sabato 27 dicembre 2008

L'ennesimo massacro di palestinesi

La prevista offensiva israeliana contro Gaza è arrivata oggi dal cielo. Una serie di raid aerei lanciati in mattinata hanno colpito il porto e quasi tutti i posti di polizia della principale città del territorio controllato da Hamas.
Il bilancio delle vittime è gravissimo, fonti mediche parlano di 120 morti e 200 feriti tra i palestinesi solo a Gaza. Tra le vittime anche il capo della polizia, Tawfiq Jabber.

A Khan Younis e Rafah, invece, avrebbero perso la vita altre 23 persone.
L'ondata di attacchi israeliani è infatti proseguita anche in altre zone della Striscia.

Per il portavoce dell'esercito israeliano "Le nostre operazioni andranno avanti e, se necessario, saranno allargate. L'offensiva e' appena all'inizio".
Secondo quanto riferisce l'inviato della tv Al-Arabiya, i raid aerei israeliani compiuti sulla striscia di Gaza hanno causato il ferimento anche di diversi bambini colpiti mentre si trovavano all'interno della loro scuole o nei dintorni.

Hamas ovviamente ha promesso vendetta e ha infatti "ordinato alle Brigate Ezzedine al Qassam di rispondere all'aggressione degli occupanti in tutti i modi. Il mondo rimarrà sorpreso della nostra risposta all'aggressione degli occupanti" ha detto Fawzi Barhoum, esponente di Hamas. "Ora le Brigate Ezzedine al Qassam - ha aggiunto - hanno le mani libere per rispondere con tutti mezzi di cui possiede, inclusi i missili a lunga gettata e le azioni di martirio. Abbiamo la forza per controbilanciare questo terrorismo".
Un appello simile è stato lanciato dalla Jihad islamica "Tutti i combattenti hanno ricevuto l'ordine di rispondere al massacro perpetrato da Israele".

Subito dopo l'attacco, l'Iran ha confermato che manderà la sua prima nave di aiuti destinati alla Striscia di Gaza malgrado il blocco navale israeliano. "A dispetto del blocco del regime sionista...la nave di aiuti iraniani partirà oggi e arriverà in 12 giorni in Palestina", ha detto la televisione iraniana, aggiungendo che saranno a bordo 12 dottori iraniani e uomini addestrati per il soccorso, e che il cargo conterrà "più di 2000 tonnellate di cibo, medicine e apparecchiature".

Arriva anche la condanna dell'Egitto "Condanniamo la strage senza precedenti che sta avvenendo a Gaza" ha detto ad al Jazeera, Mustafa al Faqqi, presidente della commissione Esteri del parlamento egiziano, "Il mondo non può stare a guardare quello che sta avvenendo nella Striscia".

E invece il mondo ancora un volta restera' a guardare il massacro che si sta compiendo ai danni della popolazione palestinese.



Gaza: La fame prima della tempesta
di Sameh A. Habeeb - http://electronicintifada.net/ - 26 Dicembre 2008

I politici israeliani, in questo periodo che precede le elezioni, stanno promettendo, come vuole la politica israeliana, di sferrare un duro colpo contro Gaza. Eppure, ogni famiglia di Gaza è già sotto assedio. A Gaza si possono trovare soltanto visi frustrati, arrabbiati e pallidi. Se fate visita alla mia casa non troverete energia elettrica, mentre il mio vicino non ha più gas. Un altro vicino è in cerca di acqua potabile, dato che le mancanze di elettricità lo hanno lasciato senz'acqua per quattro giorni. Un terzo vicino cerca disperatamente latte per suo figlio, ma invano. Un altro amico che vive all'angolo ha bisogno di medicine che attualmente non si trovano a Gaza. Non c'è carenza di storie simili a Gaza, anche se c'è carenza praticamente di ogni altra cosa. Forse trasmettere queste storie metterebbe sotto pressione i leader israeliani perché fermino l'assedio. Perché ciò che sta accadendo è che l'intera popolazione di Gaza, un milione e mezzo di persone densamente concentrate in una piccola area, viene punita per il lancio contro Israele di rudimentali razzi da parte di pochi.

Shaher Mazen, 25 anni, ha una laurea in scienze politiche ma lavora come tassista per mettere a tavola del pane per la sua famiglia. Ho parlato con lui mentre mi dirigevo da alcuni forni di Gaza per raccogliere la notizia di quanto accadeva lì. Shaher era frustrato a causa dell'assedio e furioso verso i due governi palestinesi rivali, che considera deboli nei confronti di Israele. Mazen ha detto: "Siamo sotto una campagna mediatica organizzata da Israele. Veniamo affamati e puniti ingiustamente da Israele. Il mondo pensa che siamo noi ad assediare Israele, non il contrario. Israele sta montando la questione del lancio di razzi per assediarci sempre di più".

Il panificio Al-Shanty a Gaza City è uno dei maggiori della striscia e fornisce pane a decine di migliaia di persone. Ieri centinaia di persone si sono radunate fuori dal panificio in una lunghissima coda nell'attesa di una busta di pane. Bambini, donne e uomini stavano aspettando l'occasione di comprare un po' di pane, che è diventato scarso da quando Israele non ha permesso l'importazione di adeguati rifornimenti di farina e di gas da cucina. "Il nostro panificio è senza pane da giorni ormai, e quello che abbiamo durerà solo per altre ventiquattr'ore. Infatti abbiamo smesso di lavorare ieri quando siamo rimasti senza farina. Ormai stiamo usando mangime per animali che finirà in poche ore" ha spiegato il ventiquattrenne Abed Masod mentre era impegnato a lavorare al panificio. La voce di una donna si è sollevata dalla folla. Ha iniziato a gridare e a invocare Dio per la salvezza e il soccorso della terribile situazione di Gaza. Il volto sfinito della quarantacinquenne Om Ali Shoman porta l'impatto delle sofferenze di Gaza. "Questo è il nostro destino" ha detto. "È una congiura progettata contro di noi. Cos'hanno mai fatto i miei bambini per rimanere a casa senza pane? Hanno forse lanciato razzi? Hanno ucciso degli israeliani? Possiedono pistole?"Solo una dozzina dei 47 panifici di Gaza sono attualmente in funzione, ma stanno rapidamente esaurendo le forniture. L'agenzia Onu per i rifugiati palestinesi (UNRWA) ha dovuto fermare le sue consegne di aiuti alimentari perchè Israele non le ha permesso di rifornire i suoi magazzini. Ciò colpisce 750.000 rifugiati nella striscia di Gaza.

Gli abitanti di Gaza temono però che il peggio debba ancora venire, dal momento che il governo israeliano rinnova le sue minacce per una grossa offensiva contro la striscia di Gaza, senza alcun riguardo per le perdite civili che un'invasione inevitabilmente provocherebbe. Il tempo si sta esaurendo a Gaza, e la carestia si profila minacciosa mentre i cieli di Gaza sono resi più scuri dalle minacce di un'incursione militare israeliana. Come giornalista, pacifista e come uno delle centinaia di migliaia di abitanti di Gaza che vengono collettivamente puniti da Israele, esorto chi legge questo articolo ad appellarsi ai propri governanti perché chiedano che Israele renda conto delle proprie azioni di fronte alla legge internazionale, compresa la quarta convenzione di Ginevra il cui articolo 33 proibisce la punizione collettiva di una la popolazione civile. Sebbene abbia rimosso unilateralmente le sue colonie illegali dalla striscia di Gaza nel 2005, Israele ha mantenuto il controllo dei confini di Gaza, del suo mare e del suo spazio aereo, così come dell'anagrafe della sua popolazione, e rimane una Potenza occupante, e come tale è obbligata a rispettare la legge umanitaria internazionale, compresa la quarta convenzione di Ginevra. Esorto i lettori affinché facciano pressioni sui loro governanti perché costringano Israele a rispettare le innumerevoli risoluzioni delle Nazioni Unite che affermano i diritti dei palestinesi, e che i leader palestinesi chiedono che vengano immediatamente implementate. Per favore, non lasciate che la triste condizione di Gaza venga dimenticata, ed esortate ad agire anche coloro che vi circondano.


Sameh A. Habeeb è un fotoreporter ed attivista per la pace e i diritti umani residente a Gaza, Palestina. Scrive come freelance per diversi notiziari web.



La tregua di Israele: 49 morti, tra cui 2 nziani e 7 bambini
a cura di http://www.palestine-info.co.uk/ - 19 Dicembre 2008

Secondo un rapporto della Quds Press, 49 palestinesi, tra cui sette bambini e otto combattenti della resistenza sono stati uccisi in Cisgiordania e nella striscia di Gaza durante la tregua di sei mesi mediata dalle autorità egiziane, che è terminata lo scorso venerdì mattina.

Le fazioni palestinesi avevano accordato una tregua il 19 giugno di quest'anno a condizione che l'occupazione israeliana terminasse la sua aggressione e ponesse fine all'assedio, e che la tregua fosse estesa ad includere la Cisgiordania. Secondo il rapporto della Quds Press, 22 palestinesi sono stati uccisi nella striscia di Gaza dove la tregua era attiva, altri 22 sono stati uccisi in Cisgiordania e cinque nella Gerusalemme occupata.

Queste statistiche comprendono sette bambini al di sotto dei diciott'anni, un uomo anziano e una donna anziana. Degli otto combattenti della resistenza uccisi durante la tregua, 7 sono stati assassinati in Cisgiordania da forze speciali degli occupanti. Nella striscia di Gaza nel mese di novembre si è assistito al più alto numero di vittime, con 17 palestinesi uccisi da colpi di artiglieria degli occupanti israeliani e durante incursioni.


Articoli tradotti da Alcenero per www.comedonchisciotte.org



La mia espulsione da Israele
di Richard Falk - The Guardian - 20 Dicembre 2008

Quando sono arrivato in Israele come rappresentante delle Nazioni Unite sapevo che vi potevano essere dei problemi all’aeroporto. E c’erano. Il 14 Dicembre sono arrivato all’aeroporto Ben Gurion di Tel Aviv per svolgere il mio incarico di relatore speciale per le Nazioni Unite sui territori palestinesi.

Stavo conducendo una missione che aveva lo scopo di visitare la Cisgiordania e Gaza per preparare un rapporto sull’osservanza da parte di Israele dei diritti umani e del diritto internazionale umanitario. Erano stati fissati degli incontri al ritmo di uno l’ora durante i sei giorni previsti, a cominciare da quello, il giorno seguente, con Mahmoud Abbas, presidente dell’Autorità Palestinese.

Sapevo che vi potevano essere dei problemi all’aeroporto. Israele si era fortemente opposta al mio incarico alcuni mesi prima e il suo ministro degli esteri aveva rilasciato una dichiarazione secondo cui avrebbe proibito il mio ingresso se fossi venuto in Israele nel mio ruolo di rappresentante dell’Onu.

Allo stesso tempo, non avrei fatto il lungo viaggio dalla California, dove vivo, se non fossi stato ragionevolmente ottimista sulle mie possibilità di riuscire a entrare. Israele era stata informata che avrei guidato la missione e avrei fornito una copia del mio itinerario, e aveva rilasciato i visti alle due persone che mi assistevano: un addetto alla sicurezza e un assistente, che lavorano entrambi nell’ufficio dell’alto commissario per i diritti umani a Ginevra.

Per evitare un incidente all’aeroporto, Israele avrebbe potuto o rifiutarsi di accettare i visti o comunicare alle Nazioni Unite che non mi avrebbero permesso di entrare, ma non è stata presa nessuna delle due misure. Sembra che Israele abbia voluto impartire a me, e in modo assai più significativo alle Nazioni Unite, una lezione: non vi sarà nessuna collaborazione con coloro che esprimono forti critiche sulla politica di occupazione israeliana.

Dopo che mi è stato negato l’ingresso, sono stato tenuto in custodia cautelare insieme a circa altre 20 persone con problemi d’ingresso. Da questo momento, sono stato trattato non come un rappresentante delle Nazioni Unite, ma come una sorta di minaccia per la sicurezza, sottoposto ad una perquisizione corporale minuziosa e alla più puntigliosa ispezione dei bagagli che abbia mai visto.

Sono stato separato dai miei due colleghi delle Nazioni Unite, a cui è stato permesso di entrare in Israele, e condotto nell’edificio di detenzione dell’aeroporto, distante circa un miglio. Mi è stato chiesto di mettere tutti i miei bagagli, insieme al cellulare, in una stanza e sono stato portato in un piccolo locale chiuso a chiave che puzzava di urina e di sudiciume. Conteneva altri cinque detenuti e costituiva uno sgradito invito alla claustrofobia. Ho passato le successive 15 ore rinchiuso in questo modo, il che è equivalso ad un corso intensivo sulle miserie della vita carceraria, inclusi lenzuola sporche, cibo immangiabile e luci che passavano dal bagliore all’oscurità, controllate dall’ufficio di guardia.

Naturalmente, la mia delusione e la mia dura reclusione sono cose insignificanti, non meritevoli di notizia per sé stesse, date le serie privazioni sopportate da milioni di persone in tutto il mondo. La loro importanza è soprattutto simbolica. Sono una persona che non ha fatto nulla di sbagliato, se non esprimere la propria forte disapprovazione per la politica di uno stato sovrano. Soprattutto, l’ovvia intenzione era di umiliare me come rappresentante dell’Onu, e di mandare perciò un messaggio di sfida alle Nazioni Unite.

Israele mi ha sempre accusato di essere prevenuto e di aver fatto accuse incendiarie sull’occupazione dei territori palestinesi. Nego di essere stato prevenuto ma insisto invece che ho cercato di essere obbiettivo nel valutare i fatti e la legislazione di pertinenza. Il carattere dell’occupazione è di dare adito ad aspre critiche sull’atteggiamento israeliano, specialmente sul rigido blocco imposto a Gaza, che ha come conseguenza la punizione collettiva di un milione e mezzo di abitanti. Prendendo di mira l’osservatore, invece di quello che viene osservato, Israele gioca una partita scaltra. Distoglie l’attenzione dalle realtà dell’occupazione, praticando in modo efficace una politica di diversione. Il blocco di Gaza non assolve nessuna funzione legittima da parte di Israele. Si dice che sia stato imposto come rappresaglia per alcuni razzi di Hamas e della Jihad islamica che sono stati lanciati oltreconfine sulla città israeliana di Sderot.

L’illegalità di lanciare questi razzi è indiscutibile, ma non giustifica in alcun modo l’indiscriminata rappresaglia israeliana contro l’intera popolazione di Gaza.Lo scopo dei miei rapporti è di documentare a nome delle Nazioni Unite l’urgenza della situazione a Gaza e altrove, nella Palestina occupata. Questo lavoro è di particolare importanza ora che vi sono segnali di una rinnovata escalation di violenza e persino di una minacciata rioccupazione da parte di Israele.

Prima che una tale catastrofe accada, è importante rendere la situazione il più trasparente possibile, e questo è quello che avevo sperato di fare esercitando il mio compito. Nonostante l’ingresso negato, il mio sforzo sarà di continuare a utilizzare tutti i mezzi disponibili per documentare la realtà dell’occupazione israeliana nel modo più veritiero possibile.


Richard Falk è professore di diritto internazionale alla Università di Princeton e relatore speciale delle Nazioni Unite sui territori palestinesi.