Quella “lungimirante” sortita di Calderoli aveva avuto come immediata conseguenza una pesante manifestazione di protesta davanti al consolato italiano di Bengasi con un bilancio finale di 11 libici morti, 25 feriti e ingenti danni materiali al consolato. Tutto ciò aveva poi causato le pronte dimissioni di Calderoli da ministro, costretto da Berlusconi.
Ma ieri la Libia, avuto sentore da tempo di una nuova nomina a ministro per Calderoli, attraverso il figlio di Gheddafi Saif El Islam ha minacciato "ripercussioni catastrofiche nelle relazioni con l'Italia se Calderoli tornerà a fare il ministro. E' un affare interno che riguarda l'Italia, ma la questione è molto grave".
In difesa di Calderoli si è subito schierato l’ex presidente della Provincia di Roma Gasbarra (PD) che ha detto "Non puo' essere accettata alcun tipo di ingerenza da parte di Paesi stranieri sulla politica italiana, tantomeno sui governi e la loro formazione. Pur essendo notoriamente lontano e profondamente alternativo alla Lega, ritengo che i diktat della Libia contro Roberto Calderoli siano una totale mancanza di rispetto nei confronti degli italiani".
Finora però non si è levata alcuna voce in sua difesa da parte dei suoi alleati di coalizione, eccezion fatta per il collega di partito Borghezio con le scontate frasi “Le terribili minacce che giungono da Tripoli dimostrano che avevo visto giusto indicando la Libia come regista della strategia di invasione delle coste meridionali del nostro Paese. Per fortuna, grazie agli elettori, vi sarà finalmente nel nuovo governo la presenza significativa dei crociati della Lega Nord, in grado di combattere fermamente il pericolo del terrorismo jihadista e i suoi palesi e occulti sostenitori. L'Italia, grazie anche alla Padania, è un grande Paese e non si farà intimidire da chi semina sentimenti di odio contro di noi, contro la nostra religione e contro la nostra civiltà”.
E a Borghezio si è aggiunta solo la voce della deputata Bertolini (PDL) "Francamente mi aspetto che il ministro degli Esteri, D'Alema, convochi l'ambasciatore libico, per chiedere delucidazioni e per spiegargli, pur senza alcun intento polemico, che l'Italia non e' un Paese a sovranita' limitata. L'indebita intromissione della Libia nella formazione del governo della Repubblica Italiana e' un fatto inaccettabile. I ricatti e i veti non possono e non devono trovare orecchie accondiscendenti. Vogliamo essere padroni a casa nostra ed operare le scelte migliori per l'Italia e gli italiani, piaccia o meno agli Stati stranieri".
Inaspettatamente più cauto si è dimostrato invece proprio Calderoli che ha semplicemente detto “La scelta della squadra di governo spetta a Silvio Berlusconi, che ha avuto un mandato dal popolo che è sovrano, partendo proprio dalle indicazioni che quel popolo gli ha fornito”.
D’altronde lui sa molto bene di averla proprio fatta grossa, ma evidentemente in questi due anni ha confidato troppo nella scarsa memoria dei libici, una caratteristica che invece è tipica qui in Italia.
Forse Berlusconi era già stato informato dell’umore libico da Putin, in occasione della sua visita in Sardegna di due settimane fa proveniente proprio dalla Libia. E infatti Berlusconi ha già negato la poltrona di vicepremier a Calderoli, ma a breve si vedrà se manterrà la linea decisa già due anni fa, quando lo aveva costretto alle dimissioni, e non gli darà alcun incarico ministeriale.
Berlusconi non può assolutamente permettersi di iniziare la propria attività di governo con la prospettiva di una rottura delle relazioni diplomatiche con un Paese che è, insieme alla Russia, il nostro principale fornitore di gas e petrolio.
Si sa, la cattiva memoria spesso gioca brutti scherzi.