venerdì 12 dicembre 2008

L'industria americana dell'auto in rottamazione

Ieri il Senato USA non ha trovato l'accordo sul piano di salvataggio delle industrie automobilistiche (fino a 15 miliardi di dollari) e questa bocciatura ha fatto affondare oggi le Borse asiatiche ed europee, rafforzando i timori di un collasso dell'industria e quindi di un conseguente peggioramento della recessione.

Dopo la bocciatura del piano di aiuti alle auto, la palla passa ora a Bush che dovrà decidere se far fallire le due case automobilistiche più esposte, oppure trovare un altro canale per intervenire in loro soccorso.

Poco dopo la decisione del Senato, il leader della maggioranza in Senato Harry Reid e la speaker della Camera Nancy Pelosi hanno chiesto a Bush di attingere denaro dal fondo di 700 miliardi di dollari costituito dal Tesoro nei mesi scorsi per il salvataggio delle banche.

Un fallimento di Gm e Chrysler avrebbe comunque conseguenze molto pesanti visto che assieme a Ford impiegano direttamente quasi 250.000 dipendenti e hanno un indotto di altri 100.000 lavoratori. Mentre Ford versa in condizioni di liquidità un po' migliori, le altre due delle "Big Three" di Detroit hanno fatto sapere che senza un sostegno non riusciranno ad arrivare all'inizio del nuovo anno.

Il principale punto sul quale si è arenata la possibilità di raggiungere un accordo in Senato è stata la data entro la quale richiedere la parificazione degli stipendi dei lavoratori delle case auto di Detroit a quelli dei dipendenti dei produttori stranieri.

Questo voto è visto inoltre come un vero e proprio ripudio nei confronti dello stesso Bush che aveva personalmente sponsorizzato l'intervento a favore del settore auto. Infatti solo 10 repubblicani in Senato hanno votato per andare avanti con il piano.


Qui di seguito si parla invece di cio' che il cittadino americano, ma non solo, si trovera' ad affrontare nei prossimi mesi e di come i mainstream media italiani hanno disinformato - e continuano a farlo tuttora - sulla crisi economica in corso.



Gente preparatevi
Jim Kunstler - Clusterfucknation - 8 Dicembre 2008
Traduzione per www.comedonchisciotte a cura di Natalino Mastropietro

Nei giorni del crepuscolo di Bush, nel crepuscolo della stagione del crepuscolo,si è formato un largo consenso sul fatto che stiamo andando verso un lungo ed oscuro passaggio che ci porterà non si sà ancora dove. Lo stesso Lawrence Kudlow della CNBC si è dovuto abbassare carponi a cercare degli sparsi “semi di mostarda” di speranza in un paesaggio finanziario tetro e torturato.

Metà delle imprese nel paese sono in fila per ottenere un qualche genere di salvataggio ed una tempesta di licenziamenti ha portato a zero le possibiltà dell'economia.La maggioranza del popolo americano ha votato per un “cambiamento” ma pensavano volesse dire un cambiamento della guardia.

Via lo sconclusionato Bush e dentro il carismatico Obama...e che possa questo modo di vivere americano andare avanti come sempre.

Il cambiamento che sta davvero arrivando sarà molto maggiore di quanto tutti abbiano immaginato, in pratica sarà la transizione da una società agiata ad una società disagiata.Questa rottura improvvisa è il frutto di anni di fallimenti nel riconoscere le realtà energetiche dei nostri tempi.

Siamo ancora confusi su tutto questo, ma è difficile, altrimenti, ignorare la massiccia scomparsa di capitali, attività, vivibilità, domicili, comfort e necessità.

Il prezzo del petrolio improvvisamente è calato ad uno sbalorditivo $40 circa al barile.Chi di noi ha studiato la storia del picco del petrolio ha detto che gli anni più difficili vedranno una grande volatilità nei prezzi e, per ragioni ormai più che evidenti, la fase con i prezzi alti avrebbero straziato e poi paralizzato le economie avanzate, che poi si sarebbero riprese in seguito al crollo dei prezzi solo per poi essere schiacciate da un nuovo rialzo causato da un aumento della domanda.

Quello che non si era riusciti a vedere per tempo è la totale distruzione della finanza globale in questa prima fase. Questo ormai è successo in modo così comprensibile che abbiamo tutti capito che il sistema bancario non sarà mai più lo stesso. Sono state accelerate anche le altre fasi in questa storia. Una avrà effetto sulla stessa industria del petrolio: la mancanza di capitali per mandare avanti le nuove trivellazioni pensate per mitigare gli effetti della fine delle riserve provenienti dai vecchi pozzi.

Il risultato di queste condizioni sarà probabilmente una mancanza del petrolio nel 2009 ed un aumento vertiginoso dei prezzi. Gli stessi mercati petroliferi stanno cambiando davanti al tracollo finanziario. Tra i pirati del corno d'africa ed una mancanza di lettere d'impegni che permette la spedizione di qualunque cosa tra le nazioni il sistema di assegnazione è al tracollo. Questo influisce molto di più le nazioni più povere e quando non riescono ad ottenere le spedizioni di petrolio le condizioni in quei paesi diventano anche peggiori.

La gente perde i redditi. Gli attriti etnici aumentano. Tutto questo rende ancora più difficile il trasferimento del petrolio dai luoghi di produzione alle nazioni importatrici. Così ora molto denaro-pixel generato arificialmente viene pompato nel sistema ed alla fine sarà di gran lunga superiore al capitale che sta svanendo ora sotto forma di raggiri assicurativi,cattivi debiti e contratti di terze parti implosi.

Il denaro-pixel si renderà evidente sotto forma di super o iper inflazione, con un tempo di attesa di circa 6 o 18 mesi dal momento in cui sono stati iniettati nel sistema sotto forma di bailout. Per il momento il denaro sta fluendo nella presunta sicurezza dei buoni del Tesoro USA.Personalmente la sicurezza di questa cosa non è per me presunta.

Tuttavia nel corrente stadio deflazionistico è difficile trovare altri luoghi dove parcheggiare denaro contante e quando gli asset crollano ovunque il contante domina. L'oro è fisicamente indisponibile nella forma in cui i non milionarii lo comprano,cioè monete da un un'oncia o da mezza oncia. Il presidente eletto Obama ha annunciato l'intenzione di dare il via ad un massiccio piano di stimolo appena entrerà nella Casa Bianca a Gennaio. Le prime indicazioni dicono che verrà diretto verso cose come le riparazioni delle autostrade.

Se fosse così investiremo in infrastrutture a lungo termine che probabilmente non useremo come oggi nei prossimi 10 anni. Non credo tuttavia ci sia un modo per evitarlo. Il popolo americano non riesce a concepire una società non incentrata sull'automobile.

In qualunque caso molti dei nostri sistemi autostrada-ponte-tunnel sono già in uno stato così decrepito che sono una minaccia già oggi ed il clamore per dirigere gli stimoli in questa direzione è molto forte ed è appoggiate da tutte le confraternite di architetti ed ingegneri.Gli stimoli verso la perpetuazione della motorizzazione di massa sarà un tragico spreco delle nostre ultime risorse.Sarebbe molto meglio per noi mirare verso una sistemazione delle nostre ferrovie(elettrificandole), rimodernizzazione dei nostri porti con nuovi moli e nuovi magazzini,preparandoci quindi a spostare via acqua molti più materiali, ed una riparazione delle nostre griglie elettriche.

Sfortunatamente la nostra sarà una tendenza a salvare le pietre miliari della nostra vita di tutti i giorni,cose familiari e confortevoli,senza dare importanza al fatto che abbiano un futuro o meno. Le grandi forze che si stanno raccogliendo là fuori sconfiggeranno questi sforzi e la vita di tutti i giorni si riorganizzerà da sola in modi che avranno al centro la tendenza più grande:le forze della contrazione.

Tutti i segni che riusciamo a vedere puntano in quella direzione,dall'incapacità dell'ecologia terrestre nel sopportare ancora più esseri umani,allo scarseggiare delle risorse energetiche e minerali,la distruzione delle terre da coltivazione, il male causato al clima. Non sappiamo quanto brutta diventerà la situazione nel frattempo e come la gente (anche in modo crudele) agirà durante questi processi. Il signor obama farebbe bene ad avvertire la gente di quanto grandi saranno i cambiamenti rispetto a quanto tutti credono ed ispirare tutti ad andare avanti con un programma di abbassamento dei livelli di vita americani in modo da conformarsi a queste nuove realtà.




Informazione e crisi: relazione pericolosa
di Marco Niro - Megachip - 8 Dicembre 2008

Proviamo a mettere in relazione la crisi economico-finanziaria di questi mesi con l’informazione economica che leggiamo sui quotidiani e vediamo nei telegiornali. La relazione c’è ed è molto stretta, addirittura pericolosa. Guardiamo all’informazione sulla crisi. Quotidiani e telegiornali hanno fatto in modo che l’attenzione si concentrasse solo sulla necessità di salvare le banche. Prime pagine e titoli di testa passavano dalla soddisfazione mostrata in occasione degli interventi di salvataggio dei governi allo sconforto di fronte alle negative risposte che arrivavano dalle Borse.

L’informazione ha trasformato la crisi in una grande partita di calcio: da una parte la paura, dall’altra la squadra di governanti chiamata ad esorcizzarla. La spettacolarizzazione dell’evento ha distolto fatalmente il pubblico dal cuore del problema, ovvero da ciò che ne sta alla radice e che ha portato al crollo dei vari colossi bancari. Alla radice del problema c’è precisamente la deregolamentazione del sistema finanziario introdotta dagli stessi governi liberisti che sono stati presentati come i salvatori della patria, e utilizzata a piene mani dall’avidità dei banchieri per preparare le trappole finanziarie che hanno mandato in tilt il sistema stesso.

Nessuna testata che abbia messo in evidenza la contraddizione tra l’uso del denaro pubblico per salvare le banche da parte di chi fino a ieri lanciava fulmini e saette contro l’intervento dello Stato nell’economia. Nessuna testata che in Italia si sia chiesta da dove uscivano i soldi per salvare le banche, visto che fino al giorno prima i tagli alle spese sociali venivano giustificati proprio dall’assenza di risorse finanziarie.

Alla fine, il pubblico non ci ha capito niente: diventato tifoso della squadra di esorcisti, ha tirato un bel sospiro di sollievo quando il crac è stato scongiurato.

Quello della crisi di questi mesi è stato un tipico esempio di ciò che diventa l’informazione economica quando accade qualcosa di straordinario: una sorta di grande spettacolo. Il precedente maggior esempio s’era avuto col crac Parmalat. I crac vengono trasformati in veri e propri show, annegati in un mare di inchiostro e di immagini, senza che alla fine il pubblico riesca mai a capire che essi non arrivano per caso e improvvisamente, ma per l’irrazionalità e l’assurdità di fondo di un sistema votato alla crescita infinita.

Nei periodi ordinari, invece, l’informazione economica cambia totalmente aspetto, diventa quasi dimessa, torna in letargo, rinchiusa dentro recinti pieni di tecnicismi che la gente non capisce. Guardate le pagine economiche dei quotidiani: non sono altro che un susseguirsi di cronache di operazioni di fusione, scissione, investimenti, scalate, consigli di amministrazione, dati di bilancio, indici di Borsa. Tutto sembra fatto apposta per rendere il funzionamento dell’economia incomprensibile alla maggior parte del pubblico, a tutti coloro che non siano addetti ai lavori. E questo è gravissimo se si pensa che la nostra società si caratterizza proprio per il fatto che l’economia è la categoria centrale cui tutto ruota attorno.

Per corollario, accade che tutte le voci dissonanti, che criticano alla base il sistema economicista attuale, votato alla crescita infinita, chiedendo il passaggio ad un’economia sostenibile, ad un’economia che torni a servire la società e non viceversa, ad un’economia della decrescita, accade che tutte queste voci finiscano fuori dai circuiti informativi dominanti, e che, se per caso vi entrino, si perdano poi nel mare di fatti rilevanti e inezie che è diventata l’informazione di quotidiani e telegiornali.

Per avere un’informazione economica diversa, serve un giornalismo diverso. L’informazione economica appena descritta è tale in quanto sono le stesse redazioni di quotidiani e telegiornali ad abbracciare i dogmi dell’economicismo, della crescita infinita. Imprese che perseguono esse stesse la corsa verso il sempre di più, in cui l’imperativo commerciale finisce col sopraffare l’imperativo del buon giornalismo.

Servono invece redazioni in cui l’imperativo del buon giornalismo resti prevalente su qualsiasi imperativo commerciale. Redazioni i cui giornalisti condividano valori diversi da quelli dominanti, siano consapevoli dell’irrazionalità e dell’assurdità di un’economia votata alla crescita infinita in un mondo finito.

Concludo osservando che la qualità dell’informazione economica dipende anche dalla qualità del suo pubblico. Il pubblico di oggi per lo più è abituato a un’informazione che non lo costringa a ragionare troppo, che abbia una certa dose di superficialità e di spettacolarità. Le testate che vogliano fare buona informazione sull’economia e sul resto hanno bisogno invece di un pubblico differente, che voglia vedere l’economia, e più in generale la realtà, da un punto di vista diverso.