Si sono appena svolte le elezioni politiche in Macedonia, caratterizzate da episodi di violenza e dalla netta vittoria del partito di governo, il VMRO.
Ma i brogli, gli episodi di intimidazione e di violenza vicino ai seggi elettorali e i casi segnalati dagli osservatori internazionali relativi alla presenza di uomini armati anche dentro i seggi gettano un’ombra indelebile su un Paese che aspira ad entrare sia nella NATO che nell’UE.
Ad Aprile la Grecia era riuscita ad impedire il suo ingresso nella NATO e ora gli unanimi giudizi estremamente negativi sullo svolgimento di queste elezioni faranno allontanare nel tempo anche l’inizio dei negoziati per l’adesione della Macedonia all’UE.
D’altronde un Paese che ad una serie di problemi irrisolti fin dal momento della proclamazione dell’indipendenza nel 1991, sfociati poi nella guerra interetnica del 2001, somma anche quello del nome ufficiale con cui essere riconosciuto nel mondo, ha ben poche speranze di entrare a breve in questi due organismi internazionali.
Per fortuna.
Elezioni in Macedonia, vittoria e vergogna
di Risto Karajkov – Osservatorio Balcani – 3 Giugno 2008
Larghissima vittoria per il VMRO, ma anche gravi incidenti, che hanno turbato il processo elettorale, attirando critiche dalla comunità internazionale. La Macedonia fa un passo indietro sul cammino europeo, ed esce scossa dalle elezioni anticipate di domenica scorsa
Il voto per le politiche di domenica scorsa in Macedonia ha portato ad una larghissima vittoria per il partito di governo, il VMRO, ma anche gravi motivi di imbarazzo per il governo di Skopje.
La Macedonia, a detta di tutti gli osservatori internazionali, non è riuscita infatti a far sì che il processo elettorale fosse libero e regolare. I numerosi incidenti della giornata elettorale, costati anche una vita, segnano un rischioso passo indietro del paese sulla strada dell'integrazione europea.
L'incidente più grave è accaduto nel villaggio di Aracinovo, non lontano dalla capitale Skopje. Qui un uomo è rimasto ucciso durante uno scontro a fuoco divampato tra un gruppo di attivisti dell'Unione Democratica per l'Integrazione (DUI) di Ali Ahmeti e membri dell'unità speciale della polizia “Alfa”. Secondo fonti ufficiali, a scatenare la sparatoria sarebbe stato il tentativo della polizia di intervenire per impedire irregolarità nelle procedure di voto.
In un altro incidente, stavolta nella municipalità di Cair, a Skopje, almeno cinque persone, di cui alcuni passanti, sono rimaste ferite da proiettili esplosi di fronte ad un seggio elettorale. Uno dei feriti, un uomo di 23 anni, è rimasto colpito allo stomaco, e al momento lotta per la vita.
La polizia ha arrestato Agim Krasnici, pregiudicato vicino al Partito Democratico degli Albanesi (DPA) guidato da Menduh Taci e oggi al governo, insieme ad altre sette persone, dopo che il gruppo è stato fermato ad un controllo. Nelle loro automobili sono state trovate armi automatiche e bombe, un lanciarazzi e sette pacchetti di marijuana. Gli otto arrestati hanno dichiarato di essere “in missione” per impedire furti di voti da parte del DUI. In totale, circa 30 persone sono state fermate in relazione agli incidenti di domenica.
Le irregolarità contestate in queste consultazioni vanno dal voto di gruppo al furto di voti, dalla distruzione di urne elettorali alle intimidazioni verso gli elettori. In alcune località tutto questo è avvenuto davanti agli occhi di osservatori internazionali e locali. “Quello che ci ha scioccato, come osservatori, è l'orgoglio di chi commetteva infrazioni, senza alcun bisogno di provare a celarle”, ha dichiarato Gillian Milovanovic, ambasciatore Usa in Macedonia.
A partire da lunedì il paese è stato sottoposto ai giudizi critici provenienti in modo sincronizzato da tutta la comunità internazionale. Che spesso concludevano: la Macedonia ha fallito il test. L'ODIHR (Office for Democratic Institutions and Human Rights) dell'Osce nella sua valutazione preliminare di lunedì, ha scritto a chiare lettere che la Macedonia non è riuscita a rispettare gli standard internazionali sulla libertà e correttezza delle elezioni.
Gli incidenti hanno avuto luogo in larghissima parte in campo albanese, tra gli “arci-rivali” del DUI e del DPA, e sono stati ristretti a comunità note per l'alto tasso di criminalità, ma questo non basta a trovare giustificazioni. “Sarà necessario ogni sforzo per indagare non solo i responsabili diretti, ma anche i mandanti delle violenze”, ha dichiarato Ervan Fuere, ambasciatore dell'UE a Skopje.
Il premier, Nikola Gruevski, ieri ha avuto una conversazione telefonica col commissario per l'Allargamento, Olli Rehn, promettendo di organizzare nuove consultazioni nei distretti dove il voto è stato sospeso a causa di gravi irregolarità. Nonostante il chiaro fallimento, la comunità internazionale ha lasciato intendere che il giudizio finale su queste elezioni dipenderà anche dal modo in cui le autorità sapranno reagire, e su come verranno portate a termine le ripetizioni del voto. “Analizzeremo con attenzione le iniziative che seguiranno gli incidenti. Il nostro giudizio finale dipenderà anche da come il paese riuscirà a superare le irregolarità avvenute, e su come verranno implementate le procedure di ripetizione del voto”, ha detto Robert Barry, direttore del ODIHR.
Lasciando per una attimo sullo sfondo la vergogna che il paese si porterà dietro per qualche tempo, e che si rifletterà senz'altro sul rapporto della Commissione Europea previsto per il prossimo autunno, il messaggio più importante di queste consultazioni arriva dalla larghissima vittoria ottenuta dal VMRO. La coalizione guidata dal partito di Gruevski si è infatti assicurata 64 seggi in parlamento sui 120 totali. Questo significa che per Gruevski si apre la possibilità di governare con una maggioranza stabile per i prossimi quattro anni. Una vittoria di queste dimensioni è senza precedenti nella breve storia del pluralismo politico in Macedonia.
La coalizione guidata dal VMRO ha ottenuto circa 480mila voti, almeno 170mila in più rispetto alle elezioni, anche quelle vittoriose, del 2006. Il partito di opposizione nel campo macedone, i socialdemocratici (SDSM) avranno invece appena 28 seggi. Tra i partiti albanesi, non senza sorpresa, visti i numerosi sondaggi elettorali che davano il DUI con un chiaro vantaggio rispetto al DPA, i due partiti hanno ottenuto entrambi 13 seggi. Un seggio è andato al terzo partito albanese, il PDP, un altro al multietnico Partito per un Futuro Europeo (PEI) di Fiat Canevski.
Alcune variazioni nel numero di mandati potrebbero avvenire dopo la ripetizione parziale del voto, ma non potranno cambiare il quadro generale. L'affluenza alle urne è stata del 58%, circa tre punti percentuali più alta delle precedenti politiche del 2006. Gruevski ha ottenuto proprio quello che voleva dalle prime elezioni anticipate della storia recente del paese: una maggioranza più stabile che gli renda possibile mettere in atto il suo programma.
Ma adesso portare a risultati concreti è una necessità, perché, come egli stesso ha dichiarato, un grande potere porta anche grandi responsabilità. Probabilmente il premier vorrà formare una coalizione col proprio partner abituale in campo albanese, il DPA. Per il DUI, che ha insistito non poco perché si arrivasse al voto anticipato, questo significherebbe altri quattro anni di opposizione. Nel 2006 il DUI ricevette la maggioranza dei voti nella comunità albanese, ma il VMRO scelse come proprio partner di governo il DPA.
Questa scelta portò ira nelle fila del DUI, e una lunga crisi politica nel paese. Ora tutti si aspettano una lotta serrata tra DPA e DUI durante le ripetizioni di voto. Se il DUI dovesse prevalere, potrebbe sostenere ancora di essere il legittimo vincitore delle consultazioni in campo albanese. Il DPA, naturalmente, farà tutto il possibile perché questo non avvenga. Questa situazione potrebbe portare a nuovi incidenti. La speranza, però, e che questo non avvenga. La Macedonia ha già perso fin troppo da queste elezioni.
Macedonia: I brogli allontanano Skopje dall’Europa
di Eugenio Roscini Vitali
Nonostante i temi principali di queste elezioni politiche siano stati l’aspirazione di adesione all’Unione Europea e l’ingresso nell’Alleanza Atlantica, la Macedonia ha mostrato ancora una volta l’estrema fragilità istituzionale in cui versa il Paese. Il fatto che a vincere la consultazione sia stata la coalizione di centro-destra Vmro-Dpmne del premier conservatore Nicola Gruevski non è stata la causa del riaccendersi delle ostilità tra comunità macedone e albanese. Non appena sono stati aperti i seggi la nazione è ripiombata in una spirale di violenza quasi cronica e come fosse un automatismo ormai collaudato la popolazione ha dato vita a manifestazioni di risentimento e di rabbia che alla fine della giornata elettorale hanno causato un morto e diversi feriti.
I fatti più gravi si sono registrati ad Aracinovo, villaggio dieci chilometri a nord di Skopje, dove una pattuglia di polizia è stata attaccata a colpi di arma da fuoco. In diverse località a maggioranza albanese ci sono poi state manifestazioni di intemperanza che hanno messo a rischio le stesse votazioni: a Gurgurnica, roccaforte albanese nei pressi di Tetovo, alcuni uomini si sono presentati ai seggi muniti di armi da fuoco e nella stessa capitale numerosi simpatizzanti di partiti rivali si sono affrontati in una sparatoria che ha provocato cinque feriti. In Macedonia, dove convivono etnie, culture e religioni diverse, la minoranza albanese rappresenta circa il 25 per cento della popolazione.
Gli accordi di pace di Ohrid, che misero fine al conflitto interno che nel 2001 vide di fronte albanesi e macedoni, avevano posto le basi per la creazione di una società multi-etnica. I poteri delle municipalità vennero ampliati e alle minoranze vennero attribuiti una serie di diritti linguistici e culturali su base territoriale. La Repubblica macedone divenne di fatto uno Stato bi-nazionale dove le differenze tra gruppi etnici erano state abbattute: ma non in modo indolore.
Con il tempo, il malcontento macedone è venuto a galla e il fatto che il referendum che nel 2004 avrebbe dovuto abrogare la legge sul ridisegno dei confini delle municipalità è fallito non significa che i problemi siano stati superati. Allora erano gli Stati Uniti a premere affinché la Macedonia diventasse un modello da seguire; oggi è l’Unione Europea che tenta la strada dell’integrazione politica. Il parere favorevole espresso da Bruxelles sull’opportunità di concedere alla Macedonia lo status di candidato ufficiale all'adesione non è però sufficiente a placare una situazione di tensione che si trascina ormai da anni e che si è acutizzata con la dichiarazione di secessione voluta in Kosovo dalla maggioranza albanese.
Tra interruzioni, sospensioni di voto, accuse di brogli e incidenti, la Commissione elettorale ha comunque dichiarato valide le elezioni del 1° giugno con le quali 1,7 milioni di elettori sono stati chiamati il rinnovo dei 120 seggi del parlamento. Alla fine le autorità hanno ordinato la chiusura di 17 degli oltre 2900 seggi sparsi per tutta la nazione, una percentuale talmente esigua che il suo peso difficilmente potrebbe cambiare l’esito delle votazioni. La correttezza con la quale si sono svolte le elezioni preoccupa comunque non pochi osservatori internazionali, alcuni dei quali si sono addirittura sbilanciati manifestando i loro dubbi e chiedendo apertamente la ripetizione della consultazione.
L’ex ministro inglese Denis McShane, a Skopje come rappresentante della commissione di sorveglianza del Consiglio europeo, ha affermato per tutti coloro che sostengono l’ingresso della Macedonia nell’Unione Europea e nella Nato questo voto è una vera e propria tragedia politica; nessuno può formare un governo sulla base di una consultazione sottoposta all’assedio delle forze di sicurezza e durante la quale gli elettori vengono intimiditi da bande di teppisti che hanno la libertà di entrare nei seggi armati.
Già afflitta da gravi problemi economici, la Repubblica di Macedonia viene ora messa in seria difficoltà dalla dubbia regolarità di un’elezione che avrebbe dovuto segnare un momento di estrema importante per tutto il Paese. In aprile la Grecia aveva bloccato l’ingresso di Skopje nella Nato; al centro della questione il nome della piccola Repubblica che Atene vorrebbe vedere modificato in Ex Repubblica Yugoslava di Macedonia, una questione che sta andando avanti dall’8 settembre 1991, giorno i cui Skopje ha dichiarato la sua indipendenza. Bruxelles, estremamente preoccupata per le violenze elettorali, deve ora decidere se aprire o meno i negoziati con il governo macedone, trattative che una volta iniziate potrebbero comunque dureranno anni.
In passato la Commissione europea aveva più volte invitato le autorità macedoni a portare avanti una politica di riforme attraverso la quale avrebbe poi aperto formalmente i negoziati di adesione ma gli incidenti del 1° giugno potrebbero diventare oggetto di una valutazione e creare una spaccatura all’interno della stessa Unione Europea. Sono molti i Paesi comunitari che, non avendo digerito la posizione presa da Bruxelles nei confronti della questione kosovara, potrebbero presentare un conto salato.