giovedì 20 novembre 2008

I regali di Bush a Obama


Qui di seguito un simpatica sintesi degli enormi problemi di natura interna che dovra’ affrontare Obama.

Ed e' solo una parte dei “regalini” che l’Idiota Texano gli consegnera’ tra due mesi alla Casa Bianca.



Abracadabra!

di James Howard Kunstler – Clusterfuck nation – 10 Novembre 2008

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di Andrea Contini


Poiché la campagna elettorale si è svolta come una corsa di 3000 miglia fra un levriero e un armadillo, i mass media hanno iniziato a martellare sulla vaga promessa di cambiamento fatta da Obama.

“Ora ci rendiamo conto che la principale promessa era quella di un “cambio di regime”proprio qui negli USA, non in qualche posto lontano dove vivono indigeni che portano strani cappelli. La vittoria di Obama è stato un momento di straordinaria allegria, non da ultimo perché sembra che egli sia una persona discreta e intelligente che si è fatta da sola nonostante un modesto background familiare – uno che si andava a comprare i calzettoni tubolari al K–Mart, preoccupato per i soldi che deve spendere e che ha fatto molti viaggi in metropolitana.

“L’attuale occupante della Casa Bianca ha minuziosamente preparato per il suo successore il più grande panino di m…a che il mondo abbia mai visto e c’è, senza dubbio, un po’ di paura che quest’ultimo finisca per soffocarsi. Il dilemma essenzialmente è questo: la società dei consumi che tutti noi ben conoscevamo e di cui eravamo innamorati è ufficialmente morta. Ci si aspetta la nascita di una nuova economia che, però, non ha nulla a che vedere con quella che è morta.

L’economia che sta per arrivare è fatta di rigore ed austerità. Non è proprio ciò a cui una nazione di obesi pagliacci è abituata. Possiamo sperare di arrivarci o stiamo per sprecare le nostre ormai esigue risorse vitali per qualcosa che è già morto?

Ad esempio: l’industria dell’auto. Le “Tre grandi”, tutte praticamente in bancarotta, sono adesso allineate nel tentativo di farsi salvare dai conti senza fondo del Tesoro. Personalmente, credo che l’era dell’”Happy Motoring” sia finita. Molti americani hanno già comprato la loro ultima auto, anche se non lo sanno ancora. L’attuale basso prezzo del petrolio è una fregatura completa, avendo molto più a che fare con la discarica finanziaria del mercato dei derivati che non con l’equazione domanda/offerta del mercato immobiliare.

La maggior parte del mondo (i mass media innanzi tutto) ha ignorato fin dall’inizio le falle del recente rapporto dell’Agenzia Internazionale dell’Energia (IEA) che prevede che la diminuzione a livello globale del prezzo del petrolio sarà del 9.1 % nel 2009. E’ una previsione sbalorditiva, quasi da controbilanciare qualsiasi rallentamento che osserviamo nella domanda globale da parte dell’economia mondiale in crisi. Infatti, i mercati globali del petrolio sono pronti per le più gravi dismissioni mai viste, e questo significa che è une bella scommessa determinare quello che accadrà anzitutto negli Usa: una ripresa dei prezzi del petrolio, oppure carenze, accaparramenti selvaggi e razionamento.

Riguardo ai miei soldi (letteralmente) ci sono solo 2 buone ragioni per cui una qualsiasi parte dell’industria dell’auto si debba salvare in questo periodo: uno, perché abbiamo bisogno di qualcuno che costruisca i motori per i veicoli militari e, due, perché abbiamo bisogno di qualcuno che costruisca il parco macchine per la ricostruzione del sistema ferroviario. Sarà la colonna portante dell’economia del futuro se vogliamo rimanere una nazione civile.

Anche le fazioni progressiste del grande pubblico potrebbero volere molto più cambiamento di quello che hanno negoziato. L’economia globalizzata che conosciamo è finita (nonostante il fatuo suggerimento del primo ministro britannico Gordon Brown che siamo pronti a formalizzare). Il mondo sta per perdere la sua piattezza (scusami Tom Friedman) e diventare più rotondo. Per un motivo, ovvero che la truffa dei consumatori americani che trangugiano i prodotti delle fabbriche asiatiche in cambio di promesse di carta è finita. Al momento i cinesi stanno lottando contro un’epocale chiusura di fabbriche con l’improvvisa prospettiva di una massa proletaria in difficoltà.


La situazione è destinata a peggiorare. Alla lunga, queste masse sofferenti e affamate potrebbero sfidare sul serio il governo. Per il momento, non si può prevedere ciò che il governo cinese (illegittimo) potrebbe fare per mantenere il potere, o per difendere davvero i propri interessi economici. Su una cosa c’è piena consapevolezza: non ritorneremo al racket dei giocattoli venduti per buoni del Tesoro. Una cosa che la Cina potrebbe fare per difendere la propria economia è disfarsi di tutte le cartacce denominate Dollari che stanno ammuffendo nei loro forzieri prima che diventino senza valore tutte insieme.

Poiché le relazioni economiche mondiali si stanno rinsecchendo, e continueranno a farlo, gli Stati Uniti saranno ricacciati indietro ai propri destini nello stesso momento in cui le risorse petrolifere diventeranno gravemente carenti. Obama dovrà occuparsi delle urgenti riforme radicali che riguardano tutte le attività della vita quotidiana. Vicino alla cima della lista – ma invisibile per la maggior parte delle persone – ci sarà il problema di come produrre il cibo che ci serve.


L’agricoltura industriale è finita, e i sobborghi sono belli che fritti. Obama dovrà perdere un sacco di tempo nelle fasi iniziali della negoziazione di questa crisi. Non so neanche cosa egli possa fare di politicamente saggio, sebbene possa certamente spiegare al pubblico che dobbiamo coltivare noi stessi una maggior quantità del nostro cibo vicino a casa e farlo usando meno macchine e meno concimi chimici che dipendono dal petrolio. E’ un problema di una tale crescente criticità che non è stato neanche vicino ad essere incluso nell’arena elettorale. La transizione verrà fatta probabilmente con mezzi di emergenza. Quest’ovvia necessità suggerirà un nuovo tipo di comportamento e nuovi modi di fare le cose. Alla fine, nuovi assetti si creeranno da soli, se non sprecheremo risorse difendendo un insostenibile status quo. Una cosa che possiamo sicuramente pronosticare è che coltivare da noi il nostro cibo richiederà molto più lavoro umano e attenzione – significa che ci sarà molto lavoro per la gente che ora sta perdendo il suo posto da Footlocker o da Arby’s, ma non si sa se tutti saranno contenti delle loro nuove vocazioni.

Dobbiamo ricominciare di nuovo a fabbricare le cose negli Stati Uniti, probabilmente in scala minore e probabilmente a farne meno di quelle cui siamo abituati. Non abbiamo ancora idea sul come ciò avverrà. Come l’agricoltura, la cultura manifatturiera deve tornare in modo preponderante, poiché individui e comunità vedono opportunità in vantaggi come la vicinanza a bacini idroelettrici e vie di comunicazione sull’acqua. La mia speranza è che la grande impresa come la conosciamo – a livello continentale e globale – lo faccia. Non scommetterei su nessuna delle 500 facce di Fortune sul fatto che svolgeranno il lavoro manifatturiero usando gli impianti e le apparecchiature a cui sono abituate. L’industria manifatturiera del futuro potrebbe assomigliare più al sistema di lavoro a domicilio che a Procter and Gamble. Tuttavia, è ovvio, ci saranno sforzi molto ingenti per sostenere grandi imprese che stanno fallendo ed evitare che ovvie bancarotte avvengano nel futuro.

Allo stesso modo funziona per il settore della vendita al dettaglio. Molti osservatori credono che la Wal–Mart e i suoi cloni siano immuni dalle grandi correnti che ruotano attorno ad esse. Solo perché molte persone completamente al verde sono a caccia di offerte vantaggiose al Wal Mart nel corso di questi giorni non significa che il modello del “Big Box” sopravvivrà molto a lungo in futuro. Infatti, in ogni tendenza che vediamo – dal mercato del petrolio agli eventi in Cina, dall’impoverimento della classe operaia statunitense alla crisi che sta arrivando nel trasporto su gomma – si possono facilmente capire le fatali debolezze di questo modello. La vendita al dettaglio locale (e le sue strutture di supporto) sta tornando. Non sappiamo ancora, tuttavia, in che modo e quanto capitale verrà sprecato per salvare Wal Mart, quando arriverà il momento. In ogni caso, l’obbligatorio ridimensionamento del commercio in America rappresenta anche una grande opportunità per i giovani di costruirsi un proprio business.

Obama sarà a capo di una potenziale ristrutturazione di tutti i nostri sistemi, alcuni in modi che né lui né i suoi sostenitori avevano immaginato. Non abbiamo ancora incominciato a vedere dove il destino condurrà l’educazione superiore, ma la mia speranza è che non sia più un’attività di consumo e che gli ipertrofici “land grant” diplomifici si riducano di numero o muoiano, quando il sostegno statale si estinguerà e tutte quelle professioni non necessarie come le “pubbliche relazioni” o il “marketing” smetteranno di aver bisogno di laureati con tanto di certificazione. Le lussuose scuole superiori centrali, totalmente dipendenti dalle loro flotte di scuolabus gialli, saranno abbandonate come problemi per gli stati e i comuni. Non credo che potranno essere salvate, e già stanno fallendo in molti altri ambiti, non ultimo l’educare e far socializzare i giovani.


Nei prossimi mesi che verranno, Obama sarà di sicuro sommerso da innumerevoli problemi di liquidità in ogni settore della vita americana, dal disfacimento dei fondi pensione alla bancarotta delle tesorerie di stato, dall’impoverimento delle corporations alle masse disperatamente espropriate di gente che ha perso il lavoro. Non stavo scherzando quando son saltato fuori con la sigla “la lunga emergenza” per descrivere la tempesta in cui ci stiamo dirigendo con Obama. Di sicuro, il nostro attuale presidente – e Obama è stato acuto nell’affermare che c’è solo un presidente in ufficio al momento – ha più di 2 mesi per causare un’ulteriore rovina finanziaria. Adesso, sta chiedendo, Mr O. “vuoi le patatine assieme al sandwich che ho preparato per te?”