Non sono passate neanche 24 ore dal giuramento del nuovo governo e, come era ampiamente prevedibile, cominciano ad affiorare i suoi primi problemi in politica estera.
La Libia infatti ha già ventilato le sue possibili misure in risposta all’incarico ministeriale di Calderoli, strumentalizzato ad arte dal governo libico come punta dell’iceberg che alla base nasconde ben più seri contrasti col governo Berlusconi, tenuti in stand-by per i due anni del governo Prodi e che ora naturalmente sono rispuntati fuori dal cassetto.
La prima questione scottante riguarda l’immigrazione. Il ministero degli Interni di Tripoli ha fatto sapere ieri notte di non voler più collaborare nella protezione delle coste italiane dall'ondata di immigrati provenienti dall'Africa. Il comunicato del Ministero recita “La Libia è impegnata negli sforzi per respingere l'afflusso di immigrati illegali verso l'Italia, esaurendo le sue risorse materiali e spendendo una grande quantità di denaro per proteggere le coste italiane dall'ondata di immigrati clandestini. Adesso la Libia non sarà più responsabile della protezione delle coste italiane dagli immigrati illegali, poiché la parte italiana non ha rispettato l'impegno nel dare appoggio alla Libia”.
Aggiungendo poi beffardamente “Ci attendiamo un incremento quest'estate nel numero degli arrivi in Italia, via Libia, di immigrati clandestini provenienti dai paesi sub-sahariani, un fenomeno consueto in questo periodo dell'anno a causa delle migliori condizioni atmosferiche e del mare in genere più calmo”.
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Ma agli annosi contrasti in materia di immigrazione si aggiunge anche lo spinoso tema che riguarda il petrolio, di cui la Libia è il nostro principale fornitore insieme alla Russia.
Infatti la "Staffetta quotidiana", pubblicazione on-line specializzata nel settore petrolifero, rivela che secondo fonti diplomatiche libiche potrebbero essere annunciati da Tripoli il blocco dei visti per l'ingresso degli italiani in Libia e la cancellazione dell'accordo strategico tra Eni e la compagnia di Stato Noc, siglato il 16 ottobre scorso a Tripoli, che prevede il prolungamento per 25 anni dei contratti petroliferi attuali e investimenti congiunti per 28 miliardi di euro in 10 anni.
E non basta. Sempre secondo la "Staffetta quotidiana" Gheddafi sarebbe pronto addirittura a una possibile nazionalizzazione di tutte le attività dell'azienda petrolifera italiana in Libia.
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La Libia sembra quindi decisa a mantenere fede all’avvertimento lanciato la settimana scorsa dal figlio di Gheddafi che aveva dichiarato che le relazioni fra Tripoli e Roma sarebbero peggiorate drasticamente nel caso Calderoli avesse fatto parte del nuovo governo.
Berlusconi ha subito cercato di smorzare la tensione dichiarando “Avremo modo di chiarire con le autorità libiche e tranquillizzare la situazione”, Frattini lo ha seguito a ruota definendo la questione dell’immigrazione “un problema serio e giusto. Non è un'emergenza, la Libia vuole cooperare con noi ed è giusto che l'Europa anzitutto e l'Italia lavorino con Tripoli”.
Lo stesso Calderoli ha pronunciato parole melensi “Sono sinceramente rammaricato per le vittime degli scontri di Bengasi di qualche anno fa provocati da un'interpretazione non corretta - di cui rinnovo le scuse - di alcune mie dichiarazioni. Le relazioni tra Libia e Italia sono improntate al reciproco rispetto. Sono certo che saranno sempre più costruttive e mi adopererò personalmente perché ciò avvenga”.
Ma certamente, le parole di Calderoli e la sua t-shirt sono state fraintese….
Comunque la paura del governo italiano che la Libia apra i rubinetti dell’immigrazione, chiuda quelli del petrolio e nazionalizzi gli impianti dell’ENI è palpabile e giustificata.
A conferma poi della tensione a 360 gradi di un Berlusconi ben conscio di avere di fronte enormi problemi da risolvere nei prossimi mesi - tanto da dire ieri a Prodi di tornare controvoglia a Palazzo Chigi perché i problemi sono troppi - è stata la sua ferma raccomandazione ai suoi ministri affinché stiano ben attenti alle dichiarazioni pubbliche che rilasceranno ai giornalisti, invitandoli a parlare il meno possibile e a delegare la comunicazione al portavoce unico del governo, Bonaiuti.
Questo d’altronde era stato uno dei grossi problemi che ha avuto Prodi, con il suo ex portavoce Sircana praticamente in silenzio per due anni soverchiato com’era dalle continue e contrastanti esternazioni dei vari ministri.
Ma c’è già chi è subito venuto meno all’invito di Berlusconi. Bossi, che oggi non è riuscito a trattenersi sulla vicenda libica e ha dichiarato “Sono i libici che ci mandano gli immigrati. Tutti gli africani hanno diritto di essere cittadini libici, ma non se li possono tenere tutti e quindi li caricano sui barconi e ce li mandano. Bisognerebbe mandarli indietro quando li vedi con il satellite….la lingua di Gheddafi e' sempre stata lunga”. Da che pulpito poi…..
E’ facile immaginare, dopo queste parole, l’espressione di gioia nei volti di Berlusconi e dell’amministratore delegato dell’ENI Scaroni…
Insomma, si comincia alla grande.