lunedì 14 luglio 2008

Il post 8 Luglio

Qui di seguito due articoli sul post 8 Luglio, giorno della manifestazione di Roma contro il governo e la classe dirigente italiana piu' in generale, Papa compreso.

Intanto corre l'obbligo di ricordare che oggi il premier italiano ha chiesto che venisse suonato "O sole mio" a Parigi in occasione della nascita dell'Unione per il Mediterraneo. Altro fulgido esempio di quanto sia provinciale e piccolo in tutti i sensi, oltre ad essere stato totalmente emarginato dall'iniziativa di Sarkozy.

Inoltre Berlusconi, alla vigilia dell'incontro tra Olmert e Abu Mazen, ha chiosato con un banalissimo "C'è davvero da sperare che questa volta possa esserci una conclusione positiva".

Complimenti! Ora torni pure in Sardegna a cantare "O sole mio" con Apicella.


Dalla parte della piazza
di Oliviero Beha - 14 Luglio 2008

Dal giorno della manifestazione «No Cav Day», a Piazza Navona, l’attenzione dei media si è spostata sempre più e più insistentemente sul cosiddetto lodo post-girotondino del «cui prodest?». A chi conviene o è convenuta una chiamata in piazza di questo tipo? E via con l’elenco delle ipotesi peraltro per lo più coincidenti e riassumibili nel classico «si fa il gioco di Berlusconi» e nell’aggiornato «così si fotte la sinistra, a partire da Veltroni». Per carità, politici e analisti (i primi di parte per costituzione... i secondi per format) fanno benissimo dal loro punto di vista.

Fanno benissimo, cioè, a battere sul gioco che hanno sempre fatto, quello della politica politicante, della scacchiera partitocratrica, delle variabili di folla (e poi sulle performance di comici, di soubrette, di «giustizialisti» ancora in vita che citano «fellatio» più o meno manifeste insieme alla «excusatio non petita» della memorabile formuletta, solo lievemente arrangiata per l’occasione). Sembra loro, e vorrebbero far sembrare alla opinione pubblica sempre meno opinione e sempre più pubblica, che il centro della questione sia quello. Anche se questo gioco fondato sulla realtà della politica e non sull’aspetto rovesciato di essa forse ha contribuito pesantemente a portare il Paese nelle condizioni in cui è. E in cui è maturata la manifestazione di Piazza Navona, come pure le sortite parlamentari quotidiane sui vari lodi che intaccano da un lato la Costituzione e dall’altro la «giustizia della giustizia», se così posso esprimermi.

Quindi siamo al paradosso che lo stesso coro greco mediatico che ha accompagnato la classe politica (intesa come classe dirigente complessiva) lungo questo precipizio, circonfusa dai privilegi, invece di vigilare affinché non facesse rotolare l’Italia per la scesa, adesso biasima sguaiatamente chi dal palco mette in guardia sul precipizio stesso. Paradosso che perde di forza di fronte alla seguente e banale osservazione: ma è logico che facciano così, se no dovrebbero confessare la loro collusione con la «deriva» del Paese sotto i colpi della «casta».

Ma torniamo al «cui prodest»: giacché si preoccupano come cani di Pavlov più o meno solo di quello, noi freghiamocene per un momento. Ragioniamo diversamente. Non il criterio di «ciò che conviene» ma quello del «se sia giusto oppure no». In sintesi, è stata «giusta» la piazza peraltro e fortunatamente strapiena, è stato «giusto» il palco e i variegati oratori, è stata «giusta» nel suo insieme la manifestazione? Vediamo. Se l’importante era dare un segnale di non condiscendenza né rassegnazione né menefreghismo nei confronti di ciò che sta facendo il Governo sotto gli occhi di tutti in quanto eletto para-divinamente dalla maggioranza degli italiani, formula democratica che significherebbe in realtà piuttosto la garanzia delle minoranze (se no siamo alla «proprietà privata» del Paese), beh, più giusta di così si muore. Se era altrettanto importante far sapere che la piazza era contro chiunque avesse favorito per zelo, interesse od omissione dai banchi dell’opposizione il «lavoro sporco» del Governo, era giusta a ugual ragione. Chiunque attenti alla Costituzione, dal primo (cittadino) all’ultimo (cittadino), deve sapere che non lo farà con il consenso più o meno tacito e più o meno elettorale degli italiani. Giusta la piazza, allora, e meno male che era piena. Era giusto il palco, ossia chi c’era e ciò che ha detto?

Al di là degli attacchi alle persone che hanno parlato sulla base del solito «cui prodest» qui accantonato per cercare di uscirne, sono stati contestati modi e eloqui poco garbati, specie di Grillo e la Guzzanti. In un certo senso, si sarebbe preteso che Grillo non avesse fatto il Grillo e così pure la Guzzanti si fosse deguzzantinizzata. Perché? Per la migliore riuscita della manifestazione, per non spaccare la sinistra, non urtare Napoletano né il Papa ecc. Ma se il Paese fosse ridotto come infatti è, e quindi bisognoso di svegliare le coscienze, e ci fosse stato sul palco qualcuno di caratura superiore, forse non saremmo ridotti come siamo, a dibattere intorno a un cratere.
Abbiamo insomma un palco «logico», proporzionato al Paese in avviata decadenza. Vi aspettavate il Che? Ma via...

Poi qualcuno degli oratori sarà stato più felice, qualche altro recitava una parte, qualcuno forse vendeva una merce, e infine il tasso di pathos, di dolore per lo stato del Paese poteva essere variabile. E si avvertiva, giù, nella piazza sudata e compatta. Ma insomma, era un palco all’altezza o al livello di un’Italia sfinita, che appunto si specchia nei lavori parlamentari. Quindi senza troppe ciance in politichese sul «cui prodest», giusta la piazza, giusto eppur discutibile il palco, giusta la manifestazione nel suo complesso. Quello che è davvero sbagliato è il punto cui siamo arrivati, sfarinandoci per la china: la stessa classe politica che ha ridotto il Paese così, «a misura di Piazza Navona» sia pure a contrariis, negli ultimi quindici anni è ancora più o meno in sella, più o meno con gli stessi ruoli. Non va a casa mai nessuno. Ancora. Si usano sempre pesi e misure diverse: pensate se l’anno scorso ci fosse stato Berlusconi stesso, e non un tal Cicu, intercettato per le scalate bancarie in telefonate che il Gip Forleo intendeva utilizzare in un processo mentre il Presidente della Repubblica manifestava (eufemismo!) disagio. Che sarebbe accaduto? Saremmo scesi in piazza con un anno di anticipo?

Ancora: nella confusione, è evidente che Di Pietro punta a far crescere i suoi voti, ma almeno lo fa sostenendo delle tesi imperniate sulla legalità. Se poi ha cadaveri nell’armadio, rivediamo volentieri tutto il mobilio. E l’immobilio. E Grillo? Fenomenale motore mediatico, è arrivato al galoppo computerizzato al «tanto peggio tanto peggio», che non inficia la bontà di un’analisi ma rischia di farla diventare un’intemerata spettacolare senza futuro. Che non sia la guerra civile. Parliamone. Quanto all’asterisco di molti degli oratori («che volete da me? sono solo un comico», oppure «faccio satira», oppure «sono solo un giornalista» ecc.), è semplicemente il rogito notarile e allarmante circa un Paese strafatto, anche senza bisogno di cocaina. Dice: «Una risata vi seppellirà». Magari, ma poi? Temo che con le risate non si ricostruisca nulla. Mi contenterei di un po’ di rigore e altrettanta serietà.
Per il cabaret, rimando al film omonimo e all’epoca che rappresentava. Per ora qui siamo a una Weimar all’amatriciana. Per ora.


Lettera di Sabina Guzzanti al Corriere della Sera

Caro Direttore,
per tutti quelli scioccati dalla stampa di questi giorni, voglio rassicurare: non siete impazziti e non sono nemmeno impazziti i giornali. La questione è molto semplice, questo sistema fradicio e corrotto vede nell'eliminazione del dissenso l'unica possibilità di salvezza. Scrive Filippo Ceccarelli su Repubblica in relazione al mio intervento a piazza Navona: «Nulla del genere si era mai visto e ascoltato a memoria di osservatore». Questa cosa, Ceccarelli, si chiama libertà. Non hai mai visto una persona che chiama le cose col suo nome, anche quelle di cui tutti convengono sia assolutamente vietato parlare, come l'ingerenza inaccettabile del Vaticano nella vita politica del Paese e nelle vite private dei cittadini italiani. Caro Ceccarelli, hai fatto un'esperienza straordinaria. Col tempo apprezzerai la fortuna di esserti trovato lì l'8 luglio.

Quello che hanno visto i presenti e gli utenti di internet è una piazza ricolma di gente, che è stata in piedi per tre ore ad ascoltare e ad applaudire entusiasta. Gli interventi più criticati dai media sono quelli che hanno avuto indiscutibilmente più successo. Nel mio intervento, al contrario di quello che tanti bugiardoni hanno scritto, gli applausi più forti sono stati sulle critiche alla politica del Vaticano e le frasi più forti fra quelle sono state applaudite ancora di più. Questa manifestazione è stata il giorno dopo descritta come un fallimento, un errore, un autogol. Stampa e tv hanno tirato fuori il manganello e con i mezzi della diffamazione, della menzogna e dell'insulto stanno cercando di scoraggiare chi ha partecipato, a continuare. Alcune ovvie piccole verità: — A sinistra si lamentano del fallimento della manifestazione quando l'unico elemento di insuccesso è costituito dai loro stessi interventi. Se non avessero parlato in tanti di insuccesso a dispetto dei fatti, la manifestazione sarebbe stata percepita per quello che è stata: un successone. — Berlusconi e i suoi sono furiosi per quanto è accaduto e il sondaggio che direbbe che Berlusconi ci ha guadagnato lo ha visto solo Berlusconi.

Quello che dice potrebbe non essere vero. L'intenzione di espellere Di Pietro era già evidente da parte del Pd e non è per me e Grillo che i due si sono separati. Pare che Veltroni gli preferisca Casini. Non è una battuta. — Le parlamentari che hanno difeso la Carfagna sostenendo che io in quanto donna non posso attaccare un'altra donna, insultando me sono cadute in contraddizione. — Pari opportunità e Carfagna sono due concetti incompatibili come Previti e giustizia. — È falso che non si possa criticare il presidente della Repubblica. Si può e ci sono buone ragioni per farlo ad esempio impugnando il parere dei cento costituzionalisti sul Lodo Alfano. — È falso che non si possa criticare e attaccare il Papa. Si può e ci sono buone ragioni per farlo. Ho letto un po' dappertutto che il Papa sarebbe una figura super partes. Super partes non è uno che si schiera con tutte le sue forze su ogni tema, dalla scuola ai candidati alle elezioni, alla moda e alla cucina, con interventi spesso molto al di sotto delle parti, cosa su cui anche la Littizzetto, esimia collega, ha efficacemente ironizzato.

— La reazione furibonda di tutto il mondo politico alle parole di alcuni liberi pensatori, dimostra che gli interventi fatti sono stati importanti ed efficaci. La repressione dei media rivela la debolezza politica di una classe dirigente che in entrambi i poli è nata a tavolino. Gli unici elementi che hanno una oggettiva radice popolare e sono rappresentati in Parlamento allo stato attuale, sono Lega e Di Pietro.

E crescono. Berlusconi e Pd calano vertiginosamente. C'è un partito finto, il Pd, nato senza idee, tranne quella di fondere due partiti per ingrandirsi con lo stesso criterio con cui si accorpano le banche per essere più forti. Questo partito votato controvoglia dalla maggioranza dei suoi elettori si è rivelato fin dai primi passi un soggetto politico artificiale, che somiglia più a un «corpo diplomatico» che altro. Molti dei vip che lo hanno sostenuto ora sono colti da attacchi isterici constatando che non sta in piedi. Dall'altra parte ci sono delle idee che vogliono essere rappresentate e discusse. Idee davvero alternative a quelle del centrodestra. La qual cosa, nel momento in cui si cerca di costruire un'alternativa, ha la sua porca importanza e fa sì che queste idee vengano considerate oggettivamente interessanti dall'opinione pubblica. Per quanto riguarda l'annosa questione: «Può un comico fare politica?», si tratta anche qui di una domanda che non esiste in natura. È ovvio e tutti sanno che chiunque parli a un pubblico fa politica. È ovvio che la politica in una democrazia la fanno tutti. Ma la vera domanda che si pone è: può un comico ottenere molto più consenso politico di un politico? Può il discorso di un comico essere molto più politico di quello di un politico? I fatti dicono di sì e tocca abbozzare. Potete anche continuare a menare le mani, ma sarebbe meglio fare uno sforzo di comprensione. D'altra parte parlo per me ma credo anche a nome degli altri, le nostre idee sono lì e si possono usare gratuitamente.

Approfittatene.