martedì 22 luglio 2008

L’arresto farsa di Karadzic

Dopo 13 anni la latitanza di Radovan Karadzic e’ finita. La presidenza della Serbia ha reso noto che l’ex leader dei serbo-bosniaci “e' stato localizzato e arrestato questa notte. Karadzic e' stato portato di fronte agli inquirenti della Corte per i crimini di guerra che ha sede a Belgrado, come previsto dalla convenzione di collaborazione con il Tpi ", il Tribunale Penale Internazionale.

Secondo fonti del governo, Karadzic era sotto sorveglianza da alcune settimane, dopo una soffiata venuta da un servizio segreto straniero. La sua cattura sarebbe avvenuta proprio a Belgrado, non ha opposto resistenza e sarebbe apparso "piuttosto depresso".

Che dire? Un timing perfetto per effettuare la cattura, a sole due settimane dalla formazione di un governo serbo ultra filoeuropeo e a 3 mesi dalla firma del Trattato di associazione e stabilizzazione con l'Ue.
E infatti la presidenza francese dell’UE e’ subito corsa a definire la cattura “un importante passo verso l'Ue”. La strada per l’ingresso della Serbia nell’UE ora e’ spianata.

Ma nonostante il fatto che si sia deciso di catturarlo solo ora con 13 anni di ritardo, tutto sommato e’ una notizia positiva. Quantomeno l’associazione “Madri di Srebrenica” potra’ ritenere che giustizia sia stata fatta, anche se l’uomo che era fino a ieri in cima alla lista dei piu’ ricercati per i crimini commessi durante la guerra dei Balcani rimarra’ sempre “in buona compagnia” con chi, fuori dai confini dell’ex Jugoslavia, ha veramente voluto che si desse il via a quel massacro durato 4 anni, ma che non sara’ mai ne’ arrestato ne’ condannato da un Tribunale internazionale.

Si attende ora “con ansia” l’arresto di Ratko Mladic. Se non e’ gia’ morto.


La lunga attesa
di Christian Elia – Peacereporter – 22 Luglio 2008

Sono passati tredici anni, ma ci sono ferite che il tempo non lenisce. Radovan Karadzic, adesso, potrà scrivere le sue poesie in una cella dell'Aja, dove risponderà dei crimini eseguiti per suo volere durante la guerra in Bosnia, dal 1992 al 1995.

E' finita. Una notizia attesa da anni dalle famiglie delle 8mila vittime di Srebrenica, l'enclave musulmana nella Repubblica Srpska, che la comunità internazionale fu incapace di difendere nel luglio del 1995, lasciando che gli assassini di Karadzic, guidati sul campo dall'ultimo super latitante rimasto, il generale Ratko Mladic, massacrassero impunemente civili inermi. Impunemente fino a venerdì scorso. Sarebbe infatti avvenuto, secondo quanto riferito da una nota della Presidenza della Repubblica serba della scorsa notte, venerdì 18 luglio l'arresto dell'ex leader dei serbi di Bosnia. Su un bus di linea di Belgrado. A effettuare l'arresto i corpi speciali serbi, come ha tenuto a sottolineare l'ufficio del presidente serbo Tadic, in un moto di orgoglio nazionale con riflessi interni ed esterni. ''I serbi sanno fare giustizia, anche da soli'', sembra questo il messaggio che la leadership di Belgrado lancia al mondo intero. La ricostruzione dell'arresto, con Karadzic arrestato su un bus e tenuto in gran segreto in un carcere di Belgrado dove oggi è stato interrogato dal magistrato Milan Dilparic, non convince fino in fondo. Tante e ramificate le protezioni delle quali godeva l'ex leader dei serbi di Bosnia, per immaginare una fine del genere. Militari e religiosi in primis, ma anche esponenti politici radicali e i vertici dei servizi segreti, hanno sempre protetto Karadzic, che secondo le opinioni più diffuse in questi tredici anni è passato da un monastero ortodosso all'altro.
Più probabile che Svetozar Vujakic, l'avvocato di Karadzic, trattasse da tempo le condizioni della resa, diventata elemento indispensabile per l'emancipazione della Serbia da ruolo di 'stato canaglia'.

Lo psichiatra nazionalista. Radovan Karadzic è nato il 19 giugno 1945, a Petnjica, un paesino sul monte Durmitor (Montenegro), nel comune di Savnik. Dopo la laurea in psichiatria si dedica alla politica, diventando in breve il leader dei serbi di Bosnia. Alla passione per la poesia, che diventa quasi un ossimoro rispetto a un uomo così, affianca il nazionalismo che, al collasso della ex Jugoslavia, lo porta alla presidenza della auto proclamata Repubblica Srpska, quella dei serbi di Bosnia. Ottenuta l'indipendenza nel 1992, la Bosnia–Erzegovina diventava la madre di tutti, quindi anche dei serbi, che non accettavano l'idea di essere minoranza in un Paese a maggioranza islamica. Il progetto della Grande Serbia, dopo la dissoluzione della Jugoslavia, prevedeva anche i serbi di Bosnia e quelli di Croazia. A questo punto Karadzic, valendosi del generale Ratko Mladic sul campo, comincia la pulizia etnica delle zone serbe della Bosnia. Per questo il Tribunale Penale Internazionale ha emesso due ordini di cattura nei suoi confronti e gli Stati Uniti avevano promesso 5 milioni di dollari per la sua cattura. Le colpe più gravi delle quali è accusato Karadzic sono l'eccidio di 8mila musulmani perpetrato nel 1995 nell'enclave 'protetta’ di Srebrenica, i ripetuti bombardamenti contro la città di Sarajevo e anche di avere utilizzato 284 caschi blu dell'Onu come scudi umani nel maggio-giugno 1995. Finita la guerra, con gli accordi di Dayton del 1995, Karadzic era sparito nel nulla. Per ricomparire su un bus di Belgrado.

L'ora della giustizia. ''Questo processo è una farsa'', avrebbe dichiarato Karadzic al giudice che lo interrogava, ma si tratta solo di voci incontrollate. L'unico dato certo è che Karadzic si è avvalso della facoltà di non rispondere. Cosa accadrà adesso? Karadzic è detenuto dalla Procura nazionale per i crimini di guerra e l'ordinamento serbo prevede che il magistrato abbia tre giorni per decidere in merito all'estradizione del prigioniero, contro il quale il Tribunale Penale Internazionale ha spiccato due mandati di cattura. Entro gli stessi tre giorni, l'avvocato di Karadzic potrà presentare ricorso. Una giuria si pronuncerà con decisione inappellabile e il ministero della Giustizia di Belgrado potrà disporre, in caso di parere favorevole, sul trasferimento del detenuto all'Aja.
Karadzic era il numero uno dei ricercati del Tpi. Dopo la cattura di Stojan Zupljanin, avvenuta l'11 giugno scorso, che durante la guerra era comandante del Centro dei Servizi di Sicurezza a Banja Luka, la città più grande della Bosnia, all'appello mancano il numero due e il numero tre, rispettivamente il generale Ratko Mladic e Goran Hadzic, l'omologo di Karadzic per i serbi della Croazia. C'è da scommettere che non manca molto anche alla loro cattura, se sono ancora vivi. Tadic nelle elezioni del maggio scorso si è giocato tutto, chiedendo al popolo serbo, ancora frustrato per la perdita del Kosovo, vissuta come l'ennesima sopraffazione della comunità internazionale nei confronti di Belgrado, di scegliere: il futuro in Europa o vivere in un passato rancoroso e nazionalista. Ha vinto lui, convincendo i socialisti a lasciare soli i radicali di Seselj (anche lui detenuto all'Aja) e i revanscisti di Kostunica.


Arrestato Karadzic: il boia della Bosnia-Erzegovina
di Alessandro Iacuelli – Altrenotizie – 22 Luglio 2008

E' stato arrestato Radovan Karadžic, in cima alla lista dei più ricercati per i crimini di guerra nella ex-Yugoslavia, dopo oltre dieci anni di latitanza, tredici per la precisione. L’arresto è stato annunciato dal presidente serbo Boris Tadic, Karadžic è stato localizzato e arrestato in Serbia la sera di lunedì, l'operazione è stata compiuta dalle forze di sicurezza di Belgrado.

Dai primi comunicati sembra che sia stato arrestato su un autobus, nella capitale serba. Le sue responsabilità sono elevatissime: è noto al pubblico perchè è l'uomo che ordinò di sparare sui civili durante l'assedio di Sarajevo, compensando i cecchini con 50 marchi tedeschi per ogni vittima, ma è anche l'uomo che diede il via libera al massacro di 7.800 persone a Srebrenica nel luglio 1995, sotto gli occhi dei caschi blu olandesi, che non mossero un dito per evitare il più grande sterminio avvenuto in Europa dopo la seconda guerra mondiale. Oltre questo, le responsabilità di Karadžic sono ben altre, e vanno oltre l'immaginazione.

Psichiatra di professione, è stato un allievo di Jovan Raškovic, ed è stato anche il primo ad applicare nei Balcani la teoria psichiatrica di quest'ultimo: quella di usare la psicologia sociale e delle masse come arma da guerra. Raškovic poco prima di morire orgogliosamente affermò: "Sono il principale responsabile della preparazione della guerra in Yugoslavia, anche se non della preparazione militare. Ma se io non avessi creato lo stato emozionale giusto in tutto il popolo serbo, nulla sarebbe successo".

Karadžic applica in pieno le teorie del suo maestro, d'altronde anche lui è un bravo psichiatra e, quando è in servizio presso l'ospedale militare di Belgrado, tra i suoi pazienti ha nientemeno che Slobodan Miloševic.Radovan Karadžic è responsabile, soprattutto nella sua comunità, quella dei serbi di Bosnia, quella che oggi è diventata la Repubblica Srpska, di aver "pompato" attraverso una campagna mediatica soprattutto televisiva (ma anche radiofonica e con i giornali) la popolazione serba di Bosnia a vedere tutti gli altri come nemici. Un'attento attacco psicologico di massa su tutto il suo stesso popolo, per fomentare le atrocità oramai ben documentate. Quindi, non un semplice assassino e mandante di assassinii di massa, ma qualcosa di più sottile: un fomentatore di odio.

L'arresto di Radovan Karadžic rappresenta "un momento storico per le sue vittime, che hanno aspettato tredici anni per vederlo portato di fronte alla giustizia", così il segretario generale delle nazioni Unite, Ban Ki-moon, riassume la soddisfazione di gran parte della comunità internazionale per la consegna dell'ex presidente serbo-bosniaco al Tribunale penale internazionale che si occupa dei crimini di guerra e contro l'umanità compiuti nell'ex Yugoslavia.

E' certamente troppo presto per dare un giudizio storico sul personaggio, poichè è protagonista di cronache non concluse. E' accusato dal "Tribunale Penale Internazionale per i Crimini nella Ex-Yugoslavia" di crimini contro l'umanità, la vita e la salute pubblica, genocidio, gravi violazioni delle convenzioni di Ginevra del 1949, omicidio e violazioni delle norme e delle convenzioni di guerra.

Il giudizio politico su di lui invece è abbastanza chiaro. Una volta diventato Presidente della Repubblica Serba di Bosnia, Karadžic non ha ordinato un omicidio, ma uno sterminio, secondo l'articolo 5 dello Statuto del Tribunale Internazionale, mentre la sua attività psichiatrica basata sull'uso dell'arma psicologica attraverso le TV è classificata come violazione dell'articolo 3 dello Statuto del Tribunale Internazionale: creazione di un clima illegale di terrore tra i civili. Dovrà rispondere anche di questo, dell'aver fatto una pressione psicologica tale sui serbi di Bosnia, da averli indotti ad attaccare credendo di starsi difendendo da un attacco che in realtà non c'era: la psicologia se usata come arma può essere molto pericolosa. Arma politica, nelle mani di un leader, arma da guerra, nelle mani del capo di un esercito.

C'è naturalmente un rovescio della medaglia: dopo la cattura di Karadžic i Balcani si spaccano di nuovo in due. I cittadini di Sarajevo hanno festeggiato sfilando nelle strade con bandiere bosniache e con un corteo di auto in festa. Sarajevo è in festa e saluta la cattura di Karadzic, ma sembra più che altro uno strano rito per esorcizzare il fallimento della Federazione della Bosnia Erzegovina e fare banchetto, come avvoltoi, sui serbi della Republika Srpska. In Repubblica Srpska, invece centinaia di suoi sostenitori hanno manifestato in sua difesa. D'altronde, i suoi sostenitori affermano che egli non ha maggiori colpe rispetto ad altri leader di Paesi in stato di guerra, e poi quella maledetta latitanza ha fatto di lui un eroe popolare in alcuni ambienti nazionalisti serbi. Ambienti nazionalisti che aveva creato lui stesso, con il suo uso spregiudicato della psicologia dei gruppi.

Dopo la cattura, l'ex ricercato numero uno assieme a Ratko Mladic, "è stato trasferito davanti al giudice istruttore della corte per i crimini di guerra a Belgrado, in accordo con la legge sulla cooperazione col Tribunale penale internazionale per l'ex Yugoslavia", precisa ancora il comunicato del Presidente serbo. Se Karadžic verrà estradato all'Aja, sarà l'accusato serbo numero 44 che finisce nelle mani della corte internazionale. Tra questi anche l'ex presidente serbo Slobodan Milosevic, che è morto nel 2006 durante il processo per crimini di guerra.

Una volta arrestato, è stato immediatamente interrogato da parte del giudice istruttore. Secondo quanto riferisce l'agenzia Beta News, che cita il giudice Milan Dilparic, "L'interrogatorio è terminato, Dilparic, tuttavia, ha rifiutato di rivelare ulteriori dettagli circa l'interrogatorio, definendolo come confidenziale". Secondo quanto riferito dall'avvocato di Karadžic, Svetozar Vujakic, l'ex leader politico dei serbo-bosniaci "è stato arrestato venerdì su un autobus" a Belgrado e da allora è rimasto "detenuto in una cella". L'avvocato ha poi spiegato che Karadžic, ha descritto la situazione come una "farsa" e che avrebbe anche usufruito del suo "diritto di rimanere in silenzio durante l'interrogatorio".