domenica 8 febbraio 2009

Il sogno impossibile di Silvio

Berlusconi ha ormai dato inizio al duro scontro con il Quirinale, progettato gia' da tempo, strumentalizzando cinicamente il caso di Eluana Englaro per centrare il suo obiettivo di stravolgere la Costituzione e prendere il posto di Napolitano al Quirinale.

Oggi, tornando sul caso Englaro, ha infatti criticato apertamente la lettera del Capo dello Stato Napolitano inviata al Consiglio dei Ministri affermando "La volontà di mandare una lettera è stata loro. Sono loro ad aver comunicato al dottor Letta l’esistenza di quella lettera[...]Con i poteri che ha ora il presidente del Consiglio e in più con l’ipotesi di una prassi che fa intervenire il capo dello Stato addirittura prima che si prendano decisioni la situazione è veramente una situazione che fa ridere[...]Occorrerà vedere se dovremo arrivare a quelle riforme della Costituzione che sono necessarie perché la Carta è una legge fatta molti anni fa sotto l’influenza della fine di una dittatura e con la presenza al tavolo di forze ideologizzate che hanno guardato alla Costituzione russa come a un modello da cui prendere molte indicazioni".

Aggiungendo infine la sua solita perla finale rimodellata ad hoc per il caso Englaro "Da un lato c'è la cultura dello statalismo e della morte, e dall'altro c'è la cultura della libertà e della vita".

Lo scontro istituzionale e' comunque destinato a diventare sempre piu' caldo, vista la disperazione di un uomo che, rendendosi ormai conto dell'impossibilita' di diventare Presidente della Repubblica, tentera' il tutto per tutto pur di realizzare il suo sogno di essere "L'uomo solo al comando".



Il Cavaliere Nero

di Giovanni Gnazzi - Altrenotizie - 8 Febbraio 2009

Da ormai quarantotto ore, il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, è tornato ad occupare la purtroppo misera scena politica italiana. Non per presentare provvedimenti in grado di fronteggiare la crisi, ci mancherebbe. Eluana Englaro, il suo magnifico padre Bepppino, l’ordinamento della Repubblica e la Carta Costituzionale sono stati uno dopo l’altro il bersaglio delle sue esternazioni. Il premier, parso assai provato, con evidenti segni di cedimento del lifting e chiari segnali di cesarismo patologico, ha snocciolato davanti alle televisioni protese a rimboccare gli angoli del tappeto offertogli, parole e atti che evidenziano, molto aldilà del merito delle questioni trattate, il piano di un uomo ormai deciso a tentare il tutto per tutto per sopravvivere ad una vicenda politica troppo più grande di lui.

Berlusconi è entrato a piedi uniti nella drammatica vicenda di Eluana, sostenendo che “dal momento che era passato così tanto tempo, si poteva aspettare ancora qualche giorno per dare al governo la possibilità di legiferare sul caso”. Ma è proprio perché il tempo passato è infinito, proprio perché le sentenze dei Tribunali hanno stabilito il diritto ad una fine degna per Eluana, che Beppino Englaro ha deciso di muoversi. E se proprio Berlusconi riteneva di dover operare con decretazione d’urgenza poteva farlo prima, non quando Eluana ha intrapreso il cammino che porrà fine alla sua sofferenza. La verità è che il proprietario di Forza Italia ha deciso di muoversi sotto la minaccia vaticana di aprire uno scontro che - da Eluana fino al ddl razzista approvato dal Senato - avrebbe messo sotto accusa il governo, aumentando notevolmente il già crescente volume d’insoddisfazione nel Paese. Da qui la decretazione d’urgenza, nonostante il Presidente Napolitano avesse avvisato che non avrebbe apposto la sua firma in calce al provvedimento, gravemente minato di vizi di costituzionalità.

Ma il timore di perdere ulteriore consenso e la necessità di mettere a tacere le proteste vaticane, sono solo un aspetto della manovra politica; il cavaliere ha scientemente deciso di aprire uno scontro istituzionale pesante con il Quirinale per poter finalmente tentare l’ennesima spallata istituzionale. Ha ritenuto di dover sfidare tanto il Presidente della Repubblica quanto l’ordinamento istituzionale per ribadire un ruolo - quello del premierato - che la Repubblica italiana non gli assegna. Incapace di affrontare i problemi del Paese, ha però capito che il suo cammino verso il Colle è irrimediabilmente sbarrato. L’ansia di dominio sembra aver avuto il sopravvento anche sui suggerimenti che lo stesso Presidente della Camera, Gianfranco Fini, ha inutilmente tentato di offrirgli, al fine di evitare un conflitto con il Quirinale e uno strappo con la coscienza civile degli italiani che, ad ogni sondaggio, confermano in maggioranza ogni ora crescente la disapprovazione per l’accanimento di preti (e politici agli ordini dei preti) contro la famiglia Englaro. Dopo le critiche all’uso smodato dei Dpcm e allo svuotamento del ruolo del Parlamento, anche questo consiglio di Fini è passato inascoltato, a certificare un’ansia distruttiva dell’ormai vecchio capopopolo che vede con terrore affermarsi il ruolo di chi è pronto a sostituirlo.

Poi è stata la volta della Costituzione, definita una Carta da superare perché scritta dai “filo-sovietici”. Dev’essere per questo che la sua maggioranza caldeggia con vigore l’approvazione della legge 1630, cioè quella paccottiglia ignobile che tenta di assegnare uguali riconoscimenti dovuti ai partigiani che liberarono l’Italia anche ai i fascisti che la regalarono ai nazisti invasori. Tentare di mettere sullo stesso piano giuridico liberatori e carnefici è un insulto vergognoso alla decenza, oltre che alla storia. Ma aldilà delle lacune in storia di Berlusconi, alle quali siamo ormai stancamente abituati, come si fa a definire i padri costituenti “filo-sovietici”? De Gasperi, Terracini, De Nicola, sono i firmatari della Costituzione nata dalla Resistenza antifascista, che ha scritto con le armi e con il sacrificio dei suoi figli migliori l’unica pagina eroica della storia italiana, riscattando il paese dal baratro del nazifascismo. Quella Costituzione, sulla quale pure Berlusconi ha giurato e che oggi definisce “filo-sovietica”, è stata così poco “filo-sovietica” che ha persino permesso che un uomo come lui arrivasse ai vertici dello Stato. Non fosse il presidente del consiglio ci sarebbe da ridere e, non fosse al riparo della legge da lui voluta per godere di un’incostituzionale impunità, lo msi dovrebbe chiamare a rispondere dell’accusa di vilipendio alla Costituzione.

Ma si può pensare che chi ha denaro e potere come base e vertice della piramide valoriale di cui dispone, possa essere colto da un sussulto di rispetto per il Paese? Il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, presidente esemplare e persino generoso nel ridurre al minimo indispensabile i conflitti con il governicchio in carica, rappresenta per la storia politica e personale che incarna e per il rispetto politico e personale che merita, la linea di demarcazione che i residui della nostra democrazia dovranno sostenere, per impedire che un paese finisca definitivamente in malora. Di colpe l’Italia ne ha tante, ma la versione in sedicesimo delle tragedie passate merita uno scatto. Fosse anche solo per spegnere il televisore.


La Terza Repubblica eversiva

di Giulietto Chiesa - Megachip - 8 Febbraio 2009

Berlusconi sta cercando di fondare la Terza Repubblica: la sua.

L'«operazione Eluana» è un atto apertamente eversivo dell'ordine costituzionale ancora, nonostante tutto, esistente.
Il capo del governo italiano, che ha giurato fedeltà alla Costituzione, annuncia - rispondendo al Capo dello Stato, che, in nome della Costituzione, non firma un decreto illegale - di avere intenzione di «modificare la Costituzione».
Non c'è dunque il minimo equivoco circa quello che sta accadendo: si tratta di un tentativo di colpo di stato, di un atto eversivo che il capo del potere esecutivo annuncia contro entrambi gli altri poteri dello stato di diritto, il Parlamento e l'Ordine Giudiziario. E contro il garante della divisione dei poteri, cioè il Presidente della Repubblica.

Ammette dunque, il fellone, di star facendo una cosa illegale.
Ma la fa ugualmente.

Non sappiamo se già, a questo punto della disputa, si possa parlare di reati del rango dell’alto tradimento e dell’attentato alla Costituzione. Ma sospettiamo che siamo già molto vicini a questa soglia. Sicuramente ci stiamo avviando all'uscita dal terreno della disputa democratica e all'ingresso sul terreno degli atti di forza.
Prepariamoci a resistere, in tutte le forme lecite, incluse quelle legali, certamente chiamando a raccolta tutte le forze disponibili.

Resta solo una notazione a margine: questo è il punto terminale di uno scivolamento durato 19 anni. Con questo figuro, eversore e piduista fin dai suoi primi vagiti politici, la sinistra ha dialogato, accreditandolo come un interlocutore. Adesso dovrebbe essere chiaro che si è introdotto nel corpo democratico del paese un cavallo di Troia che con la nostra democrazia non aveva intenzione di convivere.

Vorremo sperare che questa prova decisiva aiuti tutti a capire che chiunque dialoghi con l'eversione diventa complice di essa.


Dietro lo scontro: i perche' di un affondo

di Massimo Franco - Il Corriere della Sera - 8 Febbraio 2009

Non è più un conflitto istituzionale, ma un'offensiva in piena regola. Silvio Berlusconi non si ferma. Anzi, avanza e alza il tiro. Continua a bersagliare Giorgio Napolitano, e intanto punta sulla Costituzione «approvata con i filo-sovietici»: quel Pci di cui il capo dello Stato è un figlio.

I toni lasciano capire che lo scontro con il Quirinale si incattivirà. Nella scia del «caso Eluana» Napolitano si limita a replicare che nessuno ha «un monopolio» della vicinanza ai malati e che comunque lui «confida nei cittadini». Sembra una risposta al premier e alle critiche del Vaticano. Ma appare sulla difensiva; e con lui le sinistre e i radicali che lodano il suo «no» al decreto del governo. Il «caso Englaro» si sta rivelando l'occasione scelta da Berlusconi per riequilibrare a proprio favore i poteri fra Palazzo Chigi e presidenza della Repubblica. Importa relativamente la virulenza con la quale tende a delegittimare la Carta fondamentale. È più interessante chiedersi perché lo faccia; perché abbia deciso l'affondo contro il presidente della Repubblica.

A favorire l'accelerazione è stato probabilmente l'uso politico della lettera dal Quirinale che anticipava la bocciatura del decreto sul «caso Eluana» mentre il Consiglio dei ministri stava ancora decidendo; e forse, la convinzione che il Paese sia più diviso di quanto non appaia su una vicenda inizialmente sottovalutata. La campagna della Chiesa cattolica ha modificato la percezione dell'agonia della ragazza in coma da diciassette anni. Ha seminato dubbi sulle sentenze della Cassazione e sulle procedure scelte. E Berlusconi ha colto questi umori e deciso di cavalcarli, sicuro di avere dietro il Vaticano e i vescovi italiani; e di potere con un colpo solo spiazzare Napolitano, opposizione, avversari interni e magistratura. Sostenere che la prassi delle lettere preventive del Colle al governo «è ridicola» significa liquidare una prassi mal sopportata; e vedere «un'implicazione dell'eutanasia» nella nota arrivata venerdì accentua il fossato fra governo e presidenza della Repubblica.

Il risultato è quello di accreditare uno schema bipolare non solo in termini politici, ma quasi esistenziali. Berlusconi sembra deciso a intensificare una pressione insieme culturale e istituzionale; a contrapporre «cultura della vita e della morte», nelle sue parole. Da una parte il centrodestra, appoggiato dalle gerarchie cattoliche. Dall'altra la sinistra, sulla quale Palazzo Chigi cerca di schiacciare Napolitano e il suo profilo di imparzialità; e i radicali, con le loro posizioni a favore dell'eutanasia. Affiora qualche ammissione sulla debolezza della sinistra e della cultura laica come una delle cause di quanto sta accadendo. Ma prevale la polemica contro le «ingerenze vaticane». È un fantasma evocato a intermittenza: fra l'altro, i vescovi italiani hanno attaccato il governo di recente per la legge che permette ai medici di denunciare gli immigrati clandestini in cura da loro; ma nessuno ha protestato. Eppure, l'intervento doveva rientrare nella tesi dell'ingerenza. Probabilmente, nel «caso Eluana» lo scontro fra Palazzo Chigi e Quirinale ha reso inevitabile un'attenzione inedita; e ha portato a rimarcare la convergenza fra governo e Santa Sede e il contrasto inaspettato con Napolitano.

Comincia a prendere corpo il sospetto che sia lui o meglio la Presidenza della Repubblica, il bersaglio grosso berlusconiano. Se è così, le polemiche di questi giorni sono destinate ad avere un lungo seguito. E, purtroppo, ad accompagnare la vicenda di Eluana Englaro come una colonna sonora stonata, modulata inevitabilmente su massicce dosi di strumentalità da entrambe le parti. A fermare l'offensiva del premier potrebbe essere solo un difetto nella tenuta del centrodestra. Ma osservando l'esito del Consiglio dei ministri di venerdì che ha confermato il decreto, per ora Berlusconi sembra in grado di governare la propria maggioranza: con la carota o col bastone.


Lo Stato non puo' toglierci il diritto di morire in pace

di Massimo Fini - www.ilgazzettino.it - 6 Febbraio 2009

Trovo osceno il balletto che da mesi si sta danzando intorno al letto di un moribondo da parte di cattolici e laici per affermare le proprie ideologie, Senza alcuna pietas, senza nessuna misericordia per il caso umano di Eluana Englaro. Abbiamo assistito e stiamo assistendo a iniziative e a interventi inauditi per impedire che una sentenza definitiva della Magistratura, che autorizza i medici a staccare gli speciali macchinari che tengono artificialmente in vita la Englaro venga applicata. C`è stato un ricorso del Parlamento respinto per manifesta incompetenza dalla Corte Costituzionale. C`è stata una minacciosa direttiva del ministro del Welfare Sacconi alla clinica di Udine che in un primo tempo aveva accettato di accogliere la Englaro e che in seguito, intimidita, si è tirata indietro. Ci sono stati picchetti di "movimento per la vita" che hanno cercato di impedire la partenza dell`ambulanza che portava la Englaro alla clinica "La Quiete" di Udine (ma come si permettono? Dov`era la polizia?). Adesso il ministro Sacconi, col rinforzo dell`assessore alla Sanità del Friuli Venezia Giulia, cerca di aggirare l`ostacolo sostenendo che "La Quiete" non è attrezzata per interventi di questo genere. E il governo sta preparando in tutta fretta un decreto che blocchi per sessanta giorni l`avvio delle procedure che dovrebbero porre fine al calvario di Eluana Englaro.

Il premier Silvio Berlusconi, sempre pronto a cavalcare ogni demagogia e ogni emotività popolare, l`ha detto a chiare lettere: "Stiamo lavorando per intervenire". E Umberto Bossi gli ha risposto che il governo "non può decidere della vita e della morte". Un decreto del genere è inammissibile perché, superando la sentenza della Cassazione, si porrebbe come quarto grado di giudizio. Il giudizio del governo. Saremmo in pieno Stato autoritario, per non dir peggio, tanto varrebbe far decidere direttamente da Berlusconi o dai suoi ministri ogni altra causa, civile e penale. Tutto questo mentre associazioni come "genitori per la vita" o consimili, sbandierano i loro figli handicappati (come se si trattasse della stessa cosa) fanno un`indegna gazzarra davanti alla clinica "La Quiete" senza nessun rispetto per Eluana morente, per suo padre, per la decenza. Ognuno di noi ha diritto a una morte naturale il che significa che la vita non può e non deve essere accorciata artificialmente da terzi. Perché questa sarebbe eutanasia che nel nostro Paese, secondo me giustamente, non è ammessa. Parliamo di interventi` di terzi perché in una società laica la vita non appartiene né allo Stato né alla Chiesa né a Dio ma solo a chi ne porta il fardello e che ne può disporre come vuole, anche sopprimerla pur essendo sanissimo (e infatti gli ordinamenti attuali, a differenza di quanto accadeva nel Medioevo, non considerano reato il suicidio). Ma il diritto a una morte naturale significa anche che la vita non può e non deve essere allungata artificialmente. Perché questo è "accanimento terapeutico". E' il caso di Eluana Englaro.

Dire che esiste un obbligo di dare cibo e acqua al malato, perché questo non è un intervento medico e quindi non rientra nell’"accanimento terapeutico", è l`escamotage usato da chi vuole tenere a tutti i costi in vita una persona che, se si fosse lasciato fare alla natura il suo corso, sarebbe morta da tempo. Perché Eluana non viene alimentata e dissetata in modo naturale, ma attraverso speciali macchinari della medicina tecnologica. Quando una persona viene alimentata e dissetata inserendo un tubo nello stomaco e un sondino nel naso questo non è solo un intervento medico, è un intervento chirurgico. E anche la sua storia che togliendo a Eluana la si manderebbe incontro a indicibili sofferenze è contraria alla verità. Questi malati non sentono più lo stimolo della sete. Tanto è vero che ai malati terminali, negli ultimissimi giorni si toglie l`idratazione proprio per consentir loro di assopirsi, dolcemente. Lo Stato moderno, che tutto vuole controllare, che tutto vuole regolamentare, in una sorta di ossessione codificatoria di derivazione borghese, ci ha tolto molti diritti. Ci lasci almeno quello di morire in santa pace.