Negli ultimi giorni la tensione tra Russia e Georgia sta salendo a livelli preoccupanti. Oggetto del contendere è l’Abkhazia, la regione secessionista che si è separata dalla Georgia dopo la guerra del 1992-93, e che da allora ha nel suo territorio truppe russe sotto forma di “contingente di pace” inviato dalla CSI (Comunità degli Stati Indipendenti) per porre appunto fine ai combattimenti.
Questa situazione ricorda molto da vicino quella del Kosovo ma potrebbe rivelarsi ben più gravida di conseguenze negative, e non solo nell'area caucasica, in caso di guerra aperta tra Russia e Georgia.
Qui di seguito ne parla Astrit Dakli in un articolo pubblicato da Il Manifesto.
Escalation di minacce armate ai confini tra Georgia e Russia
Entrambi i paesi rinforzano i contingenti militari in Abkhazia. Accuse reciproche di «aggressione imminente». Tbilisi fa saltare i negoziati fra Russia e Wto e fra Russia e Ue. Le elezioni spingono il nazionalismo
di Astrit Dakli - Il Manifesto - 30 Aprile 2008
C'è nell'aria uno sgradevole sferragliar di cingoli, a Mosca: e non solo per le prove della sfilata militare del 9 maggio - Giorno della Vittoria - che per la prima volta dal '91 riporterà i carri armati sulla piazza Rossa. Più preoccupanti sono i rumori di guerra che provengono dalle remote valli caucasiche dell'Abkhazia, dove le forze russe e georgiane si muovono in aperta rotta di collisione. Tra Russia e Georgia è in corso una pericolosa partita a scacchi politico-diplomatica, una prova di forza che si gioca su molti tavoli felpati - a Bruxelles in sede Nato, a Lussembrugo in sede Ue, a Ginevra in sede Wto - ma che in quelle valli precipita nella sua forma più rozza e brutale, dove potrebbe uscir di controllo da un giorno all'altro.
Ieri lo stato maggiore russo ha reso noto che Tbilisi sta ammassando uomini e mezzi nella valle di Kodori, al confine tra la Georgia e la regione secessionista dell'Abkhazia, «in vista di un attacco armato per riconquistare la regione». E ha annunciato un parallelo rafforzamento del contingente russo di stanza in Abkhazia, affermando con durezza che Mosca reagirà «con tutti i mezzi, inclusa la forza, a ogni minaccia contro i suoi cittadini residenti in Abkhazia o contro il contingente di pace ivi stanziato». Da parte sua il governo georgiano, riunito in seduta d'emergenza dal presidente Mikheil Saakashvili, ha definito «irresponsabile e pericoloso» il comportamento di Mosca, sollecitando l'aiuto occidentale. Che però, almeno per ora, nessuno sembra ansioso di dargli, se non con poco convinti appelli a Putin perché rispetti l'integrità dei paesi vicini.
Ricordiamo che in Abkhazia il quadro geopolitico è molto simile a quello del Kosovo: la regione si è separata dalla Georgia dopo una sanguinosa guerra nel '92-'93 e da allora Mosca vi tiene proprie truppe sotto le bandiere del «contingente multinazionale di pace» - inviato dalla Comunità degli Stati Indipendenti (Csi) per por fine alle ostilità. In questi 15 anni Tbilisi non ha mai cessato di rivendicare la sovranità sulla regione (dove ormai in pratica non vivono più georgiani), accusando la Russia di proteggere de facto i secessionisti (che hanno proclamato un'indipendenza non riconosciuta da nessuno stato) e di mirare ad una annessione strisciante.
Queste accuse hanno trovato nuovo alimento nella scelta di Mosca, negli ultimi anni, di dare passaporto russo a moltissimi abkhazi (che sono d'altra parte diversissimi per etnos, lingua e religione dai georgiani, ma parenti stretti di popoli che abitano le regioni caucasiche della Russia, come Circassi e Kabardi) e soprattutto nella decisione di Putin, una settimana fa, di avviare normali rapporti economici e burocratici con l'Abkhazia, finora tenuti in una sorta di limbo.
Subito dopo questa decisione è avvenuto l'oscuro episodio in cui un aereo-spia senza pilota georgiano è stato abbattuto sopra l'Abkhazia dal missile lanciato da un Mig-29. «Bufala» costruita da Tbilisi, sostiene Mosca, accusata di «aggressione» davanti al Consiglio di Sicurezza dell'Onu - che non ha espresso pareri sulla vicenda. Negli ultimi giorni Saakashvili ha alzato sempre più i toni, giungendo a bloccare i negoziati per l'adesione della Russia al Wto e (tramite l'alleata Lituania) quelli per un accordo di partnership fra Russia e Ue. Infine la stampa georgiana ha attribuito al segretario della Nato l'idea di obbligare Mosca a ritirare i suoi peacekeepers dall'Abkhazia per sostituirli con truppe Nato. Tali articoli, chiaramente ispirati dall'alto, sono stati sbrigativamente liquidati come «faziose stupidaggini» da un portavoce dell'Alleanza.
Secondo alcuni osservatori, il presidente georgiano, pur convinto che «ormai l'Abkhazia è persa definitivamente», sarebbe spinto a un comportamento provocatorio dall'imminenza delle elezioni parlamentari a Tbilisi, dove l'opposizione agita un nazionalismo ancor più estremo e infiammato del suo. Un conflitto armato con Mosca, pur se (ovviamente) perdente, potrebbe ridare lustro al prestigio dell'uomo giunto al potere con la promessa della «riunificazione nazionale». Una politica di appeasement con il potente vicino, pur molto più logica, darebbe invece fiato alle trombe dei suoi rivali.