martedì 24 febbraio 2009

Una ronda non fa primavera

Qui di seguito una serie di articoli relativi a quella parte del pacchetto-sicurezza che prevede la legalizzazione delle ronde.

L'ennesimo conato di vomito e' in arrivo.


Tra ronde e squadracce, l’insicurezza aumenta
da Radio Citta' Aperta - 23 Febbraio 2009

Il governo ha approvato venerdì scorso il cosiddetto 'decreto anti-stupro', un insieme di norme che vanno dall'ergastolo per chi uccide la vittima al patrocinio gratuito di questa da parte degli enti locali. In mezzo c'è un po’ di tutto, compresa una buona dose di demagogia e di strumentalizzazione autoritaria di un fenomeno preso a pretesto non per prendere finalmente di petto la violenza maschile contro le donne, ma per rafforzare nell’opinione pubblica l’equazione, elettoralmente conveniente, ‘immigrazione = delinquenza’.

Uno degli elementi più aberranti contenuti nel decreto è la legalizzazione definitiva delle ronde, imposta dalla Lega che le ha già istituite da anni nel nord ad uso e consumo della sua campagna elettorale permanente.
La militarizzazione della società cresce, al pari della barbarie alla quale si dice di voler fare fronte.
Il governo di destra spinge l’acceleratore su una norma che non inciderà affatto sul dilagare della violenza nella società e in particolar modo di quella contro le donne: secondo tutti gli studi, almeno l’80% delle aggressioni sessuali avviene in famiglia e comunque nella cerchia ristretta dei parenti e degli amici, e quindi la militarizzazione delle città e dei territori non avrà alcun effetto, se non quello di rendere ancora più asfissiante il clima e di aumentare il controllo sociale.

I media ormai non parlano altro che degli stupri compiuti realmente o suppostamente da cittadini stranieri, mentre cala il silenzio su quelli commessi da italiani contro donne italiane o contro cittadine straniere.

Venerdì, mentre l’esecutivo annunciava tra squilli di tromba e rulli di tamburo gli ulteriori provvedimenti restrittivi e razzisti, le agenzie di stampa riportavano una notizia che però nessun giornale o tv hanno ripreso più di tanto: “Arrestato dai carabinieri Antonino Fedele, 43 anni, imprenditore di Ventimiglia: dovrà scontare la pena patteggiata di 2 anni e 8 mesi stabilita dal gup del Tribunale di San Remo per violenza sessuale, minacce e violazione di domicilio commessi a Vallecrosia nel novembre 2007 nei confronti di una ventiduenne rumena.

Stanca e spaventata, la donna si era rivolta ai carabinieri di Ventimiglia, raccontando una lunga serie di soprusi patiti. Dopo qualche giorno i militari avevano arrestato in flagranza Antonino Fedele, entrato nell’appartamento della donna dopo avere divelto la porta di ingresso. Durante la fase investigativa, riferiscono i militari, l’uomo aveva più volte cercato di inquinare le prove provando a far ritrattare la denunciante prima con minacce e poi con promesse di denaro.”

Nonostante le parole di circostanza del Presidente della Camera Fini e del sindaco di Roma Alemanno contro la cosiddetta ‘giustizia fai da te’, è evidente che l’inserimento delle ronde all’interno delle istituzioni che garantiscono l’ordine pubblico rappresenterà l’ennesima occasione per consegnare a squadracce di invasati e ignoranti boriosi le nostre strade.
Una legalizzazione di fatto di un fenomeno che già dilaga nelle nostre città: per ora a compiere le ronde punitive sono infatti gruppi di incappucciati armati di mazze e altre armi improprie a caccia di inermi immigrati da bastonare.

Ad essere colpiti, è ovvio, non sono né spacciatori né protettori, ma lavoratori immigrati che la mattina si svegliano alle cinque per andare in cantiere o a lavorare nei campi e che il pomeriggio si ritrovano nei bar per fare due chiacchiere.
In genere i pestaggi arrivano dopo le fiaccolate o i presidi organizzati nelle nostre periferie dalle organizzazioni neofasciste: ci si maschera e si cela il proprio volto durante il pestaggio, ma realizzando i raid punitivi poco dopo le manifestazioni si suggerisce l’affiliazione politica dei ‘giustizieri’ alle opinioni pubbliche assalite da continui e insistenti messaggi d’allarme.

Non passa giorno senza che in qualche città l’estrema destra non organizzi manifestazioni che chiedono la pulizia etnica del territorio e la punizione collettiva di intere etnie.
Forza Nuova chiede e subito ottiene da un governo e da una classe politica bipartisan che cavalca gli istinti peggiori di una società impaurita e lasciata sola davanti a una crisi economica e morale senza precedenti.
E’ un circolo vizioso: più i governi locali e quello nazionale inaspriranno le misure securitarie e più a fronte di un sostanziale permanere dell’insicurezza, che ha cause sociali ed economiche profonde, l’estrema destra sarà invogliata a chiedere più repressione e più esclusione, diventando a quel punto un riferimento per ampi strati della popolazione che avranno bisogno di un capro espiatorio su cui orientare la propria rabbia e la propria frustrazione.

Dopo l’esercito, nelle strade ora arriveranno anche le ronde. E intanto il governo ha ricostituito i ghetti all’interno dei quali rinchiudere decine di migliaia di cittadini di origine rom, lontani dai centri storici delle città e quindi dalle telecamere. Gli stupratori potranno continuare ad agire indisturbati, gli immigrati che si spaccano la schiena nei cantieri e nelle fabbriche per due soldi invece no…


Anche le donne s'iscrivono alle ronde?
di Rosa Ana de Santis - Altrenotizie - 23 Febbraio 2009

La notizia arriva dalla Capitale. Non saranno solo i padri e i mariti a improvvisarsi guardiani e giustizieri. Le donne non vogliono rimanere indietro, ci tengono a fare come gli uomini. L’iniziativa è nata dal quartiere Appio, dove si è consumata l’ultima violenza carnale. Si comincia oggi dall’Eur con spray al peperoncino e cappelletti di riconoscimento. Non è ancora chiaro se l’assimilazione agli uomini sarà sulla linea di una violenza spregiudicata e fuori controllo o su quella dell’inutilità permanente che non avrà legittimità di fare alcunché per difendere le potenziali vittime. Non è chiaro semplicemente perché confuso e carente è l’impegno e l’attesa politica di un provvedimento - di cui è in arrivo la direttiva di attuazione - voluto dal governo per dispensare se stesso da un impegno serio e istituzionale sulla sicurezza.

La natura di questa trovata stradaiola del governo Berlusconi è inizio e fine di un fallimento che non sarà affatto innocuo. Sembra distratto anche il Vaticano nella denuncia di questa deriva poliziesca. Non è chiaro cosa vogliano fare le donne organizzandosi in ronde di quartiere. Se sia un impeto di emancipazione o un tracollo di stile e identità. E non è chiaro nemmeno se le ronde andranno dove dovrebbero andare, cioè nelle mura domestiche che assegnano agli italiani vestiti da mariti, padri, fidanzati, fratelli, zii, cugini o conoscenti la quota straordinariamente maggioritaria in termini di violenze, abusi e soprusi.

L’Italia “gode” del maggiore numero di addetti delle forze dell’ordine in Europa: circa 260.000. Ultimamente, il governo Berlusconi ha ridotto le spese proprio per queste, che non hanno ormai nemmeno i soldi per mettere la benzina nelle volanti, per tacere dei fondi per lo straordinario. Ovvio che, in questa situazione, il pattugliamento delle strade patisce carenze enormi, non certo risolvibili dai pensionati poliziotti o da fascistelli assetati di law and order e voti a buon mercato.

Ma se il numero dei poliziotti è il più alto d’Europa, l’Italia subisce, di riflesso, del maggior numero di violenze ai danni delle donne a fronte della presenza del minor numero d’immigrati. Allora? Invece d’interrogarsi sul serio, é partita ormai la rincorsa ad alleggerire lo spot con cui Maroni ha inaugurato la nascita delle ronde. Tutti si concentrano a definirle semplici gruppi di cittadini disarmati in supervisione. Ma fa ridere questo coro di benedizione per le pattuglie di strada cui fa da controaltare il rilancio della loro natura non militare e non armata. La contraddizione tradisce un imbarazzo e un voluto non-detto.

E’ una storia antica quella che racconta di come ricercare tutele e provvedimenti specifici serva spesso solo a rincarare il prezzo amaro della discriminazione. Quella silente e insidiosa, quella eclatante e sfacciata. Ma in questo caso non arriviamo nemmeno a parlare di questo. Nelle ronde anti-stupro le donne, purtroppo, sono soltanto un comodo pretesto propagandistico per scatenare violenza ai danni degli immigrati. Clandestini o no, poco importa. Per mascherare il fallimento della politica italiana sull’immigrazione. Per far sfogare la frustrazione dei cittadini e dei gruppi di destra, tifosi per vocazione storica della persecuzione xenofoba. Basta osservare le gambe di donna insanguinate sui loro manifesti, incollati su strade e piazze di Roma, per raccogliere la provocazione alle spedizioni punitive. Altro che ronde. Altro che donne.

Immaginare questi squadroni in giro per le nostre città significherà nel tempo assecondare - nella consapevolezza generale - la normalità di un controllo paternalistico e ad hoc sulle donne. Una vigilanza permanente di cui vale la pena sottolineare, solo per comicità da contraddizione, non intende farsi carico lo Stato. Lo stesso che in veste di padre decide di entrare nelle zone più intime del privato, come ha dimostrato l’ultimo atto di tirannide sul testamente biologico e che, nello stesso momento, delega al privato dei padri e dei fratelli la sicurezza delle loro donne. Una bizzarra intermittenza di ragioni di stato.

Sappiamo per certo che le ronde non serviranno, se non a contaminare la vita collettiva di violenza generalizzata e a mettere, nel tempo, sotto vigilanza le donne. Un medioevo così grande e improvviso da non poter essere taciuto. Sappiamo che le ronde delle donne oltre ad essere piuttosto inutili come quelle blu dei maschietti, saranno nella consapevolezza generale solo meno temute. Un espediente scenografico e propagandistico che non porterà un momento serio di pensiero sulla violenza alle donne, di cui lo stupro è il fatto in assoluto più brutale, il più irrimediabile e primitivo insieme.

Quello che non avviene solo per mano dei delinquenti stranieri nelle periferie urbane, nelle stazioni scure degli autobus o in un parco metropolitano. Lo stupro come gioco sessuale sta diventando un fatto sempre più diffuso proprio tra i giovanissimi. Una categoria quasi normalizzata del sesso, ritenuta solo un po’ estrema, con cui pensare di viversi il piacere sessuale nella dinamica del gruppo alla ricerca di divertimento facile, condito di violenza e occultato spesso nella banalizzazione ludica di uno sballo serale. La giovane ragazza di 17 anni violentata a Senigallia da un coetaneo é solo l’ultima notizia di cronaca.

Ma quando il capo di un governo dice di concepire le donne solo sdraiate, quando non sa trattenersi dalla battuta nera dei soldati per le belle donne, tradendo un’ignoranza personale imperdonabile sul significato della violenza delle donne, non possiamo aspettarci altro che l’effetto - ronda.

Tutto il pensiero delle donne si è consumato nella riflessione sullo stupro. Impossibile leggerlo come violenza neutra e trasparante. Disperante riconoscerlo come un elemento non superabile del potere sessuale del corpo maschile su quello femminile. Un potere fondato sulla forza cui la donna può rispondere solo riappropriandosi di quello procreativo.

Ma non è questo il tema, nemmeno da lontano. E non è nemmeno la tutela delle donne. Nemmeno quando è fatta dalle donne. E’ un rimedio ingannevole, la cui inutilità delle forme si risolverà molto probabilmente in un’efficace violenza di contenuto. Uno Stato papà che ricorre al privato per risolvere un tema pubblico come quello della sicurezza dei cittadini e prova a codificare in una legge il divieto per ciascuno di decidere della propria vita. Uno scambio ridicolo e preoccupante che vedremo girare minaccioso per le strade delle nostre città.


Ronde? Lo Stato ha fallito
di Alessio Mannino - www.ilribelle.com - 23 Febbraio 2009

Ronde? Sì, lo Stato ha fallito

Che le ronde di partito richiamino sinistri ricordi che sarebbe ora di archiviare una volta per tutte, può essere anche vero (ma non esageriamo: le camicie verdi girano disarmate, le camicie nere manganellavano e uccidevano). Ed è verissimo che abbiano lo stesso, debolissimo valore deterrente di un nonno vigile o, come dice il ministro La Russa, di «un lattaio che se vede un reato chiama la polizia».

La politica - dalla Lega che ha lanciato l’idea agli emuli di destra, e ora anche di sinistra, che l’hanno copiata - cavalca ossessivamente la “sicurezza” per un semplice, banale motivo: destare un clima permanente di insicurezza sfruttabile per gonfiare il petto e suonare le fanfare della caccia ai delinquenti, in genere identificati con gli scarti di quell’immigrazione selvaggia che loro stessi, i politicanti parolai, hanno lasciato a sé stessa.

Eppure c’è dell’altro. La percezione d’insicurezza diffusa fra la gente è un fatto. D’accordo: dati alla mano, un fatto ingigantito e strumentalizzato finché si vuole, coi media come al solito colpevoli di allarmismo. Ma esiste. Ed esiste e nel subconscio collettivo si fa avanti la consapevolezza che lo Stato non è in grado di salvaguardare il diritto alla tranquillità. Ora, lo Stato in teoria dovremmo essere noi, noi cittadini. Ma questa è solo, appunto, teoria.

Se lo Stato lascia che piazze, parchi e interi quartieri passino sotto la legge del pugno e del coltello di pochi bravi della malavita di basso rango (spacciatori, magnaccia, bande di giovani nullafacenti, spesso italiani, dediti allo stupro e alle aggressioni per noia), i cittadini che gradirebbero solo un po’ di serenità e decenza avvertono allora un impulso sacrosanto: fare da sé. Sostituirsi allo Stato, sempre meno “nostro”, sempre più lontano e nemico.

In altre parole, se il “senatus” non sa garantire standard di decoro e ordine pubblico, il “populus” pensa bene di garantirseli da solo. Perché quando si legge che le forze di polizia non hanno nemmeno di che pagare la benzina con cui far partire le volanti, al signor Rossi, quotidianamente alle prese con un porcile di ubriaconi e prostitute sotto casa, viene l’istinto di organizzarsi coi propri vicini e riconquistare ciò che è suo: il territorio in cui abita. E qui c’è il germe sano di una giusta rivolta: se lo Stato ha fallito, noi cittadini diventiamo noi stessi, in prima persona, lo Stato. Scendiamo in strada e ci autogoverniamo. Attenzione: facendo rispettare la Legge, quella stessa Legge che le autorità, ormai delegittimate, non riescono o non vogliono tutelare perché imbelli o perché, così facendo, vi trovano uno squallido tornaconto elettorale.


Immigrazione: dalle onde alle ronde
di Rosa Ana de Santis - Altrenotizie - 21 Febbraio 2009

Pochi giorni fa, nelle Isole Canarie, di fronte alle coste di Lanzarote, è caduto a picco un barcone di migranti. Gli abitanti del posto hanno lanciato corde e salvagenti, qualche surfista più esperto si è spinto in mare alto per prestare soccorsi. Ventotto tra uomini, piccoli e donne gridavano aiuto. Ventiquattro sono morti, 14 di loro erano bambini. Tutti nordafricani. La notizia di questi morti nel mare – a guardare bene - non procura un terribile shock, solo una pietosa tristezza. Sono morti che la coscienza collettiva ha imparato a digerire. Come le pance malariche dell’Africa Nera. Non è un inciampo nel viaggio, un cataclisma lungo il percorso. Solo un banale effetto collaterale già contabilizzato da tutti. Messo in bilancio lungo il tragitto dei migranti. Chi parte dopo aver dato i suoi ultimi risparmi, chi sale sulle zattere marce di mare, chi s’incolla addosso il fagotto di un figlio sa bene che va verso l’inferno. Eppure va.

Quei corpi rimangono sepolti sul fondale. Marciscono tra salsedine e pesci. Sopra, risalendo la costa, sulla terra di casa nostra, entriamo in un parco e c’è un’altra storia da raccontare, l'altra faccia della medaglia. I corpi in questo caso, uno dei troppi ormai, sono due, paralizzati dalla paura e dal dolore. Lei un grissino di bambina, ha le gambe ferite, racconta la sua soccorritrice, ed è stata violentata. In un posto tranquillo dove si va in bicicletta o a fare jogging. Sono le 18.30 quando al parco della Caffarella viene stuprata da due bruti, romeni, e il suo giovane ragazzo viene picchiato. Sono due giovanissimi. Non è notte fonda, siamo in un quartiere tranquillo della Capitale, la gente è in giro, negozi aperti. Ma nessuno sente le voci di aiuto dei due piccoli trascinati a forza in una gabbia di lamiere e baracche. Nel puzzo della sporcizia e dell’abbandono.

La sequenzialità di stupri impedisce di parlare di casi isolati e sporadici. L’allarme esiste, il pericolo permanente anche. L’angoscia e lo sconforto é dover lasciare la soluzione politica di una ferita sociale così grave al furore e all’esaltazione degli xenofobi al governo. I fanatici della Lega - insediati al Viminale per errore o da miracolati, non sappiamo - non vedevano l’ora di utilizzare i fatti per cavalcare campagne e provvedimenti persecutori dimenticando, con sfacciata disinvoltura, l’altra faccia della clandestinità. I sopravvissuti dell’Odissea. Quelli che Itaca l’hanno perduta per un pugno di speranza e che a casa non torneranno forse più.

Quelli che restano irregolari, spesso in attesa di raggiungere altri Paesi d’Europa. Che lavorano come domestiche nelle nostre case e che preferiamo alle italiane per risparmio nelle quote a ore. O quei maschi senza casco arrampicati come ragni sui muri, candidati a morti bianche che non avranno processo, nei cantieri dei nostri palazzi. O quelle bambine messe in vetrina per i mariti italiani che disturbano la visuale della mamme sconvolte dai loro vestiti succinti. Quegli 800mila cui il Carroccio dichiara guerra, senza fare i conti con i buchi economici che conterebbero nella fertile padania.

Maroni va in tv e declama i provvedimenti con cui anticiperà parte del ddl sulla sicurezza. Niente domiciliari per gli stupratori, patrocinio gratuito per le vittime. La Carfagna propone la banca dati del DNA per i violentatori. Alemanno non sa come rimediare all’insicurezza e alla violenza che dilaga nonostante la sua vittoria elettorale. Sembrava che d’un colpo, dopo il terribile caso Reggiani, tutto dovesse cambiare. Il vento della destra sociale non permetteva di tollerare oltre "l’indolenza veltroniana che aveva consegnato Roma ai clandestini che vivono di espedienti, ebbri fin dalla mattina, violenti e raminghi in accattonaggio”.

Ma la cronaca conta altre vittime di violenza carnale e non perdona la pubblicità elettorale. Quella che investe subito i Rom, compresi per torto d’ignoranza nel vilipendio agli stranieri. Rom che, come gli anarchici, rimangono capri espiatori ideali per qualsiasi caccia alle streghe. Si dice che quello che è rimasto dell’orrore nelle nostre città è strascico dei governi di sinistra. E la propaganda che scantona ogni nodo di responsabilità, continua. Ma vince. Stravince dappertutto.

Le baraccopoli di Castelfusano ora sono state smantellate, o quasi. Era stato detto che Veltroni, in odore di ecumenismo, avesse sempre lesinato sulla linea dura nei riguardi di queste frange d’invisibili e fuori controllo, quelli che nelle carceri romene avrebbero castighi ben peggiori che non dalle nostre parti e per molto meno. E adesso allora? Dov'é la sicurezza invocata dal sindaco nostalgico che di tutto si occupa meno che della città? E' questa è la piaga storica di una certa tradizione nostrana. La rimozione dei problemi sull’immigrazione hanno portato a una disfatta della sinistra prima e a una politica di destra sbagliata poi. Meritata la prima, pericolosa e buia la seconda.

Ma se a sinistra hanno scoperto le baraccopoli tardi e per caso dopo la morte violenta di una giovane donna, a destra il governo, in beffa all’assunzione dei propri doveri, rimette ai privati cittadini la difesa delle loro donne. Le ronde piacciono a tanta parte del PDL, soprattutto al Ministro degli Interni. Lo conferma il sottosegretario Alfredo Mantovano a Radio24. Disarmati e in giro per autorizzazione del Prefetto non si capisce a fare che. Se davvero disarmati a non fare paura a nessuno, se armati di nascosto – com’é facile immaginare - a trasformare ogni angolo di civiltà in far west. Reagisce la sinistra per voce di D’Alema che ravvisa in questo orientamento la strada maestra per imbarbarire il Paese.

Così leggi e certezza della pena sono temi ribaditi che però perdono di vigore e credibilità, mentre piano piano sale in prima pagina l’urgenza e l’efficacia delle ronde. Nessuno quasi se ne accorge. Il Governo pensa bene di riempire la pancia dei cittadini che, esasperati, non leggono in questa opzione l’ennesimo abbandono istituzionale. Ben costruito, fatto ad arte, televisivo e vincente. Predisposto per rispondere con vigore al bisogno di legittima difesa, togliendo ogni disturbo alla politica e ai suoi protagonisti messi in ozio dalle iniziative private. E’ in questo modo che accanto al danno storico e culturale di una politica del terrore che perde una delle sue sfide più grandi, quella dell’integrazione, si consuma la beffa ai danni della gente.

Un governo che dispensa se stesso con tanta convinzione da un compito così delicato, è un non-governo. Che addirittura ricorre a sponsorizzare le pulsioni più sbagliate per travestire da sceriffi i cittadini, mettendoli accanto al carabiniere di quartiere, ai militari da dittatura sudamericana, e alle gazzelle parcheggiate nelle rimesse senza fondi della polizia ci consegna uno spettacoloso caricaturale e irriverente. Un governo che dice, anche quando non dice, che la cittadinanza in questo Paese è italianità di sangue. Che gli altri sono indistintamente stranieri.

Non si sa chi sia rimasto a ricordare l’urgenza di fare politica su questo fronte. Dopo il conclamato tonfo della Bossi-Fini, che non faceva altro che rendere impossibile ogni regolarizzazione, per volerli tutti clandestini, il PD è concentrato a mettere in fila i trofei dei propri insuccessi elettorali e i fuoriusciti massimalisti stanno li a dividersi i martelli e le falci. La politica sull’immigrazione con una manovra di prestigio è diventata il problema degli immigrati. Un grazioso spot elettorale – frutto di uno slittamento ad arte - che ha fatto comodo ai paladini dell’accoglienza e a quelli della cacciata violenta. Che finora ha dispensato il potere dal rispondere dei propri reiterati fallimenti e che ha permesso che il tema della sicurezza diventasse un tema di parte e di coalizioni, di destra e non di sinistra. Che ha fatto perdere tutti in cambio del feticcio finale, barbaro e ingiusto, di poter sfogare il malumore sul primo disgraziato di passaggio.

Così tra quei morti in mezzo alle onde e i violentatori presunti romeni non c’è patrocinio comune di bene o di male. E’ proprio questa piccola figlia italiana di 15 anni a dirlo. Lei che ripete di non volere generalizzazioni, ma giustizia. Immigrati gli uni, immigrati gli altri. Entrati come fantasmi da Valona a Bari o lungo le Alpi, messi sulle strade, a domicilio. Lavoratori o delinquenti. In case o baracche. Sempre fantasmi. Morti affogati o invisibili al di qua del confine. In questo modo comodi per tutti e comodi il più possibile. Più clandatini non sarà mai sintomo di più sicurezza, semmai l'opposto. E negargli le cure non guarirà le nostre ferite. Sulla pelle degli immigrati come su quella delle vittime della violenza contro le donne, straniera o italiana che sia, c’è la mappa documentata di una politica che è già cadavere. Che non vuole esami per sé e che convince i cittadini a difendersi da soli. Spacciando una disfatta per una soluzione.