal Venerabile, negli anni della P2 e ancora dopo… Una consulenza assolutamente preziosa !
Tuttavia è necessario aggiungere che l’elemento più inquietante dell’intera faccenda non è il “presidenzialismo” gelliano che, peraltro, è implicito al Piano. “Presidenzialismo” o “premierato” che a dir si voglia , l’intento è innanzitutto quello di squalificare il Parlamento, come innanzi si è scritto.
Per misurare la reale portata del piduismo con tutto quello che dietro si porta si dovrebbe dare una scorsa al “programmino” elaborato dalla P2 per la riforma del sistema dei partiti. Ciò chiama in causa il ruolo dell’”opposizione”…
Vale la pena spendere un poco di tempo per leggere le righe seguenti tratte appunto dal Piano di Rinascita avvertendo il lettore che sono state redatte all’incirca a metà degli anni Settanta…
Il corsivo è d’obbligo…
Nei confronti del mondo politico occorre:
a) selezionare gli uomini – anzitutto – ai quali può essere affidato il compito di promuovere la rivitalizzazione di ciascuna rispettiva parte politica (per il PSI , per esempio , Mancini , Mariani , Craxi ; per il PRI : Visentini e Bandiera ; per il PSDI : Orlandi e Amadei ; per la DC : Andreotti , Piccoli , Forlani , Gullotti e Bisaglia ; per il PLI : Cottone e Quilleri ; per la Democrazia Nazionale , eventualmente : Covelli);
b) in secondo luogo valutare se le attuali formazioni politiche sono in grado di avere ancora credibilità esterna per ridiventare validi strumenti di azione politica;
c) in caso di risposta affermativa , affidare ai prescelti gli strumenti finanziari sufficienti – con i dovuti controlli – a permettere loro di acquisire il predominio dei rispettivi partiti;
d) in caso di risposta negativa , usare gli strumenti finanziari stessi per l’immediata nascita di due movimenti : l’uno , sulla sinistra (a cavallo fra PSI , PSDI , PRI , Liberali di sinistra e DC di sinistra) , e l’altro sulla destra (a cavallo fra DC conservatori , liberali e democratici della destra nazionale). Tali movimenti dovrebbero essere fondati da altrettanti clubs promotori composti da uomini politici ed esponenti della società civile in proporzione reciproca da 1 a 3 ove i primi rappresentino gli anelli di congiunzione con le attuali parti ed i secondi quello di collegamento con il mondo reale (sic !).
e) Tutti i promotori debbono essere inattaccabili per rigore morale capacità , onestà e tendenzialmente disponibili per un’azione politica pragmatistica , con rinuncia alle consuete e fruste chiavi ideologiche. Altrimenti il rigetto dell’opinione pubblica è da ritenere inevitabile.
Questo progettino di “rinnovamento della politica” si inserì e , diremmo , si inserisce nel piano più generale di riforma delle istituzioni e della società. Gelli & C. si prefiggono di “sollecitare” il mondo politico tramite la formazione di “clubs di natura rotariana” con esponenti naturalmente provenienti dai ceti abbienti e collocati sui gradini più alti della scala sociale , anche se tali membri sono altrettanto naturalmente, qualificati come le personalità più oneste e capaci della Nazione.
Come è più volte stato osservato, l’insieme inquieta assai e queste parole vergate nere su bianco dovrebbero quantomeno far rettificare quei giudizi sommari e superficiali sulla P2 , se non volutamente riduttivi, in base ai quali si sarebbe trattato unicamente di una comune banda di malfattori e corrotti o corruttori.
Invece, si diceva, guardato da un certo punto di vista, il Piano è ambizioso, ottimamente redatto e da far invidia al programma di qualunque partito politico.
Inutile ricordare che l’apporto al Piano di Rinascita Democratica và, con ogni probabilità, oltre la P2 ed il piduismo che si sono giovati di ben altri appoggi.
L’atteggiamento nei confronti della politica e dei politici è evidentemente e dichiaratamente strumentale – partiti e uomini politici devono essere funzionali alla realizzazione del Piano – così come è strumentale l’atteggiamento nei confronti della pubblica opinione che, non dimentichiamolo , secondo i redattori del Piano di Rinascita Democratica, deve essere condizionata e plasmata dai mass media dei quali è quindi essenziale il controllo.
Al di là della “selezione” degli uomini politici fra i più “onesti” e “capaci” , si prevede , al contrario , la corruzione e il plagio di costoro disponendo di risorse finanziarie che , considerati i toni generali del documento , devono essere state (o sono ?) di quantità più che ingente.
Non quindi una politica che risponde alla cittadinanza , ma , piuttosto , ad un’aggregazione di oscuri interessi e , d’altronde , la stessa cittadinanza rappresenta la “vile massa” da condizionare e manipolare.
Il richiamo ad una concezione “pragmatistica” di una politica al di fuori di qualunque sistema ideologico potrebbe essere la chiave fondamentale per penetrare nel progetto piduista.
Anche se è comune convinzione che questo documento sia stato approntato a metà degli anni Settanta , in un periodo in cui , in Italia forse più che altrove , dominavano linguaggi politici apparentemente molto “ideologizzati”, l’impronta pragmatica pare essere molto debitrice di una visione di stampo anglosassone con velate impronte neoliberiste e questo, appunto, in un periodo storico in cui se il neoliberismo cominciava a radicarsi profondamente nelle elites mentre lo era molto meno nella pubblica opinione.
A mio avviso non è infondato ritenere che Gelli sia stato - e lo sia tuttora – un “fascista pragmatico” o un “nuovo fascista” per dirla in termini pasoliniani.
Non è un caso che la “rivitalizzazione politica” piduista prevedesse l’esclusione del PCI , ma anche dell’MSI. Nel primo caso giocava la chiara e decisa scelta di campo nella “Guerra Fredda” nello schieramento atlantico aderendo ad un deciso anticomunismo anche se non è da escludere che nell’ultimo scorcio della cosiddetta Prima Repubblica non mancassero approcci nei confronti della corrente migliorista del PCI, la corrente a cui apparteneva l’attuale Presidente della Repubblica.
Nel secondo caso si trattava della semplice presa d’atto che il “vecchio fascismo” fatto di gagliardetti, cori e divise era stato ormai messo nella soffitta della storia e che , quindi , si dovesse pragmatisticamente accantonare.
Ciò non significa invece necessariamente , come già illustrato nella prima parte della riflessione sullo stato della politica italiana , che , nella loro essenza , la protervia e la violenza proprie del fascismo italico fossero state deposte , anzi…
L’iniziale diffidenza nei confronti dell’MSI , il partito erede del fascismo storico , era fondamentalmente dovuta a questo attaccamento nei confronti di riti e rituali appartenenti al passato da parte dei neofascisti e , di conseguenza , sterili nella produzione di nuovo consenso.
La breve avventura di Democrazia Nazionale , nata da una scissione dell’MSI , è stata incoraggiata dalla P2 e finanziata – pare – con il concorso dello stesso Berlusconi , allora giovane imprenditore edile.
Più generalmente promuovere l’azione politica pragmatistica significa necessariamente mettere da parte le ideologie , anzi , significa proprio anelare la”fine delle ideologie” , ma tale anelito , con tutta la sua carica di avversione alla sinistra reale e di anticomunismo non rappresenta forse una nuova ideologia?
Essendo l’Italia soprattutto il paese dei “postfascisti” come l’attuale Presidente della Camera Gianfranco Fini e dei “postcomunisti” come l’altezzoso Massimo D’Alema possiamo tranquillamente prendere atto dell’avvenuta “deideologizzazione” del quadro politico italiano perseguita da Gelli & C.
Ma è l’intera evoluzione della storia della politica e dei partiti italiani che ci induce a leggere e interpretare l’ascesa del piduismo e successivamente del berlusconismo quasi come ad un naturale e voluto approdo…
Come è noto, Gelli contribuì a spezzare quel bipartitismo imperfetto promosso dal Compromesso Storico fra DC e l’odiato PCI a favore del “policentrismo” insito nella formula del pentapartito (DC , PSI , PRI , PLI , PSDI) che, non a caso, escludeva la compagine comunista. Parallelamente i partiti perdevano i loro connotati di massa per assumere sempre più le caratteristiche di “partiti pigliatutto” ossia organizzazioni quasi essenzialmente elettorali che si prefiggono di costruire un consenso trasversale all’opinione pubblica.
Da qui al cosiddetto CAF il passo era breve, anzi brevissimo. Come rivelò nella sua celebre intervista al Corriere, Gelli mirava a conciliare il socialista Craxi ed il democristiano Andreotti, i due “eterni” rivali della politica degli anni Settanta ed Ottanta.
Decisionista ed autoritario il primo, cinico e calcolatore il secondo, i due erano comunque accomunati proprio dal fatto di sottrarsi alla classificazione dettata dalle consuete categorie della politica.
Craxi fu tra i primi a contribuire a “sdoganare” gli eredi del fascismo da un lato mentre dall’altro, nonostante picchi di acceso anticomunismo, coltivò rapporti politici con alti esponenti del PCI allo scopo di costruire una vasta aggregazione di centrosinistra della quale, sicuramente, sperava di ottenere la leadership, mentre Andreotti fu un vero maestro della gestione e della conservazione del potere stringendo le alleanze più disparate ed apparentemente inverosimili.
Il CAF (l’asse Craxi – Andreotti – Forlani , allora leader della corrente democristiana dei dorotei), quindi, non rappresento' nient’altro che la raggiunta “pacificazione” fra i due leader ed è estremamente significativo che proprio grazie a questo governo fondato sull’intesa innanzitutto con il PSI craxiano e la DC più “pragmatista” e collocata a destra venne sancito definitivamente il monopolio berlusconiano dell’emittenza privata.
Quando scoppiò il fenomeno della cosiddetta “rivoluzione giudiziaria” di Mani Pulite , che parve a tutti un inarrestabile fiume in piena destinato a rompere gi argini della politica , Gelli & C. non erano stati colti impreparati.
Già da qualche anno era nell’aria il sentore della crisi con il discredito dei partiti della Prima Repubblica per la corruzione ormai dilagante e la prima opzione del Piano gelliano o piduista non era più praticabile…
Si passò alla seconda fase…
Inizialmente, con il concorso di esponenti della mafia, della cosiddetta “massoneria deviata” e del vecchio neofascismo, vennero create a gò gò leghe e movimenti, alcuni dei quali con un’apparente connotazione secessionista sul modello della Lega bossiana che stava riscuotendo un grande successo in Lombardia e in Veneto canalizzando i voti socialisti e democristiani che andavano disperdendosi.
Se non si poteva fermare la crisi perché non approfittarne?
Non è illogico pensare che , alla luce del dettato piduista , sia maturata l’esigenza di costruire i due “movimenti” con un maggior coinvolgimento della “società civile”. Con il declino dei Craxi e degli Andreotti e con le loro vicissitudini giudiziarie, occorreva riempire il vuoto che si presentava al “centro” del sistema politico e partitico e , al contempo , sdoganare una destra finalmente ripulita dai cascami più veterofascisti.
La questione era tanto più urgente agli occhi di Gelli ed adepti per evitare la vittoria dei postcomunisti del PDS considerati ancora un pericolo probabilmente perché , in quel frangente , non potevano essere ancora controllati a dovere.
Se Berlusconi decise la sua scesa in campo politica sull’onda di una tempesta giudiziaria che si stava abbattendo su di lui e su Craxi suo personale amico e protettore politico , non si può certo escludere che i “fratelli” lo consigliarono in tal senso , appoggiando l’edificazione di un movimento che rispondeva chiaramente ai loro interessi.
Pare che quella di Forza Italia , “partito azienda” e “partito spettacolo”, fosse la vecchia idea di Craxi di un partito di tipo nuovo con il coinvolgimento di figure prese in prestito dall’imprenditoria, dallo spettacolo , ecc…
Insomma , un tempo si sarebbe detto, il partito dei nani e delle ballerine…
Difficile credere all’assenza della manina di Gelli che, da alcuni indizi documentali, ebbe un certo ruolo nel promuovere la scalata di Craxi al potere.
Quest’ultimo , d’altronde , agli albori della sua avventura nelle stanze segrete , ma non troppo , del potere, si adoperava cercare intese con gli ambienti piduisti , anche perché , in base alla testimonianza rilasciata davanti alla Commissione Parlamentare, costoro erano ben ammanicati con importanti personaggi americani.
In conclusione Berlusconi è riuscito a realizzare quel che Craxi non poteva perché ancora troppo debole. La sua vicenda e la parabola che hanno messo fine alle sue ambizioni non devono far dimenticare che il Cavaliere si servì della sua consulenza nella fase di gestazione del progetto forzista.
Nacque così quel partito o movimento a dir si voglia , con un notevole investimento spettacolare e mediatico all”americana” e con una certa dose di pragmatismo.
Contemporaneamente si dà il là all’ingresso in politica di esponenti della “società civile” , nella sostanza i dipendenti di Berlusconi , segnando il passaggio dalla fase della “politica di professione” a quella del dilettantismo politico che non ha certo prodotto grandi risultati…
Il piduismo si evolve e il Piano di Rinascita mostra una grande capacità di adattamento ai tempi…
Dal cosiddetto bipartitismo imperfetto verso il “bipolarismo” passando per il policentrismo del pentapartito… Dal partito di massa più radicato nella popolazione al “movimento” elettorale onnivoro e trasversale passando attraverso la trasformazione dei “partiti pigliatutto”…
Parallelamente cambia anche il cavallo politico su cui puntare : Andreotti negli anni Settanta poi il rampante Craxi negli anni Ottanta fino al prototipo del “selfmade man” all’italiana , Berlusconi , negli anni successivi… Nel contesto generale non abbiamo dimenticato il centrosinistra o la sinistra o le sinistre che a dir si voglia , ma dovevamo quantomeno ricostruire questo percorso storico per porci la seguente domanda : in quale posto collocare l’attuale centrosinistra e , quindi , il PD nell’”edificio” progettato da Gelli & C. ?
Oppure : stiamo veramente assistendo ad una metamorfosi (kafkiana ?) della “sinistra”?
Anche in questo caso penso si debba fare fede a quanto dichiarato dal Venerabile nelle sue apparizioni televisive e nelle sue interviste più recenti contenenti messaggi inviati certo non casualmente.
La preferenza per il centrodestra e l’elogio per Berlusconi ritenuto “l’unico in grado di attuare il Piano di Rinascita” sono stati a più riprese ribaditi, tuttavia, ad una visione più allargata e non superficiale dei fatti , è altrettanto chiaro che l’ambizioso progetto dai contorni “presidenziali” abbisogna di una più vasta aggregazione politica e consenso fra le forze in campo.
Lo stesso Gelli ha ammesso che la riforma “istituzionale” di marca piduista incontra il favore di una buona parte degli esponenti di centrosinistra.
Da buon “fascista pragmatico” non ha neanche in passato trascurato di accattivarsi Craxi ed altre personalità del defunto PSI, tradizionalmente di sinistra. Il formale presidenzialismo e sostanziale autoritarismo con un Parlamento supino nei confronti dell’Esecutivo , come , del resto la Magistratura devono essere accompagnati da un “bipartitismo” che vede contrapporsi forze sostanzialmente sovrapponibili.
La suddetta metamorfosi è necessaria ed urgente in una tale prospettiva e , di più , è nei fatti , almeno per ciò che riguarda l’evoluzione verso la costituzione del partito unico di centrosinistra.
Se il PD nella sua formazione ha mostrato un’evoluzione differente dal partito azienda berlusconiano , è pur vero che , per altri aspetti , presenta delle similitudini , anzitutto nella tendenza alla conformazione di “partito leggero” , con poche mediazioni da parte di organismi interni e , di conseguenza , una concentrazione del potere nelle mani dei leaders.
Gelli lo sa , il completamento di quel “bipolarismo perfetto” è ancora lungi dall’essere realizzato e, tuttavia, siamo ben lontani dai tempi di Berlinguer!
Veltroni, D’Alema e gli altri postcomunisti non costituiscono più l’odiato “pericolo rosso” e possono tornare utili…
Insomma tutto questo periodo, non certo breve, che abbraccia quasi l’arco di un ventennio è stato, fra le altre cose, caratterizzato da una lunga transizione che non si può ritenere ancora completa.
Se da un lato il berlusconismo e la sua egemonia si sono affermate con rapidità , dall’altro la caduta dell’impero sovietico ed il fallimento del comunismo hanno lasciato il vuoto da riempire…
Molto spesso il centrosinistra ha oscillato fra un antiberlusconismo indefinito e dalle venature legalitarie e la tendenza al “compromesso” come una sorta di parodia del più celebre tentativo di dialogo fra Moro e Berlinguer.
Cosi non può che essere consequenziale il fatto che la recente storia della transizione del centrosinistra , tra PDS e PD , tra Ulivo e Margherita fino al PD sia costellata da una catena di fallimenti e di insuccessi raccolti non solo nelle legislature trascorse al governo, ma anche all’opposizione, ruolo in cui si è palesata tutta l’inadeguatezza come ha dimostrato l’espediente del “governo ombra” che non ha fatto altro che lasciare l’impressione di una collaborazione di fatto con un governo , quello di Berlusconi , che non si sta dimostrando all’altezza della situazione. Giocano , inoltre , i numerosi conflitti intestini che anche la costituzione del “partito unico” di centrosinistra non riesce ad contenere.
Troppe sono state e sono le divisioni e la frammentazione determinate , più che dalla presenza di diverse anime politiche , dalla convivenza di una miriade di capi e capetti…
L’etichetta “antiberlusconiana” fa sì poi che essa possa essere appiccicata a qualunque formazione o corrente conti sulla distanza dal personaggio Berlusconi.
Possiamo anche aggiungere che la sinistra e il centrosinistra sono quasi endemicamente affette da masochismo e “tafazzismo” – dal nome di quel divertentissimo personaggio in calzamaglia che si prende le palle a bottigliate inventato dal trio Aldo , Giovanni e Giacomo – e di ricercare a tutti i costi la sconfitta…
In questo si celano ragioni profonde che, a mio avviso, spiegano la recente evoluzione del centrosinistra , le sue sconfitte e l’avvicinamento di molti suoi esponenti alle concezioni politiche ed istituzionali della parte avversa.
Innanzitutto lo zoccolo duro del centrosinistra rimane per molti versi composto dall’ultima generazione di comunisti italiani e, quindi, postcomunisti , già giovani berlingueriani. Non vorrei ricorrere a valutazioni di carattere psicologico , ma i sintomi di solidi complessi di inferiorità dovuti alla storica sconfitta del comunismo (e del socialismo) in seguito al crollo sovietico sono ben presenti…
Quando l’attuale leader del PD ha dichiarato di non essere mai stato comunista dimenticando di essere stato giovane membro del PCI ed anche di aver parlato e fatto discorsi adoperando i concetti propri del comunismo e del socialismo, possiamo parlare di una negazione furbesca dettata da tattica politica cogente o, piuttosto, non si tratta di una rimozione freudiana ?
Più probabilmente le due ipotesi non si escludono a vicenda…
Lo smarrimento dell’identità e l’elaborazione non del tutto risolta della sconfitta hanno , comunque , certamente portato gli attuali esponenti postcomunisti a dare una valutazione a grandi linee corretta sulla nuova situazione politica italiana…
Tra le righe , magari a margine di qualche intervista , i vari Veltroni , D’Alema , ecc… hanno ammesso la forza e l’egemonia berlusconiana ed hanno riconosciuto che , nella sua maggioranza , l’Italia rimane un paese di destra.
Questa valutazione non è certo infondata , dato che anche in passato la destra o le destre sono state molto più forti di quanto non si è stati disposti ad ammettere , anche nelle sue manifestazioni meno evidenti come la Maggioranza Silenziosa o sotterranee.
Ad ogni buon conto com’è possibile per un’aggregazione di centrosinistra riuscire a governare un paese a maggioranza di destra e berlusconiana?
Sotto, sotto, si è rimuginato, l’unica opzione praticabile è quella di cambiare pelle, liberarsi dei residui di socialismo e di marxismo se non addirittura di riformismo socialdemocratico e concorrere sullo stesso piano degli avversari politici.
Per cambiare pelle e cucirsi addosso un nuovo vestito, però, occorre tempo…
Sotto , sotto i postcomunisti e i loto più stretti alleati non vogliono governare lasciando quest’incombenza a Berlusconi che rispecchierebbe la convinzione politica della maggioranza del paese.
Se l’essere di destra in questo paese assume le forma di una patologia per l’assetto costituzionale del paese , possiamo tranquillamente affermare che , essendo una malattia inevitabile per l’Italia agli occhi degli esponenti del centrosinistra , ne consegue che l’unica strategia possibile può essere la “riduzione del danno” come se ci si trovasse di fronte ad un tossicodipendente.
Non costruzione , quindi , di un’alternativa democratica capace di mobilitare uomini e coscienze , ma una politica di pura reazione alle scelte politiche dell’Agenda berlusconiana.
Le critiche rivolte al Cavaliere non investono quasi mai le questioni di carattere basilare per l’assetto politico ed istituzionale dl paese , ma ci si limita a controbattere con l’argomento che “Berlusconi non è capace di governare” che , tradotto , significa che quelle cose che il Cavaliere intende realizzare , si possono attuare con maggiore competenza.
Questione di semplice amministrazione, insomma!
Si dimentica che , se la cittadinanza di un paese si riconosce in quel che fa e dice la destra, allora si dovrebbero concentrare le forze per convincerla del contrario , ma questi “complessati” possiedono realmente quella convinzione che dovrebbero instillare?
Pare proprio che si debba rispondere negativamente. E’ proprio vero il contrario perché molte delle priorità politiche che si sono assunte in questi anni hanno finito per essere desunte dalla parte avversa e ad avvicinarsi allo spirito insito nel Piano di Rinascita Democratica.
“Premierato forte”, ridimensionamento del potere giudiziario, le tematiche riconducibili alla politica d’ordine e di “tolleranza zero” , ecc…
Anche in tempi di governo di centrosinistra si è insistito per un’intesa nella messa a punto della riforma costituzionale – ma sembra che ora Berlusconi non ne abbia bisogno -.
La cosiddetta svolta “riformista” approdata al PD non ha potuto che portare ad un accostamento alla linea berlusconiana e ad aprire le porte alla contaminazione “piduistica” , se mi si passa la cattiva espressione.
Ciliegina sulla torta : qualche tempo fa il berlusconismo era in profonda crisi per i guai causati dal suo malgoverno e il centrosinistra poteva, se ne avesse avuto il coraggio, infliggere la spallata definitiva e, al contempo, avviare una profonda e meditata riforma interna.
Dopo le elezioni regionali del 2005, con la sconfitta clamorosa della compagine di Berlusconi, si sarebbe dovuta levare una voce unica che premesse sul Capo dello Stato per le elezioni anticipate.
Qualche tempo dopo è esattamente accaduto il contrario, dato che il leit motiv della legislatura successiva è stata la richiesta di dimissioni di Prodi che, con la sua maggioranza risicata e poco compatta, aveva ben poche speranze di portare a termine la legislatura…
Ironia delle ironie : se il centrosinistra ha lasciato a Berlusconi tutto il tempo per superare la crisi della sua maggioranza, in larga parte ha poi contribuito ad affossare il proprio leader. Ma questo può accadere quando si è nelle mani di una congrega di complessati!
Si decideranno a governare solo quando quella pelle sarà cambiata del tutto… Quando quel passato tanto gravoso sulle spalle sarà finalmente passato… Quando quella pelle sarà indistinguibile da quella berlusconiana…
Fino ad allora, anche se non detto espressamente, Berlusconi è il più adatto a governare il paese e non perché è più capace, ma perché ne rappresenta l’anima ! Ed è soprattutto per tale motivo che Prodi è stato “defenestrato” due volte.
Il professore bolognese ha sempre mantenuto la seria intenzione di governare a differenza di colleghi ed alleati , mentre la sua presenza era innanzitutto funzionale a coagulare le varie fazioni del centrosinistra. Una sorta di leader di transizione verso la costituzione definitiva del “partito unico” di “centrosinistra”...
In aggiunta Prodi pretendeva di realizzare il progetto dell’Ulivo con la fattiva collaborazione di Rifondazione e delle sinistre.
Poco importa se nella alleanza in questione il ruolo delle sinistre fosse subordinato e di secondo piano, ciò infastidiva i reali leaders del centrosinistra.
La (doppia) fine è nota, da me sintetizzata più volte, ma che, per vezzo di “prodiano controvoglia” vorrei ricordare : la prima volta, ormai dieci anni fa, la coalizione prodiana cadde per le manovre di Massimo D’Alema, più accomodante con Berlusconi e promotore della famosa Bicamerale che bloccò qualsiasi possibilità di presentare la legge sul conflitto di interessi, il quale Massimo varò un nuovo governo con la partecipazione di un partitino fondato dal “gladiatore” Cossiga e da Mastella.
Per ironia alla manovra contribuirono non poco Rifondazione Comunista e il suo segretario Bertinotti che si sentiva più a suo agio all’opposizione.
La seconda volta è andata addirittura peggio : con una maggioranza risicata e al centro di una serie di manovre e di attacchi anche alla sua persona, Prodi ha dovuto anche affrontare la progressiva perdita di legittimazione da parte proprio di coloro che solo qualche mese prima lo avevano acclamato come leader e capo indiscusso del centrosinistra e del governo.
In genere, da questa parte , si accampa la seguente giustificazione : Prodi , per la debolezza della sua maggioranza , non poteva essere in grado di governare per cui occorreva accelerare i tempi per la costituzione del Partito Democratico in vista delle elezioni ormai prossimo.
A dire il vero le cose non stanno proprio così…
Certamente la fragilità della compagine governativa prodiana ha inciso sulla tempistica del processo , tuttavia l’Ulivo , con il coinvolgimento di Rifondazione e delle sinistre in responsabilità di governo era quanto di più lontano nelle reali intenzioni dei Veltroni , dei D’Alema e , perché no?, dei Rutelli.
In poche parole Romano Prodi , ex democristiano dell’area “demitiana” , per niente affetto da “inferiority complex” politici , antiberlusconiano certo più degli altri capetti del centrosinistra , intendeva governare seriamente e intendeva farlo con partiti che si richiamavano alle ideologie di sinistra , a differenza dei postcomunisti i quali , invece , volevano rimuovere totalmente il fardello del loro passato e , di conseguenza , non ritenevano fosse veramente giunto il momento per governare , concentrandosi sulla edificazione del “partito unico” di “centrosinistra”.
E’ a questo contesto che dobbiamo guardare per comprendere il fenomeno del PD.
Nato innanzitutto per volontà di postcomunisti e democristiani ancora convinti , il PD ricerca prima di tutto l’appoggio e l’assenso dei poteri forti e , quindi , in primis di Confindustria e del Vaticano.
A questo punto l’intento di escludere Rifondazione e , comunque , le sinistre protomarxiste , è lampante e dichiarato.
L’allergia verso qualunque posizione che odori di comunismo o socialismo non è più celata , optando apparentemente per la formazione di una nuova “sinistra postmoderna”.
Naturalmente questa posizione và incontro proprio agli auspici dei suddetti poteri forti…
Dall’altro lato , se il PD ha inizialmente sancito un patto elettorale con Di Pietro , è altrettanto chiaro che , alla luce dell’intenzione di mantenere in apparenza un “galateo istituzionale” che non infastidisse troppo Berlusconi sia in caso di vittoria che di sconfitta alle elezioni , non poteva conferire a questa alleanza un carattere durevole , anzi…
Il “legalitarismo” dipietrista , al di là della sua sincerità , è mal sopportato dai “democratici” che non perdono l’occasione di mostrare disponibilità per una collaborazione alla riforma della Giustizia con l’attuale governo.
L’avversione di Di Pietro per Berlusconi , poi , è viscerale e le sue motivazioni sono piuttosto antiche…
Come si può agevolmente vedere ci troviamo di fronte ad una serie di elementi che avvicinano l’attuale PD alle posizioni e ai propositi piduisti : l’allergia per le sinistre , la nozione del “premierato forte” , l’avversione al “legalitarismo” per tacere infine della volontà di ridimensionamento del potere giudiziario.
Certo è tutto ancora molto più soft rispetto alla versione hard , quella piduista doc , quella berlusconiana…
Se nella sua fase costitutiva il PD si offre al pubblico come una scatola vuota, il compito di riempirla spetta a Veltroni, il prototipo esemplare del postcomunista.
La sua investitura , fintamente democratica , viene , in realtà “dall’alto”…
In un’era postmoderna contrassegnata da una concezione della “politica” spettacolare e virtuale , dominata dalla pubblicità , dall’immagine e dai mass media , in effetti la scelta non poteva essere differente…
Un’altra peculiarità che non ha giovato a Prodi è sicuramente la sua scarsa spendibilità mediatica. Grande appassionato di cinema, Veltroni ha invece dato un’impronta hollywoodiana al partito , verniciando il vuoto di sfavillanti colori.
Anche questa matrice di “spettacolarizzazione” accosta il PD veltroniano ed hollywoodiano al “partito spettacolo” berlusconiano con la partecipazione di presentatori televisivi , attori , attrici , attricette , vallette , ecc… , già nato sull’onda dei famosi “nani e ballerine” di craxiana memoria.
A parte questo contributo il nostro non ha combinato granchè…
Se verrà ricordato negli annali , il 2008 , oltre ad essere l’anno della Crisi , è stato anche connotato da quello che ha tutta l’apparenza di un colpo di grazia per la sinistra , almeno dal punto di vista “istituzionale”…
La strategia veltroniana ha “capitalizzato” voti , ma neanche troppi , provenienti in primis da Rifondazione , senza ricavarne molti benefici.
Il risultato è stato quello di relegare le sinistre in ambito extraparlamentare che , peraltro , è forse a loro più congeniale.
L’alleanza con l’Italia dei Valori di Di Pietro non è mai stata veramente tale e tra i due partiti c’è sempre stata una forte competizione…
In questo modo il PD si è precluso la possibilità di stringere alleanze durevoli , essendo Rifondazione fuori dal “grande gioco politico” e l’Italia dei Valori fuori dalla stessa prospettiva “democratica”.
Non rimane che tentare approcci con i democristiani dell’UDC e mantenere un’”opposizione” di basso profilo nei confronti di Berlusconi. Si tratta di opzioni non incoraggianti agli occhi di chi ancora crede nel ruolo dell’opposizione…
In generale si ha l’impressione che Veltroni non sia in grado di sostenere il ruolo di leader.
E’ troppo ondivago , troppo oscillante , quasi combattuto e scisso fra il tono sostanzialmente conciliante e politically correct e l’esigenza di superare la sua consueta immagine “buonista”.
Come la quasi totalità degli esponenti maggiori del PD e della vecchia coalizione di centrosinistra non prende l’iniziativa , ma , semplicemente , “reagisce”…
Nel momento di maggiore crisi del governo di Berlusconi , con l’opposizione di piazza dell’Onda alla riforma Gelmini , non è stato capace di approfittare concretamente della situazione , ma semplicemente ha allestito una manifestazione puramente istituzionale per misurare il consenso del suo partito , poi nulla più !
E’ l’intrusione nel contingente però senza disturbarlo…
Alla fine è proprio il PD che rischia di pagare un prezzo salato con l’attuale tangentopolina che sta mettendo in seria difficoltà le amministrazioni locali di centrosinistra.
Insomma se per la sinistra – sinistra il 2008 è stato un anno da dimenticare , per il PD non è stato granchè migliore…
Altra stagione , altri fallimenti…
La leadership veltroniana rischia di arenarsi già ai nastri di partenza mostrando tutta la sua inadeguatezza…
Il nostro è ancora troppo “bamboccione”, poco pragmatico e con l’apparenza di essere con la testa nelle nuvole…
Personalmente lo vedo più adatto al ruolo di opinionista e di “tuttologo” , senza peraltro essere eccelso , di critico e commentatore di spettacoli televisivi , di concerti di musica pop e leggera , di pellicole cinematografiche e di partite di calcio.
In queste vesti si troverebbe certo molto più a suo agio e si divertirebbe molto di più. Con la traballante leadership di Veltroni , il PD sembra già entrato in una crisi irreversibile…
L’Italia sarà condannata ad un perpetuo governo della PDL di Berlusconi , con un’”opposizione” perennemente relegata ai margini ?
E ciò avverrà , a differenza del cinquantennio democristiano , nel contesto della “democrazia autoritaria” e , di conseguenza , nel lontano ricordo dell’”opposizione” forte del PCI ?
Stanno veramente così le cose ?
A mio avviso anche la fase dell’attuale PD costituisce una tappa… Se Veltroni ha impresso quella impronta di “spettacolarizzazione” e “mediatizzazione” al PD necessaria ma non sufficiente a farne il partito unico leggero del “centrosinistra” tanto agognato , spetterà quasi certamente ad altri completare l’opera.
Nel caso la situazione ben si attaglia ad una personalità tutta intrisa , almeno apparentemente , di pragmatismo e concretezza.
Non può che balenare quindi alla mente il nome di Massimo D’Alema , già reale dominus , dietro le quinte , del partito in quanto già alla testa di un “partito nel partito” , fatto di suoi personali collaboratori…
E D’Alema , “uomo del fare” , non ha mai seriamente nascosto la sua idiosincrasia per Veltroni , “uomo del dire”.
Troppo ondivago il nostro Walter… Pensiamoci bene…
Oggi , come ieri , D’Alema rappresenta nel centrosinistra e nel PD quanto di più vicino agli auspici piduisti e dei poteri forti.
Già principale regista dell’affossamento del primo governo Prodi , il nostro Massimo è sì stato un giovane e convinto berlingueriano , in procinto , già in tenera età di diventare il segretario del PCI , tuttavia è anche stato fra i primi a “smontare” la figura dello storico leader comunista per rivalutare , invece , Craxi ; “patrimonio della sinistra”.
Sicuramente D’Alema ammirava nel defunto dominus del vecchio PSI quel decisionismo pragmatico di cui intende appropriarsi per realizzare le proprie ambizioni.
Insomma , D’Alema si propone o pensa di proporsi come nuovo Craxi… Molte , poi , sono le caratteristiche del nostro Massimo che sono gradite al piduismo.
Da buon post ed ex comunista si comporta da fiero e costante oppositore di un’ideologia che la quasi totalità dei “post” vorrebbe rimuovere…
La sua non è un’avversione diretta , ma estrinsecata con il suo piglio “pragmatico” e un pochino “tecnocratico”.
In qualche modo è stato il fautore di una linea politica che allontanasse il DS/PDS/PCI dal consueto legalitarismo , accantonando la “questione morale” della politica italiana così come era stata avanzata a suo tempo da Berlinguer.
Rifugge dal populismo , anzi ha più volte manifestato un sottile disprezzo per la politica delle piazze – vizio che sembra appartenere a questa parte politica quando non sono loro a riempirle , le piazze – , ma non è privo di un certo piglio autoritario.
Non ha mai seriamente contrastato Berlusconi , anzi , in un certo qual modo gli ha dato modo di riprendere respiro nei momenti di maggior crisi come ai tempi della Bicamerale o quando , qualche tempo fa , è stata tentata la scalata alla RCS/Corriere della Sera in modo da modificare gli equilibri tutti interni al capitalismo italiano rafforzando la posizione del Cavaliere e ciò in contemporanea all’assalto della diessina Unipol al Monte dei Paschi di Siena.
Il sospetto di una cordata concepita da Berlusconi e D’Alema per obiettivi diversi ma convergenti è veramente troppo forte…
Si potrebbe poi tacere il fatto che D’Alema sia stato un abituale autore della berlusconiana Mondadori , quando non avrebbe certo difficoltà a scrivere libri per case editrici collocate a “sinistra”.
Il nostro Walter , invece , è troppo ondivago ed indeciso e si accontenta di una collaborazione con la rivista berlusconiana di cinema “Ciak”…
Altre squisitezze sul nostro Massimo : l’esternazione di una convinta ammirazione per l’organizzazione compatta e piuttosto militaresca dell’organizzazione integralista cattolica Opus Dei – in cui argutamente e non senza malizia qualcuno ha ravvisato un residuo del passato leninista di D’Alema – e la definizione della Lega , movimento – partito non certo privo di elementi di marcato razzismo e xenofobia , come “costola del movimento operaio” (sic !) , sorta di patrimonio della storia sindacale e del socialismo italiano.
Erano tempi di flirt con i leghisti , i quali , dal canto loro , ricambiavano facendo bella mostra di una patina moderata e di misura nelle loro esternazioni.
Quando c’è di mezzo la strategia politica e la maledetta Realpolitik…
Saprà il nostro Massimo , magari avanzando la candidatura di un suo giovane pupillo , risollevare le sorti del partito ?
Nell’attuale panorama sembrerebbe che sull’Italia penda la condanna di essere amministrata da Berlusconi e suoi eredi.
D’altronde il Cavaliere è piduista di vecchia data , sostenitore nei fatti del Piano di Rinascita , pupillo di Gelli e già buon amico di Craxi.
Ha fatto spesso sfoggio di quel “fascismo pragmatico” proprio del Gelli , da buon ammiratore anticomunista di Mussolini.
Con la sua guida illuminante d un’”opposizione” collaborativa , la strada verso una compiuta “democrazia autoritaria” parrebbe più agevole e sicura , però…
Circa un paio di anni fa una curiosa notiziola è passata quasi sotto silenzio…
Il Venerabile Licio Gelli ha donato allo Stato il suo prezioso “archivio”.
Sicuramente si tratta di una “donazione” assai parziale e sono convinto che la gran mole di documentazione che ha raccolto nel corso della sua lunga vita verrà tenuta al sicuro , protetta da occhi “indiscreti” , nella disponibilità di amici , alleati e familiari , tuttavia colpisce il fatto che i documenti messi a disposizione vengano esaminati e studiati proprio dalla moglie di D’Alema , Linda Giuva , archivista di Stato.
Comprendo che non si può pensare male e non è colpa della Prof.ssa Linda Giuva in D’Alema essere un’archivista , ma…
Non aggiungo altro per non fare sfoggio di eccessiva dietrologia se non che il Venerabile , anche alla sua veneranda età – scusate il gioco di parole – ed anche se non sono pochi coloro che lo dipingono come un ignorante o un cretino , è un uomo navigato , ha capito che in Italia , ma non solo , l’essenza del potere è ricatto ed è dispensatore di obliqui messaggi clamorosi…
In sostanza , nel momento in cui PD e PDL saranno indistinguibili , nel momento in cui la conversione dei postcomunisti e degli ex berlingueriani al nuovo Verbo sarà completa , nel momento in cui la metamorfosi (kafkiana ?) sarà compiuta , sarà ancora veramente conveniente dispensare appoggi al Cavaliere ?
La strada verso la “democrazia autoritaria” sarà finalmente e definitivamente tracciata secondo i dettami piduisti…
Tutto il resto sarebbe superfluo…
Questi dovrebbero essere i pensieri balenati alla mente di Gelli o chi per lui…
Allora per i “fascisti pragmatici” anticomunisti , antisinistra e antilegalitari occorrerà solo puntare sul cavallo vincente ovverosia il “partito – movimento” fra i due in campo in grado di raccogliere maggior consenso…
Sarà solo questione di efficienza , del come amministrare e fare determinate scelte politiche inderogabili ed improcrastinabili.
Stiamo forse assistendo alla trasformazione “hard” del PD ?
Chi vivrà , vedrà…
Ma veramente il corso degli eventi di questo dannato paese è già stato tracciato e deciso alle spalle e sulle spalle della cittadinanza che , peraltro , si ostina a non guardare in faccia la realtà e a non nominarla con il nome ?
Si può , per ora , prestare orecchio ed ascoltare le voci che denunciano la deriva della “democrazia autoritaria” , in attesa che un’altra opposizione sia veramente possibile…