martedì 13 maggio 2008

Le “buone” intenzioni USA in Medio Oriente

Il Presidente USA Bush, alla vigilia del suo viaggio in Israele, ha lanciato un chiaro avvertimento a Siria e Iran per la crescente violenza in Libano affermando in un'intervista alla televisione israeliana Channel 10 “Condanno duramente i recenti tentativi di Hezbollah e dei loro sponsor a Teheran e Damasco di usare la violenza e l'intimidazione per sottomettere alla loro volontà il governo e la popolazione del Libano. La comunità internazionale non permetterà che i regimi iraniano e siriano, attraverso i loro accoliti, facciano ritornare il Libano sotto il dominio e il controllo straniero”. Bush ha poi espresso il suo incondizionato appoggio al premier libanese Siniora, assicurando che lo aiuterà a rafforzare l'esercito in funzione anti-Hezbollah.

Questi gravi dichiarazioni arrivano mentre in Libano la situazione rischia di precipitare seriamente, dal momento che il governo Siniora non ha ancora formalmente revocato le due misure decise la settimana scorsa contro Hezbollah - e che hanno provocato i pesanti scontri nel Paese con più di 80 morti; una revoca richiesta a gran voce dell’esercito che oggi ha annunciato il ricorso all'uso della forza per porre fine a eventuali ulteriori scontri, in corso anche oggi a Tripoli, nel Nord del Libano.

Tutto ciò si accompagna poi all’ennesimo rinvio al 10 Giugno del voto in Parlamento per l’elezione del presidente della Repubblica e all’arrivo della portaerei USs Cole al largo delle coste libanesi.

Inoltre Bush, sempre durante l’intervista a Channel 10, ha ancora una volta ribadito “Per me il regime iraniano è la minaccia singola più grande alla pace in Medio Oriente”. E a questo proposito, qui di seguito ci sono due articoli che trattano di un evento accaduto lo scorso agosto, rivelatore del livello raggiunto dai preparativi degli USA per un eventuale attacco all’Iran e non solo.


UNA MISSIONE SEGRETA SULL’AFGHANISTAN PREPARA LA GUERRA CON L’IRAN
di William M. Arkin - blogs.washingtonpost – 8 Maggio 2008

Coloro che predicono la guerra con l'Iran o una sorta di attacco a sorpresa di Bush-Cheney a ottobre su Teheran stanno cercando costantemente i segnali di preparazioni militari: un bombardiere B-52 che decolla per sbaglio dal Nord Dakota con missili da crociera nucleari; una seconda o terza portaerei che entra nel Golfo Persico; un B-1 che si schianta nel Qatar.

Poiché è più probabile che la guerra con l'Iran non sarà fatta da marines che prendono d’assalto le spiagge ma con un attacco agli impianti nucleari e agli obiettivi "del regime", i segnali del genere possono spesso essere solo dei miraggi. Il vero attacco non necessariamente deve avvenire con un avvertimento, e l’esercito USA ha sviluppato un intero sistema chiamato "attacco globale" per effettuare un simile attacco preventivo.Una missione segreta condotta nell’agosto scorso sull'Afghanistan ha catturato la mia attenzione, perché ci dice tutto ciò che bisogna sapere circa la capacità dell’esercito USA di condurre un attacco a sorpresa sull'Iran. Ed inoltre ci dice quanto inutile potrebbe essere un tale attacco.

Il 12 agosto 2007, quattro caccia F-16CJ hanno effettuato una missione di 11 ore dall’Irak all'Afghanistan orientale attraversando gli spazi aerei di sei diverse nazioni, prima di sganciare più di una dozzina di bombe-guidate di precisione su obiettivi dei Taliban. Le squadre del volo record hanno ricevuto l’ambito trofeo Clarence MacKay per il 2007, un premio dato annualmente per "il volo più meritorio" dell'anno.La missione segreta non era mai stata tentata prima, secondo l'Air Force, e ai piloti era assegnata una finestra di due minuti per l'attacco alla fine del loro volo di 2100 miglia. L'intera missione non-stop, che ha richiesto 13 rifornimenti aerei, era l'equivalente di un volo da New York a Los Angeles e ritorno.

La missione è stata un successo, secondo l'Air Force: ha provocato "dei duri colpi" che hanno permesso, alle forze di terra della coalizione, di “condurre dei raid sulle posizioni dei Taliban”.
Tuttavia, un controllo delle notizie dall'Afghanistan per la settimana del 12 agosto non rivela alcun attacco aereo degno di nota. Il 12 agosto, è segnalato uno scontro vicino al confine pakistano e la morte di tre soldati USA e del loro interprete afgano, uccisi da una bomba ai bordi della strada.

Ulteriori scontri furono segnalati il 13 agosto ed il 14 agosto, ma nessuna significativa missione di bombardamento a sostegno delle forze USA o afgane. Il 15 agosto, il governo afgano ha annunciato un’operazione a grande scala di tre giorni nella zona di Tora Bora, un’operazione lanciata in risposta all'uccisione di tre soldati USA ad opera dell’IED di qualche giorno prima. Ufficiali hanno detto che quasi 50 presunti Taliban e militanti pakistani erano stati uccisi in operazioni dall’aria e da terra. I velivoli della coalizione hanno effettuato due sortite per definire le posizioni dei Taliban da colpire in quell’area, ha detto un funzionario afgano.

Non dubito che la missione notturna degli F-16CJ fosse complicata e storica, così come provante fisicamente e mentalmente. Le squadre, secondo l'Air Force, hanno lavorato con nuove istruzioni operative e alla cieca. Il comandante dello squadrone ha avuto soltanto 18 ore per pianificare e prepararsi per l'attacco. La missione era così segreta, inoltre, che non era neanche stata inserita nel quotidiano Air Tasking Order, il programma operativo quotidiano distribuito per tutto l’esercito USA, complicando ulteriormente i rifornimenti aerei e i sorvoli.

Se il 12 agosto 2007 gli USA avessero ucciso Osama Bin Laden o avessero ottenuto un’importante vittoria in Afghanistan, si potrebbe apprezzare totalmente la missione ed il Trofeo MacKay. Ma suppongo che ciò che era importante qui è che la missione era andata come un’orologeria, non che qualcosa d’importante in Afghanistan era stato distrutto.Nessuno sottovaluta lo sforzo o il successo. Ma se questa è stata realmente un’esercitazione per attaccare l'Iran, era allora una missione dove far arrivare gli aerei sull’obbiettivo era più importante di ciò che è stato effettivamente bombardato.


Contro l’Iran, febbrili preparativi
Di Maurizio Blondet – Effedieffe – 10 Maggio 2008

Non capita spesso che il Washington Post pubblichi rivelazioni scomode per il governo Bush. Oggi lo ha fatto un suo bravo giornalista esperto in sicurezza nazionale, William Arkin; non sulla versione cartacea, si capisce, però sul suo blog allegato al sito del giornale più importante d’America (1).

Nel suo blog, significativamente intitolato «Early Warning» (Pre-allarme), Arkin riferisce di una missione segreta che, secondo le sue parole, ha testato la capacità dell’USAF di attaccare di sorpresa le installazioni iraniane. «Il 12 agosto 2007, quattro F16 sono decollati dall’Iraq per un volo di 11 ore fino all’Afghanistan orientale, attraversando lo spazio aereo di sei diversi Paesi, per poi lanciare una decina di bombe a guida laser su bersagli talebani». Un volo di 2.100 miglia, che ha richiesto ben 13 rifornimenti in volo: un record. Tanto più che, secondo i comandi americani, giunti sopra la destinazione i piloti hanno «avuto una finestra di soli due minuti per lanciare le bombe».

Sono gli stessi comandi dell’Air Force ad asserire che tutta la missione aveva per bersaglio «posizioni di Talebani in Afghanistan». La cosa si è saputa solo perchè gli equipaggi hanno ricevuto un premio molto ambito nell’aviazione, il Clarence MacKay Trophy, per «il volo più meritevole del 2007». Ma Arkin ha controllato i notiziari di quei giorni, con tutte le fonti giornalistiche anche indipendenti, e non ha trovato notizie di bombardamenti. Nè il 12 agosto, nè il 13 nè il 14. Per il 15 agosto, il governo afghano ha annunciato un’operazione su Tora Bora, con due sortite di aerei della coalizione che avrebbero ucciso una cinquantina di ribelli. Ma non si tratta certamente del volo-record. Gli aerei del 15 agosto sono decollati, come ovvio, dal territorio afghano. Che bisogno c’è infatti, per completare un bombardamento in Afghanistan, di partire da 2100 chilometri di distanza in un volo di undici ore, sicuramente una dura prova fisica e mentale per gli equipaggi?

Arkin ha scoperto altri particolari. Gli equipaggi del volo-record sono partiti senza sapere lo scopo della missione, «per destinazione sconosciuta», ed hanno ricevuto le informazioni necessarie in volo, aprendo documenti sigillati. Il comandante della squadra ha avuto solo 18 ore per preparare la missione. La quale era così segreta, che non era stata inserita nel Air Tasking Order, il quotidiano referto sui voli programmati che viene distribuito ai vari livelli militari USA: il che deve aver complicato non poco i rifornimenti di carburante in volo e gli stessi sorvoli sui sei Paesi attraversati. Arkin conclude - ragionevolmente - che la missione, che non ha bombardato nessuna posizione importante in Afghanistan, serviva in realtà a provare un attacco-lampo, senza preavviso, contro le installazioni iraniane. E che l’esperimento è riuscito.

Questa notizia assume inquietante rilievo nei giorni degli scontri in Libano - dove Hezbollah ha reagito ad una provocazione del governo di Hanna Siniora, sostenuto da USA e Israele - e in cui tutti i commentatori che ho consultato vedono una manovra per giustificare un attacco di vasta portata. «E’ l’occasione che il Partito della Guerra aspettava da anni», dice Justin Raimondo, e ventila che i neocon attorno a Cheney abbiano in serbo «una sorpresa» (2).

Raimondo è un anti-guerra.Dall’altro capo dello schieramento, è riapparsa Judy Miller, la columnist del New York Times che nel 2003 fu al centro di uno scandalo, quando si scoprì che la signora diffondeva attraverso il suo giornale la disinformazione emanata dalla Casa Bianca, da Rumsfeld e da Wolfowitz. Tornata in auge, Judy Miller è riapparsa sul New York Times con una «rivelazione» che sembra provenire dalle stesse fonti di allora: Hezbollah, assicura, addestra terroristi delle milizie irachene... a Teheran. Tutti i «cattivi» riuniti insieme, da Hezbolllah ad Al Sadr a Bin Laden, e tutti sono guidati dagli iraniani. E’ esattamente lo stesso tipo di tesi che Israele sta propagandando con tutti i mezzi (anche alla Fiera del Libro di Torino) in questi stessi giorni: Hezbollah non è altro che l’avamposto dell’Iran nel Mediterraneo, quindi è un pericolo non per Israele, ma per tutti i Paesi mediterranei. «L’Iran è un pericolo non solo per Israele ma per il resto del mondo», ha detto il 4 maggio scorso Shimon Peres, il vecchissimo presidente israeliano (il loro Napolitano); aggiungendo che se l’Iran dovesse fornirsi di un’atomica sarebbe «un incubo». Peres è il padre politico della bomba atomica israeliana, perchè fu lui ad ottenere dalla Francia, negli anni ‘50, l’assistenza necessaria per costruire il reattore di Dimona. Ora ha «l’incubo»: Israele vuole restare l’unica potenza nucleare nella vasta area medio-orientale.

Da Gerusalemme, il giornalista Peter Hirschberg (3) riporta l’atmosfera: ormai, secondo i sondaggi, il 75% degli israeliani crede inevitabile una guerra contro «uno o più Stati arabi», benchè il 70% sia a favore di un accordo con i palestinesi e con la soluzione a due Stati. Da Ottawa dove insegna, l’analista geopolitico Darius Nazemroaya (di origine iraniana) elenca tutti i segnali recenti che indicano una febbrile preparazione israeliana al conflitto imminente: chi è interessato può leggerlo; non lo traduco perchè sono annoiato di ricevere le solite accuse di «antisemitismo» e complottismo (4). Mi limito a riferire che l’analista ricorda la vastissima esercitazione di difesa civile, condotta su scala nazionale tra il 6 e l’11 aprile scorso, in cui Israele simulava la protezione dei civili da un attacco «nemico», in risposta ad un attacco israeliano. Nello scenario, migliaia di missili cadevano su Israele. Da Gaza, dal Libano (Hezbollah si dice abbia 13 mila razzi e missili), e dalla Siria. Difatti, dal 2006 dopo la sconfitta in Libano, Israele conduce regolari esercitazioni che simulano un’invasione in Siria, con addestramento dei soldati in villaggi-modellosiriani allestiti sul Golan. Secondo i siriani, a queste esercitazioni presenzia un generale USA. Già dal 2006, secondo il britrannico Sunday Times, «Iran e Siria sono al vertice dell’agenda militare israeliana».E citano un generale sionista che dice: «In passato ci siamo preparati per un possibile colpo militare contro le installazioni nucleari iraniane.

Ma l’accresciuta fiducia in sè dell’Iran dopo la guerra in Libano significa che dobbiamo prepararci a una guerra totale, in cui la Siria sarà una parte importante».Secondo l’analista di Ottawa, tutti i preparativi delineano uno scenario in cui l’Air Force compirà un bombardamento a sorpresa delle centrali iraniane, mentre contemporaneamente Israele colpirà - in modo simultaneo e con incursioni nel territorio nemico - Hamas a Gaza, la Siria ed Hezbollah in Libano. In questa guerra totale non potrà non essere trascinata anche la Giordania, abitata da una maggioranza di palestinesi. Gli iraniani proveranno a rispondere a un attacco con una ritorsione, a cui sono preparati: sostengono di potere lanciare migliaia di missili nei primi cinque minuti. Una vera guerra - di una settimana, prevedono i comandi israeliani (lo prevedevano anche in Libano nel 2006) - che avverrà sulle coste del Mediterraneo, ossia sotto casa nostra.Non è escluso l’inquinamento di tipo nucleare.

L’Italia sarà comunque coinvolta fin dai primi istanti, se il governo non ritirerà i 3 mila soldati italiani che fanno da patetica «forza di interposizione» tra Israele (la superpotenza mediterranea e la quinta potenza atomica del mondo) e gli agguerritissimi Hezbollah. Come nel 2006, ci saranno devastazioni immense, e non ultimo l’inquinamento del Mediterraneo, come avvenne nell’aggressione al Libano del 2006. Il petrolio salirà forse perfino oltre i 200 dollari «profetizzati» da Goldman Sachs, provocando il collasso economico di molti Paesi, fra cui il nostro. Tutto questo non è necessario nè, soprattutto, inevitabile. L’Iran ha appena avanzato una proposta per le sue attività nucleari, che gli USA si rifiutano di ascoltare (5). La fretta di Bush e di Olmert si capisce: entrambi sono assediati da una crisi politica, l’americano da una crisi economica di cui non si vede la fine (6), Olmert da accuse di corruzione.
Una guerra sarebbe per loro la fuga in avanti capace di tenerli al potere, e di deviare le frustrazioni e l’ostilità dei loro cittadini verso il «nemico». Ma non è inevitabile. Basterebbe che l’Europa dimostrasse un po’ meno sevilismo verso questo vicino mediterraneo con 500 bombe atomiche. Ma il nostro governo non lo farà.Berlusconi, appena giunto alla celebrazione dei 60 anni dello Stato ebraico, ha così definito le proteste per la Fiera del Libro: «Sono cose isolatissime: tutto il popolo italiano è vicino ad Israele. Siamo il popolo più vicino». Anche troppo vicino, come forse dovremo accorgerci presto.

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1) William Arkin, «A secret Afghanistan mission prepares for war with Iran», Washington Post,9 maggio 2008.
2) Justin Raimondo, «The silenced majority - non one wants another war; so why does it seem inevitable?», Antiwar.com, 9 maggio 2008.
3) Peter Hirschberg, «Israelis believe another war is coming», Antiwar.com, 9 maggio 2008.
4) Mahdi Darius Nazemroaya, «Beating the drums of a broader Middle East war», Globalresearch, 7 maggio 2008.
5) Sue Pleming, «US declines to help present nuclear deal to Iran», Herald Tribune, 9 maggio 2008.
6) La banca Citigroup, la più grande degli USA, ha annunciate l’intenzione di vendere «attivi che non fanno parte del core business» per l’astronomica cifra di 400 miliardi di dollari, onde far fronte ai buchi che ha prodotto nei bilanci lo scoppio della bolla subprime. L’American International Group, che è la più grande compagnia assicurativa del mondo, riporta per il primo trimestre una perdita mai vista, 7,81 miliardi di dollari, per i problemi causati dalla crisi dei subprime. E Dick Cheney dichiara che l’economia USA «è l’invidia del mondo».