giovedì 5 febbraio 2009

Afghanistan: ieri, oggi e domani

Qui di seguito si parla del passato, del presente e del futuro dell'Afghanistan.

Obama e la svolta del Pentagono "Attaccare in Pakistan"
di Maurizio Molinari - La Stampa - 4 Febbraio 2009

II memorandum segreto sulle nuove strategie n memorandum segrej to del Pentagono suggerisce a Barack Obama di attaccare Al Qaeda e i taleban sul territorio del Pakistan mentre i mujaheddin del Waziristan bersagliano le retrovie della Nato riuscendo a bloccare l`arrivo dei rifornimenti alle truppe alleate schierate in Afghanistan.

A svelare l`esistenza del memorandum è il sito «The Politico», secondo il quale il capo degli Stati Maggiori Congiunti ha suggerito per iscritto al presidente americano di «cambiare strategia in Afghanistan» spostando il focus dell`intervento dal sostegno alla ricostruzione civile e alla stabilizzazione interna all`«impegno militare in Pakistan per assicurare la stabilità regionale».

In concreto significa ipotizzare di adoperare gli imminenti rinforzi di truppe fra 12 mila e 30 mila uomini non tanto per costruire ponti, o aumentare la sicurezza delle strade di Kabul, ma soprattutto per portare la caccia ai mujaheddin fin dentro i confini del Pakistan, dove sono le loro roccaforti e probabilmente anche i nascondigli di Bin Laden e Al Zawahiri.

Sono queste «zone franche» che hanno finora permesso ai taleban di resistere alle offensive della Nato. «Bisogna eliminare i rifugi di taleban e Al Qaeda in Pakistan» suggeriscono i comandi militari, con un linguaggio che lascia intendere la volontà di adoperare truppe di terra nelle zone tribali lungo il confine afghano, dal Waziristan al Beluchistan, dove fino a questo momento operano solo i droni senza pilota della Cia, armati di missili.

Le «raccomandazioni per il presidente» nascono dalle valutazioni di David McKierman, comandante delle forze in Af ghanistan, sono state approvate da Mike Mullen, capo degli Stati Maggiori Congiunti, e vistate dal titolare del Pentagono Robert Gates. In attesa della decisione del presidente il temaPakistan è stato discusso ieri nel briefing d`intelligente a seguito di quanto sta avvenendo sul terreno. Gruppi di mujaheddin sono infatti riusciti a far saltare in aria nel nord-ovest del Pakistan il ponte che garantiva la più importante rotta di rifornimento per le truppe della Nato in Afghanistan. Un blitz realizzato con tecniche militari e l`uso di sofisticati esplosivi che hanno ridotto ad un ammasso di rottami il ponte lungo dieci metri sul Khyber Pass, a 25 chilometri da Peshawar, sul quale sono finora passati il 75% di carburanti, armamenti e cibo che la Nato scarica nel porto di Karachi.

I portavoci dell`Alleanza da Kabul hanno ammesso lo smacco: «Per il momento la rotta è bloccata».

Il Pentagono è corso ai ripari con una pianificazione di emergenza che prevede un percorso alternativo via terra attraverso l`Asia Centrale grazie ad un accordo siglato il mese scorso dal generale David Petraeus, comandante delle truppe in Medio Oriente, con Russia e Uzbekistan. L`abilità dimostrata dai taleban pakistani nel colpire le retrovie della Nato segue di meno di 24 ore il rapimento in pieno giorno a Quetta di John Solecki, cittadino americano e titolare del locale ufficio dell`Onu per i rifugiati.

Il governo di Islamabad ha definito il rapimento un «atto terrorista bastardo» e promesso di catturare gli artefici del blitz contro il ponte. Ma l`evidente difficoltà delle forze pakistane nel fronteggiare i mujaheddin è destinata a rafforzare la convinzione del Pentagono sulla necessità di intervenire per colpire le basi dalle quali i taleban e Al Qaeda operano.

D`altra parte Obama ha più volte ripetuto che l`obiettivo «numero 1» è di «fermare Al Qaeda che continua a minacciarci».

E` prevedibile che prima di adottare la decisione sulla «revisione della politica afghana», come la definisce il portavoce Robert Gibbs, Obama aspetti il ritorno dal Pakistan dell`inviato Richard Holbrooke, atteso la prossima settimana da incontri a Islamabad e Kabul con i leader politici ed i capi militari.


Il costo della vita in Afghanistan
di Enrico Piovesana - Peacereporter - 2 Febbraio 2009

In Afghanistan la vita costa poco. Il salario medio è di 20 euro al mese.

I contabili del comando militare Usa di Kabul devono aver fatto conto su questi dati per quantificare l'ammontare del risarcimento destinato ai parenti delle vittime civili di uno degli ultimi bombardamenti aerei condotti dalla maldestra aviazione statunitense.

Inzeri. Martedì scorso il colonnello Greg Julian è arrivato a bordo del suo Hummer blindato nella brulla valle di Tagab, in provincia di Kapisa, solo una cinquantina di chilometri a nord-est della capitale Kabul.
Ad aspettarlo c'erano tutti gli uomini del piccolo villaggio di Inzeri, sul quale - nelle stesse ore in cui a Washington Obama giurava come presidente - i cacciabombardieri Usa hanno sganciato bombe da 30-50 mila euro l'una, uccidendo quindici civili.
L'anziano capo-villaggio - un vecchio pashtun con la lunga barba bianca e il turbante in testa - ha condotto il giovane ufficiale straniero vicino a quindici cumuli di terra smossa di fresco, le tombe delle quindici vittime, e lì si è fatto consegnare il denaro: meno di duemila euro per ogni famiglia.

Guloch. Tornato nel suo ufficio di Kabul, il collonnello Julian ha archiviato il fascicolo 'Inzeri' e si è messo a lavorare su un nuovo caso: quello di sedici civili, tra cui due donne e tre bambini, morti sotto un altro bombardamento avvenuto quattro giorni prima a un centinaio di chilometri a est della capitale, sulle montagne di Laghman, nel villaggio di Guloch. La versione ufficiale dei comandi Usa, come per Inzeri, come sempre, è che le vittime erano talebani, non civili. Se poi verrà fuori la verità, basterà rimettere mano al portafogli. Tanto in Afghanistan la vita costa poco. E vale ancora meno.


Elezioni presidenziali il prossimo 20 Agosto, Karzai si ricandidera'
da Peacereporter - 29 Gennaio 2009

Azizullah Ludin capo della commissione elettorale dell'Afghanistan ha fatto sapere che le elezioni presidenziali si terranno il prossimo 20 agosto.

Rispetto a quanto previsto dalla Costituzione le elezioni si terranno con qualche mese di ritardo. Il capo della commissione ha reso noto che il ritardo sarebbe legato a problemi di sicurezza interna al paese. Non ha escluso però che il ritardo possa essere giustificato con altri problemi relativi a complicazioni dal punto di vista tecnico e di budget.

Il prossimo 22 maggio scadrà il mandato del presidente Hamid Karzai in carica dal 2001, anno della caduta dei talebani. Secondo la Costituzione afgana le elezioni si sarebbero dovute tenere due mesi, massimo uno, prima della scadenza del mandato presidenziale. Karzhai ha già fatto sapere di volersi ricandidare per un nuovo mandato. Dal canto loro i talebani hanno già chiuso ogni possibile dialogo elettorale facendo sapere che si opporranno con ogni mezzo alle elezioni.


Le origini della guerra in Afghanistan
di Vicenc Navarro - www.rebelion.org - 24 Gennaio 2009
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di Liliana Benassi


Come si sarebbe potuta evitare la creazione di Al Qaeda e l'11 Settembre

Il nuovo presidente degli Stati Uniti, il Sig. Barack Hussein Obama, ha reso noto che una delle sue intenzioni, è chiedere agli alleati della NATO che aumentino il loro contributo alla guerra d’Afghanistan. Da lì, la necessità che il popolo spagnolo sia informato a riguardo delle origini di questo conflitto. Invece, la maggior parte dei mezzi di comunicazione spagnoli hanno dato una versione distorta di ciò che avvenne in quel paese.

La prima volta che l'Afghanistan apparve nei mezzi di comunicazione spagnoli erano gli anni ottanta, riferendosi all’intervento degli Usa per bloccare l’invasione dell’Afganistan da parte dell’ Unione Sovietica (URSS). L'Afghanistan correva il rischio di trasformarsi in una “colonia” dell’impero sovietico, fatto che fu impedito dell’intervento americano in appoggio alle forze di liberazione che lottavano contro il governo fantoccio, sostenuto dall’Unione Sovietica. Ecco questa è la versione più conosciuta di quello che accadde in Afghanistan negli anni ottanta e seguenti.

La seconda volto che l'Afghanistan comparve sui mezzi di comunicazione fu quando, meno di un mese dopo gli attacchi alle Torri Gemelle di New York dell’ 11 settemre 2001, le forze armate americane attaccarono il regime talibano esistente in quel paese, provocando la sua caduta e la sostituzione con un governo nominato in pratica dal governo federale degli Stati Uniti. Fin qua la versione ufficiale proposta sui mezzi di comunicazione spagnoli. Tale versione, ciononostante, (e in particolare la prima) non corrisponde alla realtà. È di enorme importanza correggere tale versione, facendo conoscere la storia reale di quei fatti. Esistono vari libri che hanno criticato la versione dei fatti data attraverso i mezzi di informazione dominante degli Stati Uniti e dell’Europa. Tra i quali è da notare il ben informato "Afghanistan, Another Untold Story", di Michael Parenti pubblicato in Znet.

Che accadde in Afghanistan?

L'Afghanistan, uno dei paesi più poveri del mondo, fu governato fino agli anni settanta, da un sistema feudale nel quale il 75% della terra era di proprietà del 3% della popolazione rurale. Un sistema basato sullo sfruttamento causa enorme povertà nella popolazione. Però dove c’è sfruttamento, di solito c’è resistenza. E negli anni sessanta le forze oppositrici di quel regime feudale (retto da un monarca) formarono il Partito Democratico Popolare Afgano (PDPA) che guidò la resistenza e forzò la caduta della monarchia nel 1973, che venne sostituita da un governo inefficiente, corrotto, autocratico e poco popolare. Il PDPA aveva avuto le forze necessarie per esigere la destituzione del Re però non aveva avuto forze sufficienti per cambiare il regime. L’insoddisfazione con il regime arrivò a livelli tanto alti che nell’anno 1978 ci furono grandi mobilitazioni popolari che forzarono le dimissioni del governo. Parte dell’esercito non oppose resistenza a tali mobilitazioni. Anzi al contrario, le appoggiarono, stabilendo così il primo governo popolare diretto dal PDPA e guidato da un poeta e romanziere nazionale, Noor Mohammed Taraki, (il García Márquez dell’Afganistan).

Il PDPA fu il partito al governo che iniziò un gran numero di riforme includendo la legalizzazione dei sindacati, un salario minimo, una fiscalità progressiva, una campagna di alfabetizzazione, riforme nell’area sanitaria e della salute pubblica che facilitarono l’accesso della popolazione a tali servizi. Nelle aree rurali facilitò la creazione di cooperative agricole. Una riforma che ebbe un enorme impatto, fu quella di favorire la liberazione della donna, aprendo l’educazione pubblica anche alle bambine e agevolando l’integrazione della donna nel mercato del lavoro e nell’università. Come scrisse il giornale San francisco Chronicle (17 novembre 2001) con il governo del PDPA le donne studiavano agricoltura, ingegneria e commercio nelle università. Alcune donne ebbero posti nel governo e sette di loro furono elette in Parlamento. Le donne conducevano automobili, viaggiavano liberamente e formavano il 57% degli studenti universitari. Il professore John Ryan dell’università di Winnipeg (Canada), esperto in economia agricola e conoscitore dell’Afghanistan, ha segnalato che la riforma agraria iniziata dal governo ebbe un enorme impatto sul benessere della popolazione rurale. Il governo eliminò anche le coltivazioni di oppio. (L'Afghanistan procuceva il 70% dell’oppio impiegato per la produzione dell’eroina).

Bene, ora, quelle riforme generarono un enorme resistenza da parte di quei gruppi i cui interessi stavano venendo colpiti negativamente. Tre gruppi diressero l’opposizione. Il primo fu quello dei proprietari terrieri che sfruttavano l’agricoltura; un’altro fu quello dei leader religiosi che si opposero con tutte le forze al fatto che la donna si emancipasse; un terzo fu il gruppo dei trafficanti di oppio. In aiuto di tali gruppi vennero Arabia Saudita, uno stato fondamentalista che apportò aiuti ai fondamentalisti islamici; l’Esercito del Pakistan preoccupato che le riforme afgane contaggiassero le classi popolari del proprio paese e, ovviamente, il governo federele degli Stati Uniti.

Perchè il Governo Federale degli Stati Uniti?

Bisogna sottolineare che pure la CIA, l’agenzia di spionaggio del governo federale degli Stati Uniti, aveva riconosciuto il carattere popolare e liberale del PDPA e mai (durante il periodo che tale forza politica lottò contro il regime feudale) si riferì al PDPA come “Agente di Mosca”. Era cosciente che tale forza politica corrispondeva a una domada interna che aveva una sua propria indipendenza e autonomia. Nonostante ciò, e prima che l’Unione Sovietica intervenisse in Afghanistan, il governo federale degli Stati Uniti stava finanziando le forze estremiste e fondamentaliste afgane che stavano provando a sabotare le riforme del governo del PDPA (incluse le scuole pubbliche che nelle zone rurali insegnavano alle bambine). Il Sig. Brzezinski, Consigliere Nazionale per la Sicurezza del Presidente Carter, ha ammesso che il governo americano ha finanziato la guerriglia estremista che realizzò tali atti di sabottaggio, bruciando per esempio le scuole pubbliche. C’è di più, il governo federale degli Stati Uniti, fece un golpe di stato militare contro il governo PDPA nel 1979 assassinando Taraki e i dirigenti del PDPA, prima che militari vicini al PDPA riprendessero il potere.

Le ostilitá del governo federale degli Stati Uniti verso le riforme del governo PDPA si concretizzavano nell’opposizione del governo USA alla nazionalizzazione della terra e altri cambiamenti che entravano in conflitto con le linee politiche del governo federale americano, riforme che contavano sulla collaborazione tecnica dell’Unione Sovietica. Il governo degli Stati Uniti era preoccupato di una possibile espansione sovietica. Dietro a queste ostilità vi era un fondamentalismo anticomunista perpetrato dalla figura di Zbigniew Brzezinsk (un polacco anticomunista fondamentalista) che considerava che l’obiettivo fondamentale della politica estera degli USA fosse eliminare l’influenza dell’Unione Sovietica nel mondo, a qualsiasi costo, includendo con questo anche appoggiare alcune delle forze più retrograde e reazionarie esistenti nel mondo, come i fondamentalistici islamici afgani.

L’alleanza tra Usa, Arabia Saudita e Pakistan era poderosa e creava instabilità al governo del PDPA. Da lì l’esigenza del governo di chiedere aiuto all’Unione Sovietica, aiuto che fu rifiutato in varie occasioni, fin quando il governo della URSS accettò di inviare le forze armate in aiuto dell’esercito Afgano (leale al PDPA) che stava osteggiando la guerriglia fondamentalista dei Mujahidden appoggiata da Usa, Arabia saudita e Pakistan.

L'entrata dell’Esercito Sovietico in Afghanistan

Alla fine, nel 1979, il governo dell’Unione Sovietica accettò la richiesta del governo del PDPA di inviare truppe in aiuto dell’esercito afgano contro la mobilitazione di forze internazionali che stavano intervenendo sulla sua stabilità e sopravvivenza. In parte questo era quello che si aspettava il governo degli Stati Uniti, prendere tale invasione come scusa per mobilitare il mondo musulmano contro l’appoggio del governo dell'URSS a un governo laico, progressista e desideroso di modernizzare il paese. Usa, Arabia Saudita e sostenitori, spesero 40 miliardidi dollari in appoggio dei Mujahidden, ai quali si unirono 100.000 musulmani fondamentalisti provenienti da Pakistan, Arabia Saudita (tra cui Bin Laden), Iran e Algeria, armati e addestrati dalla CIA.

Dieci anni più tardi le truppe sovietiche abbandonarono l’Afghanistan. La guerra durò altri tre anni, periodo in cui il governo del PDPA continuò a essere popolare, nonostante gli enormi danni alle infrastrutture del paese, causate dall’ostilità delle forze reazionarie. Il governo del PDPA continuò governando per un anno dopo il collasso dell’URSS, senza il rifornimento di armi da poter utilizzare per difendersi dalle forze estremiste appoggiate da USA, Arabia Saudita e Pakistan.

Così come accadde nella Repubblica Spagnola, la mancanza di armi fu la causa per cui l’opposizione vinse il conflitto, iniziando così un governo di Mujahidden, che attuarono repressioni, saccheggi, esecuzioni in massa, chiusura delle scuole pubbliche, opprimendo le donne in continue campagne di violazione sistematica, e distruggendo le zone rurali. Amnesty Intermnational, in un rapporto del 2001, accusava i Mujahidden di “violentare sistematicamente le donne come modo per perpetrare il terrore sulla donna e il popolo, e come ricompersa per le truppe". Il nuovo governo iniziò a commercializzare l’oppio con l’aiuto dei servizi segreti pakistani e della CIA, (che operarono insieme in appoggio ai Mujahidden) trasformando l'Afghanistan nel maggior produttore di eroina del mondo. Varie forze militari dei Mujahidden lasciarono l'Afghanistan e lottarono per Algeria, Cecenia, Kosovo e Cachemire, dando inizio così alla rete terroristica in difesa del fondamentalismo islamico.

Una frangia dei Mujahidden sono i talebani, il gruppo più fondamentalista di tale alleanza, che per il suo fanatismo, disciplina e crudeltà si impose e finì con il governare ampie zone del paese fino ad accedere al potere. Proibirono la musica, le scuole, l'educazione laica, le biblioteche e qualsiasi forma di modernizazzione. Stabilirono l’ordine, condannarono a morte tutti quelli che creavano disordini in qualità di oppositori e i ladri comuni. Imposero il burka alle donne e agli uomini proibirono di farsi la barba. Le donne furono private dei diritti, incluso quello all’educazione, e quelle donne considerate “immorali” venivano linciate e bruciate vive. In compenso terminarono le violazioni delle donne da parte dei Mujahidden e la produzione di oppio. Questo governo talebano contò sull’appoggio del Presidente Clinton. Secondo Ted Rall (“It is about oil”. San Francisco Chronicle. Nov. 2, 2001) il governo degli Usa pagò gli stipendii dei funzionari talebani fino al 1999 e non fu che nel 2001 che a seguito dell’attacco delle torri gemelle, il Presidente Bush, per mobiltare il consenso del popolo americano a bombardare l’Afghanistan, denunciò il maltrattamento delle donne in Afghanistan. In seguito anche Laura Bush divenne femminista e denunciò tali abusi. L’11 settembre segnò la fine dell’alleanza Usa-Talebana e la caduta del governo stesso che venne sostituito nel 2001 da un’altro movimento pro-USA dei Mujahidden che iniziarono la lotta contro i talebani. Si tornò alla produzione di oppio.

Ora la domanda che esige una risposta è: Com’è possibile che gli USA appoggiassero i talebani, sapendo del loro sostegno a Bin Laden e ai gruppi terroristici (che erano stati finanziati in origine dagli USA)? Com’è che il governo talebano non era mai stato dichiarato “un governo che appoggia il terrosismo”? Una delle ragioni è che, l’averlo fatto, avrebbe significto che le compagnie petrolifere americane non avrebbero potuto firmare un accordo con il governo talebano che permetesse loro di costruire un oleodotto per il trasporto del petrolio dal Kazajstan e dal Turkmenistan fino all’Oceano Indiano. In realtà l’appoggio sarebbe continuato se non fosse avvenuto l’11 settembre. E da allora la storia è nota.

In tutto questo processo ci si è scordati, che se si fosse permesso che il governo PDPA attuasse le riforme di cui il paese aveva bisogno, non ci sarebbe stata “l’invasione” sovietica dell’Afghanistan, non ci sarebbe stato Bin Laden e Al Qaeda e non ci sarebbe stato l’11 settembre. Ed è questa, precisamente, la verità che si nasconde. La storia avrebbe seguito altre direzioni. Probabilmente sarebbe ugualmente nata Al Qaeda, però in forme e luoghi diversi. Alla base del conflitto c’è l’opposizione del governo federale degli Stati Uniti (e dei suoi alleati, in particolare l'Arabia Saudita) alle riforme progressiste e laiche. Non che non ci siano altre cause del terrorismo islamico. Però questa resistenza verso le riforme necessarie e urgenti guidate da un gruppo laico e progressista (PDPA) è una delle cause più rilevanti. L'opposizione all'enorme sfruttamento che esiste nel mondo musulmano si è canalizzata attraverso forze enormemente reazionarie nelle quali il fondamentalismo religioso è stato promosso per fermare le mobilitazioni popolari laiche che avrebbero ridotto ed eliminato tale sfruttamento.