mercoledì 3 dicembre 2008

Afghanistan: e l’Italia che fa?

In Afghanistan, ormai ritornato quasi interamente sotto il controllo dei talebani, il numero dei soldati USA crescera’ in maniera sostanziale non appena Obama si sara’ insediato alla Casa Bianca.
Ma, mentre l’Italia sta per mandare quattro Tornado che verranno sicuramente impegnati nei bombardamenti dei villaggi, il ministro della Difesa La Russa continua a ribadire che "Il numero dei soldati italiani schierati in Afghanistan non crescera’", aggiungendo poi "se Obama ce lo chiedesse risponderemo che riteniamo giusto immaginare un rafforzamento delle truppe in Afghanistan ma che l'Italia e' tra i Paesi piu' impegnati".

Bonta’ sua, La Russa si e' detto certo che gli USA non chiederanno all'Italia modifiche delle regole di ingaggio.
Mah, qualche settimana ancora e vedremo se La Russa e il governo italiano si piegheranno o meno alle volonta’ americane.

Ma intanto gia’ con l’utilizzo dei Tornado, le regole d’ingaggio sono cambiate. E non di poco.


Mentre l'Italia sta per inviare in Afghanistan quattro Tornado…
di Massimo Fini – 29 Novembre 2008

Mentre l'Italia sta per inviare in Afghanistan quattro Tornado, che non sono esattamente degli aerei da ricognizione (erano quelli su cui volavano Bellini e Cocciolone nella prima guerra del Golfo), il presidente Hamid Karzai (nella foto) ha convocato gli ambasciatori dei Paesi della missione Nato-Isaf e ha posto le seguenti condizioni:1) Che sia definito subito un calendario del ritiro delle truppe straniere dall'Afghanistan . 2) Che cessino immediatamente le loro operazioni militari, specialmente quelle aeree, nelle zone civili. Se queste condizioni non verranno accettate, Karzai ha minacciato di avviare subito negoziati diretti con i Talebani del Mullah Omar. E ha aggiunto: «Se non ci sono calendari chiari nella lotta della coalizione internazionale contro i Talebani, noi abbiamo il diritto di cercare un'altra soluzione per la pace e la sicurezza del nostro Paese, il che significa negoziati col Mullah Omar».

Ora, Karzai è il presidente dell'Afghanistan perché è stato eletto con consultazioni "democratiche" e "libere". In realtà, quelle elezioni non furono nè democratiche nè libere perché non possono essere tali consultazioni che si tengono con la minacciosa presenza, sul territorio, di 70mila soldati stranieri. Karzai, che è stato per anni consulente della statunitense Unoca, è stato semplicemente imposto dagli americani; che ne hanno fatto il loro Quisling, un presidente fantoccio alle dirette dipendenze dell'amministrazione Usa. Ma, passando sopra queste quisquilie, gli occidentali hanno sempre proclamato che Karzai è il legittimo presidente dell'Afghanistan (e che, di conseguenza, illegittima, anzi "terrorista", era la guerriglia). E adesso si trovano impantanati nelle proprie menzogne. Se il legittimo presidente dell'Afghanistan chiede il ritiro delle truppe straniere e queste non se ne vanno, quella dell'Afghanistan diventa anche ufficialmente un'occupazione o una sorta di mostruosa ipocrisia come l'"aiuto" ai "Paesi fratelli" di sovietica memoria.

Questo per la forma. Ma la cosa più interessante è la sostanza. Come mai Karzai, che dipende in tutto e per tutto da Washington, ha osato una mossa del genere pur sapendo benissimo che il volere del governo americano non è solo quello di rimanere in Afghanistan ma addirittura, come ha dichiarato Obama, di potenziarvi la propria presenza militare inviando altri 20mila soldati e portando così gli effettivi a 52mila? Perché, evidentemente, teme ormai più i Talebani degli americani. I Talebani controllano quasi tutto il Paese, la loro influenza sulla popolazione aumenta giorno dopo giorno e va di pari passo con l'aumento dell'odio per gli occupanti a causa delle ripetute stragi di civili perpetrate dai bombardieri e anche dalle truppe di terra. Karzai sa benissimo che, se non prende rapidamente le distanze dagli occupanti, per lui è la fine. Il Mullah Omar su queste cose va per le spicce. Quando nel 1996, dopo aver sconfitto i cosiddetti "signori della guerra", entrò a Kabul, la prima misura che prese fu di far impiccare l'ex presidente Naïbullah, che a suo tempo era stato il Quisling dei sovietici, e i comunisti che avevano collaborato con quel governo.

Karzai più che il potere vuol salvare la pelle. E infatti nell'incontro che c'è stato ai primi di ottobre alla Mecca, sotto il patrocinio del re dell'Arabia Saudita, Abdullah, fra emissari del Mullah e uomini di Karzai la proposta di Omar è stata: prima via gli stranieri, poi trattiamo, per Karzai e i suoi ci sarà comunque un salvacondotto. E Dio o Allah o chi per lui voglia che, cacciati finalmente, in un modo o nell'altro, gli occupanti, gli afghani, Talebani, Pashtun, Tagiki, Hazara, abbiano il buon senso di non immergersi in altri anni di guerra fratricida per trovare un nuovo equilibrio di potere come invece fecero dopo la cacciata dei sovietici. La cosa è possibile perché il Mullah Omar non è nè un criminale nè un pazzo. È, a modo suo, un pragmatico. Una pacificazione fra afghani fatta dagli afghani, senza le pelose supervisioni di occidentali che non hanno nulla a che vedere con questo popolo straordinario, orgoglioso, fiero, con la sua storia, con la sua cultura, con le sue tradizioni, sarebbe la soluzione migliore e più giusta. Ma intanto noi mandiamo i Tornado.


Afghanistan, talebani al potere
di Enrico Piovesana – Peacereporter – 24 Novembre 2008

Fuori dalle città governano loro, anche alle porte di Kabul

I talebani sono tornati al potere in Afghanistan. Non nella capitale e nelle principali città del Paese - dove la presenza delle guarnigioni Nato garantisce ancora la sopravvivenza dell'autorità del governo Karzai - ma in quasi tutte le zone rurali, comprese quelle immediatamente fuori dalla capitale. Qui i talebani hanno nominato i loro governatori locali, i loro sindaci, i loro giudici, i loro esattori delle tasse, i loro comandanti di polizia, i loro responsabili per l'istruzione.

Il fallimento del potere centrale. Se da tempo tutte le aree extraurbane delle province meridionali (Kandahar, Helmand, Nimruz, Farah, Uruzgan, Zabul) e orientali (Paktika, Khost, Paktia, nangarhar, Kunar, Nuristan) sono tornate sotto l'autorità dei talebani, da alcuni mesi è così anche nelle province centrali vicine a Kabul come Ghazni, Wardak e Logar, dove i barbuti governano rispettivamente 13 distretti su 18, 6 su 8 e 4 su 7.
Secondo l'analista politico Waheed Muzhda "i talebani stanno avanzando da sud verso Kabul esattamente come fecero dodici anni fa, quando andarono al potere la prima volta, ovvero guadagnandosi il sostegno popolare grazie alla loro capacità di garantire legge e ordine".
"I talebani - spiega Seth Jones, della Rand Corporation - stanno operando uno 'state-bulding' alternativo a quello del governo e della Nato, tutto centrato sulla sicurezza".
Esasperati dall'anarchia, dall'insicurezza, della paura e dalla corruzione che hanno regnato sovrane negli ultimi anni, gli afgani rurali (che costituiscono il 90 percento della popolazione) sono ben felici di barattare la radio e la televisione in cambio della sicurezza e dell'ordine che i talebani sanno bene come garantire.
La corrotta polizia afgana, impegnata a taglieggiare i commercianti e a derubare la gente ai posti di blocco, non ha mai saputo proteggere la popolazione dalle scorribande di ladri e predoni, con i quali spesso è anzi in combutta. L'inefficiente giustizia governativa non è mai stata minimamente in grado di amministrare i problemi quotidiani della gente.
I talebani, con i loro modi sbrigativi, sono molto più efficaci.

Il successo del contropotere talebano. comandano i talebani, la sicurezza è garantita dalle pattuglie della 'polizia talebana' che a bordo di pick-up sorveglia di giorno e di notte strade e villaggi, tenendo lontani banditi e polizia.
La giustizia è amministrata dalle corti talebane composte da due giudici per distretto nominati da un mullah che, applicando la sharìa, risolvono 'per direttissima' dispute sulla proprietà dei terreni, sui diritti di pascolo, su casi di divorzio e assegnazione di eredità.
L'istruzione è sotto il controllo degli 'emiri dell'educazione e della cultura', i quali vagliano i programmi d'insegnamento di ogni singola scuola assicurandosi che essi prevedano lezioni di Corano e sharìa. Se così non è, o se la scuola è mista o addirittura femminile, scatta la chiusura forzata. Nove scuole su dieci fanno questa fine.
"Per lungo tempo i villaggi di questa zona - racconta al Christian Sinece Monitor un abitante della provincia di Logar - venivano terrorizzati da una banda di ladri. Siamo andati decine di volte alla polizia per chiedergli di arrestarli, dicendogli anche dove si nascondevano. Ma non hanno mai fatto nulla. Alla fine ci siamo stancati e ci siamo rivolti ai talebani. Loro sono andati a prenderli, li hanno processati, hanno cosparso i loro visi di catrame e li hanno fatti sfilare così per le strade, minacciando di tagliar loro le mani se fossero stati beccati ancora a rubare. Da allora i ladri non si sono più fatti vedere".
"Con i talebani non abbiamo più la tv, non possiamo più ascoltare musica e non possiamo più ballare alle feste, è vero - ammette Abdul Halim, della provincia di Ghazni - ma almeno abbiamo sicurezza e giustizia".


L’Italia vola in guerra
di Enrico Piovesana – Peacereporter – 19 Novembre 2008

Afghanistan, i nostri Tornado vanno a combattere

I quattro cacciabombardieri italiani Tornado del 6° stormo 'Diavoli Rossi' di Ghedi partiranno per l'Afghanistan "nei prossimi giorni". Lo ha confermato ieri il generale Vincenzo Camporini, Capo di stato maggiore della Difesa.

Missione di guerra. Secondo i 'caveat' imposti dal governo italiano, la missione di questi aerei da guerra - che ci costerà oltre quattro milioni di euro al mese - non sarà quella di sganciare missili e bombe. Ma ciò non vuol dire che non parteciperanno alla guerra.
I quattro Tornado - che non saranno sotto comando italiano, bensì a disposizione del comandante statunitense David D. McKiernan - verranno impiegati su tutto lo spazio aereo afgano in operazioni di sorveglianza del territorio ma anche in operazioni di intelligence e ricognizione, ovvero di 'acquisizione obiettivi'. Vale a dire che individueranno gli obiettivi che poi verranno bombardati da altri caccia alleati o attaccati dalle truppe di terra della Nato.
Affermare che i Tornado non parteciperanno alla guerra è come dire che non lo fa l'ufficiale di puntamento addetto a un pezzo d'artiglieria che dà le coordinate di tiro all'artigliere, o che non lo facevano i soldati che venivano spediti in perlustrazione fuori dalle trincee prima di un attacco.

Lo dicono anche i militari. "Le missioni aeree di ricognizione non hanno finalità ricreative e umanitarie", ha ironizzato il generale Fabio Mini, ex comandante della missione Kfor in Kosovo. "Sono missioni da combattimento vero e proprio in quanto preludono all'attacco con bombe a grappolo, incendiari ed esplosivi ad alto potenziale".
La stessa ovvietà fu evidenziata nel marzo 2007 dall'associazione pacifista di ufficiali tedeschi 'Darmstaedter-Signal' alla vigilia dell'invio dei sei Tornado della Luftwaffe che ora i nostri quattro vanno a sostituire con gli stessi compiti. "Non si può dire che il loro impiego sarà 'non-combat' perché i risultati dei loro voli di ricognizione guideranno gli attacchi condotti da altri aerei o da truppe di terra".

E magari anche bombe. Al di là di questo, rimane il dubbio che i Tornado alla fine possano venire segretamente usati anche per bombardare. "Gli aerei sotto controllo americano non hanno limiti operativi e i nostri cacciabombardieri saranno chiamati a 'cacciabombardare'", ha dichiarato il generale Mini.
D'altronde, osservano molti, per fare perlustrazione e osservazione delle postazioni nemiche non bastano gli aerei spia telecomandati come i 'Predator', che sono fatti apposta?
Anche durante la guerra del Kosovo del 1999 i Tornado italiani, ufficialmente, svolgevano solo missioni di ricognizione e supporto aereo. Poi si scoprì che sganciarono tonnellate di bombe su Belgrado.