venerdì 7 novembre 2008

In Congo si combatte per il coltan

La guerra in Congo continua senza sosta e per i soliti motivi per cui si era gia' combattuto solo pochi anni fa.
In tarda mattinata sono ripresi i combattimenti fra i ribelli di Laurent Nkunda e le forze governative congolesi vicino a Goma, il capoluogo del Nord Kivu, nel nord est della Repubblica democratica del Congo.

I combattimenti, con scambio di colpi di mortaio e di armi leggere, sono divampati nei pressi di Kibati (circa sette km a nord di Goma), a pochi chilometri da un grande campo profughi.
Gli scontri hanno seminato il panico fra i rifugiati in attesa di ricevere cibo dal Pam, il Programma alimentare mondiale dell'Onu, e migliaia di persone si sono date alla fuga verso Goma.

I nostri telefonini ringraziano…


La guerra del coltan
di Nicola Sessa – Peacereporter – 7 Novembre 2008

Che sta succedendo nel Nord Kivu? Si sta consumando una guerra più sporca di altre? O stiamo assistendo a un secondo atto della guerra etnica di hutu contro tutsi scoppiata tredici anni fa nel troppo vicino Ruanda?

Gli ultimi aggiornamenti. Dopo due giorni di combattimenti le forze ribelli guidate dal generale Nkunda hanno conquistato la città di Kiwanja e sconfitto le milizie filo-governative dei Pareco Mai-Mai. I cittadini, circa 35mila persone, sono stati costretti a lasciare le loro case e così i ribelli hanno avuto campo libero per saccheggiare, con tutta calma, le poche cose rimaste. Secondo testimonianze di caschi blu e reporters sul luogo, diverse decine di corpi sarebbero riversi nelle strade. Kiwanja è a soli 80 chilometri da Goma, la capitale del Nord Kivu. I combattimenti intorno alla città e a Rutshuru hanno costretto gli operatori umanitari a sospendere le loro attività. Il primo convoglio con il cibo era arrivato solo ieri e l'equipe di Medici Senza Frontiere (Msf) aveva ripreso a operare nei campi profughi. Nkunda ha accusato il governo di aver rotto il cessate-il-fuoco proclamato unilateralmente dal generale la settimana scorsa. Il generale tutsi sostiene, infatti, che le milizie Pareco Mai-Mai, costituite per lo più da hutu, siano sostenute direttamente dal governo di Joseph Kabila. Stessa sorte è toccata nel pomeriggio alla città di Nyanzale. Anche lì stesso copione: evacuazioni e saccheggi. Intanto, i mezzi corazzati del dell'Onu si sono schierati intorno a Kikuku e i soldati hanno l'ordine di sparare, se necessario. La possibilità di arrivare a una trattativa è sempre più remota.

Un conflitto esportato. Stiamo rischiando di assistere alla continuazione degli scontri etnici tra hutu e tutsi? Stando a quanto dichiarato a Radio Popolare Salento da Chiara Castellani, un chirurgo volontario che vive nella regione da diciotto anni, non dobbiamo farci ingannare. Quella che si sta combattendo è una guerra più sporca di tante altre, non si tratta solo di un conflitto etnico "esportato" dal Ruanda. Ma, leggendo tra le righe, è facile capire che diverse potenze "anglofone", nascoste dietro le spalle del presidente ruandese Paul Kagame e le sue mire espansionistiche, stanno facendo guerra alla Repubblica Democratica del Congo (DR Congo), colpevole di essere ricchissima di risorse del sottosuolo e di superficie. Diamanti, uranio, cobalto, un consistente patrimonio idroelettrico e coltan. Il coltan... tutti noi abbiamo una piccola quantità di coltan nelle nostre tasche: senza questo minerale i telefoni cellulari non potrebbero funzionare. Il suo prezzo è di poco superiore all'oro e l'ottanta percento dei giacimenti scoperti si trova proprio nella DR Congo, nel Nord Kivu a voler essere precisi.

Il Ruanda e le multinazionali. Nkunda ha cominciato a provocare disordini nel Kivu già da prima delle elezioni. Dietro alla supposta necessità di sostenere la minoranza tutsi dei Banyamulenge, ci sono gli interessi del Ruanda. Secondo Chiara Castellani, non c'era nessuna esigenza di proteggere un gruppo, quello dei Banyamulenge, abbastanza integrato nella società congolese. Nessuno ha interesse ad attaccare i tutsi, ma adesso, dopo le provocazioni del generale Nkunda e del suo gruppo armato, il rischio più grosso è che la minoranza tutsi attiri su di sé, incolpevole, l'odio della popolazione. "La vera ragione di questa guerra - continua la dottoressa Castellani - va ricercata nella difesa degli interessi delle multinazionali. Una difesa sponsorizzata da Kagame, che riceve il suo tornaconto".