Due eventi che, nel giro di 24 ore, contrastano tra loro per l'ottenimento di una soluzione pacifica della questione.
Sempre che si voglia raggiungere questo obiettivo...
Clinton: accordo sulle sanzioni all'Iran. No di Turchia e Brasile:"Ora negoziare"
da www.repubblica.it - 18 Maggio 2010
All'indomani della sigla dell'accordo tra Teheran, Brasilia e Ankara 1 per l'invio di uranio in Turchia in cambio di combustibile nucleare per centrali atomiche, il segretario di Stato americano Hillary Clinton ha annunciato l'esistenza di un accordo con Cina e Russia su una bozza di risoluzione per le sanzioni sull'Iran. La bozza di risoluzione, da approvarsi entro la metà di giugno, espande l'embargo delle armi e prende mira le banche sospette e le transazioni finanziarie e assicurative di Teheran.
Prevede inoltre l'instaurazione di un regime di severi controlli dei mercantili iraniani in mare e nei porti. Il documento esorta i paesi memebri dell'Onu a una "vigilanza globale (sulle attività) dei Pasdaran, su tutte le transazioni bancarie iraniane, inclusa la banca centrale".
Il testo chiede anche la messa al bando si ogni licenza all'estero per gli istituti di credito degli ayatollah se sospettati di aver legami con il programma di proliferazione nucleare. Il documento chiude ribadendo la "grave preoccupazione" per la decisione di Teheran di proseguire comunque le attività di arricchimento dell'uranio al 20%.
"Abbiamo lavorato strettamente con i partner del gruppo 5+1 e sono felice di dichiarare che oggi abbiamo un accordo su un progetto forte con la cooperazione di Russia e Cina", ha detto il segretario di Stato. All'Onu l'ambasciatore britannico alle Nazioni Unite, Mark Lyall Grant, ha confermato "progressi all'interno del gruppo dei cinque più uno", riferendosi ai Paesi con potere di veto al Consiglio di Sicurezza dell'Onu (Usa, Gb, Francia, Russia e Cina, più la Germania) chiamati a valutare il dossier iraniano sul nucleare.
Al 5+1 intendono adesso unirsi anche Brasile e Turchia, ha fatto sapere un consigliere del presidente brasiliano, Ignacio Lula da Silva. E il Brasile sembra voler sparigliare le carte anche nel Consiglio di sicurezza. Membro non permanente, come la Turchia, si è rifiutato di esaminare la bozza di risoluzione alla luce della "nuova situazione" creata dall'accordo siglato proprio da Lula e dal premier turco Erdogano con Ahmadinejad per lo scambio tra l'uranio debolmente arricchito dell'Iran e il combustibile turco per le centrali "a scopo civile" di Teheran.
L'accordo annunciato ieri dall'Iran aveva ricevuto immediate critiche dagli Usa e dall'Ue che avevano fatto sapere che questo non avrebbe evitato l'applicazione di nuove sanzioni a Teheran. Secondo Hillary Clinton, attraverso l'accordo sull'uranio negoziato dall'Iran con Brasile e Turchia, l'Iran avrebbe solo cercato di allontanare la pressione internazionale e l'attenzione sulle sanzioni.
Il primo ministro turco Recep Tayyip Erdogan ha fatto un appello da Madrid alla "comunità internazionale, affinché sostenga" l'accordo raggiunto tra Iran, Turchia e Brasile. "Faccio appello alla comunità internazionale affinché sostenga la dichiarazione finale in nome della pace mondiale. Abbiamo dimostrato che con la diplomazia, l'Iran può sedersi attorno a un tavolo e negoziare", ha detto Erdogan, invitando l'Occidente ad abbandonare la strada delle sanzioni.
Dopo quest'accordo, ha continuato Erdogan, "noi dobbiamo smetterla di parlare di sanzioni". Secondo il premier turco, l'accordo è "importantissimo" per sbloccare la questione nucleare iraniana, perché permette a Teheran di recuperare "in meno di sei mesi" il combustibile arricchito.
La proposta iraniana, cui hanno fatto da sponda Turchia e Brasile, prevede lo scambio in Turchia di 1.200 chili di uranio debolmente arricchito (3,5 per cento) iraniano con 120 chili di uranio arricchito (20 per cento) destinato al reattore di ricerca nucleare a Teheran. L'accordo è stato accolto con cautela dalla comunità internazionale.
Parigi giudica positivamente l'accordo. Il presidente francese Sarkozy ha fatto sapere con una nota che considera l'intesa "un passo positivo" ma che aspetta di leggerne i dettagli nella missiva che Teheran invierà all'Agenzia internazionale per l'energia atomica. Il trasferimento di 1.200 chili di uranio alla Turchia, ha sottolineato Sarkozy, "deve essere accompagnato, com'è logico, da una sospensione del processo di arricchimento dell'uranio al 20%". La Francia, afferma Sarkozy, "valuterà con il Gruppo dei Sei. Siamo pronti a discutere senza preconcetti tutte le conseguenze sull'intero dossier che riguarda l'Iran".
Dallo scorso autunno l'Iran ha aumentato del 50% il suo stock di uranio scarsamente arricchito, che secondo l'Agenzia internazionale per l'energia atomica (Aiea), è di oltre 2.400 chili. A febbraio, la Repubblica islamica ha anche lanciato la produzione di uranio altamente arricchito (20%).
Da Parigi il portavoce del ministero degli Esteri francese, Bernard Valero ha fatto sapere che la proposta d'accordo dell'Aiea per la consegna all'estero da parte dell'Iran di 1.200 chili di uranio scarsamente arricchito, ripresa in parte in una dichiarazione firmata ieri dall'Iran con Brasile e Turchia, potrebbe essere aggiornata.
"Se l'Iran rispondesse finalmente alla proposta fatta in ottobre dall'Aiea, bisognerebbe forse vedere di quali quantità si parla - ha detto Valero -. Attendiamo la risposta dell'Iran" e "il giorno in cui risponderanno, forse bisognerà formulare delle domande".
Israele invece non ha ancora reagito ufficialmente all'annuncio dell'accordo, ma già ieri le posizioni espresse da fonti ufficiose a Gerusalemme erano di scetticismo e di sospetto che la nuova mossa dell'Iran serva a ingannare la comunità internazionale e continuare al tempo stesso il suo programma nucleare che Israele, insieme a molti altri stati, teme che abbia fini militari.
La stampa israeliana odierna nei commenti ritiene comunque che l'accordo sia un successo diplomatico per l'Iran, in quanto sembra concretamente allontanare la minaccia di sanzioni, ma un male per Israele, convinto sostenitore di una linea di grande fermezza nei confronti del regime al potere a Teheran.
Iran firma intesa con con Turchia e Brasile. Ue e Usa: passo avanti ma non basta
da www.repubblica.it - 17 Maggio 2010
L'Iran è pronto a inviare in Turchia 1.200 chili del suo uranio leggermente arricchito nel quadro di uno scambio per ottenere combustibile per il reattore a fini medici di Teheran: lo ha confermato il ministero degli affari Esteri, dopo la notizia dell'intesa raggiunta con Ankara e il Brasile sul nucleare.
Subito dopo la firma dell'intesa è arrivato dal governo di Ahmadinejad l'annuncio che comunque l'Iran continuerà ad arricchire l'uranio al 20%. L'accordo è stato accolto con cautela da Mosca e dai Paesi dell'Unione europea, per i quali si tratta di un "passo in avanti" che però non risolve tutti i dubbi sul programma nucleare iraniano. Scettici anche gli Stati Uniti che continuano a essere "seriamente preoccupati" sulle ambizioni nucleari di Teheran.
Il punto centrale dell'intesa consiste nel trasferimento da parte dell'Iran di 1.200 chili di uranio a basso arricchimento ad Ankara "entro un mese" per vederselo restituito come combustibile nucleare "entro un anno".
Lo scambio avverrà in territorio iraniano. Sia il presidente brasiliano, Ignacio Lula da Silva (impegnato in una vecchia battaglia per un seggio permanente all'Onu) che il premier turco, Recep Tayyp Erdogan, parlano di "vittoria della diplomazia" e sottolineano come non vi siano più "le basi" per una quarta tornata di sanzioni.
"Nel quadro di questo accordo, la Turchia sarà il luogo per lo stoccaggio dell'uranio leggermente arricchito", ha detto il portavoce del ministero degli Esteri iraniano Ramin Mehmanparast. "Informeremo questa settimana l'Agenzia internazionale per l'energia atomica. L'accordo per il momento rafforza la posizione di Teheran, tanto che il presidente Ahmadinejad ha rilanciato immediatamente: "A seguito della firma dell'intesa sullo scambio di combustibile nucleare, è tempo che le nazioni del 5+1 (Usa, Russia, Cina, Francia, Gb e la Germania) aprano colloqui con l'Iran basati sull'onestà, la giustizia e il rispetto reciproco".
La Turchia e il Brasile, membri non permanenti del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, si sono offerti di mediare nella crisi che oppone i Paesi occidentali all'Iran sulla questione della produzione di nucleare - a fini civili, secondo Teheran, mentre gli Usa e l'Europa temono che si preparino armi nucleari - che era in una fase di stallo.
Washington e Mosca hanno di recente rinnovato la propria minaccia di imporre nuove sanzioni. Ipotesi che la stessa Turchia oggi ha escluso, affermando che dopo l'accordo "non c'è più bisogno di nuove sanzioni" contro Teheran.
L'accordo è condizionato al sostegno del Gruppo di Vienna. Stati Uniti, Francia e Russia sono chiamati a valutarlo, e se l'esame sarà positivo si darà il via all'operazione. Dalle capitali europee giungono segnali di disponibilità ma non di approvazione totale.
Berlino e Parigi sottolineano che, anche se "nella giusta direzione", l'accordo non può essere considerato "sostitutivo" di un'eventuale intesa con l'Agenzia internazionale per l'energia atomica (Aiea), incaricata di monitorare le dotazioni nucleari di tutti i Paesi, che ha dichiarato di non aver per ora ricevuto "alcuna notifica".
La Casa Bianca ha detto che l'annuncio di Teheran continua a "essere vago" sulla disponibilità dell'Iran di incontrare i Paesi del cinque più uno per affrontare le preoccupazione della comunità internazionale sul suo programma nucleare.
Il portavoce, Robert Gibbs, ha ricordato anche che l'accordo dovrà essere esaminato dall'Aiea e dovrà anche andare incontro agli impegni internazionali altrimenti Teheran andrà incontro a sanzioni. Gli Usa, ha aggiunto, continuano comunque a essere favorevoli a una soluzione diplomatica.
La Russia "saluta con favore" l'intesa, dichiarandola "un passo avanti", ma non una soluzione definitiva. Il presidente Dmitri Medvedev definisce l'accordo "interessante", ma aggiunge di non essere convinto che l'accordo sia sufficiente a eliminare tutte le questioni sollevate dal dossier nucleare iraniano. Il presidente russo propone quindi di "tenere consultazioni tra tutte le parti interessate, compreso l'Iran, per discutere gli accordi trilaterali raggiunti oggi a Teheran".
L'Onu ha definito l'accordo "incoraggiante" ma Teheran dovrà ugualmente allinearsi con le risoluzioni del Consiglio di sicurezza che hanno più volte chiesto all'Iran di sospendere il suo programma di arricchimento dell'uranio. Lo ha affermato il portavoce di Ban Ki-Moon, Martin Nesirky.
Ancora cauta l'Unione europea. Il ministro degli Esteri Ue, Catherine Ashton, dichiara che l'accordo "può costituire un passo nella giusta direzione", ma non è sufficiente: "Non risponde a tutte le inquietudini" della comunità internazionale a proposito delle intenzioni pacifiche del programma nucleare iraniano e non mette Teheran al riparo da nuove sanzioni Onu.
Sulla stessa linea il ministro degli Esteri italiano, Franco Frattini, che parla di un annuncio "positivo" che rappresenta un "passo in avanti", ma che non risolve tutti i dubbi.
Diversa la posizione del governo britannico, come fa sapere in una nota il sottosegretario agli Esteri britannico, Alistair Burt, precisando che il lavoro sulle risoluzioni che impongano altre sanzioni "deve continuare" fino a quando Teheran non dimostrerà alla comunità internazionale di avere "intenzioni pacifiche". Fermamente negativa invece la reazione israeliana all'accordo. Secondo una fonte del governo, Teheran ha "raggirato" Ankara e Brasilia.
Nucleare. Brasile e Turchia mettono in difficoltà Washington
di Ferdinando Calda - www.rinascita.eu - 18 Maggio 2010
L’accordo siglato tra Iran, Turchia e Brasile sullo scambio di uranio in territorio turco ha scatenato violente polemiche tra i Paesi impegnati nelle trattative sul nucleare iraniano. In particolare, da un lato ha fatto infuriare gli Stati Uniti e l’amministrazione Obama, per i quali l’accordo rappresenta un’imbarazzante perdita di credibilità a livello internazionale.
Dall’altro ha galvanizzato i presidenti di Brasile e Turchia, Inacio Lula Da Silva e Recep Tayyp Erdogan, che da tempo spingono per ottenere maggiore spazio nell’ambito internazionale. E, forti di questo successo diplomatico, i due Paesi hanno chiesto di essere inclusi nel gruppo dei 5+1 (Usa, Russia, Cina, Francia, Gran Bretagna e Germania) che sta portando avanti i negoziati sul nucleare iraniano.
La notizia del raggiungimento di un’intesa tra Teheran, Brasilia e Ankara, è stata accolta con favore anche dalla Cina che, come ha dichiarato il portavoce del ministero degli Esteri cinese Ma Zhaoxu, “sostiene questo accordo” e “lo considera molto importante”.
Persino il presidente francese Nicolas Sarkozy ha definito l’intesa “un passo positivo”, pur intimando che lo scambio di uranio dovrà essere accompagnato “da una sospensione del processo di arricchimento dell’uranio al 20%”.
Diverse perplessità sull’accordo sono state espresse dagli altri Paesi dell’Ue impegnati nelle trattative, che, pur non biasimando pubblicamente gli sforzi di Lula e di Erdogan per una soluzione pacifica della crisi iraniana, continuano a dirsi “preoccupati” dal programma nucleare iraniano.
“Non vi è alcuna incertezza” nell’intesa, ha cercato di rassicurarli il ministro degli Esteri turco, Ahmet Davutoglu, sottolineando che “c’è invece una volontà politica chiaramente espressa dall’Iran e firmata da Turchia e Brasile, Paesi rispettati dalla comunità internazionale. Il tutto poi è legato a un calendario”. “È tempo di sedersi al tavolo – ha aggiunto il ministro – e di creare le condizioni per una vera pace sulla base di questo accordo e non di fare speculazioni su voci o sospetti”.
L’accordo prevede che Teheran invii in Turchia 1.200 chili di uranio arricchito al 3,5%, in attesa che entro un anno l’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea) gli fornisca 120 chili di combustibile prodotto da uranio arricchito al 20%.
Tuttavia i Paesi dell’Ue e soprattutto gli Stati Uniti, non sembrano intenzionati a rinunciare alle sanzioni contro Teheran. “Non verranno modificati i passi che stiamo compiendo per costringere l’Iran a ottemperare ai suoi impegni, incluso il passo delle sanzioni”, ha fatto sapere il portavoce di Obama Robert Gibbs. Sono mesi, infatti, che la Casa Bianca sta lavorando per convincere Russia e Cina ad approvare nuove restrizioni nel Consiglio di Sicurezza dell’Onu.
Proprio ieri la Clinton ha dichiarato (per l’ennesima volta) di aver raggiunto un accordo con Mosca e Pechino su “una forte bozza” da consegnare al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Dove, però, Washington deve fare i conti anche con Brasile e Turchia, membri non permanenti del Consiglio.
Un bel problema per l’amministrazione Obama, che rischia di mettere in dubbio la capacità stessa degli Usa di imporre la loro leadership globale su argomenti sostanziali come quello atomico. “Un fiasco” lo definisce addirittura il Wall Street Journal, secondo cui “invece che mettere l’Iran in un angolo questa primavera, Ahmadinejad ci ha messo Obama”.
A questo punto non stupisce se Ankara e Brasilia dovranno pagare un prezzo salato per questa loro mossa “azzardata”. In molti, infatti, ritengono che questo accordo metta in pericolo gli sforzi compiuti da Ankara per entrare nell’Unione europea e le speranze del Brasile di diventare un membro permanente del Consiglio di sicurezza.
L'Iran disarma Israele e Stati Uniti
di Mazzetta - http://mazzetta.splinder.com - 17 Maggio 2010
Con l'accordo preso con la Turchia, con la mediazione del presidente brasiliano Lula, l'Iran si è impegnato a far gestire all'estero il ciclo di arricchimento dell'uranio necessario al funzionamento delle sue centrali. L'accordo spiazza e disarma Stati Uniti ed Israele, che ora rimangono senza argomenti e soprattutto privi della tanto utile "minaccia iraniana".
Esemplare in questo senso il titolo del New York Times: " L'iran acconsente a spedire l'uranio, complicando i colloqui per le sanzioni.
Non un sospiro di sollievo per lo scampato del pericolo di un Iran armato di bombe atomiche, ma la delusione per il tramonto dell'utilissima "minaccia iraniana" che negli ultimi hanni è stata la foglia di fico ad ogni aggressione militare e alla politica espansionistica d'Israele, che ora è nudo davanti al mondo con le proprie responsabilità esposte agli sguardi di tutti, anche dei timorosi degli "islamici".
Il NYT riferisce comunque che gli "esperti" stanno cercando attivamente pretesti per dirsi insoddisfatti dell'accordo.
Accordo che ha talmente spiazzato le diplomazie occidentali che la UE dichiara dubbi, mentre le altre diplomazie (Francia soddisfatta a parte) per ora tacciono, eppure l'accordo è esattamente quanto richiesto da anni al regime di Teheran, che pure manderà in Turchia il suo uranio prima di ricevere quello arricchito in segno di buona fede.
Cambiamenti degli equilibri strategici del Medio-Oriente
di Thierry Meyssan - www.voltairenet.org - 15 Maggio 2010
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di Filippo
L'insuccesso del rimodellamento Medio-Orientale, ha lasciato il campo libero ad una nuova alleanza, quella del triangolo Tehran-Damasco-Ankara. La Natura ha orrore del vuoto, e Mosca colma lo spazio lasciato vacante da Washington. Il vento ha girato e soffia forte. In alcuni mesi, è tutto l'equilibrio regionale che è stato sconvolto. L'equilibrio del Vicino-Oriente è stato modificato interamente durante gli ultimi mesi. Innanzitutto sono cambiate le capacità e le posizioni di parecchi degli attori.
- Le forze armate israeliane che avevano inanellato vittoria su vittoria nei decenni passati, non sono più capaci di dominare il terreno. Durante la loro offensiva contro il Libano (2006), e poi contro Gaza (2008), hanno mostrato di aver aumentato il proprio potere distruttivo, senza però riuscire più a raggiungere gli obiettivi prefissati, all'occorrenza nel distruggere l’Hezbollah e Hamas.
Inoltre, il loro arsenale, alimentato a richiesta, dagli Stati Uniti, non garantisce più loro il dominio. I loro carri sono diventati vulnerabili agli RPG russi, mentre formavano la spina dorsale dei loro blitzkrieg. La loro marina è minacciata dai missili suolo-mare consegnati dalla Cina a Hezbollah, dotati oramai del sistema anti-interferenza che mancava loro nel 2006. Infine, il loro dominio aereo non resisterà molto tempo alla proliferazione dei S-300 russi, in corso di consegna nella regione.
- La quasi-indipendenza del Kurdistan iracheno organizzata dagli Stati Uniti, lo sviluppo economico di questo quasi-stato, posto sotto tutela israeliana, ed il sostegno troppo visibile degli USA ai separatisti curdi del PKK, ha costretto i militari turchi ad un capovolgimento completo. L'alleanza atlantica non appare più come il garante dell'integrità territoriale turca, ed Israele diventa un nemico.
Se Ankara sta attenta a gestire diplomaticamente Washington, i toni con Tel Aviv non hanno cessato di montare, dalla sfuriata che oppose Recip Erdogan a Shimon Peres a Davos, all'incidente diplomatico relativo alla serie teletrasmessa “La Valle dei lupi”.
- Il caos iracheno e la creazione del quasi-stato del Kurdistan hanno costretto gli Stati rivieraschi a concertarsi per proteggersi dalla contaminazione; perché Washington ha tentato di destabilizzarli tutti quanti, al fine di tenerli lontani dal teatro iracheno. Così gli Stati Uniti ed Israele hanno sostenuto segretamente i separatisti curdi della Turchia (PKK), quelli dell’Iran (Pejak) e quelli della Siria.
Di conseguenza, l'asse Iran-Siria ha fatto posto ad una triangolo Iran-Siria-Turchia, che dispone di una legittimità storica senza equivalenti. Dalla Rivoluzione islamica, l'Iran è il capofila degli sciiti.
Dopo la distruzione del Baas iracheno da parte di Paul Bremer, la Siria è diventata il leader incontestato del campo laico. Infine, la Turchia, ereditiera del Califfato, è la culla del movimento sunnita. Da soli, questi tre Stati coprono la quasi totalità del campo politico vicino-orientale.
Questa alleanza chiude il capitolo del Divide ed Impera, che i poteri coloniali avevano saputo applicare per dominare questa vastissima regione. In particolare mette la parola fine al Fitna, cioè alla guerra civile musulmana tra sunniti e sciiti. Già il re Abdallah dell'Arabia Saudita aveva invitato il presidente iraniano Ahmadinejad a fare con lui il pellegrinaggio alla Mecca, di cui è il custode. Ma la Turchia è l'ereditiera degli ottomani, ed a questo titolo incarna il sunnismo storico. In più, per Ankara, questo nuovo triangolo allarga infine un orizzonte oscurato dagli interminabili indugi dell'Unione Europea.
- La de-baasizzazione dell'Iraq, cioè la caccia aperta contro gli esponenti della vecchia amministrazione del paese, ha provocato un esodo massiccio. In sei anni, più di un milione di iracheni sono stati accolti in Siria.
Questa ospitalità araba include l'accesso gratuito, privo di contropartita, agli edifici scolastici ed universitari, come all'insieme del Sistema Sanitario nazionale. In un primo tempo, l’ampiezza dell’ondata migratoria ha provocato una grave crisi economica nel paese, ma una volta digerita, ha portato quadri molto qualificati ed un nuovo dinamismo.
- Le agitazioni organizzate dagli Stati Uniti in Yemen hanno costretto la famiglia reale saudita a sostenere la politica di pacificazione con la Siria e l'Iran del re Abdhallah. Di conseguenza, il clan libano-saudita Hariri è stato pregato di riconciliarsi col presidente Bachar el-Assad e di riconoscere legittimità alle armi della Resistenza libanese.
Di colpo, l’ambiguo risultato delle elezioni legislative truccate, - vinte verbalmente dalla coalizione condotta dal generale Aoun e da Hezbollah, ma ai seggi dalla coalizione pro-USA formatasi intorno al clan Hariri e all'estrema destra cristiana -, ha cambiato significato ed aperto la via ad un governo di unione nazionale. Mentre dei capi di guerra come il socialista Walid Jumblatt operavano una svolta a 180° per allinearsi alla direzione del vento.
Tuttavia, questa evoluzione è fragile, Washington ha forse la possibilità di destabilizzare la nuova troika. Comunque sia, parecchi tentativi di rovesciamento di Bashar el-Assad da parte di generali corrotti, sono stati sventati prima che gli stessi potessero passare all'atto.
I molteplici attentati orchestrati dalla CIA nelle province non-persiane dell'Iran, non sono riusciti a dare un segnale per rivolte separatiste. Mentre la rivoluzione colorata, organizzata da CIA ed MI6 in occasione dell'elezione presidenziale, è stata annegata da una marea umana.
Alle decine di migliaia di contestatari dei quartieri nord di Tehran, ha risposto un’enorme manifestazione di 5 milioni di persone. Infine, Washington sembra nell'incapacità d’utilizzare nuovamente Gladio al fine di instaurare una dittatura militare in Turchia.
Da una parte perché la nuova generazione dei generali turchi non è votata al kémalismo, e d'altra parte perché il governo democratico-musulmano dell'AKP si è applicato allo smantellamento di Ergenekon (la Gladio turca).
Washington e Tel-Aviv possono anche costruire dei dossier menzogneri per giustificare le azioni militari. Così ci hanno dato ad intendere dal 2007, che Israele avrebbe scoperto e bombardato un centro di ricerca militare nucleare in Siria e che l'Iran condurrebbe parimenti un vasto programma della stessa natura.
Più recentemente, gli stessi poteri hanno accusato la Siria di avere fatto entrare degli Scud in Libano. Queste imputazioni tuttavia non resistono all’analisi, come quelle rilasciate dal Segretario di Stato Colin Powell al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite a proposito della pretesa esistenza di armi di distruzione di massa irachene.
Le diverse ispezioni dell'AIEA non hanno messo in evidenza che attività civili, e la forza di pace delle nazioni Unite in Libano ha smentito la presenza di Scud nel paese.
[Il 23 Febbraio 2010, Bachar el-Assad riceve Hassan Nasrallah e Mahmoud Ahmadinejad.]
L'entrata in scena della Russia
La perdita di influenza degli Stati Uniti è tanto palpabile che il generale Davide Petraeus, comandante in capo del Central Command, ha suonato l'allarme a Washington. Ai suoi occhi, il gioco giocato non solo dagli israeliani in Palestina, ma soprattutto in Iraq, ha bloccato i progetti statunitensi nella regione.
Inoltre, l'impantanamento dei GI's in Iraq ed in Afghanistan fa di loro degli ostaggi della Turchia, della Siria e dell'Iran, solo a patto d’acquietare le popolazioni in rivolta. In una completa inversione dei ruoli, l'alleato strategico del Pentagono è diventato un proiettile, mentre i suoi nemici regionali sono divenuti i suoi scudi.
Prendendo atto dell'insuccesso del rimodellamento USA del Medio Oriente, Mosca si è riposizionata sulla scena regionale in occasione del viaggio del presidente Dmitry Medvedev a Damasco ed Ankara.
Per quanto riguarda i conflitti con Israele, la Russia ha riaffermato che le soluzioni politiche dovevano essere fondate sulle risoluzioni pertinenti dell'ONU (che includono l'inalienabile diritto al ritorno dei palestinesi), ed i principi della conferenza di Madrid (restituzione dei territori occupati di cui Gerusalemme e il Golan siriano, in cambio di un Trattato di pace).
Inoltre, Dmitry Medvedev ha confermato la preferenza russa per una soluzione a due Stati. Tenuto conto della presenza di un milione di ex-sovietici in Israele, Mosca vuole prevenire un prevedibile esodo in caso di caduta del regime sionista.
In questa prospettiva, ha espresso voti per una riconciliazione tra Fatah ed Hamas, e ha incontrato Khaled Mechaal, il leader politico della Resistenza palestinese, proprio quando questo stesso viene qualificato come "terrorista" dagli Stati Uniti.
Si tratta veramente di un passo decisivo della Russia: il presidente Medvedev aveva rifiutato per tre volte di ricevere M. Mechaal di passaggio a Mosca, questa volta ha avuto un incontro con lui, e a Damasco. In questa occasione, il presidente russo ha sottolineato l'emergenza crescente della situazione umanitaria a Gaza e ha deplorato il disinteresse di Washington a risolvere questo dramma. Infine, facendo allusione alle minacce israeliane di bombardare i convogli di armi che passano dalla Siria in Libano, ha messo in guardia Tel-Aviv contro una escalation della tensione.
La Russia sostiene l'avvicinamento politico ed economico in corso tra l'Iran, la Siria e la Turchia. I tre stati leader del Vicino-Oriente sono entrati in una fase di intensa cooperazione. In alcuni mesi, hanno aperto le loro frontiere e hanno liberalizzato i loro scambi a tappe forzate. Le loro economie bloccate da anni di guerra hanno conosciuto una ventata d’aria fresca subitanea.
La Russia non intende restare lontana da questa nuova zona di prosperità. Immediatamente, Ankara e Mosca hanno abrogato la necessità di visti per i loro cittadini residenti all'estero. Così un turco può entrare senza formalità in Russia mentre non ne è sempre autorizzato né negli USA, né nell'Unione Europea, sebbene la Turchia sia membro della NATO e candidato all'UE.
[Nell'ottobre 2008 Turchia e Armenia ristabiliscono relazioni diplomatiche.]
Mosca ha creato istanze permanenti di concertazione ad alto livello, sia con Damasco che con Ankara, che sul piano diplomatico ed economico contrastano la politica degli Stati Uniti. All'inizio dell'anno, la segretaria di stato USA, Hillary Clinton, aveva ingiunto alla Siria di prendere le distanze dalla Resistenza.
Per tutta risposta il presidente Bashar el-Assad si era mostrato immediatamente ai lati del suo omologo iraniano Mahmoud Ahmadinejad e del segretario generale del Hezbollah Hassan Nasrallah ed aveva firmato ironicamente un documento qualificato come "Trattato di distanza ridotta".
L'incontro era stato improvvisato così che Khaled Mechaal non aveva avuto il tempo di recarsi sul posto, ma Hamas si era associato al passo. Mettendo le sue minacce ad esecuzione, il presidente Barack Obama ha replicato riconducendo per due anni delle sanzioni economiche contro la Siria.
Rosatom ed Atomstroyexport che stanno terminando la costruzione di una centrale nucleare civile in Iran (Bushehr), e sono in trattativa per delle nuove, ne costruiranno un'altra in Turchia per 20 miliardi di dollari. Dovrebbe essere inaugurata fra sette anni.
Un progetto similare è sotto esame in Siria. La mancanza di elettricità, in una regione che ha sofferto dei bombardamenti israeliani, è il principale handicap allo sviluppo economico. Dal punto di vista mediorientale la sollecitudine russa a costruire queste centrali non è tanto imputabile ad interessi commerciali quanto ad una volontà di dare ai popoli interessati il mezzo di accelerare uno sviluppo economico che gli Occidentali gli hanno precluso da così tanto tempo.
Inoltre Stroitransgaz e Gazprom assicureranno il transito del gas siriano verso il Libano, essendo impedito a Beirut dal suo vicino israeliano di sfruttare le proprie importanti riserve offshore.
Sul piano militare, la Russia ha preso consegna della sua nuova base navale in Siria. Questa gli permetterà di ristabilire l'equilibrio nel Mediterraneo da cui è più o meno assente dallo scioglimento dell'URSS. Ha confermato anche la prossima consegna di missili S-300 a Tehran per proteggere l'Iran delle minacce di bombardamento statunitense ed israeliano.
[Il presidente russo Dmitry Medvedev con l'omologo turco Abdullah Gul]
Pur stigmatizzando le provocazioni iraniane, i diplomatici russi hanno ripetuto che non credono alle accuse occidentali a proposito di pretesi programmi nucleari militari iraniani o siriani. Mentre il protocollo degli Stati rivieraschi del Caspio prevede solamente una fornitura di armi all’Iran in caso d’attacco, il presidente Medvedev ha rievocato un possibile intervento diretto della Russia e ha messo in guardia gli Stati Uniti contro una guerra in Iran, che degenererebbe in Terza Guerra mondiale.
Su questo fondamento ha portato il suo sostegno al progetto di denuclearizzazione della regione, cioè allo smantellamento dell'arsenale nucleare israeliano. L'affare è appena stato portato davanti all'AIEA.
Mosca attribuisce un'importanza particolare all’aiuto alla Turchia per risolvere i propri contenziosi secolari con la Grecia e l'Armenia, includendo i conflitti di Cipro e dell'Alto-Karabagh. In tale maniera, Ankara potrebbe allontanarsi definitivamente da Tal-Aviv e da Washington, e riprendere la propria completa indipendenza.
Passi importanti, ma insufficienti, sono stati compiuti dal presidente Abdullah Gül nei confronti di Erevan. Passando sopra a 95 anni di odio, la Turchia e l'Armenia hanno stabilito delle relazioni diplomatiche.
Altri progressi dovrebbero seguire nei confronti di Atene, con la benedizione del patriarca ortodosso Cyril Imo di Mosca. Da questo punto di vista, la visita di Recip Erdogan in Grecia è un avvenimento storico che rilancia il processo di riconciliazione sul Mare Egeo, iniziato negli anni '30 ed interrotto dalla Seconda Guerra mondiale.
Sconvolgendo la strategia USA nel Mar Nero e nel Caspio, Ankara ha accettato un gigantesco investimento russo per la costruzione di un oleodotto collegante Samsun a Ceyhan, che dovrebbe permettere di istradare il petrolio russo del Mar Nero verso il Mediterraneo senza dover utilizzare lo stretto, non adatto al transito di materie inquinanti.
Allo stesso modo, Ankara studia la possibile partecipazione al progetto di gasdotto russo South Stream, che se dovesse essere confermato, renderebbe inutile il progetto concorrente degli Stati Uniti e dell'unione europea, Nabucco.
In definitiva, il sostegno russo garantisce la perennità al triangolo Tehran-Damasco-Ankara, in opposizione all'ostilità degli Stati Uniti e dell'Unione Europea. L'equilibrio strategico del Vicino-Oriente si sta alterando. L'onda d'urto potrebbe propagarsi al Caucaso.