martedì 2 dicembre 2008

Il cambiamento secondo Obama…

Nel giorno in cui Barack Obama ha ufficializzato la sua nuova squadra per gestire la sicurezza degli Stati Uniti, il presidente eletto ha colto l'occasione per lanciare il classico trito e ritrito messaggio americano al mondo “Per l'America è tempo di un nuovo inizio per affrontare le sfide globali del mondo. Rafforzeremo la nostra capacità di sconfiggere i nostri nemici e portare aiuto ai nostri amici. Rinnoveremo le nostre alleanze e rafforzeremo le nostre partnership. Dimostreremo ancora una volta al mondo intero che l'America è capace di difendere senza esitazione il suo popolo. Il terrorismo è una minaccia globale che richiede una risposta globale. Il nostro destino è condiviso e correlato con il destino del mondo”.

Obama ha poi detto che le persone che ha scelto nel team di sicurezza nazionale condividono il suo “pragmatismo sull'uso dei poteri” e il suo obiettivo di “un ruolo dell'America come leader nel mondo”.

Ma tu guarda che grandi novita’…che proseguono poi durante il resto della conferenza stampa di ieri a Chicago “Siamo determinati a perseguire i responsabili degli attentati di terrorismo ovunque nel mondo. Non possiamo tollerare che innocenti vengano uccisi da terroristi in nome di ideologie basate sull'odio”.

Si’ certo, e’ Obama che parla...non Bush.

Obama ha poi annunciato che assegnerà al confermato segretario alla Difesa, Robert Gates, “una nuova missione” per mettere fine alla guerra in Iraq e cedere il controllo della sicurezza agli iracheni, “Darò a Gates e alle nostre forze armate una nuova missione appena mi insedierò, mettere fine responsabilmente alla guerra in Iraq attraverso una efficace transizione verso un controllo iracheno”.

Beh ovvio, le truppe vanno spostate al piu’ presto dall’Iraq al confine afghano-pakistano…

E infatti Obama ha ribadito che assicurerà che vi siano “le strategie e le risorse per battere Al Qaeda e i talebani. Come Bob (Gates) ha detto non molto tempo fa, l'Afghanistan è il posto in cui la guerra al terrore ha avuto inizio ed è quello in cui si deve concludere. Saranno fatti gli investimenti necessari per rafforzare le forze armate e aumentare le truppe di terra per battere le minacce del XXI secolo. Davanti alla sicurezza della nazione e del nostro popolo non siamo nè democratici nè repubblicani: siamo americani”.
Ma era chiaro gia’ da tempo che con Obama il cambiamento e’ solo nel prossimo target da colpire.

E tanto per essere ancora piu’ chiari sul futuro che ci aspetta, il prossimo segretario di Stato Hillary Clinton, parlando a Chicago a fianco di Obama, ha promesso che l'America “tornerà di nuovo a collaborare con il resto del mondo nell'affrontare le crisi planetarie. L'America non può risolvere le crisi senza il mondo, e il mondo non può risolverle senza l'America”.

Evviva il cambiamento…


Obama: l’India ha il diritto di difendersi
di Enrico Piovesana – Peacereporter – 2 Dicembre 2008

Il rischio di una reazione militare indiana contro il Pakistan a seguito dell'attacco a Mumbai si fa sempre più concreta.
La stampa indiana riporta con gran rilievo le dichiarazioni del presidente eletto statunitense, Barack Obama, che ieri ha sostanzialmente affermato il diritto dell'India di attaccare le basi dei terroristi in Pakistan - come stanno facendo ormai da tre mesi gli Stati Uniti.

Semaforo verde da Obama. Nel corso di una conferenza stampa è stato chiesto a Obama se anche per l'India fosse valida la politica di bombardare i campi terroristici pachistani in caso di evidente inazione del governo di Islamabad. La risposta del neopresidente Usa è stata musica per le orecchie di Nuova Delhi: "Le nazioni sovrane hanno il diritto di difendersi". Un implicito semaforo verde, concesso solo a due condizioni: "Prima - ha aggiunto Obama - le indagini sulla carneficina di Mumbai devono raggiungere delle conclusioni definitive e poi bisogna vedere se il Pakistan darà seguito al suo impegno di eliminare il terrorismo". Insomma: se alla fine la pista pachistana verrà confermata (e questo è scontato) e se Islamabad non farà qualche passo concreto contro i terroristi (quale?), allora l'India avrà tutto il diritto di agire.

I rischi di un'escalation. Un'eventualità, questa, dai risvolti drammatici. Non solo in caso di un reale attacco indiano (che rischierebbe di scatenare un conflitto nucleare tra India e Pakistan), ma anche solo in caso di minaccia concreta.
Se l'India alzasse la tensione militare con il Pakistan, le potenti gerarchie militari di Islamabad, già innervosite dai sempre più frequenti attacchi missilistici Usa nelle Aree Tribali (ultimamente alcuni generali hanno minacciato di rispondere abbattendo i droni Usa) e dalla politica di dialogo con l'India sul Kashmir avviata dal presidente Asif Ali Zardari (letta come un grave tradimento dello spirito nazionalista pachistano), si ribellerebbero al debole governo civile di Islamabad e ai diktat di Washington sull'impegno militare pachistano contro i talebani nelle Aree Tribali (dove attualmente stanno svogliatamente combattendo 100 mila soldati pachistani).

Primi segni di nervosismo. "Se verremo minacciai dall'India non lasceremo là nemmeno un soldato", ha dichiarato al quotidiano bitannico Guardian un anonimo ufficiale militare pachistano, riferendosi al fatto che tutte le truppe verrebbero schierate al confine con l'India.
I primi segnali di 'ribellione' da parte dei militari pachistani ci sono già. Il governo di Islamabad aveva annunciato una storica missione in India del direttore dei servizi segreti pachistani (Isi), il generale Ahmed Shuja Pasha, per aiutare i servizi indiani nelle indagini. Ma i generali pachistani si sono opposti e la missione è saltata.



Nucleare: le conseguenze dell’accordo tra USA e India
di Marco Montemurro – Altrenotizie – 5 Novembre 2008

L’accordo di cooperazione nucleare stipulato tra Stati Uniti e India è stato definitivamente approvato. Una delle ultime mosse dell’amministrazione Bush è stata condotta a termine il 10 ottobre quando il ministro degli affari esteri indiano, Pranab Mukherjee, ha firmato ufficialmente il trattato con la presenza del Segretario di Stato statunitense Condoleezza Rice. E’ un evento che sicuramente avrà ripercussioni in futuro nel settore dell’energia nucleare in tutto il mondo. Il trattato tra Usa e India rischia di aprire la strada verso accordi bilaterali tra singoli paesi riguardo la compravendita di materiale nucleare. E’ un precedente che è destinato a porre limiti all’influenza degli organismi sopranazionali. Il nuovo legame mette in discussione i principi di universalità contenuti nel Trattato di Non Proliferazione Nucleare. Lo storico accordo, stipulato nel 1968 per regolare e sorvegliare il possesso di materiale nucleare, si basa infatti proprio sul presupposto che sia necessario porre limiti a tali tecnologie agendo sul piano internazionale e tramite la vigilanza di enti sovranazionali.

La situazione indiana è particolare sia perché è uno di quei pochi paesi che non aderiscono al Trattato di Non Proliferazione (assieme al Pakistan, Israele e la Corea del Nord), sia perché per oltre 30 anni vi è stato un isolamento sul piano internazionale nel settore nucleare. Nel 1974 l’India condusse esperimenti per realizzare la sua prima bomba atomica e da allora vige una sorta di embargo nei confronti del paese riguardo alle tecnologie atomiche. Dal 2006 però l’amministrazione Bush si è mostrata interessata a rimuovere tale divieto e ha cominciato ad avviare trattative per cooperare con il gigante asiatico anche in questo ambito.

L’accordo con gli Stati Uniti sulla cooperazione nucleare, benché ufficialmente si limiti al settore civile, ha suscitato in India forti polemiche. Quando è stato messo ai voti in Parlamento il 22 luglio scorso l’opposizione è stata accesa e il piano è passato con soli 19 voti di scarto (275 a favore, 256 contrari e 10 astenuti). Il trattato è stato approvato, ma ha causato nella coalizione di governo del primo ministro Manmohan Singh, la perdita dell’appoggio del partito comunista indiano, da tempo fortemente critico nei confronti del nuovo vincolo con gli Usa.

Gli Stati Uniti non vogliono perdere la possibilità di fare affari nel settore energetico indiano e il progetto è di vasta portata poiché il paese è deficitario dal punto di vista delle fonti di energia. Attualmente l’India importa il 75% del petrolio utilizzato e il 69% dell'elettricità è fornita dal carbone, risorsa con riserve limitate. In futuro il fabbisogno è destinato a crescere e si stima che il consumo pro-capite di energia elettrica in India triplicherà entro il 2020, con una crescita annuale del 6,3%. Sicuramente il mercato energetico indiano è molto appetibile per gli Stati Uniti, una grande opportunità per le compagnie General Electric, Westinghouse e Bechtel. Il piano inoltre s’inquadra in strategie molto più ampie; è una mossa sia per controbilanciare l’influenza cinese nell’area, sia per limitare il rafforzamento delle relazione estere di Tehran. Nella regione infatti, il governo americano non gradisce il progetto per la costruzione di un gasdotto che colleghi l’Iran con l’India.

Gli Stati Uniti non sono il solo paese a mostrarsi interessato a trarre profitto dal settore energetico nel subcontinente. Subito dopo il recente accordo di cooperazione firmato a Washington, il governo francese ha annunciato la realizzazione di un contratto per la fornitura di tecnologia nucleare civile in India e almeno due reattori saranno costruiti dalla compagnia Areva. Inoltre ultimamente anche la Russia si è dichiarata interessata a stipulare accordi con l’India nel settore energia nucleare.

Preoccupato dal recente trattato tra Usa e India è invece il vicino Pakistan, storico paese rivale. A seguito della ratifica, il governo guidato dal presidente Zardari infatti si è dichiarato interessato a stipulare un accordo di cooperazione nucleare con la Cina. Questa scelta è rilevante poiché sia il Pakistan che la Cina tra i loro armamenti dispongono di ordigni atomici.

L’accordo condotto dall’amministrazione Bush sembra pertanto mostrare una pericolosa situazione, che potrebbe generare la fine delle politiche comuni a livello internazionale riguardo lo sviluppo della tecnologia nucleare e l’avvio di iniziative condotte da singoli paesi. La perdita d’influenza delle Nazioni Unite e l’emergere di un mondo multipolare, sono fattori portatori di cambiamenti anche riguardo a tale settore. Il 1968, anno del Trattato di Non Proliferazione, si mostra ormai lontano. Sembra adesso che sia stato accantonato l’obiettivo di limitare la produzione di tecnologia nucleare, che siano abbandonate le linee guida universali. Si segue ora la strada degli accordi bilaterali nella quale ogni singolo paese si sceglie l’alleato a lui più conveniente, anche nel settore dell’energia nucleare.