martedì 20 maggio 2008

Gli USA e il giardino di casa

Gli USA ultimamente si stanno impegnando molto nel cercare di mettere un po’ di ordine nel proprio giardino di casa.

Per esempio, ieri il Venezuela li ha accusati di provocazione per aver violato lo spazio aereo venezuelano. Il Ministro della Difesa venezuelano, il generale Gustavo Ranger, ha infatti dichiarato in conferenza stampa senza mezzi termini “Questa è solo l’ultima di una serie di provocazioni in cui gli USA vogliono coinvolgere il nostro Paese”.
E il Ministro degli Esteri venezuelano Nicolas Maduro convocherà oggi l’ambasciatore USA Patrick Duddy per chiedergli spiegazioni dell’accaduto.

Gli USA dal canto loro non smentiscono ammettendo, per bocca del portavoce del Dipartimento di Stato Sean McCormack, che “l’aereo può aver deviato inavvertitamente nello spazio aereo venezuelano” mentre stava compiendo una missione antidroga.

Questo “incidente” avviene a sole 24 ore dalle proteste formali inoltrate dal Venezuela verso la Colombia per uno sconfinamento in territorio venezuelano di un’unità di 60 soldati colombiani, intercettati 800 metri nel lato venezuelano del confine dello stato sudorientale di Apure.
La Colombia ha negato lo sconfinamento.

Le tensioni tra Colombia, Venezuela e USA rimangono altissime dopo il report che l’Interpol - su richiesta del governo colombiano - ha redatto e presentato venerdì scorso. Nel report si dichiara che non sono stati manomessi i documenti trovati dai pc portatili sequestrati in un accampamento delle FARC in Ecuador durante l’incursione del 1 Marzo scorso da parte di truppe colombiane, culminata con l’uccisione dell’importante leader delle FARC Raul Reyes.
Questi documenti per la Colombia e gli USA rappresentano la prova degli stretti legami tra le FARC e il Venezuela, che ha sempre rigettato le accuse affermando che questi documenti sono dei falsi.

Tensioni in ascesa mentre gli USA a conferma della volontà di ribadire la propria influenza nel continente latino-americano, un po’ offuscata negli ultimi anni, ripristineranno dopo 58 anni la Quarta Flotta a partire dal prossimo 1 Luglio.

Sono quindi in pieno atto grandi manovre statunitensi nel giardino di casa.

Qui di seguito tre articoli che affrontano questo argomento.


Bush e Uribe all’assalto della nuova America Latina
di Fabrizio Casari – Altrenotizie – 19 Maggio 2008

Tutto comincia con una operazione illegittima dell’esercito colombiano in pieno territorio dell’Ecuador. Il 1 marzo di quest’anno, coadiuvati dalla Cia, che fornisce attraverso i rilievi satellitari il luogo preciso dove colpire, i soldati di Uribe, a bordo di elicotteri da combattimento, bombardano dall’alto prima e scendono a terra per finire i sopravvissuti poi, un accampamento di poche unità delle Farc, al cui comando si trova Raul Reyes, il “ministro degli Esteri” della guerriglia colombiana guidata da Manuel Marulanda, alias “Tiro fijo”. Ventiquattro i morti, colti nel sonno; solo tre le persone sopravvissute al blitz: una donna messicana e due colombiane, oggi accolte dal Nicaragua di Daniel Ortega che le ha concesso asilo politico. Lo scopo del blitz era quello di uccidere il capo dei negoziatori delle Farc e quanti più suoi compagni, ma l’obiettivo principale che si voleva raggiungere era di tipo strategico e si basava su tre direttrici contemporanee: mettere in grave difficoltà le Farc ed i suoi rapporti internazionali attraverso l’eliminazione di Raul Reyes; fermare in questo modo i negoziati con il Venezuela e soprattutto con la Francia per la liberazione di Ingrid Betancourt; intimidire l’Ecuador di Rafael Correa e lo stesso Venezuela insinuando una capacità militare di Bogotà che ignora confini e diritto pur di colpire i suoi nemici.

Ma quanto successo il 1 marzo è stato soprattutto l’inizio di un’altra storia, dai tratti ridicoli ma assolutamente pericolosi; una storia che ha in Hugo Chavez il protagonista - suo malgrado – dell’ennesima operazione sporca contro l’America latina ordita a Washington. Sì, alla Casa Bianca è questo l’ordine del giorno: costruire il nuovo diavolo contro cui lanciare la nuova crociata e adoperare ogni mezzo propagandistico per preparare il terreno ad una nuova avventura spionistico-militare, nel tentativo abbastanza scoperto di creare un nuovo caso Noriega.

La storia, come tutte le storie, ha un inizio. Questa racconta del sequestro del pc portatile di Raul Reyes, dal quale, come fosse il gonnellino di Eta Beta, esce di tutto. L’hard disk e le penne usb del dirigente guerrigliero sembrano diventate la lampada di Aladino: vi si trova di tutto, soprattutto ciò di cui Bogotà e Washington hanno bisogno. E dai con le “rivelazioni straordinarie” sui presunti contatti tra Reyes e l’impero del male, fatto di traffico di armi, di droga, denaro, contatti politici e, dulcis in fundo, le “prove schiaccianti” del ruolo di Chavez. Il Presidente venezuelano, in un crescendo rossiniano di balle a mezzo stampa, viene definito prima un finanziatore delle Farc, quindi un sostenitore, da ultimo complice.

E siccome le “scottanti rivelazioni” dei servizi d’intelligence colombiani hanno la credibilità al di sotto del minimo e, allo stesso tempo, quelle della Cia risulterebbero credibili come quelle sull’Iraq e sul Niger, allora si cambia cavallo, nella speranza di provare una corsa che risulti meno truccata. Si mette in campo l’Interpol, quindi, per indicare in Chavez il sostenitore principale della guerriglia colombiana. Ronald Noble, segretario generale dell’Interpol, sostiene che dopo due mesi di “accurate indagini” sui 16.000 documenti contenuti nell’hard disk di tre computer e nelle due penne Usb, oltre che nell’accampamento (che più che un accampamento guerrigliero parrebbe essere stato una biblioteca) emergerebbero le prove del coinvolgimento del Venezuela nel sostegno alle Farc. Ci sarebbe da sottolineare che la guerriglia colombiana esiste da molto tempo prima del governo bolivariano e che, semmai, è il governo colombiano ad essere politicamente, economicamente e militarmente, in mano agli Stati Uniti; ma questo tanto, chi lo dice?

Quello che importa a Washington, in questo momento, è che la macchina propagandistica sia messa in moto definitivamente. A detta dell’Interpol vi sarebbero tracce di riunioni tra membri del governo di Caracas - significativamente il ministro dell’Interno Ramon Rodriguez Cachin e il capo dell’intelligence Hugo Carvajal - e comandanti delle Farc, con oggetto prestito di denaro e addestramento militare che i guerriglieri colombiani avrebbero chiesto al Venezuela. Noble avrebbe escluso che il governo colombiano - dal quale l’Interpol ha ricevuto dopo diverso tempo la documentazione cui si fa riferimento - possa averla manomessa. E se ne è sicuro lui…

Insomma il gioco mediatico e propagandistico statunitense è iniziato. Il tentativo di Washington è dimostrare che Chavez è il finanziatore e addestratore della guerriglia colombiana, dopo aver detto nei mesi scorsi che non collabora alla lotta alla droga e che è il protagonista del nuovo “asse del male” per i suoi rapporti con l’Iran. Sono le stesse accuse che negli anni ’80 Reagan imputava ai sandinisti verso la guerriglia salvadoregna, proprio quelle con le quali la Casa Bianca giustificò l’aggressione terroristica delle bande contras alla giovane rivoluzione nicaraguese. La storia sembra quindi, 25 anni dopo, ripetersi con tutto il suo carico di bugie destinate a giustificare un’aggressione che appare ormai più che una ipotesi, piuttosto un elemento fisso dell’agenda statunitense in America Latina.

Da Caracas la reazione è arrivata prontamente. Chavez ha definito Noble un “ignobile” che ha condotto una inchiesta che, in realtà, “è una pagliacciata”. “Ci imputa - ha detto il presidente venezuelano - una trama degna di James Bond, mentre applaude gli assassini del governo colombiano”. "Colombia che, ha aggiunto Chavez, fin quando sarà governata da Uribe rischia di trasformarsi in una bomba a tempo per la stabilità della regione”.

Difficile dargli torto, giacché Uribe si sta giocando la faccia davanti al mondo intero, decidendo che, una volta di più, è solo Washington che può sostenerlo “senza se e senza ma”. Ed é per questo che Bogotà si presta ai disegni statunitensi. E' infatti la Colombia che mantiene aperto un conflitto interno dalle proporzioni enormi, minaccia il Venezuela con manovre continue alle sue frontiere, invade militarmente il territorio ecuadoregno e si trova ai ferri corti con il Nicaragua, per una disputa ingiustificata su un braccio di mare nei Carabi che Bogotà rivendica - contro ogni logica - come sue acque territoriali. Un contenzioso che ha più volte posto il terreno del confronto militare con Managua per via del sequestro di pescherecci nicaraguensi. Managua, attraverso il suo Presidente Daniel Ortega ed il suo ministro degli Esteri Samuel Santos, ha già avvertito decisamente che non tollererà ulteriori provocazioni e, pur essendo ormai avviato il ricorso alla Corte Internazionale di Giustizia dell’Aja, non ha escluso interventi di forza a difesa dei suoi pescatori.

Agli occhi di Uribe, il futuro della Colombia nel continente latinoamericano appare ormai decisamente tracciato sul solco di un ruolo simile a quello che Israele sostiene in Medio Oriente. La nuova America Latina vede nel Nicaragua, in Cuba, nella Bolivia, nel Venezuela, nell’Ecuador, nell’Argentina, nel Brasile, nell’Uruguay e nel Paraguay, e in misura diversa nel Cile e nella stessa Panama, la nuova stagione democratica del continente. Una stagione che vede isolata la Colombia e che preoccupa gli Stati Uniti, che hanno perso ogni traccia del “Washington consensus” degli anni ’80 e ’90. Ed è per questo che Uribe, su ordine degli Stati Uniti, si attiva in favore della destabilizzazione del continente, con l’obiettivo palese di mettere in crisi gli assetti politici della regione, trascinandola in una escalation di tensioni che, ove producessero uno sviluppo di tipo militare, metterebbero in difficoltà la nuova sinistra latinoamericana e giustificherebbe un ruolo interventista di Washington. Magari a sostegno della sua alleata Colombia…


Il ritorno della Quarta Flotta: un messaggio di guerra
di Raúl Zibechi – Eurasia – 15 Maggio 2008

Il prossimo 1° luglio, l’esercito USA riattiverà la Quarta Flotta con l’intenzione di « combattere il terrorismo », le « attività illegali » e di inviare un « messaggio » al Venezuela ed al resto della regione. Si tratta, qui, della prima reazione con un proiezione di lungo respiro da parte di Washington, dopo l’attacco all’accampamento delle FARC (in Ecuador) del marzo scorso, che ha fatto tremare lo scacchiere regionale e ha messo in evidenza la debolezza della superpotenza e l’isolamento dei suoi alleati nella regione.

Il comunicato del Pentagono, emesso il 26 aprile, conferma che la riattivazione della Quarta Flotta – creata nel 1943 per far fronte alla minaccia dei sottomarini nazisti nei Carabi e nell’America del Sud e sciolta nel 1950 – servirà a « dimostrare l’impegno degli USA presso i loro partner regionali ». La flotta sarà comandata dal contrammiraglio Joseph D. Kernan, attuale capo del Comando della Guerra speciale navale ed avrà la sua base a Mayport, in Florida ; essa dipenderà dal Comando Sud che ha base a Miami. Undici navi, tra cui una portaerei e un sommergibile nucleare, costituiranno il nucleo iniziale della flotta.

La decisione del Pentagono interviene in un momento di particolare tensione in America del Sud e di estrema volatilità sui mercati delle materie prime. Non va dimenticato che un terzo delle importazioni di petrolio degli USA proviene dal Venezuela, dal Messico e dall’Ecuador, il che fa della regione uno spazio strategico per mantenere la supremazia economica e militare del principale paese del pianeta.

Secondariamente, l’impero ha subito una serie di sconfitte nella regione. Tra le più significative : il trionfo di Fernando Lugo in Paraguay, l’immediata creazione del Consiglio sudamericano di Difesa su richiesta del Brasile e del Venezuela, il consolidamento del processo condotto da Rafaël Correa in Ecuador che implica delle sconfitte per le multinazionali del petrolio e minerarie ed il consolidamento dell’indipendenza economi8ca di paesi come il Brasile, che mirano a rafforzare un Mercosur ogni volta meno dipendente dalle economie del primo mondo.

In terzo luogo, a tutto ciò vanno aggiunte le forti tendenze all’instabilità nella regione, come dimostrano le recenti rivolte ad Haïti, l’intenso conflitto per l’egemonia in Bolivia e l’offensiva di settori del grande padronato contro Cristina Fernández in Argentina. Davanti a questo panorama, nel quale l’instabilità tende ad essere accentuata dalla feroce speculazione del capitale che provoca spettacolari rialzi dei prezzi degli alimentari, la riattivazione della Quarta Flotta significa che gli USA puntano su un interventismo di tipo aeronavale e non terrestre, come riconosce l’analista conservatore argentino Rosendo Framboisier (« la Quarta Flotta e i sottomarini di Chavez », su Nueva Mayoría del 28 aprile).

In effetti, impantanato come si trova in Iraq e in Afghanistan, il Pentagono non dispone di forze terrestri da « distrarre » in altri teatri operativi. Da qui, la sua scelta di rafforzarsi con mezzi aerei e navali per controllare una regione che si rivela sempre più ostile. Ma lo spiegamento della Quarta Flotta non è solo un avvertimento, è soprattutto una minaccia. Benché Hugo Chavez abbia dichiarato che « il vecchio impero non fa più paura », è senza dubbio generalmente vero sulla scena latino-americana che Washington è ancora concretamente capace di fabbricare delle crisi, come dimostrato in questi giorni in Bolivia. In questo paese andino viene messa in atto una strategia pianificata da lungo tempo, che pretende di imparare dagli « errori » commessi in Venezuela dove il fallimento del colpo di Stato dell’aprile 2002 è stato alla base della radicalizzazione del processo.

In Bolivia, al contrario, viene messa in opera una strategia meno stridente, ma distruttiva quanto il golpismo, basata su una richiesta di autonomia che, in realtà, fa parte del progetto strategico di Evo Morales ma che viene utilizzata con finalità opposte : invece di dare potere ai movimenti sociali ed alla società civile, essa cerca di blindare gli interessi dell’oligarchia della provincia di Santa Cruz e di frenare il processo di cambiamenti avviati dal governo di La Paz. Il risultato, nello scenario meno negativo, è la costruzione di un processo che può instradare il governo di Evo in una crisi di Stato che lo costringerebbe a negoziare al ribasso il programma di cambiamenti o che provocherebbe le sue dimissioni per evitare una guerra o la divisione del paese.

A questo punto, vale la pena di tenere conto delle riflessioni del geografo USA David Harvey, il quale sostiene che il neoliberismo si caratterizza con ciò che egli chiama «accumulazione per esproprio», cioè appropriazione di beni comuni, imprese e perfino Stati. In un recente articolo (« Il neoliberismo come distruzione creativa »), Harvey sostiene che per « restaurare il potere di classe » - minacciato dalle ribellioni a partire dagli anni 60 – vengono fabbricate delle crisi per poter imporre le ricette neoliberiste. Tali crisi possono prendere forme molto diverse : il colpo di Stato, come in Cile nel 1973; l'invasione come in Iraq ; o la minaccia di bancarotta, come accaduto con la città di New York nel 1975 per mettere in scacco i sindacati municipali.

Una cosa certa è che l’accumulazione per esproprio non si può fare senza violenza, materiale, simbolica o ambedue, in un processo totalmente antidemocratico d’imposizione verticale di un modello di società. Non si tratta più solamente di difendere i privilegi di una classe sociale, come accadeva negli anni 60 e 70, per mezzo di colpi di Stato in tutta la regione. Diciamo che quella era una tattica « di difesa » di chi stava in alto per mantenere i privilegi. Ora le cose sono completamente diverse : si cerca di rimodellare la carta della regione e del mondo per le multinazionali e l’impero, spostando intere popolazioni da territori in cui vi sono delle ricchezze naturali o da là dove il capitale cerca delle terre per produrre merci attraverso monoculture. E, a questo fine, si spazzano via con la corruzione o con la forza i governi che danno fastidio. La Quarta Flotta è un pezzo in più di questo ingranaggio.


Intrighi americani
di Stella Spinelli – Peacereporter – 12 Maggio 2008

“Il computer di Raul Reyes è come se servisse per orchestrare un'opera umoristica in teatro. Ce n'è per tutti e adesso l'Interpol prepara lo show, usata dal governo Usa che purtroppo manipola anche quello colombiano”. Hugo Chavez spara a zero sull'ultima uscita di Washington che ha chiesto a Bogotà di sottoporre il computer, presumibilmente appartenuto al numero due delle Farc ucciso il primo marzo in Ecuador dall'esercito colombiano, al vaglio dell'Interpol. Una mossa, secondo il capo di stato venezuelano che l'ha denunciata nel suo programma domenicale "Alò Presidente", che rientrerebbe nel “plan del imperio” per scatenare una guerra in America Latina e riprenderne il controllo perduto. “L'Interpol dirà che ha revisionato il pc e che non ci sono state manipolazioni di sorta. Come avrebbero potuto mettere tutte queste informazioni? Figurarsi! È una ridicolezza! Ma attenzione alle ridicolezze! Perché così come Bush ha inventato le armi distruzione di massa (in Iraq), ora un altro computer dice che noi stiamo appoggiando il terrorismo, che diamo soldi e armi alle Farc, il tutto per cercare una scusa per eliminare Chavez”, ha spiegato il presidente, mettendo in guardia l'intera nazione e le Forze Armate. La situazione nella regione latinoamericana si fa dunque sempre più tesa: mentre la Cia non perde occasione per sottolineare la pericolosità di un Venezuela accusato di tenere rapporti dubbi con Farc e Iran, a largo delle coste argentine gli Stati Uniti scaldano i motori di una flotta militare in disuso da 58 anni e che perlustrerà i mari del continente.

Da più fronti. Gli attacchi a Chavez non arrivano soltanto dagli Usa, anzi, un fuoco incrociato si sta levando contro Caracas. Se da Palazzo Narino, a Bogotà, sin dal giorno dopo l'uccisione di Reyes si andava dicendo che i documenti ritrovati in quell'accampamento inchiodavano il Venezuela a pesanti responsabilità di filo-terrorismo, con tanto di fughe di notizie finite su importanti settimanali come Semana, (che pubblicarono parte dei contenuti scottanti in edizioni speciali), adesso a rincarare la dose ci pensa la stampa Usa. Il Wall Street Journal ha già scritto che fonti di intelligence considerano veritieri gli archivi dell'ormai famigerato pc e quindi tutte le insinuazioni contro Caracas. E non solo.
Questi archivi descriverebbero riunioni fra comandanti della guerriglia e autorità venezuelane ed ecuadoriane, includendo Chavez, inchiodato in più di cento documenti.
Ma gravi frecciate contro il Venezuela vengono anche dalla Spagna. Il quotidiano El Pais ha cominciato a pubblicare da sabato una serie di articoli a quanto pare basati sui file di Reyes, che sostengono la tesi che Chavez avrebbe rifornito di armi le Farc attraverso la mediazione della Bielorussia.

Le accuse di Chavez. Ma il carismatico presidente venezuelano non ci sta e passa al contrattacco. “Il governo colombiano sì che ha seri problemi, perché lì ci sono gli assassinati. Lì stanno le prove dell'invasione dell'Ecuador, delle bugie del presidente Uribe”, ha detto, aggiungendo che il computer di Reyes si chiama "Geroge W.-Uribe". Quindi si è rivolto direttamente ai suoi cittadini: “Allerto il popolo venezuelano e le Forze Armate sull'intenzione del governo della Colombia di provocarci”, di scatenare una guerra per giustificare l'intervento armato Usa, in particolare insistendo in manovre sotterranee negli stati di Zulia e Tachira, sul confine colombiano. In particolare nel ricco Zulia, governato dal leader dell'opposizione venezuelana Manuel Rosales, gli Usa starebbero finanziando intenti secessionisti.
Poi è passato al tema "Alvaro Uribe", che ormai non avrebbe più uno straccio di credibilità a causa dei legami con il paramilitarismo. “Nemmeno Bush crede alle bugie”, ha dichiarato Chavez, visto che gli Usa non hanno rinnovato il Tlc con la Colombia. Sul caso Reyes dice: “La Colombia non ha la tecnologia aerea per sostenere un bombardamento simile” a quello avvenuto sull'accampamento Farc, assicurando che questa operazione ha per forza ricecvuto l'appoggio delle forze Usa. Ma Uribe continua a nascondere la verità e che non ha rispettato l'Ecuador e il suo presidente, quindi non si merita che i paesi abbiano relazioni diplomatiche costruttive con lui. “Uribe è molto pericoloso, era amico di Pablo Escobar Gaviria, ci sono molti libri che lo provano”, ha incalzato. “Presidente Uribe, pensi bene fin dove è capace di arrivare lei. La chiamo a riflettere pubblicamente in nome dei governi sudamericani”, ha incalzato Chavez, dichiarando pubblicamente che la Colombia avrebbe inviato 200 paramilitari per ucciderlo.

Grandi manovre. E mentre gli animi si scaldano, gli Usa fanno le prove generali. Dopo 58 anni, ripristinano la Quarta Flotta, disattivata dopo la Seconda guerra mondiale. Dal primo luglio di quest'anno, dunque, l'Armata Usa tornerà ad avere un comando di alto livello specificamente dedicato a supervisionare il lavoro delle sue unità in America Latina e nei Caraibi. Un portavoce militare statunitense ha assicurato però a Bbc Mundo che questo non implicherà un aumento della presenza militare statunitense nella regione. Ma per molti osservatori, siamo di fronte a una mossa molto simbolica, con la quale la Casa Bianca intende far la voce grossa con i vari governi anti-Usa nati ultimamente in Sudamerica. Si tratterebbe più di una decisione politica che militare, dunque, dovuta al fatto che a causa dell'imponente impegno in Afghanistan e Iraq, gli Stati Uniti hanno dovuto lasciar perdere il controllo da sempre avuto sul continente americano, che di conseguenza si è sganciato dalla sua influenza. E adesso corrono ai ripiari, mostrando i muscoli. “Anche se i vari paesi del Sudamerica sono impegnati in una corsa agli armamenti, nessuno potrà mai rappresentare una minaccia militare per gli Stati Uniti”, ha spiegato a Bbc Mundo Alejandro Sanchez, analista associato al Consiglio sugli affari emisferici. E a futura memoria dell'onnipotenza Usa, da ora in poi ci saranno anche le navi militari a stelle e strisce che solcheranno in lungo e in largo i mari del sud. Non bastava la miriade di basi sparse nel continente.