mercoledì 25 febbraio 2009

Euforia nucleare

Ieri Berlusconi e il presidente francese Sarkozy hanno firmato a Roma l'accordo che vedra' Italia e Francia collaborare insieme nella produzione di energia nucleare.

L'intesa getta le basi per un'ampia partnership in tutti i settori della filiera, ricerca, produzione e stoccaggio ed e' accompagnata da due "memorandum of understanding" tra i due gruppi elettrici Enel ed Edf.
Prevista anche la realizzazione di almeno quattro centrali di cosiddetta terza generazione nel territorio italiano.

Il documento definisce le linee direttrici per lo sviluppo in Italia della tecnologia Epr, quella appunto del reattore di terza generazione che ricalca il modello francese.
Enel dovrebbe poi entrare con una quota del 12,5% nel progetto per la costruzione di un secondo reattore nucleare in Francia a tecnologia Epr.

Oggi il ministro Scajola era naturalmente del tutto fuori di se' per l'euforia "Per costruire una centrale nucleare con tutti i permessi ci vogliono cinque anni, per avere tutte le autorizzazioni necessarie sono necessari tre-quattro anni. L’obiettivo nostro è di arrivare entro la fine della legislatura a posare la prima pietra di un gruppo di centrali nucleari . Il che vuol dire che, dal 2013 abbiamo cinque anni [...] I tempi saranno quelli dell’approvazione del disegno di legge, che ha già approvato la Camera, che è in discussione in questi giorni al Senato. Mi auguro che, entro metà aprile il provvedimento diventi legge. In quel provvedimento ci sono tutte le procedure del rientro dell’Italia nel nucleare [...] Il governo non vuole fare un’alleanza paritetica con la Francia in cui utilizzare la loro tecnologia Epr, ma insieme alla nostra realtà industriale costruiremo centrali in Italia, ma anche in paesi terzi insieme alla Francia [...] Noi intendiamo usufruire delle tecnologie più moderne, quindi dare spazio a tutte le imprese che vogliono impiantare centrali nel nostro Paese".

Un'euforia paragonabile a quella di un uomo anziano che ha appena scoperto il Viagra...

Ma Scajola evidentemente non ha letto quest' ANSA di ieri:

"Le centrali nucleari di nuova generazione - che la Gran Bretagna sta progettando di costruire e che sono già in fase di realizzazione in Francia e in Finlandia - sono più pericolose, in caso di incidente, di quelle vecchie che andrebbero a sostituire.

A rivelarlo è un'inchiesta del quotidiano britannico 'The Independent', che ha ottenuto una serie di documenti interni all'industria del nucleare dai quali emerge che, sebbene i nuovi European Pressurised Reactors (Epr) siano meno esposti al rischio di guasti, nel caso si verificasse un incidente la fuoriuscita di radiazioni sarebbe molto maggiore e potrebbe fare anche il doppio delle vittime.


Un rapporto redatto dalla società francese Edf rivela che l'emissione di isotopi radioattivi di bromo, rubidio, iodio e cesio sarebbe quattro volte maggiore rispetto alla fuoriuscita che si verificherebbe in un reattore tradizionale. Un altro studio della società di smaltimento di scorie radioattive Posiva Oy sostiene invece che l'emissione dell'isotopo iodio 129 sarebbe addirittura sette volte maggiore.

Un terzo dossier, redatto dalla Swiss National Co-operative for the Disposal of Radioactive Waste conclude invece che la fuoriuscita di cesio 135 e cesio 137 sarebbe maggiore di 11 volte. A rendere i nuovi Epr più pericolosi in caso di incidente, spiega il giornale, è il fatto che sono stati progettati per bruciare il combustibile nucleare ad una velocità doppia rispetto a quelli attuali, modificando la natura stessa del carburante".

Ma purtroppo e' assolutamente impossibile sperare che Scajola capisca qualcosa di energia nucleare.



Firme nucleari
di Andrea Bertaglio - www.terranauta.it - 25 Febbraio 2009

Oggi, a Roma, Berlusconi e Sarkozy hanno firmato un accordo che prevede la costruzione di quattro centrali nucleari in territorio italiano. La prima dovrebbe essere attiva nel 2020. Berlusconi ha affermato: "è una gioia aver firmato questi accordi sul nucleare" superando il "il fanatismo ideologico" degli ambientalisti. Tra questi il popolo italiano che si espresse attraverso un referendum...

Mentre Obama pensa di puntare sulle energie rinnovabili e, si spera, sull’efficienza energetica per rilanciare l’economia americana (grazie ai milioni di posti di lavoro che questi settori creeranno), la vecchia Europa sta rischiando di rimanere davvero tale, perdendo la storica occasione di diventare leader, come è stata finora soprattutto grazie all’impegno tedesco, di settori quali appunto l’efficienza energetica, le energie rinnovabili e le tecnologie ambientali. Per non parlare delle occasioni di leadership politico-economiche ad essi correlate.

Oggi a Roma si sta parlando ancora di un ritorno al nucleare per l’Italia, con l’intenzione da parte del nostro governo di prendere accordi che probabilmente la maggioranza degli italiani nemmeno condivide.

Al vertice italo-francese di Roma, infatti, Berlusconi e Sarkozy, con quindici ministri di entrambi i governi, firmeranno una serie di accordi che riguarderanno diversi settori, come quello militare, quello dell’istruzione e quello dei trasporti, coi quali si confermerà ad esempio un’altra dispendiosa scelta dalla dubbia utilità: quella del corridoio 5 e del TAV Torino-Lione. Ma i riflettori saranno puntati soprattutto sull’energia nucleare.

La notizia del giorno è data dall’accordo stretto tra l’italiana Enel e la francese Edf, che dovrebbe portare alla costruzione di quattro centrali nucleari in Italia.

Sarà sicuramente un tappeto rosso quello che i francesi (gli stessi che si sono voluti escludere a suo tempo per salvare l’italianità di Alitalia) stenderanno alla rinascita del nucleare italiano, perché se avverrà lo farà soprattutto all’insegna della loro tecnologia Epr.

L’Italia in cambio si impegnerà per rafforzare la cooperazione a tutto campo, in particolare nei settori ricerca, costruzione, gestione delle scorie (dato che lo smaltimento non ne è possibile) e business congiunto anche in Paesi terzi.

L’italianità non può proprio dormire sonni tranquilli, perché la tecnologia francese coprirà almeno il 50% dell'operazione, mentre il resto rimarrà contendibile, con un occhio di riguardo alla principale filiera tecnologica concorrente: l'Ap1000 dell'americana Westinghouse.

Stando agli impegni presi dal nostro Governo, la prima centrale nucleare dovrebbe entrare in funzione nel 2020. Un vero e proprio sogno ad occhi aperti, se si pensa che centrali di questo tipo richiedono dai quindici ai venti anni per essere costruite e avviate in paesi efficienti e puntuali.L’Italia dei cantieri infiniti difficilmente riuscirà a rispettare simili scadenze.

E ciò significa che per almeno altri quindici o venti anni la situazione energetica del nostro paese non cambierà. Mentre gli sforzi saranno incentrati sui nuovi impianti nucleari, infatti, si sottrarrà tempo ed ingenti somme di denaro (ovviamente pubblico) allo sviluppo ed all’implementazione di altre forme ben più sensate di fornitura di energia.

Si parla di business, di grandi affari per le “nostre” imprese (come Finmeccanica ed Ansaldo Energia), addirittura di lotta ai cambiamenti climatici facendo passare il nucleare come soluzione ecologica (!), ma si tralasciano alcuni particolari di non poca importanza.

Ad esempio, è risaputo che l’energia atomica non è conveniente da nessun punto di vista economico, in quanto i costi di gestione (e di smantellamento in seguito) sono estremamente elevati. Senza considerare il fatto che non esiste alcuna compagnia di assicurazioni disposta ad assicurare, appunto, una centrale nucleare.

Alla faccia dei più o meno buoni propositi, inoltre, è molto alto il rischio di danni all’ambiente ed alla salute, ricordando che bambini deformi nati in prossimità di siti di scorie piuttosto che di centrali in cui si sono verificati incidenti non sono un’opinione.

E ricordando che se in Italia si verificano delle “emergenze rifiuti” già adesso, è meglio non pensare a cosa succederebbe se questi rifiuti fossero radioattivi.

Col ritorno al nucleare si userebbero tecnologie ormai sorpassate in un momento in cui l’Italia sta già rimanendo talmente indietro da non potersi permettere di farlo ulteriormente.

L’energia che fornirebbe sarebbe solamente elettrica, mentre avremmo bisogno (e non solo in Italia) di un ridimensionamento della fornitura energetica su ben più vasta scala. Basti pensare ai trasporti o al riscaldamento.

È molto rischiosa se si considera la possibilità di attacchi terroristici, dei quali si è miracolosamente smesso di parlare.

Ed ancora: andrebbe contro il volere popolare; fino a nuovo referendum, almeno.

Proprio a questo proposito, il fatto di andare senza nessun pudore contro il voto espresso dagli italiani nel 1987 può sembrare meno grave del fatto di voler ricominciare a produrre scorie che rimarranno radioattive per migliaia di anni, ma ne è il presupposto. Il fatto che si stiano prendendo accordi senza consultare il popolo italiano dovrebbe far riflettere. L’imminente approvazione alla Camera del ddl del ministro dello Sviluppo Scajola in cui viene istituita l’Agenzia per la sicurezza nucleare in un Paese denuclearizzato come l’Italia, dovrebbe quanto meno farci fermare un attimo a valutare la situazione, soprattutto per le norme presenti nello stesso che limitano al minimo le capacità di intervento degli enti locali nei territori coinvolti.

E al di là di questo, dovrebbe stare ai cittadini italiani (come a quelli europei in generale), capire che ciò di cui abbiamo bisogno non è una maggiore fornitura di energia, ma un uso più moderato, efficiente e consapevole della stessa.

Si possono iniziare a costruire delle case che sprechino meno energia, come già si fa in Germania, si può in iniziare a diffondere la micro-cogenerazione diffusa (mediante la quale si potrebbe addirittura riconvertire una parte dell’industria automobilistica, essendo i cogeneratori molto simili al motore di un’auto).

Si dovrebbe aumentare il livello di partecipazione alle decisioni riguardanti appunto le politiche locali, invece di aspettarsi sempre che qualcun altro lo faccia per noi. Del resto lo diceva già Jean-Jacques Rousseau più di due secoli fa che “non abbiamo bisogno di buoni politici, ma di buoni cittadini”.

Quindi, siccome non ci si può aspettare nulla né da Berlusconi né da una sinistra che è tutto tranne un’alternativa al governo di veline che ci ritroviamo, ciò di cui abbiamo veramente bisogno in Italia è una nuova coscienza.

Dire che bisognerebbe diminuire la domanda di energia piuttosto che aumentarne l’offerta implica il bisogno di una nuova mentalità, che ci permetta di cambiare i nostri stili di vita spreconi e magari di riprendere in mano non solo il nostro Paese, ma anche le nostre vite. E questo deve principalmente partire da noi.

Può sembrare ancora più difficile che non gestire delle scorie radioattive, e forse lo è. Ma è anche più possibile, più realizzabile. Siamo il “Paese del sole”, abbiamo vento e corsi d’acqua in gran quantità. Abbiamo addirittura, a differenza di molti altri paesi europei, grandi potenzialità a livello geotermico. E siamo ancora qui a parlare di centrali nucleari da avviare fra vent’anni.

È davvero necessario? Dobbiamo davvero affidarci (ancora) alla fornitura di energia dall’estero (tecnologia prima ed uranio poi)?

E abbiamo davvero bisogno di nuove tratte di TAV quando basterebbe ristrutturare le malconce ferrovie già esistenti?

Si devono costruire davvero in zone sismiche ponti giganteschi che collegherebbero regioni che ancora non hanno autostrade decenti?

È così difficile capire che gli interessi in gioco sono di poche lobby, e non dei cittadini italiani?

Se sì, se non vediamo il grande spreco di tempo e di risorse che queste scelte comportano o potrebbero comportare (in un momento in cui oltre tutto non possiamo permettercelo, essendo l’Italia sull’orlo del collasso finanziario), ci meritiamo davvero i governi che abbiamo.


Nucleare italiano, tra miopia e fantascienza
di Alessandro Iacuelli - Altrenotizie - 10 Febbraio 2009

Berlusconi ritorna a parlare di nucleare in Italia, affermando che bisogna iniziare a lavorare per il futuro in maniera seria. Per Berlusconi, infatti, "il nucleare è il futuro, il combustibile fossile è qualcosa che va a finire". Il sottinteso politico è chiaro: accelerare verso il finanziamento di centrali nucleari, ignorare volutamente le rinnovabili. Il premier l’ha dichiarato a proposito di alcune affermazioni sulla questione Gazprom e il gas russo: dopo la recente crisi con l'Ucraina, secondo Berlusconi l'Italia deve "andare avanti nella direzione della differenziazione delle fonti" e deve "iniziare per il futuro con il nucleare in maniera seria". I reattori nucleari proposti per il piano italiano sono quelli di tipo EPR, come quelli in costruzione in Finlandia, a Olikuloto. In questi giorni, le multinazionali dell'energia E.On e Rwe hanno dichiarato l’interesse a ricostruire 4 impianti per il governo inglese, come spiega Giuseppe Onufrio di Greenpeace in una recente intervista, ma sembra che i reattori non saranno EPR.

Se così fosse, dichiara Onufrio, "questo sarebbe un colpo per la promozione francese fatta a questo tipo d’impianti. Promozione supportata anche da Enel, che partecipa col 12,5% alla costruzione dell’unico altro Epr in costruzione, quello di Flamanville in Francia, e che ha dipinto l’Epr come la tecnologia del futuro." Ma l'EPR rischia di non essere affatto la tecnologia del futuro. Rischia piuttosto di diventare obsoleta già durante l'eventuale fase di costruzione delle centrali future italiane.

Altra notizia recente è quella della difficile situazione economica di Enel, indebitatasi per acquistare la spagnola Endesa. Questo può incidere fortemente sulla possibilità di intervenire in un programma nucleare nazionale, visti gli elevati costi in gioco. E sui costi è necessaria la massima chiarezza, poiché spesso non ci si rende conto della reale dimensione delle cifre in gioco e le aziende energetiche forniscono di solito dati molto falsati. Enel, ad esempio, è sempre intervenuta sul tema nucleare mostrando cifre per la costruzione di un reattore che sono circa la metà di quelle che di cui si parla negli Stati Uniti e in Inghilterra. Come spiega con estrema chiarezza ancora Onufrio, "prima dell’estate affermava che per un reattore EPR servivano 3-3,5 miliardi di euro, a ottobre si correggeva a 4.

Secondo le dichiarazioni al Times della tedesca E.On., un reattore Epr costerebbe invece fino a 6 miliardi e anche le stime di altri operatori sono più alte. Per fare un paragone: se per Enel 1.000 MW si potrebbero installare con 2,5 miliardi di euro, secondo E.On ne occorrerebbero fino a 3,5, per l’agenzia Moody’s 4,6 e per l’utility americana Florida Light & Power almeno 5,2. Siamo di fronte a un’azienda privata (che però è per il 30% pubblica) che per ragioni politiche (assecondare qualche interesse particolare e la posizione ideologica del governo) sta proponendo investimenti che non sono supportati dalla realtà economica. Nei paesi che devono sostituire le vecchie centrali, come abbiamo visto per gli Usa, i soldi vengono cercati negli incentivi pubblici. In Italia il nucleare viene invece presentato come un’operazione completamente a carico dei privati. Guardando alla situazione finanziaria attuale di Enel resta però da capire come possano indebitarsi ulteriormente. Se fosse interamente privata, sarebbero fatti loro, ma invece per il 30% sono anche fatti di interesse pubblico." Tutto questo perchè in Italia si è deciso, a livello politico prima di tutto, di colpire duramente la strada delle rinnovabili. Dal punto di vista tecnico, si sventola al pubblico il risultato di uno studio effettuato dall'Agenzia Internazionale dell'Energia (IEA), secondo cui le rinnovabili in Europa sono davvero poche.

Un organismo indipendente, l'Osservatorio dell'Energia, che fa capo alla Fondazione tedesca Ludwig Bölkow, accusa l'IEA di sottostimare il quantitativo di energia prodotta dalle fonti rinnovabili. Secondo un gruppo di esperti dell'Osservatorio dell'Energia, infatti, la IEA fornisce dati fuorvianti sulle rinnovabili. Secondo questo gruppo di esperti, l'IEA sottostima la quantità di energia "pulita" prodotta a causa delle "bugie" sul petrolio, gas e nucleare di un gruppo di politici e scienziati, ostacolando una svolta ecologica. Inoltre la IEA dimostra "ignoranza e disprezzo" verso le fonti rinnovabili mentre promuove le fonti fossili e il nucleare come tecnologie indispensabili. In un rapporto pubblicato di recente, l'Osservatorio dell'Energia sostiene che l'energia eolica ha avuto uno rialzo imprevedibile fin dagli anni '90 e che, insieme all'energia solare, raggiungeranno le quote dell'energia convenzionale entro il 2025.

Basti pensare che, nel 1998, per la IEA la produzione di energia eolica sarebbe stata di 47.4 GW nel 2020, quota gia' raggiunta nel 2004. Rivede, inoltre, le proprie stime al riguardo fatte nel 2002, portando la quota dell'eolico a 104 GW nel 2020, capacità che é già stata superata l'estate scorsa. In realtà il numero delle turbine eoliche installate nell'ultimo decennio è cresciuto ad una media del 30% annua e l'energia eolica attuale supera i 90 GW, equivalenti a 90 centrali a carbone e nucleari. A questo ritmo si raggiungeranno i 7.500 GW entro il 2025 tra centrali eoliche e solari. "I numeri della IEA non sono né empirici né teorici", sostengono all'Osservatorio dell'Energia, "Inoltre, nel loro Rapporto 2008, predicono un incremento delle fonti rinnovabili fino al 2015 a cui seguirebbe un decremento senza specificare le motivazioni".

Rudolf Rechsteiner, membro del parlamento svizzero e che fa parte del comitato energia e ambiente, sostiene che la IEA soffre di "cecità istituzionale" riguardo alle fonti rinnovabili. Stanno ritardando il cambiamento verso un mondo rinnovabile. Continuano, afferma Rechsteiner, a suggerire soluzioni con fonti fossili e nucleare invece di avere un approccio più neutro che favorirebbe nuove soluzioni. Il business del petrolio ha delle capacità incredibili nel far credere di essere l'unico in grado di fornire energia". "Purtroppo i governi ancora danno ascolto alla IEA", dichiara John Hemming, membro del Partito Liberale inglese e membro dell'Osservatorio dell'Energia, " e, in una terra di ciechi, un uomo con un solo occhio diventa il re; ma l'occhio della IEA ha una cataratta". Il governo italiano ha deciso di basarsi solo sui dati dell'IEA. Tra l'altro in assenza di un Piano Energetico Nazionale: l'ultimo piano energetico risale al 1987, quando il fabbisogno nazionale era molto minore.

Oggi si continua a navigare verso un nucleare, forse con molta incompetenza da parte di politica ed imprenditoria, senza fare neanche bene i conti: ad un convegno tenutosi a Capri lo scorso gennaio, la presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, ha dichiarato durante il suo intervento che la produzione di energia elettrica per via nucleare costa 3 centesimi di dollaro per ogni chilowattora. Il prezzo è quello giusto, ma con un particolare raccapricciante: è il costo calcolato per un impianto che ha già ammortizzato il costo di costruzione, e si basa su un costo dell’uranio molto retrodatato, costo che è ancora valido per molti contratti di fornitura, ma che scadranno nel 2012.

Uno studio che ha cercato di fare una stima dei costi reali è stato compiuto dal Keystone Center che ha valutato un costo pari a centesimi di dollaro per KWh. Cioè un costo triplo rispetto a quello che viene raccontato ai cittadini italiani. Allo stesso convegno, la signora Marcegaglia ha anche dato, con bravura retorica e comunicativa tale da ingannare la platea, pieno sfoggio di altre incompetenze tecniche nel settore energetico ed in particolare di quello nucleare, come il dire che i reattori di quarta generazione non possono essere costruiti se prima non si fanno quelli di terza: le ricerche scientifiche per la quarta generazione possono continuare anche senza costruire centrali obsolete, costose, pericolose e ingestibili.

Questo pericolosa miopia industriale mostrata dai vertici di Confindustria rischia di contaminare tutto il mondo imprenditoriale ed industriale italiano, che vanta più di una eccellenza anche nel settore energetico. Ed è una miopia pericolosa perché promette, pur di far girare appalti da miliardi di euro subito, un futuro d’indebitamento per tutto il Paese. Indebitamento provocato per costruire cattedrali nel deserto pericolosissime e costantemente in perdita.