E' il primo caso di rivolta popolare causata dalle conseguenze della crisi economica che dagli USA e' approdata anche in Europa.
Ora la domanda sorge spontanea: quale sara' il prossimo paese dell'UE a vedere le proprie citta' messe a ferro e fuoco dalla sua popolazione, vittima della crisi economica in corso?
Grecia, soltanto i primi?
di Debora Billi - Crisis - 9 Dicembre 2008
E' la prima rivolta "ufficiale" della crisi, quella scoppiata negli ultimi giorni in Grecia. I giornali riportano praticamente un'unica notizia: la polizia ha ucciso a sangue freddo un ragazzino, Alexandros Grigoropoulos, e gli studenti, furibondi, stanno mettendo a ferro e fuoco il Paese.
Ma se si va a ravanare in fondo agli articoli si trova anche altro, come questi due brevi paragrafi di Repubblica:
Le banche greche che hanno investito senza grandi ritorni ingenti capitali nelle "paludi" balcaniche, hanno da un giorno all'altro stretto i cordoni della borsa. E un Paese che si credeva ricco e viveva al di sopra dei propri mezzi ha improvvisamente dovuto fare i conti con la realtà. Gli scandali hanno fatto il resto. Corruzione, mazzette. Ogni giorno se ne scopre uno. Senza contare che proprio in queste ore è in discussione in Parlamento una legge finanziaria che promette solo lacrime e sangue. E infine la ventilata riforma universitaria. Meno fondi all'istruzione pubblica per favorire la nascita di atenei privati.
Nulla di nuovo sotto il sole. E nessuno racconta, ad esempio, che le rivolte sono cominciate durante uno sciopero indetto dalle infermiere per protestare contro i tagli del governo, e che gli studenti di medicina hanno preso in ostaggio il Ministro della Sanità per un'ora per costringerlo ad ascoltarli. Non si dice che per domani era già indetto uno sciopero generale, che gli studenti in piazza sono accompagnati dai professori, che tutte le università sono occupate da giorni, e che persino i pensionati sono scesi a protestare.
Se il governo pare tentare trattative è proprio per questo: perché per la strada non ci sono solo blac bloc, ma anche famiglie e anziani.
Su YouTube girano molti video (qui , qui e qui). Titolano "Guerra civile in Grecia. Le prossime, Francia e Italia."
La Grecia lascia morire i suoi malati per pagare il debito pubblico
http://www.larouchepac.com/ - 29 Dicembre 2008
La Nuova Epoca Oscura di tipo medievale
Il corrispondente de "Le Figaro" in Grecia riferisce in merito alla rapida distruzione del Sistema Sanitario Nazionale, il cui apparato di provvidenze contro le Malattie ha praticamente calato le serrande, dopo che il governo ha deciso di tagliare tutto il finanziamento pubblico una settimana fa.
Di conseguenza ospedali e farmacie mancano di denaro per operare. Sicche' gli ospedali, che devono gestire il proprio debito di 4 miliardi di Euro e la necessita' di pagare le forniture, hanno deciso di ridurre i loro servizi ad un "livello minimo". La situazione e' diventata tanto grave che parecchi interventi medici urgenti vengono rimandati ogni giorno, dal momento che i reparti di chirurgia hanno cominciato ad operare in carenza di forniture elementari, quali guanti o siringhe.
Le societa' di leasing di equipaggiamenti ortopedici registrano piu' di 700 milioni di Euro di pagamenti insoluti. Di conseguenza esse hanno deciso di confiscare gli equipaggiamenti e di riprenderseli, sottraendoli agli ospedali! L' Ambasciatore Usa in Grecia Daniel Speckhard ha minacciato che le Societa' farmaceutiche Usa possano andar via dalla Grecia, nel caso non venissero pagate.
La orribile verita' in materia e' la circostanza che il governo greco ha sottratto il denaro dal Ministero della Salute, allo scopo di pagare porzioni del debito pubblico greco, uno dei piu' alti di Europa, in quanto ammonta al 93.8% del Pil! Altri Ministeri, quali quello della Pubblica Istruzione, Ambiente ed altri, sono stati pure essi derubati in una simile maniera.
Nel frattempo l'intero Sistema Sanitario sta crollando. Viene riportato che i medici greci lanceranno a breve una azione di protesta, dal momento che dal 01 dicembre 2008 sono obbligati a pretendere dai pazienti immediato e totale pagamento delle loro prestazioni.
Grecia, Francia, Italia: la gioventu' bruciata
da http://www.repubblica.it/ - 9 Dicembre 2008
In Grecia è esplosa una rivolta giovanile. Partita da Atene, si è propagata in molti altri punti del paese. Da Salonicco a Patrasso, da Corfù a Creta. Ma la protesta ha scavalcato i confini, coinvolgendo, fra i bersagli, le ambasciate greche di alcune capitali europee. E' una vera mobilitazione, scandita da episodi violenti. E di scontri continui, con le forze dell'ordine. Molti di essi sono studenti. E infatti l'epicentro del terremoto sociale è diventato il Politecnico di Atene, insieme al quartiere di Exarchia (intellettuale e, insieme, alternativo). Luoghi mitici, perché proprio da lì, proprio dagli studenti partì la rivolta che, con un costo di vite altissimo, travolse il regime dei colonnelli, 35 anni fa.
D'altra parte, non è un "movimento studentesco".
Perché agli studenti si sono uniti molti altri: lavoratori, precari, disoccupati. Comunque: giovani. Inoltre, a guidare le manifestazioni sono gruppi di sinistra radicale, affiancati da gruppi anarchici. Ma non ciò che sta avvenendo non può essere riassunto in un'azione della sinistra antagonista. Anche perché la sinistra antagonista non dispone di una base tanto ampia. La ribellione di massa che sta incendiando le città greche è un po' di tutto ciò. Mobilitazione studentesca universitaria (e non), antagonista, di sinistra, giovanile.
L'episodio scatenante è drammatico. La morte di un giovane 15enne, sabato scorso, ad Atene, nel quartiere di Exarchia, ucciso da un poliziotto, in seguito allo scontro fra un gruppo di studenti e una pattuglia della polizia. Di fronte a quel che è avvenuto e che sta avvenendo, però, l'episodio, per quanto sanguinoso e violento, appare quasi epifenomenico. Un incidente occasionale. La miccia che provoca un'esplosione a catena. Ed è facile, anche se discutibile, per questo, accostarlo ad altre rivolte che hanno investito le metropoli europee negli ultimi anni.
Per prima, l'esplosione di rabbia che ha sconvolto le banlieue francesi - parigine, anzitutto - nell'autunno del 2006. Anche in quel caso il motivo scatenante è lo stesso: l'uccisione di un ragazzo in una colluttazione con la polizia. Da cui la spirale di violenza che ha travolto, per settimane, le periferie di Parigi, per propagarsi presto ad altre metropoli francesi. La stessa dinamica si ripropone un anno fa, a Villiers-le-Bel, nella banlieue Nord di Parigi. Stessa meccanica: la morte di due ragazzi in moto, investiti (in questo caso in modo del tutto accidentale) da un'auto della polizia. Cui segue una vampata di violenze che degenerano subito. In modo drammatico, visto che in pochi giorni si contano oltre cento feriti, perlopiù tra forze dell'ordine. Certo: si tratta di eventi assolutamente diversi, per contesto urbano e sociale.
In Grecia: studenti che si mobilitano in centro storico, con obiettivi apertamente politici. I palazzi del governo e del potere, la maggioranza di destra. In Francia: francesi di seconda generazione; giovani socialmente periferici che abitano le periferie più povere e inospitali. I bersagli: i simboli della cittadinanza negata. Auto, centri sociali, biblioteche. In entrambi i contesti, però, si tratta di "giovani". E la violenza investe alcuni "oggetti" specifici. Oltre alle auto: negozi e hotel di lusso. Simboli di un sistema che si regge e si rappresenta attraverso i consumi. In entrambi i casi, ancora, lo scontro avviene direttamente con le forze dell'ordine e con la polizia, in modo aperto. Non solo è solo la polizia a opporsi alle azioni giovanili. Sono gli stessi giovani a cercare lo scontro con la polizia.
La rivolta di Atene, per alcuni versi, richiama, inoltre, le mobilitazioni che attraversano l'Italia da alcune settimane. Le differenze, in questo caso, sono però ancor più evidenti. Perché in Italia la protesta giovanile non nasce da un episodio violento e non ha assunto toni violenti (se non in alcuni casi molto specifici). Perché ha fini e bersagli squisitamente politici. I provvedimenti del governo in materia di scuola e università.
Tuttavia, fra le mobilitazioni vi sono i punti di contatto altrettanto palesi. In Italia come in Grecia i protagonisti sono gli studenti, i teatri le università. In Grecia come in Italia la popolazione studentesca era da tempo in ebollizione, per gli stessi motivi. L'opposizione aperta contro la riduzione delle risorse e degli investimenti sulla scuola - e in particolar modo sull'organizzazione della ricerca e dell'università - pubblica. Se colleghiamo questi tratti, tanto diversi in apparenza, si delinea un profilo comune e largamente noto. Perché le rivolte investono i giovani, sia gli studenti che i marginali, delle classi agiate e dei gruppi esclusi.
I bersagli sono, in ogni caso, le istituzioni di governo, il sistema educativo e le forze dell'ordine, il sistema politico e in particolar modo i partiti e gli uomini di governo. Il denominatore comune di queste esplosioni sociali sono i giovani, occultati e vigilati da una società vecchia e in declino, da un sistema politico im-previdente, inefficiente e spesso corrotto. Schiacciati in un presente senza futuro. Cui sono sottratti i diritti di cittadinanza. Costretti a una flessibilità senza obiettivi. Il che significa: precarietà.
La violenza, in questo caso, diventa un modo di dichiarare e gridare la propria esistenza. Loro, invisibili. Inutile ignorarli, fare come se non ci fossero. Ci sono. Studenti, precari, di buona famiglia oppure marginali e immigrati, politicizzati o apertamente impolitici e antipolitici. Esistono. E se si finge di non vedere si accendono, bruciano. Fuochi nella notte che incendiano le città.