sabato 24 maggio 2008

Il Sudafrica e gli immigrati: potenziale fenomeno “d’avanguardia”

In Sudafrica da quasi due settimane si susseguono le violenze contro gli immigrati, provenienti soprattutto da Zimbabwe Malawi Mozambico e Somalia, che finora hanno fatto 42 morti e più di 20.000 sfollati che stanno cercando di uscire dai confini per tornare nei rispettivi Paesi di origine.

Le cause di questa ennesima guerra tra poveri sono da addebitare alla presunta sottrazione di posti di lavoro da parte degli immigrati nei confronti dei sudafricani e all’aumento della criminalità.

Siamo quindi in presenza di un fenomeno “d’avanguardia” che potrebbe diffondersi anche nel ricco Occidente, dove gli immigrati sono già mal visti perché ritenuti la causa principale dell’aumento del tasso di criminalità e i primi roghi di campi rom testimoniano l’inizio di una potenziale escalation che potrebbe sfociare in un prossimo futuro nell’emulazione di ciò che sta accadendo in Sudafrica.


Sud Africa: violenza contro gli immigrati
di Marco Montemurro – Altrenotizie – 23 Maggio 2007

Da giorni proseguono dimostrazioni e assalti contro gli stranieri nei sobborghi delle città in Sud Africa. Il dilagare delle violenze ha causato decine di morti, 42 accertati al 21 Maggio, e migliaia di fuggitivi, oltre 13.000 ha reso noto il 20 Maggio l'Organizzazione internazionale delle migrazioni. L’ondata di proteste è scoppiata l’11 Maggio ad Alexandra, distretto ai margini di Johannesburg, dopo un violento litigio tra bande che ha causato due morti, sudafricani contro un gruppo d’immigrati dallo Zimbabwe.

Da quel momento si incomincia a dare sfogo alla rabbia contro gli stranieri, africani provenienti soprattutto dallo Zimbawe, Mozambico, Malawi e Somalia, e la situazione sembra degenerare nei sobborghi delle città. La polizia inizialmente è intervenuta per disperdere la folla e fermare gli attacchi ma, di fronte al precipitare della situazione, il presidente sudafricano Thabo Mbeki ha poi approvato il dispiegamento dell'Esercito. Tra i morti e i feriti ci sono uomini e donne dati alle fiamme, colpiti con il machete, bastonate, o linciati con pietre e mattoni. Migliaia di persone hanno dovuto abbandonare le loro case per cercare riparo nelle stazioni di polizia, chiese e centri d’emergenza.

Gli stranieri, provenienti dai paesi poveri della regione, sono accusati dai sudafricani di “rubare il lavoro” perché disposti a lavorare alla metà della paga, malvisti perché ritenuti causa dell’incremento della criminalità. Il giornale The Sowetan ha riportato anche l’uccisione di un impresario, proprietario di un ditta edile, colpevole di aver assunto lavoratori stranieri. La Commissione per i Diritti Umani in Sud Africa (SAHRC) ha accusato il governo di aver sottovalutato il crescere della xenofobia e il presidente Tseliso Thipanyane ha ricordato: “E’ dal 1999 che ci occupiamo di queste problematiche, da quando due immigrati furono gettati fuori da un treno a Pretoria. Allora organizzammo la campagna “Fuori la xenofobia”.

Secondo ricerche di alcune organizzazioni umanitarie, infatti, fenomeni di violenza contro gli immigrati non sono una novità nel Paese. Dal 2005 si contano almeno 16 attacchi contro gli stranieri, eventi divenuti frequenti soprattutto negli ultimi mesi, e la Somali Association of South Africa rivela che 417 somali sono stati uccisi dal 1997 ad oggi.In Sud Africa risiedono tre milioni di immigrati regolari e altrettanti senza documenti e sono costanti i flussi migratori dalle regioni vicine, provenienti maggiormente dallo Zimbabwe, Paese in grave crisi economica. I nuovi arrivati trovano abitazioni nelle baraccopoli ai margini delle grandi città dove è già molto critica la situazione; ad Alexandra, sobborgo di 400.000 abitanti alla periferia di Johannesburg, il tasso di disoccupazione è molto alto e si aggira attorno al 60% della popolazione attiva (contro il 23% su scala nazionale).

Il vescovo Desmond Tutu, premio Nobel per la Pace, ha esortato la popolazione alla radio: "Vi prego, fermate subito queste violenze. Quelli che attaccate, che uccidete, che violentate, sono nostri fratelli e sorelle. Anche noi siamo stati aiutati da altri africani, abbiamo sofferto, sappiamo cosa significa fuggire dalla miseria. Noi stiamo uccidendo i loro bambini. Fermatevi, vi imploro: non possiamo disonorare le nostre conquiste. Stiamo di nuovo tornando agli anni delle catene e dei collari". Anche il presidente sudafricano Thabo Mbeki ha chiesto la fine delle violenze: “Sono azioni vergognose e criminali. I cittadini degli altri paesi africani e dei paesi più lontani sono esseri umani come noi e meritano di essere trattati con rispetto e dignità. Il Sudafrica non è un'isola separata dal continente”.

Nonostante gli appelli, dopo oltre dieci giorni le violenze non paiono però fermarsi e hanno provocato la fuga di migliaia di persone dalle loro abitazioni. Secondo la stampa mozambicana oltre 3000 connazionali sono ritornati nel paese per salvarsi. La polizia sudafricana ha arrestato oltre 400 violenti e il portavoce, Govindsamy Mariemuthoo, definendo gli eventi ha dichiarato: “Non stiamo parlando di xenofobia, ma di criminalità”. Il quotidiano di Johannesburg The Sowetan ha riportato le denunce che il “South African Institute of Race Relations” ha rivolto contro il governo, responsabile di non essere intervenuto in precedenza riguardo le condizioni di vita nei sobborghi.

L’ente ha così spiegato i motivi dei disordini: “Un’amministrazione povera e inefficace ha creato una miscela di malcontento che è esplosa ad Alexandra e che si è diffusa in molte altre aree. In pratica questi fallimenti hanno creato assenza di legge, povertà e aspettative insoddisfatte che sono degenerate in violenza”. Ha accusato inoltre l’incompetenza del Ministero della Sicurezza e la corruzione della polizia, e puntato il dito verso l’alto tasso di disoccupazione e la mancanza d’istruzione, definita “il più grande fallimento del governo”.