Il governo sudanese, dopo l’attacco, aveva inoltre deciso di rompere le relazioni diplomatiche con il Ciad, accusato di aver supportato e organizzato il Jem nel suo attacco a Khartoum, “Le forze che hanno sostenuto l'attacco sono sostanzialmente ciadiane, appoggiate e addestrate in Ciad” ha detto il presidente sudanese Omar Hassan al-Bashir. Accuse che ovviamente il Ciad respinge categoricamente, negando alcun tipo di coinvolgimento.
Oggi infine il governo ha anche arrestato un importante leader dell’opposizione, Hassan al-Turabi, accusato di legami con il Jem.
Al Turabi era stato un partner fondamentale del presidente sudanese Bashir nel colpo di Stato che lo aveva portato al potere nel 1989, ma da allora è diventato un suo duro critico finendo già in passato in carcere, da cui era uscito successivamente a condizione che si tenesse lontano dalla vita politica.
La situazione quindi è di stop temporaneo dei combattimenti che sicuramente riprenderanno presto.
Qui di seguito un resoconto dell’inviato del Corriere della Sera Massimo A. Alberizzi.
Darfur, i ribelli attaccano la capitale
KHARTOUM – I ribelli del Jem (Justice and Equality Movement) che combattono in Darfur, la provincia occidentale del Sudan, hanno attaccato a sorpresa la periferia di Khartoum e hanno lanciato un’offensiva per conquistare la capitale. Violenti scontri sono scoppiati a Omdurman – una delle tra città che compongono l’agglomerato urbano di Khartoum - quando i guerriglieri hanno cercato di infiltrarsi tra le case. Il governo ha impiegato carri armati ed elicotteri e per bocca del suo portavoce ha detto che gli aggressori sono stati respinti. Ahmed Hussein Adam, speaker del Jem, raggiunto dal Corriere per telefono a Londra ha spiegato che gli irregolari sono entrati nella capitale e che non si sono arresi, né sono stati respinti. «Dicono che il comandante delle nostre forze è stato ucciso, non è vero. Mostrano in televisione auto che bruciano, ma sono le loro camionette che abbiamo colpito. È stato tirato giù anche un elicottero che ci aveva attaccato».
DISERTORI - «Le cose stanno andando diversamente – ha continuato Ahmed in una lunga conversazione telefonica -. Una parte dell’esercito ha disertato e si è unita a noi. I nostri uomini si sono divisi in piccoli gruppi e sono penetrati in città. Nostro obbiettivo è la base militare di Khartoum, da dove partono gli aerei che vanno a bombardare i villaggi del Darfur. Le nostre colonne per arrivare nella capitale hanno percorso più di mille chilometri. Si tratta di due colonne, una veniva dal Darfur, l’altra dal Kordofan (altra regione del Sudan occidentale, ndr). Venivano da lontano eppure abbiamo colto tutti di sorpresa». È il primo assalto di questo genere portato al cuore dello stato sudanese e sembra una risposta all’attacco dei ribelli ciadiani che in febbraio hanno attaccato N’Djamena, la capitale del Ciad. Nonostante recentemente i due Paesi abbiano sottoscritto un patto di non aggressione, si accusano reciprocamente di appoggiare e finanziare i rispettivi ribelli. L’ex colonia francese sostiene i vari gruppi che operano in Darfur (Jam e Sla, Sudan Liberation Army), l’ex colonia inglese invece i movimenti che compattono il governo centrale ciadiano (il più importante è l’UFDD (Union des Forces puor la Démocratie e le Développement).
COPRIFUOCO - Ieri sera a Khartoum è stato decretato il coprifuoco e l’aeroporto era chiuso per i voli commerciali. «Non so bene cosa sia successo perché non sono potuto uscire di casa – ha spiegato al Corriere un italiano residente nella capitale sudanese che vuol mantenere l’anonimato per motivi di sicurezza –, ma nella notte ci sono stati movimenti di truppe e nello scalo sono arrivati diversi aerei». Secondo fonti ben informate - ma le cui dichiarazioni non è stato possibile confermare - sarebbero arrivati a Khartoum rinforzi dall’Egitto. «Ieri sera – ha aggiunto il residente italiano – la televisione ha mostrato alcuni cadaveri per le strade di Omdurman e alcuni prigionieri due dei quali sono stati intervistati. Uno di essi sembrava picchiato a sangue». L’esercito sudanese è ben armato ed equipaggiato e negli ultimi mesi ha ricevuto nuovi rifornimenti di armamenti dalla Cina e dall’Europa dell’Est. La gran parte dei soldati è dislocata nelle zone calde del Paese: il Darfur, il sud (dove secondo gli osservatori la guerra potrebbe riprendere da un momento all’altro) e ad est dove la rivolta delle tribù beja sembra sopita grazie ad accordi giudicati però precari.
ECONOMIA - È difficile comunque per un gruppo di ribelli entrare a Khartoum e occuparne i centri vitali, la radio televisione, il parlamento e il palazzo presidenziale. Le forze armate però sembrano divise e poiché gran parte di esse (soprattutto a livello truppe e ufficiali di rango più basso) sono formate da darfuriani, c’è veramente il rischio di diserzioni di massa. Controllato dalla tribù darfuriana degli zagawa è il commercio alimentare di Khartoum. In mano loro ci sono poi mercati e bazar della capitale. L’economia sudanese, nonostante l’embargo decretato dagli Stati Uniti, è in rapida crescita grazie anche all’estrazione del petrolio, in mano a società cinesi e malesi, e al trattato di pace con i ribelli del SPLA (Sudan People’s Liberation Army), raggiunto nel 2005, che ha messo fine ad una guerra civile datata 1981. Ma il trattato non copre la guerra in Darfur, scoppiata 5 anni fa, che finora – secondo fonti internazionali – ha fatto 200 mila morti.