mercoledì 4 febbraio 2009

Crisi economica USA: l'incubo di Obama

Ieri, in un'intervista alla CNN, Barack Obama non ha usato giri di parole e si e' detto "allarmato" per il rapido deterioramento dell'economia, aggiungendo che la gravita' dei problemi dell'America "non lo fa dormire la notte".

E ne ha tutti i motivi.


È il momento di salvare l’America?
di Paul Craig Roberts - www.counterpunch.org - 29 Gennaio 2009
Traduzione di Massimo Spiga per Megachip


Il revisore dei conti dello stato della California, John Chiang, ha annunciato in gennaio che le casse erano a secco. Le bollette superavano le entrate dovute alle tasse e le linee di credito. Per questo motivo, lo stato avrebbe cominciato a stampare le proprie banconote: dei veri e propri "pagherò". L'impostazione grafica del nuovo conio è già pronta.

Al posto di ricevere i propri rimborsi fiscali in dollari, i cittadini della California otterranno solo dei "pagherò". Anche i finanziamenti all'educazione e le pensioni dei disabili saranno emessi sotto forma di "pagherò". La California sta negoziando con le banche per convincerle ad accettare nei depositi questa forma di pagamento.

Spesso ci si riferisce a questo stato come l'ottava economia mondiale. Ed è al verde.
Un osservatore casuale potrebbe pensare che la triste condizione della California avrebbe convinto Washington a ragionare in termini più realistici, ma così non è stato. Il presidente Obama prende provvedimenti per intensificare la guerra in Afghanistan e, forse, per espanderla al Pakistan.

Obama ha mantenuto tutti i falchi ben saldi ai loro posti nel Pentagono e gli Stati Uniti continuano a bombardare illegalmente il Pakistan, massacrando un gran numero di civili. Al World Economic Forum di Davos, Y. R. Gilani, primo ministro pakistano, ha dichiarato che gli attacchi americani sono controproducenti e vengono condotti senza l'autorizzazione del governo locale. In un'intervista con la CNN, Gilani ha affermato: «Voglio che sia messo agli atti che non esiste alcun accordo tra il governo del Pakistan e quello degli Stati Uniti».

Quanto tempo manca prima che Washington si decida a stampare moneta?

Il 28 gennaio, Obama ha annunciato il suo piano di bailout da 825 miliardi di dollari. Questa cifra è da sommarsi all'analogo provvedimento del governo Bush: 700 miliardi di dollari, concessi giusto un paio di mesi fa.

Obama dice che il suo piano sarà più trasparente di quello del suo predecessore e avrà effetti balsamici sull'economia.

Sebbene questi salvataggi appaiano giganteschi – un totale di 1,5 trilioni di dollari in pochi mesi – sono ben poca cosa rispetto alle stime degli asset a rischio, quantificati in parecchie decine di trilioni di dollari. Come facciamo a sapere che per giugno non verrà concesso un altro bailout da, per fare un esempio, 950 miliardi di dollari?

E, soprattutto, da dove provengono questi soldi?

Il bailout di Obama, sommato al deficit di bilancio per l'anno fiscale 2009 ereditato da Bush, allarga la voragine nei conti pubblici. Ormai ha raggiunto i 3 trilioni di dollari. Chi acquisterà 3 trilioni di buoni del tesoro statunitense?

Non certo il consumatore americano medio. Lui ha perso il lavoro ed è al verde. Il settore privato del mercato creditizio è arrivato al 174% del PIL. I risparmi personali sono al 2%. Il 10% delle risorse immobiliari sono state pignorate o sono prossime ad esserlo. I profitti dai mutui per le proprietà immobiliari sono schizzati alle stelle. Il valore netto degli immobili è crollato in maniera spettacolare. Le case in vendita hanno raggiunto una cifra da record.

I succitati buoni del Tesoro non saranno acquistati nemmeno dai creditori stranieri. Nella migliore delle ipotesi, i cinesi, i giapponesi ed i sauditi ricicleranno i loro surplus commerciali in buoni del Tesoro, ma questa somma aggregata non raggiunge la dimensione del deficit USA.

Forse un altro crollo del mercato borsistico potrà veicolare il denaro dei cittadini verso l'illusoria "sicurezza" dei buoni del Tesoro. Se non accadrà, l'unica soluzione è stampare soldi.

Questo processo potrebbe trasformare l'attuale depressione deflazionaria in una inflazionaria. Uno stato diffuso di disoccupazione combinato con un aumento indiscriminato dei prezzi. Un cappio al collo.

Inoltre, l'inflazione ammazzerebbe il dollaro e non avremmo più i soldi per pagare le importazioni necessarie.

Obama e la sua corte non si preoccupano di tutto questo. Vedono solo il "problema creditizio".
Ma la crisi va ben oltre qualche investimento sbagliato a parte delle banche. Gli Stati Uniti sono rimasti al verde. Molti stati della federazione sono al verde. I proprietari di immobili sono al verde. I consumatori sono al verde. Il mercato del lavoro è al verde. Le aziende sono al verde.E Obama pensa di avere i soldi per condurre guerre in Afghanistan e Pakistan.

Se si escludono i super-ricchi e quei banchieri ed amministratori delegati che hanno rapinato gli investitori e gli azionisti, gli americani hanno subito perdite enormi sia nei risparmi che negli introiti.

Il crollo del mercato azionario ha distrutto circa il 45% dei loro fondi pensionistici ed altri investimenti di questo tipo. A questo, si aggiunge l'abbassamento dei prezzi degli immobili, i licenziamenti di massa, i tagli al sistema sanitario, l'evaporazione dei consumatori. I profitti ottenuti grazie a fondi comuni d'investimento, su cui i cittadini hanno già pagato le tasse, sono stati spazzati via.

Il governo dovrebbe rimborsare quelle tasse.

Gli americani che hanno visto i loro risparmi per la pensione saccheggiati, grazie alla complicità dei legislatori con gangster della finanza, non dovrebbero pagare una tassa sul reddito mentre danno fondo ai loro risparmi per sopravvivere.

Il danno finanziario che il governo ha inflitto ai suoi cittadini è così grande da essere analogo a quello prodotto da un'invasione straniera. Mentre Washington ci "proteggeva" dai terroristi con inutili guerre nell'altro capo del mondo, la nostra economia è implosa.

Come può Obama pensare di finanziare guerre in altri emisferi mentre la California non riesce a pagare le bollette, mentre gli americani vengono cacciati dalle loro case, mentre, come scrive «Business Week», i pensionati intendono continuare a lavorare (supponendo che trovino un impiego, ovviamente), mentre le carriere vanno in fumo e i negozi e le industrie chiudono?

I cittadini soffrono tremendamente a causa della disoccupazione ed Obama non deve spendere un solo dollaro supplementare sulle guerre di Bush.

I contribuenti sono alla canna del gas. Non possono essere spremuti dall'esercito o dai servizi di sicurezza per un solo giorno in più. La cifra che il governo paga ai mercenari in un giorno è superiore a quanto il welfare concede ai bisognosi in un mese.

Questa è follia.

I gangster della finanza ci hanno rapinato due volte. Prima si sono presi le nostre azioni e le nostre case. Poi il governo ha ricompensato questi mafiosi con un bel bailout. I loro crimini sono stati ricompensati e le vittime non hanno visto un centesimo. Ed il costo delle loro malefatte è stato pagato con i soldi dei contribuenti.

Il governo ha inoltre rapinato i cittadini di 3 trilioni di dollari, bruciati nelle sue guerre. Di questi, circa 600 miliardi di dollari sono stati dati in contanti, mentre il resto proviene direttamente dalle tasche dei contribuenti.

Quando i creditori stranieri analizzano la situazione dei contribuenti statunitensi, non la considerano un rischio creditizio accettabile.

Washington è così abituata a truffare i contribuenti a beneficio di alcuni interessi particolari che questa pratica è ormai parte del suo DNA. Si accumulano bailout su bailout, guerre su guerre. Prima che Obama si infogni ulteriormente in questa routine, deve chiedere al suo team economico da dove provengono i soldi che intende usare. Quando lo scopre, deve riferirlo a noi cittadini.


Paul Craig Roberts è stato assistente del ministro del Tesoro durante il governo Reagan.

Fonte: Is It Time to Bail Out of America?, Counterpunch.org.



Non si ferma la caduta degli Usa

di Arturo Zampaglione - La Repubblica - 3 Febbraio 2009

L´allarme è stato lanciato al termine di uno dei mesi più drammatici nella storia economica americana.

Sommando i licenziamenti annunciati il mese scorso dalle grandi imprese, a cominciare dai 22mila della Caterpillar, e servendosi di sofisticati modelli econometrici, gli analisti di Wall Street si sono convinti che a gennaio siano stati bruciati altri 524mila posti di lavoro e che il tasso di disoccupazione sia salito a gennaio dal 7,2 al 7,5%, toccando il livello massimo degli ultimi 16 anni.

La conferma del tracollo dell´occupazione - dicono gli esperti alla Reuters e alla Bloomberg che hanno anticipato le loro stime - arriverà venerdì prossimo con la pubblicazione dei dati ufficiali del ministero del lavoro. E sarà un altro fattore di turbativa per i listini azionari, reduci dal peggior mese di gennaio di tutti i tempi.

L´indice Dow Jones è sceso del 8,84%, superando la flessione registrata nel 1916. L´indice S&P ha chiuso il mese con un calo del 8,57: il record precedente era stato stabilito nel terribile 1929.

Con queste premesse così inquietanti, che cosa succederà a Wall Street, e per contagio nella altre piazze mondiali, dopo i dati di venerdì sulla disoccupazione? Molto dipende sia dal maxi-piano di stimolo dell´economia, che dopo essere stato approvato dalla camera sarà da oggi esaminato (e modificato) dal senato, che dalla nuova strategia di Barack Obama e del suo ministro del tesoro Tim Geithner per risolvere il nodo dei titoli tossici nei portafogli delle banche. Sui due fronti la Casa Bianca appare ottimista e ripete che le due manovre sono "in carreggiata". Ma non mancano anche segnali preoccupanti.

Secondo alcune indiscrezioni la presentazione della strategia sulla banche verrebbe ritardata per dissensi interni all´amministrazione. E i repubblicani continuano a essere scettici sul maxi-piano di rilancio economico: in parte perché ritengono che ci siano troppe risorse sprecate (e troppo poche impiegate nei tagli fiscali), in parte perché sperano di farsi portavoce di un malessere molto diffuso tra i contribuenti.

Si erano già opposti in modo compatto al momento del voto alla camera (mentre c´erano state alcune di defezioni tra i democratici). E nonostante gli sforzi di Obama di arrivare a un compromesso al Senato, offrendo ulteriori sgravi fiscali, il voto favorevole della destra continua a essere molto incerto.

«Bisogna ricominciare da capo e ripensare l´intera manovra», ha detto ieri il numero due dei senatori repubblicani, Jon Kyl, riferendosi al documento di oltre 600 pagine (e 819 miliardi di spesa) varato dalla Camera. «Il presidente - gli ha fatto eco il capogruppo Mitch McConnell - deve afferrare i parlamentari democratici, scuoterli per bene e far capire di cambiare strada, puntando sulle tasse e sulla casa, e senza sprecare soldi».

Obama sa di non avere molto tempo perdere. Oltre ai dati sulla disoccupazione arriveranno in settimana quelli sulle auto e soprattutto sulle vendite al dettaglio che si preannunciano altrettanto negativi (-5,7 a gennaio, escludendo Wal-Mart). E in questo clima, sostiene David Kostin, guru azionario della Goldman Sachs, Wall Street potrebbe di nuovo infrangere i livelli minimi raggiunti nel novembre scorso.