E' diventata ormai una costante dell'operato di questo elefantiaco ente burocratico chiudere entrambi gli occhi quando vanno invece tenuti ben aperti.
Balcani e Ruanda, solo per citare due eclatanti casi, non hanno insegnato nulla.
Massacro a Kiwanja, 150 morti
di Luca Galassi - Peacereporter - 11 Dicembre 2008
Il mese scorso a Kiwanja, un centro nella zona orientale del Congo, oltre 150 persone sono state uccise in meno di 24 ore nel corso di esecuzioni sommarie condotte dai ribelli che hanno preso il controllo della regione: la strage ha avuto luogo mentre 100 Caschi blu delle Nazioni Unite si trovavano un chilometro e mezzo dalla città.
Terminator. La 'scoperta' è stata fatta in seguito a interviste con le vittime, con gli operatori umanitari e le organizzazioni per i diritti umani, che hanno ricostruito la dinamica dei fatti attribuendo alle milizie di Nkunda (Cndp, Congresso nazionale per la difesa del popolo) la responsabilità del massacro. La vicenda risale al 28 ottobre scorso, quando l'esercito congolese abbandonò la città spinto dall'avanzata dei ribelli. Nella fuga, i soldati si diedero al consueto copione di stupri e saccheggi. I residenti non avevano che due opzioni: seguire i soldati nella fuga o attendere i ribelli. I miliziani di Nkunda, presa Kiwanja senza sparare un colpo, ordinarono ai residenti di dar fuoco ai campi profughi, che ospitavano 30 mila persone scampate ai precedenti scontri, dicendo loro che la situazione in città era tornata tranquilla. Una settimana dopo, la città fu sconvolta dall'attacco a sopresa dei Mai Mai, un'altra milizia ribelle. Gli uomini di Nkunda, cacciati i Mai Mai, cominciarono il masacro, accusando alcuni dei residenti di spalleggiare i Mai Mai e chiedendo soldi. Chi non aveva soldi veniva ucciso. Secondo alcune testimonianze video, a comandare i ribelli è stato il luogotenente di Nkunda, Jean Bosco Ntaganda, il cui nome di battaglia è Terminator, ricercato dalla Corte Penale Internazionale.
Forza senza forza. La strage è avvenuta a poco più di un chilometro e mezzo dalla base del contingente Monuc di Caschi Blu, composto da un centinaio di persone circa. I 'peacekeepers', che stavano evacuando gli operatori umanitari e cercando un giornalista straniero rapito, non sono riusciti a comprendere ciò che stava succedendo a Kiwanja fino a quando il massacro non è stato compiuto. Senza adeguate capacità di intelligence, senza neppure un interprete in grado di parlare la lingua dei vari gruppi operanti nella regione, i Caschi Blu sono stati presi completamente alla sprovvista a causa di un 'insieme di circostanze', secondo quanto riferito dal loro comandante, H. S. Brar: "scarsa comunicazione, scarso organico, scarsi mezzi e... una buona dose di sfortuna". I blindati dei peacekeepers sono del tutto inadatti al terreno fangoso della regione, e i pattugliamenti non vengono effettuati perchè le armi pesanti dei ribelli possono facilmente forare la blindatura dei mezzi.
Il massacro di Kiwanja è l'ennesimo esempio del naufragio della più grande missione Onu dislocata in un Paese in guerra: oltre 18 mila uomini, ai quali se ne stanno aggiungendo in questi giorni altri 3 mila, come stabilito il 20 novembre dal Consiglio di Sicurezza Onu. La stessa assemblea ha deciso che alla fine del 2008 la Monuc cesserà il suo mandato nella Repubblica Democratica del Congo, decretandone il totale fallimento.
Congo, falliscono i negoziati tra ribelli e governo
da Peacereporter - 11 Dicembre 2008
I dialoghi per fermare i combattimenti nella zona orientale della Repubblica Democratica del Congo sono falliti ieri a causa dell'incapacità dei ribelli e del governo di raggiungere un accordo per il cessate il fuoco.
I negoziati sono durati tre giorni, si sono tenuti a Nairobi, e hanno visto Raymond Tshibanda, ministro congolese per la Cooperazione, capeggiare la delegazione governativa, mentre la parte ribelle è stata rappresentata da Serge Kambasu Ngeve, segretario esecutivo del Cndp, Consiglio Nazionale per la Difesa del Popolo. L'inviato speciale delle Nazioni Unite, Olusegun Obansanjo, che ha presieduto gli incontri, ha dichiarato lo scorso mercoledì che i negoziati sono falliti dopo che i ribelli partecipanti al confronto hanno richiesto di poter discutere la situazione dell'intero paese, senza limitare le discussioni ai conflitti riguardanti la zona orientale del Congo. Un'ulteriore motivazione addotta da Obansajo per spiegare la fine delle trattative è relativa allo scarso potere negoziale della fazione ribelle: sarebbe dunque stato inutile procedere nelle discussioni, ha reso noto l'ex presidente nigeriano, vista la mancanza di potere decisionale dei ribelli: "Al momento la delegazione ribelle non è molto chiara nel definire i propri scopi e i propri obiettivi; inoltre, non hanno il potere reale per prendere le decisioni necessarie", ha affermato Obansajo, mentre il portavoce ribelle si è sfogato dicendo che "non è possibile continuare a trattare, quando la parte che si occupa della mediazione dei negoziati è così ostentatamente faziosa". Obansajo ha inoltre fatto sapere che prossimamente invierà la propria delegazione a Goma, roccaforte ribelle, per incontrarsi con il leader del movimento ribelle, Laurent Nkunda.
I combattimenti che avvengono dalla fine di Agosto tra le truppe governative e il Cndp, hanno visto schierate più di 250mila persone nella provincia orientale congolese del Kivu Nord. Il socio fondatore di Friends of the Congo, Paul Pumphrey, durante un'intervista rilasciata ad Al Jazeera, ha individuato la causa del fallimento dei negoziati nel fatto che questi "non si sono concentrai sulla reale causa del problema, ovvero sul fatto che il mondo industrializzato non vede l'ora di mettere le mani sulle risorse del Congo, saccheggiarne i giacimenti minerari. Questa guerra è stata usata per spingere le persone fuori dal Paese e per non pagare per lo sfruttamento delle risorse.
Ma ragioniamo: il 90 percento della popolazione congolese non raggiunge nemmeno un reddito di 100 dollari l'anno. Come avrebbe potuto comprare le pistole, le armi? Le pistole che sono state utilizzate in questa guerra vengono da fuori". Pumphrey fa inoltre notare che "l'industria e il governo camminano mano nella mano; in paesi come gli Stati Uniti, la Gran Bretagna, la Francia, il Giappone, il governo opera secondo i dettami dell'industria. E' per questo motivo che io leggo il ruolo di tali paesi come una chiave esplicativa fondamentale per comprendere la dinamica del conflitto in Congo".