venerdì 21 novembre 2008

Al Qaeda: in Italia c'e' ancora chi crede a Babbo Natale


Qualche giorno fa immancabilmente e arrivato puntuale il nuovo video della fantomatica Al Qaeda con protagonista il medico egiziano Al Zawahiri, il cosiddetto numero 2 dellorganizzazione.

Oggetto dello sproloquio dell'egiziano era Obama.


Ma ormai nel mondo la preoccupazione per "Al Qaeda" e' pari quasi a zero, essendo ben altri i veri problemi che bisogna affrontare nel prossimo futuro, vedi ad esempio le conseguenze della crisi economica globale.


E lo stesso ministro degli Interni tedesco Wolfgang Schaeuble qualche giorno fa in un'intervista al settimanale Stern, alla domanda se la societa' libera sia oggi piu' minacciata da Bin Laden o dagli istituti di credito, non ha avuto dubbi nel rispondere "Al momento ci preoccupano piu' le banche di Bin Laden".


Sono rimasti ormai solo i media italiani a dare risalto alle farneticazioni di un'entita' astratta denominata Al Qaeda e che esiste ancora soltanto nella fantasia malata di qualche squilibrato sparso nel mondo, tra cui il giornalista del Corriere della Sera che ha scritto il patetico e ridicolo articolo qui di seguito pubblicato dopo quello di Alessio Marri.



Ancora allarme Al Qaeda, i media italiani restano soli

di Alessio Marri – Megachip – 20 Novembre 2008


“Al Qaeda ad Obama: “Sei solo un negro filoisraeliano”. “Al Zawahiri minaccia e insulta Obama”. “Al Qaeda agli Usa: convertitevi e ritiratevi”. Aperture in prima pagina, primi titoli dei Tg. Titoli aggressivi, gridati.

Nelle ultime settimane la stampa italiana, come ben descritto in un
articolo di Paolo Maccioni su Megachip, si sta smarcando drasticamente dall’agenda informativa mondiale. Se in Italia si aprono telegiornali e prime pagine sulle dichiarazioni più o meno attendibili di terroristi e fondamentalisti islamici, risulta assai grottesco verificare sui più importanti quotidiani americani, dal «Washington Post», al «Wall Street Journal» fino al «New York Times», un totale o quasi disinteresse per le medesime questioni.


I nostri media si prodigano in decine di editoriali, approfondimenti e riesumazioni degli episodi più sensazionali dell’11 Settembre. Oltreoceano, paradossalmente, concedono solo brevi, piccoli flash, al massimo articoli di spalla ad eventi correlati all’inasprimento del conflitto in Afghanistan, alla difficile normalizzazione dell’Iraq e ancora alle tensioni con l’Iran.


L’aria è cambiata, ma in Italia in pochi sembrano essersene accorti. I tempi del neo-teo-conservatorismo estremo del duetto George W. Bush – Dick Cheney volgono a essere solo un brutto ricordo. L’elezione di un democratico del valore di Barack Obama non rappresenterà certo una svolta epocale nella conduzione della politica estera americana, ma il primo presidente di colore degli Stati Uniti d’America appare particolarmente cosciente che oggi la minaccia più grande per il suo paese non arriva dagli uomini di Al Qaeda ma più propriamente dall’interno, ed ha un volto e un nome preciso: è la crisi economica.


Maccioni ha additato opportunamente la motivazione originale delle scelte editoriali della stampa italiana nel sensazionalismo, nel tentativo di alzare il tiro e con esso l’audience e le vendite. Senz’altro.


Ma c’è qualcosa in più.


Da un lato sui media italiani pesa il complessivo condizionamento a stelle e strisce dell’
agenda setting, una condizione di mera dipendenza politica figlia in primis del ruolo subalterno di un paese libero a metà.

Dall’altro la messa in moto di una raffinata macchina fatta di giornalisti, opinion maker, presentatori televisivi e scrittori votati esclusivamente a rinfocolare lo scontro di civiltà.
Un meccanismo che difficilmente raggiunge l’autocoscienza completa, difficilmente comprende quando e come fermarsi. Specialmente in un paese di burattinai come l’Italia, dove un ex ministro della Repubblica come Maurizio Gasparri si permette di dichiarare impudicamente che “l’elezione di Obama renderà felice Al Qaeda”.


Come possiamo anche solo ipotizzare che un Massimo Teodori, un Ernesto Galli della Loggia o ancora un Angelo Panebianco, personaggio capace di difendere a spada tratta in prima pagina sul Corsera l’impiego della tortura, possano rendersi conto realmente che è venuta l’ora di mantere basso il profilo? In America la situazione resta comunque molto più semplice e chiara. Come dimostrato da una straordinaria inchiesta apparsa sul «New York Times», se servono sostenitori della guerra, della tortura, delle armi biologiche o nucleari, il Pentagono arruola ex ufficiali in pensione trasformandoli in politologi indipendenti estremamente funzionali per la Tv di massa. In Italia immaginiamo non sia molto differente, ma un fatto è certo: si tratta di gente meno sveglia.



Al Zawahiri insulta e minaccia Obama

di Guido Olimpio – Il Corriere della Sera – 19 Novembre 2008


Il presidente eletto Usa definito «negro» e contrapposto a «rispettabili neri americani» come Malcolm X


Ha atteso le prime mosse di Obama, ha cercato di capire cosa il neopresidente vorrà fare sulla scena internazionale e alla fine ha parlato mettendo fine ad un lungo silenzio. Ayman Al Zawahiri, nel primo commento diretto sul voto Usa, è ricorso ad insulti razzisti contro Obama definito «un negro (o servo) di casa» e una persona «disonorevole», colpevole di aver tradito le sue origini musulmane appoggiando Israele.


Epiteti poi ripetuti nei confronti dell’ex segretario di Stato Colin Powell e di Condoleeza Rice. L’ideologo qaedista ha sostenuto che l’esponente democratico è l’esatto contrario di Malcom X, un personaggio “onorevole”. Al Zawahiri sembra essersi ispirato proprio a Malcom X che in un famoso discorso fece la distinzione tra il “buon negro di casa” e il “negro dei campi”. Il primo è colui che vive con i bianchi e accetta lo status quo, il secondo è quello che se vede bruciare la casa del padrone gioisce.


Al Zawahiri ha affidato le sue parole ad un audio inserito in un video con immagini di Malcom X raccolto in preghiera e di Obama con personalità ebraiche. Nel messaggio, diffuso via Internet, l’esponente terrorista afferma che il piano di Obama di spostare truppe dall’Iraq all’Afghanistan per combattere Al Qaeda è destinato al fallimento. Una profezia accompagnata dall’appello a lanciare nuovi attacchi contro i “criminali americani”.

Il contenuto dell’audio conferma ancora una volta la tendenza dei leader qaedisti a intervenire sui temi interni americani e in questo caso alle tensioni razziali.


Già in passato Osama e Al Zawahiri avevano citato Malcom X e la questione degli indiani. Nel contempo vogliono trasmettere ai loro seguaci le parole d’ordine: Obama è un nemico, nessuna tregua, non fatevi ingannare dalle promesse di svolta. Sul piano più generale ad Al Qaeda, anche se non bada troppo a chi siede nella Casa Bianca, appare diffidente e incerta su Obama.


Non lo conosce, non può agire con il pilota automatico come con Bush, teme le possibilità novità in campo internazionale e soprattutto l’iniziale reazione favorevole alla sua elezione. Dubbi espressi anche da un personaggio autorevole come lo “sceicco” Qardawi, molto ascoltato nel mondo arabo, e da altri commentatori che hanno definito Obama “un bianco con i guanti neri”.


Infine un’annotazione sui tempi. Osama è rimasto silenzioso sul voto Usa e non ha fatto la dichiarazione di voto come era avvenuto nel 2004. Al Zawahiri si è mantenuto sulla stessa linea provocando speculazioni su possibili difficoltà dei capi terroristi. La scelta di mescolare un audio con vecchie immagini segnala la cautela degli estremisti che vivono nell’ossessione di essere intercettati. Un timore accresciuto dai pesanti raid lanciati dalle forze Usa ai confini tra Pakistan e Afghanistan.